venerdì, dicembre 31, 2004

.::19::.

So rent a museum/and see yourself in mirrors-/in every room an exposition/of a different phase of your life/ with all your figures and faces/and pictures of all the people who passed through you/and all the scenes you passed through/all the landscapes of living/ and longing and desiring/and spendind and getting/and doing and dying/and sighing and laughing and crying/(what antic gesturing!)./And walking trhough the house of yourself/you climb again to all/the rooms of yourself/full of the other lives & selves/ who passed through them/Rooms rooms rooms/pilled up haphazard/in the architecture of tim/and all the bodies clinging to each other/or rushing windows/to break out of the room/which they boxed themselves into/ all the people of your life/in one house in the night/like a cruise ship at sea/and you run up and down/knocking on all the doors/ through which you hear/all the once-familiar voices/ laughing or sobbing or singing/and you run to the roof/and look up to the mute night sky/ and in the wheeling template of stars/see the faces the figures/ of the lovely lovers who/had once made time stand still/ now all fixed in their constellated relations/motionless in time

So that

some day

as time bends around/to its beginning again

you find them all again

and yourself

(Lawrence Ferlinghetti)


19

giovedì, dicembre 30, 2004

In questi giorni il mondo mi sembra davvero più ovattato che mai.
Non so se sia un problema di orecchie tappate o il segno conclamato di un mio progressivo allontanamento dalla realtà terrestre.
Fatto sta che davvero percepisco quello che mi circonda soltanto se mi concentro davvero.
Pensieri dell’ultimo periodo, felici e meno felici, Amanda è partita oggi pomeriggio e non si è arrabbiata per niente anche se le ho perso i suoi occhiali da sole preferiti.
E’ una fortuna avere una sorella che è anche la tua migliore amica, la persona a cui, se proprio tutti ti dovessero mandare a fare in culo contemporaneamente, potresti rivolgerti in qualunque momento.
Io non so bene se riesco a farle capire quanto è importante, quanto sono fondamentali le risate che mi strappa durante la giornata, anche in momenti in cui da ridere c’è ben poco e tendo a ritirare gli ormeggi e lasciarmi trasportare al largo…poi finisce sempre che sulla riva vedo questo donnino che si sbraccia con foga e mi urla –Ehi torna qui, dove cavolo vai, aspetta che ti racconto questa cosa.-
Perché io con Amanda condivido più del semplice dna.
Ho la sicurezza assoluta che un essere umano come sono io, senza una qualche figura di riferimento tanto vicina da costituire un prolungamento di se stesso non ce l'avrebbe mai fatta a campare nel mondo attuale.
Mondo di persone che chiedono e non sempre rispondono, un attimo sono vicine e un secondo dopo lontanissime, persone che restano, scappano, scompaiono. Una corrente vorticosa in cui è difficile restare a galla.
Fortuna che c'è un braccio cui aggrapparsi.
Stasera forse cinema e forse no, domani sarà già un giorno molto mondano e a ben guardare il mio mood del momento è terribilmente a-giovanile.
Si vedrà.

lunedì, dicembre 27, 2004


Ormai in vacanza a pieno titolo. Sveglia ogni mattina dopo le undici e mezza con quel delizioso malditesta da riposo eccessivo e conseguente deliziosa sensazione di non avere perso niente di fondamentale. Penso di essermi ammalata della colonna sonora di "The Big Lebowski". Non mi riesce di smettere di ascoltare -Hotel California- rifatta dai Gipsy Kings. F a v o l o s a.

domenica, dicembre 26, 2004

Ieri alla fine ha nevicato.
Io non me ne ero accorta, stavo lavando i piatti in cucina, ma amanda mi ha mandato un messaggio sul cellulare con su scritto "Guarda fuori, c'è una sorpresa".
Ho spalancato la finestra e ho visto la città bianca tutta in un colpo e un sacco di neve che scendeva giù.
Oh.
La serata è stata parecchio bella, tutti gli amici a casa mia, cena insieme, regali, tombola kitsch.
Io quando ho ospiti a casa sono la donnina tuttofare...mi piace armeggiare in cucina anche se mi stanco come una bestia, chissenefrega, sono in vacanza, ho il privilegio di svegliarmi alle undici quando voglio.
E poi c'è anche arbore che non vedevo da un mucchio di tempo, una persona con cui basta guardarsi negli occhi quattro secondi per recuperare mesi di messaggi e telefonate brevi -perchè nessuna delle due ha mai troppi soldi-.
Servo portate, sorseggio vino, distribuisco regali, torta, apro pacchetti, preparò caffè e the.
Se mi osservo dal di fuori sono abbastanza buffa, una sorta di signora Ridolini col grembiule rosso.
Claudia quasi si mette a piangere -Frà però se scrivi 'ste cose io mi commuovo-
A me basta così.
Potrebbero soltanto dirmi che sono contenti di essere lì con me.
I miei regali sono semplicemente un modo più concreto di fare capire ai miei amici che sono persone importanti.
Che anche se non sempre riesco ad aprirmi completamente, che anche se ogni tanto mi perdo in sentieri contorti, loro sono davvero le persone a cui tengo di più al mondo.
Si programma il Capodanno stando seduti insieme intorno al tavolo.
Io cerco di aggrapparmi alla serata con le unghie ma poi scivolo e mi allontano.
Lontanissimo.
E' un po' come se due braccia enormi venissero a portarmi via da dove sono e mi mettessero seduta dietro a una lente -guarda le cose da lì-.
Usciamo nella neve, si battaglia come bambini di sette anni, ho i pantalono fradici e i capelli pure.
Mi sono ripresa ma sono stanchissima e desiderosa di letto e coperte.
Spengo la luce sul Natale 2004 e mi addormento nella stanza che ha un odore leggero di tabacco e candele profumate.
auguri.




lunedì, dicembre 20, 2004

Per Natale vorrei...
Faccenda semplice da piccini compilare la lista dei regali di Natale, una sfilza di utopie e materialità che avrebbe fatto sorridere qualunque adulto, dalla pace nel mondo al dolceforno in un millisecondo, senza nemmeno metterci una virgola di mezzo.
L'inizio della lettera suonava sempre un po' come una captatio benevolentiae nei confronti dell'adorabile pancione rosso (o del Gesù bambino di turno, a seconda delle tradizioni), facendo pubblica ammissione del fatto di non essere stati per niente buoni ma che alla fine lo si era capito e d'ora in poi si sarebbe fatto meglio.
La maggior parte di noi non usava nemmeno il condizionale utilizzava con ostinazione un più risoluto indicativo, modo della certezza e dell'ineluttabilità.
Voglio questo e quest'altro.
E basta.
Mica è un reato volere qualcosa per sè.
Dal cuore alla bocca, come un lampo che attraversava il corpo dalla testa ai piedi, lo stesso che ci scuoteva al momento di scartare i pacchi, quando sì, effettivamente il gioco aveva funzionato ancora una volta e il regalo tanto richiesto era arrivato lì proprio lì, tra le nostre mani.
La cosa migliore di avere cinque anni, oltre al lusso di potere trascorrere le giornate all'asilo a puntinare cartoncini colorati, era quell'innocenza così diretta nel comunicare i propri bisogni, senza domandarsi mai quanto fossero validi o leciti.
L'idea che potessero esistere sovrastrutture mentali in grado di filtrare i propri sogni più intimi era lontana dalla nostra anima di bimbi quanto Plutone dal pianeta terra.

Ecco,
io, quest'anno, a Babbo Natale, se non è di troppo disturbo, vorrei chiedere un po' di quella spontaneità che nel mio arrovellarmi continuamente su cose o persone ho finito per perdere del tutto.
...e la pace nel mondo, ovviamente.

giovedì, dicembre 16, 2004

cucù.
che stanca che sono....fiuuuuuuuuuuuu....
proprio tantissimissimo.
se mi riesce vado a dormire presto stasera.
anche se non credo che mi riuscirà, devo scrivere mezza dozzina di e-mail, impacchettare regali, preparare un po' di cd da smistare per natale a destra e a manca.
la giornata di oggi ha avuto un sapore molto dolce.
tipo quella di un chupa-chups all'albicocca.
ho fatto un esame, è andato bene.
mi piace quando ottengo le cose che meritano e nessuno mi regala niente.
è il genere di avvenimento che non crea in me sgradevoli sensazioni di colpevolezza successive.
poi qualcuno mi ha detto di avere imparato una cosa bella da me.
qualcosa che lo ha cambiato e lo ha reso migliore.
è stata una sensazione da chupa-chups all'albicocca.
non so se rendo l'idea.

e poi è quasi natale.

domenica, dicembre 12, 2004


E così stasera si va a pattinare.

In barba al fatto di avere un esame domani mattina.
E si va a pattinare proprio qui, nel centro della piccola Seattle del piemonte dove hanno montato un altrettanto piccola pista di pattinaggio.
Uno la guarda e pensa "Che taroccata, chi sa chi sono gli scemi che ci pattinano su" e poi mi vede passare insieme ai miei amici.
E' vero, non è il Rockfeller Center, la dimensione della pista è tale che allungando entrambe le braccia si toccano i due bordi estremi contemporaneamente, e gli alberi di natale intorno sono smorti e spidocchiati ma io ho voglia di atmosfera natalizia!
Sapete quelle robe tipo cioccolata calda cameo, guance rosse, White Christmas, la gente coi maglioni con su le renne, le calze appese al camino (diavolo, perchè non ho un camino?), le lucine festose, i pacchetti regalo, i biglietti strappalacrime?... quelle robe lì.
Che a casa mia quest'anno non abbiamo neanche fatto l'albero perchè la franca ha detto che poi "E' una menata smontarlo".
Ma dov'è finito il Natale da ba-ba-ba-ba-bauli?
Ridatemi il rubicondo pancione con la barba e non quel bastardo dei quattro saldi in padella.

sabato, dicembre 11, 2004

>Life Turned Upside Down<
Badly Drawn Boy
Life is turned upside down
But then maybe
it's justBeen put back the right way round
All your dreams realised
There's new fire in your eyes
In despite of its size
You soon realise
That it's alright
Tonight
Feels right
Now there's a cross
That nobody should really have to bear
But then maybe
That's just when life's treating you fair
There are lessons to learn
When you've waited your turn
And things didn't turn out
Quite the way that you dreamt about
But it still feels right
Tonight
Feels right
And it still feels right

giovedì, dicembre 09, 2004

Dieci minuti per dire qualcosina ce li ho.
Giusto dieci, che qui le giornate iniziano sempre più presto man mano che si avvicinano gli esami.
Ieri sera concerto gospel dei Black Harmony, mi hanno lasciato una bella sensazione, considerando che ci sono andata con un umore pessimo, alla fine ero in piedi che cantavo happy days.
Cosa darei per avere una voce così.
Alla billie holiday, alla ella fitzgerald.
Qualcuno me la regali per Natale.
A proposito, appurato che non posso comprare libri usati a tutti e nemmeno libri a tutti, come ho fatto l'anno scorso (sono stata terribilmente cecchi paoni in tutto ciò), si accettano suggerimenti low cost, adatti alle tasche di una studentessa lavoratrice che dopo due mesi di lavoro non ha ancora visto l'ombra di un cent.
Nel frattempo Buon Natale, cose felici a tutti, a presto.

mercoledì, dicembre 08, 2004


"Perchè tu mi senta, le mie parole a volte si assottigliano come orme di gabbiani sulle spiagge. Collana, sonaglio delirante per le tue mani dolci come l'uva.
Come se lontane, guardo le mie parole.
Più che le mie sono tue.
S'arrampicano sulla mia vecchia pena come edere"
.::Pablo Neruda::.

lunedì, dicembre 06, 2004

...ascoltare per credere...

domenica, dicembre 05, 2004

on air -Special needs- Placebo
-These days- Elliott Smith

Sono stanca.
Triste.
Appena mi riesce di mettere via un po' di me, finisco investita dal Resto.
Generalmente non scriverei niente di quanto sto scrivendo qui e ora.
Ma questa sera ho solo un grande e disperato bisogno di urlare.
Solo che poi mi guardo intorno e non so con chi urlare.
Perchè tutti stanno male, tutti mi raccontano di qualcosa che li fa soffrire, di quanto grande sia lo sforzo per sopportare quel peso.
Così finisco per soffocare il mio personale urlo.
Che a dire la verità non si soffoca per niente, resta lì e forma un nodo che si ingrossa piano piano.
Mi piacerebbe avere il privilegio di schiacciare il tasto -pause- e congelare il mondo che mi gira intorno.
Il privilegio di tenere la porta chiusa.
Di trovare un posto dove nascondermi e restarci.
Di non vedere più dello stretto indispensabile.
Di sentire solo il necessario.
Il privilegio di scomparire, diventare invisibile.
Ma sono io ad essere così, a non potere fare fare altrimenti che continuare a nuotare in un mondo che va al contrario, con grosse ali al posto di agili pinne, che non fanno altro che inzupparsi e diventare sempre più pesanti.

E poi alla fine, mi tornerà il buonumore, sono sicura.
Non stasera però.



martedì, novembre 30, 2004

Ecco, io so benissimo che deve esserci qualcosa di maniacale nella mia spasmodica ricerca di tutte le versioni di "Creep" esistenti sulla faccia della terra...Devo dire che Damien ha fatto un gran bel lavoro, e poi con quella voce lì non poteva essere altrimenti. Per il resto, studio, studio, lavoro (forse), studio, vado a tagliarmi i capelli (sembro un fungo atomico), studio, fuggo a pavia a trovare arbore e torno. Per studiare, of course. Fuck knowledge!

sabato, novembre 27, 2004

"L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio".
Italo Calvino -Le città invisibili-
E basta.
Credo che questa frase sia in assoluto il segnalibro significativo più adatto per l'ultimo periodo, frase sentita citare per caso oggi a un festival di poesia civile, dove uno va per un certo motivo e poi scopre che i motivi che lo hanno portato lì erano altri...reincontrare persone sognate la notte precedente, osservare certe cose, ascoltare discorsi e pensieri che nei momenti in cui vengono pronunciati combaciano perfettamente con quelli che languivano da qualche parte del mio bizzarro cranio.
E poi.
Ai giardini della stazione con la Patty che raccoglie le foglie e Arbore che scatta le sue foto agli alberi mentre gli aerei lasciano le loro scie sanguinanti nel cielo crepuscolare.
Io vorrei scrivere, vorrei leggere, vorrei fotografare, vorrei viaggiare e scoprire tutto quello che non è inferno.
Dargli spazio, proprio come dice Calvino.
Ci sarà tempo.

domenica, novembre 21, 2004

Succedono cose strane di domenica.
Ieri ho messo la sveglia alle otto così per ridere, pensando che in ogni caso non l'avrei mai sentita, giusto per essere a posto con la mia coscienza.
E invece altrochè se l'ho sentita e alle otto e venti ero sui libri senza nessuna scusa possibile cui aggrapparmi.
Mia madre fa irruzione in cucina con un asciugamano in testa, disperata perchè la tintura hennè le ha fatto venire i capelli verdi.
Sembra un incrocio tra Sid Vicious e la Maga Magò.
In seguito fortunatamente (o sfortunatamente perchè avere una madre punkettona potrebbe rivelarsi divertente) riesce a rimediare al colore marziano.
Fuori sul balcone fa bella mostra di sè la verza da tre chili con cui sono rincasata ieri notte. Eh sì, siori e siore, stasera festival dell'alito cattivo con una bagna cauda collettiva che tramortirà tutti i presenti.
Che poi a me neanche piace, ma faceva tanto giovani piemontesi alla riscoperta dei sapori dello slow food e allora spariamocela.
Anche se la mia cucina sarà destinata a puzzare di aglio e acciughe almeno fino a Natale.
Puzzerò anch'io probabilmente. Sarebbe stato il caso di comprare uno stock di potenti deodoranti da ambiente.
Ma ormai è tardi, mi limiterò ad incidere sulla porta della cucina il motto dantesco "Lasciate ogni speranza voi ch'entrate". E verza sia.

venerdì, novembre 19, 2004

I'm 'round the corner from anything that's real
I'm across the road from hope
I'm under a bridge in a rip tide
That's taken everything I call my own
One step closer to knowing
One step closer to knowing
I'm on an island at a busy intersection
I can't go forward,
I can't turn back
Can't see the future
It's getting away from me
I just watch the tail lights glowing
One step closer to knowing
One step closer to knowing
One step closer to knowing
Knowing, knowing
I'm hanging out to dry
With my old clothes
Finger still red with the prick of an old rose
Well the heart that hurts
Is a heart that beats
Can you hear the drummer slowing?
One step closer to knowing
One step closer to knowing
One step closer to knowing
To knowing, to knowing, to knowing
(One step closer -U2)
Fino ad ora le canzoni del nuovo album degli U2 le ho ascoltate principalmente in macchina su Radio Capital durante i miei faticosi spostamenti serali da una bega all'altra; devo ammettere che non mi sono dispiaciute per niente. Non posso certo considerarmi una sfegatata fan di Bono e soci però devo ammettere che certe canzoni le sanno proprio fare solo loro. Un giorno posterò una classifica delle canzoni da rimpianto e struggimento esistenziale e magari ci metterò anche
questa. Insieme a One, of course.

giovedì, novembre 18, 2004

Ohi ohi. Giornata strana oggi.
Un po' sui libri (un po' troppo poco) e un po' in macchina con la franca (n.d.r. mia madre) ad ascoltare dieci volte di fila "Mad World" .
"Se uno non avesse dei figli non si evolverebbe mai musicalmente. Oddio, poi ci sono anche altri vantaggi".
Grande mamma.
Mentre siamo in auto penso alle fotografie che mi piacerebbe scattare non appena sarò riuscita ad estorcere tutti segreti della mia pentax all'apposito libretto di istruzioni.
Essendo parecchio vecchiotto si è ingiallito proprio nei momenti cruciali del discorso (tipo "L'esposizione deve essere impostata grazie a -macchia gialla").
In ogni caso ho intenzione di diventare famosissima.
Il che presuppone che io debba prima scattare almeno un centinaio di foto di merda.
"E' come per la patente, all'inizio pensi a tutti i segnali e poi dopo non ci pensi più".
Amanda dixit. Cmq spero solo di non rompere anche questa macchina fotografica.
Non tanto per il prezzo ma perchè era di mio nonno, lui era bravo bravo, faceva un sacco di bellissime foto ai fiori, alla natura in generale.
Chissà se ora se la ride a vedermi armeggiare con obiettivi, pentaprismi e diaframma...adesso sono le 20.46 e non so perchè ma mi sta calando un velo di malinconia serale.
Sarà che ho visto in tivù Robert Smith che cantava "The end of the world".
Brutto è brutto ma porca l'oca se è carismatico.
Penso che se mi invitasse a cena accetterei.
Anche se risulterebbe senza dubbio il più truccato tra i due.

Ho tanto bisogno di caffè. Finalmente ho finito quell'avvicentissimo libro dal titolo evocativo "Medioevo, storia di voci racconto di immagini". Una suspence da paura. Intanto ho scoperto che Picasso ha copiato Guernica da una miniatura medievale sull'Apocalisse. Porca vacca ragazzi, e chi l'avrebbe mai detto! Adesso ci sarebbe la monografia su Carlo Magno ma ho decisamente troppi tic nervosi all'occhio sinistro per affrontarla con serenità. E quindi 'na tazzulella non me la toglie proprio nessuno.

Salute!

mercoledì, novembre 17, 2004

on air: Carmen Consoli -Can't get out of my head-
The Delgados -Reasons for silence-
Ray Lamontagne -Trouble-

Ci sono cose che in questi giorni mi riempiono di buon umore. Tipo:
1) la macchinetta del caffè dell'uni che ieri pomeriggio mostrava una curiosa scritta sullo schermo "free" e dopo poco ci siamo resi conto che non faceva pagare più nessuna bibita e distribuiva caffè, the, cappuccini, moccaccini, bicchieri di plastica completamente GRATIS.
2) mia sorella che fa le imitazioni del rumore della stampante, della Ruota dell Fortuna, della sigla di Psycho, di Medioman e di Lino Banfi.
3) mi hanno preso a lavorare all'uni, il che significa che avrò i soldi per andare in vacanza quest'estate.
4) l'avere imparato a postare delle foto su questo blog senza eccessiva fatica
5) il fatto che oggi è mercoledì, stasera ho la mia seconda lezione di fotografia e spero che finalmente ci insegnino qualcosa di utile (anche solo a togliere il tappo)
6) mia madre ha fatto da mangiare, il che detto così potrebbe sembrare qualcosa di inutile e banale ma provate ad alimentarvi a quattro salti in padella per due mesi e vedrete come cambiano le prospettive
...e basta.
Per il resto purtroppo sono circondata da fotocopie da rilegare, appunti da leggere, libri da studiare e continuo a sognare di vendere anemoni a un semaforo di milano.
Mah.

domenica, novembre 14, 2004

Ma quando a ventun'anni ti ritrovi la domenica pomeriggio, alle tre, nel freddo cortile di un paese perso nelle campagne casalesi, di quelli che quando ci entri la gente ti guarda con quella tipica faccia da "E chi caz**o sei?", attorniata da ragazzini di dodici anni che giocano a scoppiare i petardi vicino alla portiera della tua macchina e ti chiedono come si fa a rollarsi una siga, allora capisci che qualcosa che non va, che forse ti sei persa un pezzo della storia o come al solito ti hanno fregato mentre non facevi troppa attenzione.
Odio la domenica pomeriggio.
Abolitela.

Venerdì e sabato, un paio di giorni splendidi con niente, il buonumore sembra essere finalmente calato sulla maggior parte delle mie conoscenze, così posso tirare i remi in barca per un po' e godermi i piaceri della navigazione con un filo di paglia in bocca e le mani incrociate dietro la testa.
Un vento freddissimo oggi, un vento da cioccolata calda e chiacchiere senza pretese seduta con amanda in un vecchio bar ad asciugarmi i baffi di cacao col tovagliolo e puciare i biscotti come una bambina di tre anni.
Bellissimo.
Poi una lunghissima passeggiata sempre nel vento che sembra volermi portare via la testa e si diverte a giocare con le buste di plastica e le foglie.
Che buffe io e Arbore conciate come se dovessimo uscire a fare a palle di neve.
Un buon the, un buon divano, un buon film comprato in nome delle coincidenze al mercatino dell'usato "Man on the moon".
Jim Carrey dopo "The eternal sunshine of spotless mind continua a stupirmi sempre di più.
Una storia lunga o forse dovrei dire la lunga storia di Andy Kaufman e del suo vivere nella costante convinzione che il mondo di falsi valori, false risate, leggi televisive e manipolazioni dei media non è che una sciocca illusione.
Dice Andy che prendersi un po' meno sul serio sarebbe un'interessante lezione di vita per tutti.
Già, già.
Le tre. Meglio spegnere la luce e andare a nanna.
Domani si lavora e si studia.

venerdì, novembre 12, 2004

on air -Chocolate- Snow Patrol
-Carnival- Norah Jones
-Puff the magic dragon- The Carpenters
-Dry your eyes- The Streets
Ed eccomi qua.
Un'altra settimana è andata, tra libri, lezioni, mille sigarette,settemila caffè, compagni di università che si sono accorti ridendo che quando mi avvicino loro inevitabilmente finiscono per iniziare a discorrere amenamente su figa e dintorni, gente che mi consiglia di avvolgermi nella carta di un cioccolatino per diventare più dolce,un po' troppo grigio forse, quella voglia appena percettibile di mollare tutto qui e andare da qualche parte, un posto dove i pensieri quotidiani arrivino con quella differita giusta giusta da permetterti di tirare un sospirone e poi oh-issa è di nuovo lunedì.
Stasera esco.
Anche se fa un freddo boia il desiderio di un denso e caldo bicchiere di rhum è davvero troppo forte per restare a casa. O magari un amaro. Ultimamente potrei telefonare all'associazione consumatori montenegro per chiedere se per caso c'hanno bisogno di una testimonial.
E facessi anche due passi, a forza di star seduta in biblioteca a leggere tutta quella sfilza di ridicoli nomi di re longobardi (recaredo, agilulfo, astolfo...ah ah ah) mi sta venendo il culo flaccido come un budino al guaranà (laura, questa chicca è per te, con dedica).
Le otto e mezza siori e siore.
Un'oretta e mezza precisa per trasformarmi da corvo a essere umano.
Difatti stamattina ho avuto la malaugurata idea di fare la femmina e mi sono messa il mascara, l'ideale data la mia nota abitudine di stroppicciarmi gli occhi in continuazione.
Altro che "dolce venere di rimmel", se dovessi incontrare brandon lee credo mi fermerebbe per un autografo.



...la cosa più bella che io abbia visto negli ultimi tempi...qui.

giovedì, novembre 11, 2004

a volte ritornano...

...così alla fine ho scoperto che un maledetto improvviso aumento di tensione ha prodotto un danno da 289 euro al mio computer. Da qui ne consegue che i soldi faticosamente racimolati rinunziando a martini, aperol soda, concerti, cinema, annessi e connessi sono finiti nelle mani del cassiere dell'euronics prima ancora che potessi salutarli un'ultima volta. Addio figli miei, fate buon viaggio. Tanto lo so che finirete nelle tasche del Meneghetti di turno.
E come diceva sempre il mitico puffo brontolone "E' un' ingiustizia però".

martedì, novembre 02, 2004

info

Per quelli di voi che si stanno chiedendo dove cipster sono finita, siete pochi lo so ma sono una blogger elitaria, comunico ufficialmente che il mio computer causa strani guasti esterni si trova attualmente nello stabilimento compaq in olanda...dovrebbe tornare tra una quindicina di giorni ma si sa, dal paese delle perdizioni non si torna tanto facilmente. Mi mancate molto piccoli lettori pidocchiosi e tante sarebbero le cose da dire ma per il momento mi vedo costretta a rapide connessioni via uni o via computer di amici....e quindi nel mentre non attapiratevi troppo, fate i bravi e ricordate che vi voglio sempre un gran bene.
a presto







sabato, ottobre 16, 2004

"Stamattina ho visto un elefante
era una nuvola
che cammina-a-va.
L'elefante era così elegante
con il suo codino
e la proboscide!"

Ma quanto sono belle le canzoncine dell'infanzia?
Le filastrocche, quella da cantare con voce petulante fino allo sfinimento, quelle che quando eravamo piccoli ci venivano insegnate nella speranza che pronunciandole in continuazione finissimo per cadere in trance da autoipnosi...le mitiche canzoncine senza senso alcuno, popolate di animali, canottiere gialle, panni da lavare e stendere, elefanti che si dondolano sopra i fili delle ragnatele...il regno del magico e dell'assurdo e forse con un po' di rimpianto mi toccherà dire anche il regno di quell'immaginario fantastico che crescendo va assottigliandosi progressivamente...tutti i giorni corriamo il forte rischio di diventare adulti cinici e immusoniti, che non sanno più sorridere per le sciocchezze.

L'unica sembrerebbe quella di continuare a canticchiare...

"La canottiera gialla
a righe rosse e blu
me la volevo mettere
mettitela anche tu!"

martedì, ottobre 12, 2004

Metafora poetica sui miei rapporti interpersonali:
"Funziona esattamente come per una raccolta punti: mi sbatto un casino per accumulare punticino su punticino e alla fine, quando raggiungo la quota desiderata e mi presento alla cassa, mi dicono che anche stavolta sono finiti i premi e mi toccherà il solito stronzo di plastica".
Che barba.
Sono incazzata nera.

venerdì, ottobre 08, 2004

Ecco lo sapevo io che mi toccava tornare a seguire il corso di informatica post-alieni.
Uff.
Ieri sera accendendo la tivù mi sono anche beccata il faccione di Giuliacci junior che diceva sorridente agli italiani di dimenticarsi definitivamente l'estate (beh, abbiamo tutti iniziato a studiare e lavorare tranne te babbione) e prepararsi a una serie di giornate grigie e bigie, senza sole e ricche di umidità reumatismi e cazzi vari. Non si è capito bene se fosse una previsione del tempo o una gufata su scala nazionale. Giudicando la sua faccia io opterei per la seconda ipotesi.
Naturalmente seguiva il solito consueto servizio (che ci dimostra quali penosi livelli sotterranei abbia ormai raggiunto l'informazione italiana) sull'influenza e il raffreddore, emeriti sconosciuti fermati per strada si guadagnavano i loro trenta secondi di celebrità per dire cose del tipo -Eh sì, che grana- oppure -Speriamo di non prendere niente-; mi aspettavo che comparisse anche l' esperto del momento (magari Enrico Papi) e consigliasse a tutti di mettersi una castagna d'india in tasca, mia nonna dice che preserva da tutti i malanni di stagione e quindi perchè non tentare?
Sospenderò invece il mio giudizio sul successivo interessante servizio consistente nel

chiedere ai giovani d'oggi se sia meglio la Divina Commedia o le tette della Seredova. E pensare che Dante affermava con convinzione che "Fatti non foste per vivere come bruti ma per seguir virtute e canoscenza". A vedere Serena del Grande Fratello che si aggira con un poster di Mascia e Alessia Fabiani in mano, inizio a nutrire forti dubbi in merito.

Chissà dove andremo a finire.


giovedì, ottobre 07, 2004

Già al quarto giorno di università.
Oggi ho lezione al pomeriggio il che mi dà la possibilità di trascorrere la mattina con la calcolatrice in mano per riuscire a comprendere quanto mi toccherà dilapidare in libri universitari anche quest'anno. Che poi voglio dire, fossero libri che almeno una volta dato l'esame puoi riciclare, magari rifilare a qualcuno per il suo compleanno...ma in fondo credo che a nessuno farebbe veramente piacere ricevere un volume di 350 pagine sul Medioevo.
Di fotocopiarli non se parla e per due principali motivi.
Numero uno: con questa storia delle tasse per i diritti di autore, la differenza di prezzo è tra un volume originale e una mazzetta di fotocopia si riduce a pochi spicci. Nessuno le fa più a sgamo e stavo giusto pensando di impiantare un'attività di fotocopie clandestine nell'aula caffè dell'università. (magari costruendo un passaggio dietro le macchinette, sarebbe fichissimo!!!)
Numero due: la ragazza della copisteria è famosa per il suo entusiasmo e la sua affabilità tali che a confronto il Puffo Brontolone era il Claudio Bisio de noartri.
Ogni volta che ho messo piede in quell'antro di giovialità ho sempre incrociato studenti che uscivano con espressioni corrucciate, alcuni insultando pesantemente la suddetta e minacciando di metterle a ferro e fuoco il negozio, altri invece con la coda tra le gambe dopo essere stati sottoposti a un tour de force di umiliazioni magari solo per fotocopiarsi la carta di identità. Ricordo con piacere quella volta che appena entrata mi chiese bruscamente -Cosa vuoi?- e io fui fortemente tentata di risponderle -Un pollo fritto, grazie. E se hai un po' di salsa è anche meglio- Ma ci rinunciai solo perchè avevo un dannato bisogno di quelle dispense di metafisica e non potevo fare altrimenti.
Oggi però che per grazia divina un'altra copisteria ha aperto sul viale non escludo l'ipotesi di recarmi a fare visita alla simpatica ragazza del pollo fritto e trascorrere un intero pomeriggio a prendere a calci tutte le sue preziose fotocopiatrici, scaricarle gli evidenziatori, stortare le puntine, scarabocchiare i quaderni, dare fuoco ai calendari, legarla a una sedia con del nastro adesivo e lasciarla lì nel suo negozio devastato in balia di tutti coloro che hanno dei conti in sospeso con lei.

lunedì, ottobre 04, 2004

Un solo giorno di università. Il primo. E sono già a pezzi, altro che delicatessen.
Dunque stamattina lezione alle ore nove, conoscendo i miei ritmi estremamente rilassati e ritardatari programmo la sveglia alle sette e mezza. Però ci pensa mia madre a svegliarmi urlando vari insulti all'indirizzo di mia sorella che non si decide a uscire di casa "Ti lascio qui, guarda che vai in bicicletta, lo giuro, è l'ultima volta che ti aspetto, ma cos'è che stai facendo, muoviti".
Una litania ormai consolidatasi negli anni. Quando mia sorella andrà all'università credo che mia madre la pronuncerà lo stesso guardando con malinconia la porta della sua camera vuota. Cmq eravamo rimasti alla sveglia improvvisa, all'acqua gelida del lavandino, a nessuno che come al solito mi ha fatto il the, a mio padre che mi ha avanzato UN frollino di numero per colazione. Metto su un po' di musica classica e inizio a cercare degli abiti che non puzzino di spiedini (ieri sera ne abbiamo arrostiti una quantità tale che ora tutto in casa mia sa di spiedino...è come vivere dentro a una friggitrice). Finisce che mi vesto come ieri sera, rinunciando anche quest'anno all'eleganza fin dal primo giorno. Alle ore nove mi reco con commovente puntualità alla lezione di informatica. La maggior parte dei presenti è una multiforme folla di bipedi implumi i quali paiono avere conquistato la capacità di camminare su due piedi appena l'altro ieri. Mi domando se tutti questi ragazzi con la visiera e il cellulare in mano, che fanno interventi del tipo "Ehi prof ma i computer li hanno inventati quando c'erano gli alieni a Roswell..." e "Ah, ah, ah guarda quella valvola sembra un pisello!" non siano forse evasi da un manicomio per criminali con pesanti tare dell'intelligenza. Sembra di essere sul set di galline in fuga. Il professore cerca invano con una serie di esempi di spiegare la differenza tra analogico e digitale gettando nello sconforto la massa di studenti (ai quali mi viene da pensare che come test d'accesso sia stata richiesta la sola capacità del pollice opponibile. E alcuni non l'hanno passato).
Ma niente. E' tutto troppo, troppo difficile. Meglio ridere, giocare alle navicelle spaziali con le sedie, ascoltare le sonerie dei cellulari.
Io non so che dire.
A parte il fatto che ho deciso che a costo di laurearmi nel 2057 insieme a Costantino Vitagliano e Daniele di Volere o Volare non frequenterò mai più il corso di informatica per scienze della comunicazione.

sabato, ottobre 02, 2004

Velvet Underground >I find a reason<
Pa papa papa papa Pa papa papa papa Pa papa papa papa Pa papapapa papa I found a reason to keep living Oh and the reason,dear, is you I found a reason to keep singing Oh and the reason,dear, is you Oh I do believe If you don't like things you liveFor some place you never gone before Pa papa papa papa Pa papapapa papa Pa papa papa papa Pa papa papa papa Honey, I found areason to keep living And you know the reason, dear it's you AndI've walked down life's lonely highways Hand in hand with myselfAnd I realized how many paths have crossed between us Oh I dobelieve You're all what you perceive What come is better thatwhat came before Oh I do believe You're all what you perceiveWhat come is better that what came before Pa papa papa papa Papapa papa papa Pa papa papa papa Pa papa papa papa And you'dbetter come, come come, come to me Come come, come to me pa papapapa pa
Non so se è stata la mostra di Andy Warhol ad influenzarmi...fatto sta, che questo sabato sera me lo passo a casa ad ascoltare i Velvet Underground e a scribacchiare le pagine di un libro che probabilmente non finirò mai. Yu-hu-hu! :-P
.::notte::.

giovedì, settembre 30, 2004

Non che sia successo niente di particolare, a parte il fatto di avere iniziato la giornata col piedi sbagliato ed essere riuscita a migliorare la situazione.
Quindi penso che mi tocchi fare qualche ringraziamento.
A Mirko, alla sua proposta di andare a mangiare la focaccia a Recco e al suo proposito di regalarmi la sua autoradio se gli piazzo la macchina;
A Diana, che mi ha raccontato un paio di figure di merda che avrebbero risollevato il morale di Bush all'indomani della prima di Fahrenheit 9/11;
A mia mamma Frankiz che mi ha comprato un phon agli ioni soltanto per scuotermi dal mio apatico torpore;
A Claudia, con la quale ho fumato la sigaretta numero uno nella classifica delle migliori sigarette del mese;
Alla libellula che, mentre aspettavo il treno pensando ai cacchi miei si è andata a posare su un cartellone pubblicitario del cornetto algida vecchio di dieci anni e mi ha fatto riflettere su come anche le situazioni più critiche vadano valutate da ogni punto di vista alla ricerca di quello che funziona meglio;
ai Broken Social Scene e alla loro "Lover's Spit", la canzone degli sputi che è stato il mio sottofondo musicale pomeridiano.

Lover's Spit
All these people drinking lover's spit
They sit around and clean their face with it
And they listen to teeth to learn how to quit
Tied to a night they never met...
You know its time that we grow old and do some shit
I like it all that way I like it all that way...
All these people drinking lover's spit
Swallowing words while giving head
They listen to teeth to learn how to quit
Take some hands and get used to it...

Sveglia da un'oretta ormai.
A dire la verità sono passati venti minuti dalla fanfara del cellulare al rumore delle mie ossa scricchiolanti che si alzavano dal letto, ma ritengo già cosa più che soddisfacente l'essermi levata dal mio giaciglio prima delle dieci e trenta.
Che peccato, se penso che questa vita da giovin signore avrà termine lunedì quando il nuovo terribile anno accademico si aprirà davanti a me in tutta la sua cattiveria disumana (sei ore di lezione il primo giorno di cui una alle nove, arrivo in ritardo di fisso).
La mia ultima settimana di vacanza!
Cacchio, avrei voluto passarla in modo mitico, colazione al bar tutti i giorni, gite al mare, weekend qua e là, mostre, manifestazioni...in uno stato di perenne sovraeccitazione alcolica ed euforia globale.
Invece mi sono trascinata in giro guardando con preoccupazione il magnetino del calendario che si spostava inesorabilmente verso il fine settimana. Fortunatamente l'ausilio di un'ottima colonna sonora (giorgio gaber e domenico modugno a go go) mi ha permesso di non precipitare in un baratro di depressione autocommiserativo.
Ho quasi finito "L'omino verde" su cui per il momento sospendo il giudizio.
Non so se dire che è abbastanza carino o invece è una boiata senza precedenti. Voi nel dubbio non compratelo. Quella maledetta casa editrice è famosa per confezionare copertine fichissime che calamitano l'attenzione di tutti. Un giudizio obiettivo che mi sento di dare è che la copertina del libro è sicuramente più fica del contenuto del libro stesso.
Cmq aspetterò l'ultima pagina, ieri sera me ne mancavano cinque ma avevo gli occhi come quelli di un lemure e ho preferito spegnere la luce.
La cosa positiva della giornata è che da quando sono sveglia non ho ancora detto una sola parola. Nemmeno uno sbadiglio, un lamento, un qualsiasi "mmm" mattutino.
Niente di niente.
Favoloso.

domenica, settembre 26, 2004

Quante ne sapevano i Peanuts.
Charlie Brown: - Lunedì c’è la prima partita e io ho già voglia di lasciare il paese; forse non sono tagliati per fare il capitano…non ho le spalle abbastanza larghe…-
Linus: - Vuol dire che non sei pronto a indossare il manto della responsabilità?-
Charlie Brown: - Prima di andare bene a ME il “manto della responsabilità” ha bisogno di considerevoli modifiche!-

sabato, settembre 25, 2004

Dire che sono stanca è un eufemismo.
Sono totalmente devastata. Ferma al semaforo in macchina con laura che mi ripete sette volte “verde, verde” prima che il mio cervello riesca a recepire il messaggio “Ehi è verde, muoviti”. Fortuna che quelli della macchina dietro stavano limonando e non si sono accorti di nulla.
Sono andata a sentire un pezzettino di uno spettacolo in piazza per il centenario di Pablo Neruda. Se ne sapeva quell’uomo. Qualche tempo fa avevo fatto una quarantott’ore di full immersion delle sue poesie. Belle, talmente belle da essere senza tempo e plurisignificanti.
Peccato che stasera facesse un freddo fottuto e in piazza oltre agli interessati fossero presenti folti gruppi di ragazzine schiamazzanti in minigonna. “Forse urlano per scaldarsi le cosce”.
Dio, ma anch’io a quattordici anni ero così insensibile al freddo e al comune senso del pudore? Sto diventando vecchia, tra non molto sarò di quelle che si lamentano per il freddo, per le mezze stagioni, e per le deludenti leve della nuova generazione.
Oggi pomeriggio nel tentativo di assopirmi ho guardato “Luce dei miei occhi”, film di certo non nuovissimo che ho però acquistato dato il modico prezzo di euro 4 e 90.
Alla fine non sono riuscita ad addormentarmi. E mi è pure piaciuta la storia di Lo Cascio-Morgan extraterrestre in un mondo di alieni che pensano solo a se stessi e ai loro problemi. Non male.

Stamattina mentre tornavo a casa con le mani sul volante nella luce gialla delle risaie, ascoltando “Blue moon” rifatta dai Cowboy Junkies, con i finestrini giù e il vento che mi scompigliava il nuovo inedito ciuffo di capelli corti e una bella tazza di buon the sullo stomaco preparata da claudia con i tovaglioli e le tovagliette dello stesso colore, con ancora il sapore dei sogni notturni sulla punta della lingua, con le sigarette nella borsa comprate ieri e quasi finite e tanti discorsi in testa e le immagini della luna di ieri che giocava a nascondino con le nuvole, e il proposito di andare a fotografare tutti i cantieri di notte e le montagne limpidissime che si stagliano all’orizzonte del parabrezza, e la macchina pulita e profumata perché il papozzo l’ha portata a lavare, e la gradita sorpresa di avere perso quattro chili…stamattina ero e sono incredibilmente di buonumore.
-ho dormito sei ore
-sono stata immortalata sorridente e soddisfatta mentre impugnavo una pistola fallica
-ho fatto alcune macabre figure di merda
-ho rollato sigarette per una dozzina di persone
-ho mangiato poco e niente
-ho bevuto parecchio cuba libre
-ho giurato a me stessa che non vestirò mai più in modo così femminile perché mi sento addosso un disagio pazzesco
-ho partecipato a feroci battaglie di palline di carta seduta al tavolo di un ristorante
-ho avuto momenti di forte abbiocco
-ho preso un caffè che mi ha letteralmente resuscitato nonostante avesse un forte gusto di yogurt al caprino ( o forse proprio per quello)
-ho deciso che costi quel che costi al mio rinfresco di laurea organizzerò una gara di torte in faccia in cui tutti i partecipanti si sbrodoleranno in modo impietoso.
siete avvisati

mercoledì, settembre 22, 2004

A me il museo del cinema di Torino è piaciuto per tre motivi.
Numero uno: ero dell’umore giusto per vedere un museo del genere.
Abbastanza di buonumore per sorridere, abbastanza meditativa per cogliere ogni suggestione e permettere alla mente di sognarci intorno.
Numero due: è stato come ritrovare un po’ di quello stupore che da bambina avevo per le cose di cui non comprendevo il meccanismo e che pertanto mi sembravano magiche.
Leve, lenti, pulsanti da tirare, osservare, premere. Buffi balletti di omini che si scambiano la testa, uomini che rotolano sopra enormi palloni, ballerine che ruotano la gonna cangiante, vecchi film, cartoni animati, luci, suoni, parole.
Numero tre: per questa frase scritta sopra a una parete. E’ di Victor Hugo.
“Quello che si registra dell’essere amato è solo un negativo, lo si sviluppa più tardi quando si ha di nuovo a disposizione quella camera oscura interiore il cui accesso è vietato fintantoché si è in mezzo alla gente”.
Se vi capita andateci al museo del cinema di Torino.
Fanno anche lo sconto studenti.
[Elvis Presley –I can’t help falling in love with you]

Incredibile ma vero, mi sono tolta il famoso esame del sangue.
E non sono nemmeno stata così male a parte il momento di panico quando l’infermiera ha detto “Signorina ci sono un po’ di esami da fare quindi faremo qualche boccetta”.
In quella manciata di secondi ho perso il mio sorriso da“Minchia Frà vedrai che stavolta ci stai troppo dentro” e mi sono abbandonata all’aberrante confessione della mia mezzasegaggine che mi vede dopo ogni prelievo sdraiata e boccheggiante in giro per i corridoi. I due donnini bianchi mi hanno guardato con compassione e mi hanno fatto accomodare sul lettino bianco pure quello.
Mi viene in mente Paolo Benvegnù -E' solo un sogno- e comincio a canticchiarla a bassa voce par distrarmi"...che anche il bianco ha i suoi colori ed andare fuori, dalle case, da noi stessi, ci farebbe respirare per un poooooooooooo..."
Il donnino bianco numero uno inizia a cercare una vena con difficoltà facendomi stringere il pugno. Sono questi i momenti in cui rimpiango di essere donna dalle bianche braccia e non possedere invece arti ricchi di vene giganti viola e blu con tanto di annessa didascalia "Ficca pure l'ago qui".
Cerco di farmi coraggio, ho ventun’anni, in coda c’è gente che ne ha il quadruplo ed esce dallo stanzino incriminato come se niente fosse.
E poi ci sono sacco di persone al mondo che stanno male davvero e non fa mica tutte ‘ste scene. Inizia il prelievo, mamma frankiz fa di tutto per distrarmi e si mette con le infermiere a chiacchierare di calze collant.
Io sono già sballata e penso a quel racconto di tabucchi dove si dice che nascosta nel sangue c'è la particella che contiene la nostra anima...oh mio Dio, e so dovessero prelevarmela?
Mi guardo intorno e vedo solo confuse sagome bianche che discutono di autoreggenti...che sballo ragazzi.
Quando il prelievo finisce mi sono quasi convinta a diventare testimone di Geova.
Saluto i donnini e mi avvio verso la macchina dove mi stendo sul sedile posteriore a mordicchiare una brioche alla marmellata ascoltando alla radio l'ultima canzone di Nick Cave. Carina.
Il peggio però devo ancora venire....adesso mi devo strappare il cerotto con tutti i peli del braccio di sotto.
Si accettano candidature.

domenica, settembre 19, 2004

Che freddo che fa...ormai a stare in maniche corte la sera tardi viene la pelle d'oca.
Due giorni alla fine dell'estate. Anche per quest'anno è andata.
[Sea of love -Cat Power]
Aspetti positivi della giornata.
Mi sono passate le arrabbiature, ho finalmente trovato in edicola una copia dell'Internazionale (Laura tiè tiè), ho scaricato la colonna sonora di Fear and Loathing in Las Vegas, sono riuscita in solo mezz'ora a comprare una torta, una bottiglia di spumante, delle candeline (schivando con velocità felina gli acquirenti del supermercato) e a volare ai 140 in macchina per giungere (più o meno in tempo) a destinazione. Speriamo non ci fossero autovelox. La mia povera fiesta ha tremato e traballato come non mai.
Bella festa però. O almeno spero lo sia stata.
[The shining -Badly Drawn Boy]
E sono sopravvissuta col sorriso a questi giorni di sparatorie mentali di ogni tipo, io insieme alle mie ridicole bandierine bianche sbandierate nel casino più generale, persa in discorsi ed elucubrazioni che tutt'ora non sono ben chiare nemmeno a me stessa.
Ho la sensazione che tutto si aggiusterà e andrà bene.
Incredibile, non mi succede quasi mai.
Anche se per camminare nei discorsi altrui occorre ancora indossare gli stivali da alluvione e stare bene attenti a dove si mettono i piedi, so per certo che alla fine il bene vincerà sul male e sullo schermo compariranno grandi sorrisi prima dei titoli di coda...
E poi dopo il -the end- tutti a casa a pensare distesi sul letto prima di spegnere la luce...
....ancora due giorni alla fine dell'estate.
[Badly Drawn Boy -Life turned upside down]

[For your love -The yardbirds-]

Così va il mondo.
Certe volte mi sento completamente disarmata di fronte a quello che reputo il peggior male tra i mali: l'indifferenza.
Non capisco davvero come sia possibile camminare con piedi di piombo sul cristallo dei sentimenti altrui...diciamo pure che ci esco di testa.
Magari sono io a sbagliare.
Bisognerebbe lasciar andare, accantonare l'ottica del -seiofossialpostodi- e passare oltre.
Ma a me la faccenda convince poco.
Preferisco continuare a raggiungere l'oltre percorrendo mille capillari sanguigni contorti e inestricabili anzichè attraversare vene e arterie grandi ed ampie come autostrade a 4 corsie.
E' vero, si arriva al casello-cuore in entrambi i modi.
Ma l'importante non è soltanto arrivarci, ci devo arrivare nel modo giusto, con la sicurezza di non aver dimenticato niente strada facendo.
E se qualcuno non lo capisce, se qualcuno giudica il mio atteggiamento una perdita di tempo forse non sa, perchè non lo ha mai provato, che a guardare le persone da vicino si possono scoprire e imparare migliaia di cose meravigliose.
Si chiama "crescere" credo.

sabato, settembre 18, 2004

Di ritorno dal matrimonio di mia cugina...con la testa piena di sensazioni lascio che le immagini delle risaie dorate sotto la luce del tramonto mi scorrano sul viso.
Penso ai miei amici che in questi giorni litigano furiosamente, ai loro volti tirati, alle loro parole taglienti.
Penso ai miei amici che non si parlano e sono arrivati a non sopportare la presenza l'uno dell'altro. Che si rinchiudono nella rabbia e cercano affannosamente di consumare le corde che fino a ieri li tenevano legati stretti.
E mi fanno un male al cuore incredibile.
Quante volte è successo anche a me, di dare fuoco a interi mazzi di momenti indimenticabili solo perchè qualcosa era andato storto.
Per una parola di troppo, per un gesto mancato, per un atteggiamento che avrebbe dovuto essere diverso da come invece è stato.
Ci sembra sempre così facile accanirsi su una serie di episodi negativi; a volte riscontrare negli altri mancanze e difetti diventa un'abitudine quotidiana.
E finiamo per dimenticarci dell'amore. Lo diamo per scontato. C'è, è lì, non serve prestargli attenzione.
Davvero ormai viviamo in un mondo in cui sempre più le cose che hanno significato sono quelle che fanno scalpore, quelle che attirano l’attenzione della maggior parte.
Alziamo la voce, urliamo, provochiamo, litighiamo.
I gesti eclatanti, i punti esclamativi, le cose abbaglianti sono tutto quello che facilmente si imprime nella nostra memoria. Ricordiamo il grande, dimentichiamo il piccolo.
Stiamo perdendo l' occhio per i particolari nascosti, per le sfumature, per i ricordi, per i sottintesi, per i sussurri.
Quanti gesti d’amore restano insignificanti proprio perché nessuno si accorge della loro presenza.
E tutto questo è un mondo che perdiamo ogni volta che corriamo troppo nel giudicare una persona, una situazione, ogni volta che decidiamo di non soffermarci per non perdere tempo. Ogni volta che pensiamo che andata come è andata, ormai tornare indietro non serve a niente.
Crediamo di poterci liberare con noncuranza di tutti quei frammenti che hanno fatto parte del nostro essere, persone, ricordi, esperienze.
Ignari che saremo destinati a sentirci per sempre incompleti e mancanti. Che ogni volta che qualcosa non tornerà dentro di noi, tutti quei giorni in cui ci mancherà proprio quel pezzo di cui ci siamo liberati senza pensarci troppo, davvero non esisterà modo per recuperarlo.
Resto convinta che l’amore più grande sia quello che si nasconde nei gesti più umili, nei gesti che senza fare rumore, senza cercare un applauso sono capaci di lasciare il segno. I gesti di un amore che non vuole apparire ma soltanto essere.
“Accorgersi di chi ci ama” potrebbe essere il titolo di un esercizio divertente ed utile: provare ad indovinare (osservando chi ci circonda) quante persone ci amano profondamente.
Succederà sicuramente di avere una qualche sorpresa.
E questo è quello che vorrei che facessero i miei amici ora. Ripensare a tutti i dettagli e lasciare andare la rabbia, mettere da parte l'orgoglio. Lasciarsi investire da quell'amore che li ha sempre legati, imparare a riconoscerlo sempre e comunque.
Anche quando ci si convince di aver perso il bandolo della matassa della propria amicizia. Che resta nascosto nel profondo, dietro alle parole pesanti, alla rabbia, al dolore.

lunedì, settembre 13, 2004

Mentre infilo perline su perline con gli occhi che si incrociano (più del solito) e lacrimano copiosamente entra Amanda e mi comunica una sua riflessione odierna:

"Sai oggi mentre ero allo specchio pensavo all'inventore del fondotinta e a quanto doveva essere genio. Ma perchè non gli hanno dato il nobel?"
Beh alla fine c'ha ragione.
Quante volte non saremmo uscite di casa per colpa degli odiosi brufolazzi, quanti appuntamenti persi, quante feste mancate...grazie grazie grazie mr Fondotinta.

domenica, settembre 12, 2004

Piove.
Sembra novembre oggi, con le foglie umide per terra e il cielo grigio, quattro gatti per strada che scuotono via l'acqua dal pelo.
Io vado a comprare del gelato alla nocciola insieme ad Amanda mentre le racconto di avere sognato di essere a cena con Mac Gyver.
Ho ricominciato a essere quella di sempre, dopo qualche forte attimo di sbandamento totale in cui mi sono fatta piccolapiccola.
Quindi devo dire "grazie" a tutte le persone che mi hanno aiutato con una frase, con un pomeriggio insieme, con una lettera, con una telefonata, con la loro semplice presenza, con la loro attenzione, con la loro voce.
Per il momento sono di nuovo fuori a sbirciare la pioggia dai vetri e a cercare un paio di scarpe per uscire che non mi facciano venire le bolle ai piedi.
Per voi e solo per voi gente, -Honey and the moon- di Joseph Arthur.

Una buona giornata a tutti dal profondo del cuore.

lunedì, settembre 06, 2004

Dario non c'è è andato via, Dario non è più cosa mia...

Ok.
Stamattina mi sveglio perchè sento risuonare nelle orecchie il lontano suono del telefono. Rispondo e cercano Dario.
Una vocina femminile tutta emozionata e piena d'amore.
Valuto per una manciata di secondi la possibilità di fingermi Dario.
Decido che sarebbe una cosa ingiusta e crudele.
Nonostante sia altrettanto ingiusto e crudele svegliarmi così presto il lunedì mattina.
Rispondo gentilmente (la voce però mi esce profondissima, gutturale e assonnata -questa tizia avrà di sicuro pensato che fossi il Gadano di Passaparola) che Dario non c'è e mi rimetto a dormire avendo realizzato che nessun membro della mia famiglia è presente all'interno delle mura domestiche.
Forse sono partiti e mi hanno lasciato qui da sola.
Speriamo non si siano portati dietro il the nero irlandese.
Il telefono suona di nuovo ed è ancora la vocina dolce alla ricerca di Dario.
Non appena capisce di avermi richiamato si scusa profondamente e discute con me della crudeltà di quelle persone che le hanno dato un numero sbagliato. E' importante riuscire a chiamare Dario, cercherà di variare le ultime due cifre e di trovarlo.
Le auguro in bocca al lupo e mi avvio verso la cucina.
Ci sono i Bucaneve, le Macine, i Pan di Stelle il succo d'arancia, il the, il caffè e proprio stamattina che non ho voglia di fare colazione. E' sempre così, le buone occasioni al momento meno opportuno.
Nei successivi cinque minuti realizzo che: 1) i miei sono andati a lavorare, mia sorella è a fare volontariato e devo averle anche parlato nel sonno qualche ora prima 2) io sono a casa in mutande e canottiera che non faccio niente di utile 3) ieri sera mi sono ubriacata
Dalle premesse 1,2,3 ne deduco di fare parecchissimo schifo.

sabato, settembre 04, 2004

venerdì 3 settembre "Ehi, quello è il mio ginecologo!"

Dovrebbero metterla come legge per iscritto che quando uno desidera prendersi una sbronza che sia utile per il suo umore del momento ha il 99% delle possibilità di non farcela.
Così è stato ieri sera per la sottoscritta che ha peregrinato da un locale all'altro del prossimo autunno vercellese alla ricerca di uno stato euforico che potesse, come minimo, tacitare alcuni sussulti esistenziali e sciogliere aggrovigliati nodi allo stomaco.
Ma non è stata una brutta serata, tutt'altro.
Aperitivo musicale con gruppo cubano molto bravo e molto musica-nel-sangue.
Successivo panino in locale deserto ma con ottima aria condizionata a palla.
Che dopo una birra da 75, e due rhum ha smesso di sortire il suo effetto glaciale.
Da lì, con il supporto di una ritrovata colonna sonora dei Subsonica e di nuove comparse aggiuntesi alla precedente coppia di scoppiate, veleggiamo (cantando per strada canzoni di Adriano Pappalardo) verso il locale in cui farò l'amara scoperta di avere per l'ennesima volta finito i soldi. Costretta a prendere un estathè al limone mi accorgo della necessità che la serata volga definitivamente al termine.
Ritorno a casa e scrivo qualche nuova pagina del libro, ma sono tutte robe tristissime e lamentose, classiche riflessioni da ciucca mancata quindi mi ripropongo di cancellarle al più presto.
Però stanotte ho sognato che smettevo di fumare.


venerdì, settembre 03, 2004

settembre tempo di migrar (altrove)

E' iniziato settembre, qualcuno poteva avvertire.
Son cose che sconvolgono vedere il sole che va giù presto, le foglie degli alberi che perdono almeno quattro tonalità di vividezza, il cielo pallido e sfumato che fa sembrare qualunque paesaggio un quadro ad acquerello.
Campane in sottofondo dopo un'ampia parentesi di Radiohead (soffermandosi in modo particolare su Fake plastic trees e quel gioiellino di cover dei Beatles che è "Something in the way she moves". Da brivido).
Io sto tornando sfatta e sfattona come solo a sedici anni, all'epoca della ribellione contro il sistema, contro il mondo tritura sogni, contro le istituzioni (e ammettiamolo nessuno di noi all'epoca se interrogato sul significato esatto della parola "istituzione" avrebbe potuto fornire una risposta adeguata).
Adesso di anni ne ho vent-uno e quindi è un atteggiamento un po' fuori tempo massimo, una specie di golden goal comportamentale, uno che si mette a cantare tanti auguri a teee quando la festa è finita da un pezzo e sono rimasti solo i bicchieri di plastica e le macchie di alcol sul divano.
Forse è solo un modo per esorcizzare la paura di quello che verrà domani o magari la confusione di tutti i casini attuali. Credo che ciascuno abbia questi momenti in cui seduto alla sua scrivania contempla il puzzle a cui ha lavorato per mesi e cacchio, si accorge che manca un pezzo e la figura non è completa per niente anzi è diversa da quella sulla scatola e bisogna ricominciare da capo ma meglio di no, meglio alzarsi e andare a guardare un po' di televisione.
Così oggi siamo io, la mia solita minigonna della combipel, la mia automobilina sudicia e un'enorme bombola a gas orfana del suo legittimo proprietario nel mio bagagliaio.
Fico.
Comprerò tabacco, mi sgaserò some wine e aspetterò il domani con rinnovata fiducia e un malditesta da brezza ghiacciata forza sette sul ponte di un rompighiaccio artico.
Devo finire di scrivere il racconto su Magritte e smetterla con l'assuefazione da Winmx.
Devo iscrivere Louise agli esami di informatica.
Devo comprare un esposimetro per una macchina fotografica di cui non conosco il modello.
E a dire la verità non so nemmeno con certezza che cacchio sia un esposimetro e come si usi.
Per il resto si tratterà di recuperare a tempo record la trama della mia vita con tutti i personaggi che ne fanno parte.
Panico nemmeno tanto, troppe sigarette quelle sì. Mi ritornerà il delirium tremens.
Però ho fatto benzina. Piccole gioie del quotidiano. Il quadernino Ikea che mi ha comprato Amanda. Il centenario di Neruda che ha fatto sì che aprendo un suo libro riscoprissi i versi "perchè tu possa ascoltarmi le mie parole si fanno sottili/a volte/ come impronte di gabbiano sulla spiaggia" oppure "Muore lentamente chi diventa schiavo dell'abitudine...ecc ecc ecc".
Ok si parte, prima, seconda, terza. Dato che gli eventi sono lì che aspettano tanto vale premere un po' sull'acceleratore.
Non serve a molto restare con le carte in mano e rischiare il cappotto.
Quindi...
...sia.

giovedì, settembre 02, 2004

E dove siete tutti?
...lontani...lontani...
siete immagini
fotogrammi
episodi comici o discreti
siete discorsi
o frasi
o punti interrogativi
siete voci/lettere/numeri su una tastiera o sullo schermo di un telefono
siete adorabili agglomerati di cellule
oltre l'orizzonte/ nel cielo/nel vento
lontani da questo mare blu profondissimo
blu blu blu blu
seduti nelle vostre case e nella mia memoria
in attesa di qualcosa che dia LA svolta
del colpo di scena previsto
e siete sfuocati
seduti a gambe incrociate intorno al letto
ronzate nella mia testa
tamburellate le tempie
ed è un rumore soffuso
...lontano...lontano...
lo percepisco appena
come un'ape che vola su un fiore?
no, più piano,
come un sussurro appoggiato alla fronte
in mezzo agli occhi
al centro del cuore

martedì, agosto 31, 2004

Diario di una vacanza (Cinque)

Ascolto “Leaving from New York” dei Rem, non sono neanche le otto ed è già buio, mannaggia, lo sapevo io che quando sarei tornata dell’estate non avrei trovato che alcuni vaghi indizi tipo la gente che ancora gira in maniche corte e si ostina a leccare gelati a tempo record mentre fa vasche sul viale.
Lo shock da rientro è quasi completamente riassorbito e quindi posso iniziare a raccontare qualcosa di questo intensissimo mese di vacanze.
Ad esempio che ho dovuto comprare un cellulare nuovo e abbandonare il mio modello Motorola Flinstone con tanto di piedini preistorici al posto della vibrazione.
Volevo un nuovo modello con gli MMS? Volevo sentirmi dannatamente vip? Volevo essere fashion e aggiornarmi tecnologicamente?
Niente di tutto questo.
Semplicemente in un dorato pomeriggio di campeggio in quel di Bilione Pineta verso le due e mezza si scatena una piacevolissima tromba d’aria che ci impone di ripicchettare velocemente le tende e fuggire nelle auto prima di essere ritrovati su una costa della Croazia impiantati su qualche spuntone roccioso.
Mentre cerco di mettermi in salvo correndo con il mio fido cellulare in mano (stiamo parlando di Lui, del mitico che sopravvisse a molteplici cadute, a due ore immerso nell’acqua frizzante che mi si era aperta nella borsa mentre ero all’università, e ad abbondante aperol soda rovesciato sopra lo schermo mentre prendevo un aperitivo) una pigna enorme, di quelle ancora chiuse, cazzutissime centra in pieno il mio piccolo cell il cui sportellino parte per la tangente.
Il malato appare da subito incurabile, tento la rianimazione artificiale, ma neanche alcune violente botte contro la carrozzeria dell’auto di un amico contribuiscono a restituirgli il benché minimo soffio vitale.
Addio piccolo motorola, mi mancherai.
Un casino.

Diario di una vacanza (quattro)

I'm back. Però ieri ero troppo di cattivo umore per scrivere qualcosa, oggi ho sonno e quindi credo che il momento aneddotico sia rimandato a data da destinarsi. Nel mentre fabbrico cornici con i tappi dei 33 litri di birra che ci hanno fatto compagnia in queste vacanze. Per forza che al ritorno qualcuno lamentava bruciore di reni.

sabato, luglio 31, 2004

Diario di una vacanza (Tre)

E’ mezzogiorno e sto preparando i bagagli dalle ore nove.
Forse era meglio se chiamavo la tecno-traslochi e davo loro l’indirizzo del mio domicilio estivo aspettandoli a braccia conserte.
Ad ogni modo volevo fare un saluto prima di levarmi definitivamente dalle palle per circa un mesetto.
[Sempre che non trovi un internet point da qualche parte (pregate che non accada)].
Che dire?
C’è sempre qualcosa da dire.
Una considerazione che facevo ieri è che quest’estate sta passando troppo in fretta. Probabilmente devo trovare il modo di annoiarmi seriamente per qualche giorno e recuperare il tempo perduto. Forse potrei fare un secondo tentativo di lavorare a maglia (il primo è fallito due anni fa quando per l’ennesima volta mi sono accorta di avere creato un buco grosso come la mia testa all’interno della preziosa sciarpa che tessevo da un mese) o giocare al solitario per 48 di seguito. O magari mi abbono alla settimana enigmistica che è un altro di quei passatempi stracciamaroni ideali per comprendere il vero senso del trascorrere della stagione estiva.
Invece ho portato con me un intero zaino di libri da leggere.
Andrò in vacanza con Fitzgerald, Kerouac, Ginsberg, Suskind, Conrad e il compianto Terzani (di cui quasi non ho il coraggio di finire il libro).
Ho lasciato giù un’altra decina di volumi dopo essermi resa conto che il mio zaino da montagna non stava chiuso e forse avevo leggermente esagerato.
E poi tanto comprerò sicuramente qualcosa mentre sono in giro quindi meglio puntare sull’essenziale.
Il relax è d’obbligo. Mangerò fino a scoppiare, berrò estathe a tutto spiano, mi crogiolerò al sole, dormirò come un ghiro e cercherò di trascorrere almeno una settimana riducendo al limite il rapporto con gli altri esseri umani.
Devo smaltire un’indigestione di umanità e tensione, sarà un mese che mi tremano le mani come se avessi il parkinson, ho accumulato adrenalina sufficiente a fare strippare
un free-climber sul bruco mela.
Però ci tenevo a salutare tutti prima di andare via. Perché quando si parte per un viaggio non si sa mai come si torna.
Magari mi faccio platino e mi metto a vendere pentole e sogni in tivù. Magari mi abbronzo così tanto da ottenere cittadinanza magrebina.
Magari mi riesce l’acchiappo con Bobo Vieri (brrr..) e finalmente posso permettermi la specializzazione à Paris senza troppe rinunce.
Chissà.
E voi passate buone vacanze né.
A presto.

venerdì, luglio 30, 2004

Diario di una vacanza (Due)

E se domenica si parte per una vacanza vera (un mese di ferie di cui infernali giorni dieci in famiglia) oggi ho fatto una vacanza finta.
Finta non nel senso negativo del termine, anzi mi ci sono pure divertita parecchio, nonostante qualche piccolo inconveniente (tamponamenti, pioggia, fine delle sigarette) la giornata resta indimenticabile.
La meta dell’allegra cumpa della spocchia è la valsesia, famosa per il meteo clemente e le rarissime piogge (ah, ah, ah).
Qualcuno di voi ricorderà la faccenda del mio polso metereopatico che anche stavolta non sbaglia.
Al mattino appena sveglia lo sento dolorante ma fingo indifferenza e mi appresto alla lauta colazione scacciapensieri consistente in una tazza di the star (penso sinceramente una delle qualità di the più disgustoso in circolazione) e numero 1 biscotto al cioccolato (partiamo domenica ma la spesa non si fa più da lunedì per economizzare; domani mattina mi vedrò costretta a mordicchiare dei cipollotti sott’olio la cui presenza in frigo vanta una tradizione millenaria).
Scendendo le scale insieme ad Arbore incappo in un’ingombrante donna la cui fama di provetta iettatrice si estende fino ai confini dell’universo conosciuto.
–Oh no, mille anni di sventura- esclamo ridendo ignara del fatto che di lì a un’ora saranno effettivamente cazzi amari per tutti.
In prossimità di una delle rotonde che conducono alla valle incantata, un uomo dall’aria assente (di cui non riusciremo mai a tracciare un profilo psicologico completo: semplice pirla o deficitario di parecchi tacche del quoziente intellettivo?) tampona il posteriore della nostra macchina facendosi scoppiare entrambi gli air-bag e rompendosi il parabrezza.
Forse da piccolo voleva diventare uno stunt-man.
Il bagaglio del nostro mezzo di locomozione risulta irrimediabilmente scassato e occorre l’urgente acquisto di un elastico in modo che il cane labrador accucciato in esso non sia costretto a seguirci di corsa alla prima curva.
Tale spiacevole episodio ci costringe a una sosta forzata a bordo strada di abbondanti quaranta minuti.
Io dopo aver rotto il mio braccialetto da due euro comprato in un banchetto missionario ed essermi abbondantemente rotta le palle (lo stunt-man mancato è davvero un imbecille) prendo meco il piccolo cagnetto Labrador e mi avvio all’emozionante esplorazione dell’antistante parcheggio del supermercato.
Una macchina di truzzi passa e strombazza.
Cielo, anche qui.
Risolti questi piccoli grandi problemi risaliamo in sella all’automobilina un po’ così e raggiungiamo la meta prefissata.
Il caldo è angosciante.
Forse il sentiero sembra più duro di quello che è perché ciascuno di noi trasporta circa 30 chili tra cibarie e sostanze dissetanti.
Menomale che non abbiamo avuto tempo di fare un’ulteriore spesa. E chissà quando andremo in campeggio. Ho come il sentore che nelle tende ci dormiranno la pasta e i cibi in scatola mentre noi trascorreremo le notti a raccontare barzellette sconce davanti al falò.
Finalmente ci piazziamo di fronte a questa chiesetta campestre per un pic-nic all’inglese a base di salame di tonno (un piatto tipico della valsesia), pizza e barrette di kinder cioccolato più completamente liquefatte il tutto annaffiato da abbondante estathe ed Heinekken.
Dopo pranzo il prato è tutto per noi donne che ci lanciamo in interminabili partite a Uno sotto gli pseudonimi di Miss MirabiTrino, Miss Valsesia e Miss Panissa.
Inutile ricordare che la mia vittoria risulta schiacciante.
Gli uomini esplorano la boscaglia e al loro ritorno narrano di avere visto un pastore del luogo montare il suo cane.
Io non do loro molta corda mentre Miss Valsesia e Miss MirabiTrino appaiono fortemente turbate.
Si va giù senza pietà di tiramisù il cui dolce peso affaticherà gli stomaci della pluspart.
E’ il momento dei giochi demenziali: da “lo schiaffo del soldato” a “Le papere delle papere fan quaqquero” raggiungiamo gravi livelli di infantilismo.
Lo stesso cielo pare incattivirsi e si riempie di nuvolosi neri.
Qualcuno dice “piove” e non viene considerato.
Poi si mette a piovere davvero e giusto il tempo di infilarsi gli zaini, raccogliere immondizie varie e inforcare la via del ritorno e torna il sereno.
Comunque.
Il ritorno è a tratti goliardico a tratti assonnato.
Combattiamo la stanchezza con musica e stronzate varie, per poco non mi lancio fuori dall’abitacolo quando i miei malefici compagni di viaggio intonano “Come mai” degli 883.
Verso le otto arrivo a casa. Varcata la soglia la voce di mia madre risuona tonante. “Devi fare le valigie”. Neanche il tempo di disfare lo zaino. Mi infilo nella doccia e ciondolo in accappatoio da un armadio all’altro nel tentativo di estrarne l’indispensabile.
Però bella giornata. Sul serio.



mercoledì, luglio 28, 2004

Diario di una vacanza (Uno)


Domenica si parte, oggi è mercoledì e stamattina mentre ero ancora distesa sul letto in un dormiveglia (più dormi che veglia) mia madre mi chiedeva con insistenza quali magliette mettere in valigia. E che ne so. Io odio fare le valigie. O porto tutto o non porto niente. E in ogni caso le faccio sempre all’ultimo momento.
Ad esempio l’ultima volta che sono andata in montagna ho preparato lo zaino mezz’ora prima di andare via e non ho portato niente.
Cinque giorni di t-shirt a righe bianche e rosse comprata alla fiera di maggio due anni fa al prezzo di cinque euro, maglione blu di cotone pesante prodotto dalle mani di mia madre quando aveva 26 anni (macchiato di sugo al ragù la prima sera) e jeans sporchi di tempera gialla, fango,polenta concia e malta.
Una vera chiccheria.
Ho pure dimenticato lo spazzolino da denti e menomale che un’anima pia è andata a comprarmene uno in paese altrimenti mi toccava utilizzare degli aghi di pino.
D’altro canto il mio abbigliamento survivor ben si adattava all’ alloggio a me affidato.
Una piccola cella frigorifera (unica stanza dell’enorme baita che ci ospitava a non ricevere mai per nessun motivo il più piccolo raggio di sole) dalla cui finestra potevo godere della vista di una parete rocciosa ricca di muschi e licheni preistorici oltre che della piacevole colonna sonora di un pascolo di chiassose mucche che bazzicava il prato antistante.
La temperatura della stanza oscillava tra i -40 e i -60 gradi (la prima notte alcuni minacciosi orsi polari si sono impadroniti del mio sacco a pelo e hanno cercato di scacciarmi a zampate), il lavandino privo di acqua calda distillava direttamente polaretti nei nuovi gusti di erba cipollina e camoscio d’oro e la lampadina appesa a un lato della parete era irrimediabilmente fulminata. Quattro giorni senza corrente elettrica e acqua calda forgiano lo spirito e il corpo.
Io non so come ho fatto a non prendermi una broncopolmonite.
Anzi sì.
Prima di andare a dormire ho scoperto che un festival di grappe e superalcolici vari aiuta a mantenere una temperatura corporea interna sufficiente a non correre il rischio dell’ibernazione.
Così ne ho approfittato.


sabato, luglio 24, 2004

mrs. tambourine

Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,I'm not sleepy and there is no place I'm going to.
Hey! Mr. Tambourine Man, play a song for me,In the jingle jangle morning I'll come followin' you.
 
E' una strana sensazione svegliarsi a mezzogiorno dopo un mese e più di levatacce mattutine, anche se comunque alle sette meno un quarto ero in piedi a mettere in salvo i vasi sul balcone prima che si scatenasse un temporale violentissimo.
Che ridicole io e mia sorella in pigiama che ci affrettavamo (ma considerando l'incredibile lentezza di due persone appena sveglie forse non è il verbo più adatto) ad alzare veneziane e ritirare biancheria come due consumate casalinghe cinquantenni. Ho fatto colazione con dell'ottima insalata di riso e un disgustoso pappone di ricotta e cioccolato nella speranza di riacquistare energie. Ma non c'è niente da fare, qui l'unica è dormire per almeno 24 ore di fila. Ma non oggi che è ancora una giornata di quelle con 200.ooo cose da fare.
Eh,sì.
Piove un po' e il mio polso metereopatico (regalo di una passeggiata in montagna sui 3000 metri) fa sapere che il tempo non si sistemerà ancora per qualche ora.
Io adesso come adesso ho voglia di pioggia, ciabatte e film blockbuster. I
nvece sarà meglio che vada a grattare via i resti del provolone dolce dalla griglia prima che la casa inizi a emanare un fetore da stalla alpina.

giovedì, luglio 22, 2004

quasi finita

Quasi finita. Cinque settimane di volontariato ti cambiano la vita.
Prima di tutto perchè succede spesso che io abbia l'impressione di non avere più una vita mia.
Zero tempo per uscire, per amici , per leggere, per andare a zonzo. Tempo scarso anche per dormire e mangiare. Abitudini quotidiane stravolte, orari impossibili. Trascorrere intere giornate sotto gli occhi di qualcuno che chiede qualcosa. L'insistenza quasi sfacciata con cui gli adolescenti comunicano i propri bisogni è favolosa e invidiabile.  
Bisogno di essere guardati, ascoltati, compresi, aiutati.
Senza mezzi termini, senza filtri.
Bisogno di essere amati incondizionatamente.
Che alla fine non scompare mai, solo che crescendo si finisce per nasconderlo.
Dovremmo un po' tutti tornare come i miei bimbi che mi urlano "Gnocca alè".
Se non altro perchè mi sentirei molto lusingata.



martedì, luglio 13, 2004

Never seek to tell thy love...

Fico. Stamattina mentre aspettavo assonnata di dare il mio penultimo esame di informatica (a livello di ipotesi dato che non so come sia andato) mi sono divertita a curiosare nei documenti salvati su desktop. E' divertente cadere vittime di questa sindrome da fatti altrui. Comunque il primo documento che ho aperto titolava "Manoscritto Rossetti" e riportava una poesia di William Blake che alle superiori mi era piaciutissima...

Never seek to tell thy love
Love that never told can be;
For the gentle wind does move
Silently, invisibly.

I told my love, I told my love,
I told her all my heart;
Trembling, cold, in ghastly fears–
Ah, she doth depart.


Soon as she was gone from me
A traveller came by;
Silently, invisibly–
O, was no deny.

L'ho riletta cinque o sei volte e ho dovuto rinunciare all'idea di ricopiarla sul foglio per l'esame. Menomale che c'è internet però. E comunque tutto qui, volevo condividere questa cosa con qualcuno, ci sono un sacco di momenti della mia vita che ritengo talmente preziosi da ritenerli sprecati se li conservo unicamente e gelosamente per me.
Per il resto io domani parto per qualche giorno, buona serata.

lunedì, luglio 05, 2004

domenica mattina

Appuntato domenica mattina. Postato oggi per mancanza di tempo.
Esco a piedi insieme ai Pixies per fare un giro al mercatino dell’antiquariato, l’uomo col banchetto di libri e il cappellino Esso molto anni ’80 mi sorride da lontano ben sapendo che gliene svaligerò buona parte.
Sette libri per sette euro, ormai sono una sua cliente abituale, potrebbe ben considerarsi il mio pusher di cultura che ogni domenica mi rifornisce della giusta dose di polverosi volumi dal profumo di cantina.
Mi allontano con una busta enorme che mi strappa i tendini delle braccia e valuto l’ipotesi di trascorrere il pomeriggio impegnata in un intenso training di lettura al chiostro.
La giornata estiva è così così ma il tempo meteorologico interiore è piuttosto sereno.
Solo ieri qualche nuvola passeggera, mentre parcheggiavo la macchina ho alzato gli occhi e ho visto qualcuno di cui quasi non ricordavo l’esistenza materiale, tanto tempo era passato dall’ultima volta in cui c’eravamo incontrati.
Dopo avere valutato l’ipotesi di alzarmi e andare a fare un saluto, mi sono sentita incredibilmente stupida e sono rimasta incollata al sedile.
Ho aspettato che scomparisse dietro all’angolo riflettendo su come ci siano delle persone con le quali, nonostante un’affinità praticamente elettiva, non si riesce mai ad instaurare un rapporto che non sia talmente complicato da risultare alla fine insostenibile.
Ma niente, alla fine succede e nessuno sa bene perché.
E sia. Torno a farmi trascinare dalle note di “Here comes your man” mentre aspetto la chiamata familiare al desco.

mercoledì, giugno 30, 2004

caldissimo. davvero.

Caldissimo. Davvero.
I vestiti appiccicati alla pelle.
Le facce un po' annoiate dei ragazzi e delle ragazze seduti sulle sedie con le braccia aperte. Ascoltano i discorsi noiosissimi di animatori che non sanno nemmeno loro cosa stanno dicendo di preciso. Io faccio le boccacce, tiro fuori la lingua, mi improvviso buffona pur di strappare un sorriso.
Quante persone sono.
Non saprei contarle.
Sono quello che l'ambiente e la situazione richiedono.
Mi adatto, cambio colore come un camaleonte.
E quando mi capita di chiedermi cosa c'è di vero dietro a tutte queste persone diverse, se c'è qualcosa di distinto oppure sono arrivata al punto di essere solo una molteplicità di maschere mi rispondo che è la radice a essere comune.
Che il cuore da cui nascono tutte le parole e i gesti è unico e medesimo.
E che forse più persone siamo meglio riusciamo ad aumentare il nostro potenziale.

martedì, giugno 29, 2004

che serata

Che serata. Se chiudo gli occhi quasi non riesco nemmeno a sognarmela una cosa del genere.
Prendere un'amica che si conosce da sette anni e uscirci. Andare a comprare una bottiglia di vinello rosso che non impegni troppo nè lo stomaco, nè le tasche. Portare con sè un sigaro aromatico dono di una sorella appena tornata dalle vacanze. Scegliere una location adatta come il fiume di notte. Munirsi di spray anti-zanzare. Attraversare il fiume e sedersi sotto il ponte dove gli unici rumori distinguibili sono lo scroscio dell'acqua, il gracidare delle rane, i treni che passano ogni tanto. Luna e stelle assolutamente necessarie come le macchine che sfrecciano sull'altro ponte in lontananza.
E poi mettere in conto il sopraggiungere di una macchina dei caramba che vogliono controllare i documenti.
Considerare il fatto che uno dei suddetti è laureato in Lettere e Filosofia e si mette a interrogarmi su Anassimandro, Eraclito, Talete e Parmenide.
Trascorrere venti minuti buoni a discorrere con costoro.
Tornare a sedersi sotto il ponte e osservare quanto meravigliosi possano essere i riflessi delle luci sull'acqua e le ombre dei gabbiani che planano nell'oscurità.
Se chiudo gli occhi quasi non riesco nemmeno a immaginarla una serata del genere.
Ed è quello che ho vissuto stasera.

Che lunga, lunga giornata.

Che lunga, lunga giornata. Si è messo a fare parecchio caldo, avrò bevuto più o meno 5 mezze naturali, senza contare che la macchinetta si è mangiata 25 centesimi.
Ho scoperto che gli infingardi uomini della manutenzione la ricaricano lasciando degli spazi vuoti per fottere gli utenti fessi. Stavo già pensando di appostarmi dietro la porta aspettando che si presentasse uno di loro e stordirlo con una mazzata per poi impadronirmi della magica chiave passepartout.
Un anno di macchinette gratis. Dovrebbero metterlo come premio per chi ha dato tutti gli esami. Sarebbe bellissimo.
Una sete desertica dicevo, oltre che uno scazzo infinito nell'attendere di dare l'ultimo esame di questo infinito anno accademico. Io odio le attese. Stavo seduta in quest'aula con almeno una ventina di persone che si tiravano paranoie a vicenda. Ho resistito quindici secondi abbondanti e poi sono andata a sedermi in corridoio a ripassare. Considerando che avevo la minigonna e le gambe appoggiate al pavimento credo di avere contratto tutte le specie di funghi epidermici disponibili in ambiente universitario. Arriva il prof e sono sotto esame. Domande, risposte, la mente un po' è lì, un po' è fuori dalla finestra che cammina in mezzo al parcheggio assolato dove i soliti incalliti posteggiatori abusivi si sbracciano nell'indifferenza degli autisti maleducati.
Fortunatamente non cado vittima della sindrome homeriana da cervello che corre via urlando "Ok, io me la squaglio" emi barcameno nel ginepraio di domande sull'Etica di Spinoza. Cerco di dare un taglio personale all'interrogazione con l'utilizzo svariato di formule del tipo "Io penso" "Io ho capito". Sono cose che piacciono.
E via, anche stavolta è andata. E anche stavolta mentre esco dall'aula incontro il solito agente infiltrato CIA pagato per venirmi a dire che ho una dialettica invidiabile.
Vorrei sapere chi sta dietro a tutto questo.
Fuori i nomi.
Nel cortile universitario alcuni studenti giacciono riversi sulle panchine privi di vita. Io mi avvio verso l'ultimo centimetro di ombra. E dopo avere passato l'intera giornata a ragionare di necessità, causa-effetto, sostanza, causa adeguata e immaginazione, la migliore resta quella di un mio amico in merito al tema dell'individualità umana:
"Coito ergo sum".
Stasera birra outside, me la sono meritata ecchecavolo.

lunedì, giugno 28, 2004

L'essenziale è invisibile agli occhi.

L'essenziale è invisibile agli occhi.
E dire che "Il Piccolo Principe" non è assolutamente uno dei miei libri preferiti. Anzi, la prima volta che l'ho letto non mi è nemmeno piaciuto così tanto; però quella frase..."Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi"...Quella frase mi ha colpito subito. Una lampadina che si è accesa nel buio di qualche parte non identificata del mio cervello. Un brivido neuronale.Mi succede abbastanza spesso quando leggo un libro, ascolto una canzone, parlo con qualcuno.
Ho riflettuto a lungo sul fatto di come appunto certe frasi, persone, melodie finiscono irrimediabimente per strapparci ai nostri consueti schermi di ragionamento per sollevarci a un livello superiore.
Ci restituiscono a noi stessi con maggiore verità.
Succede di arrovvellarsi nell'elaborare una data emozione, un sentimento senza riuscire a delinearlo chiaramente.
Stiamo lì come artisti dilettanti col pennello a mezz'aria di fronte alla nostra tela bianca.
Sappiamo perfettamente cosa vorremmo disegnare ma non sappiamo come.
Non riusciamo a trovare la chiave della porta di accesso alla nostra ispirazione.
Così succede che all'improvviso qualcosa o qualcuno lasciano cadere quella chiave nella nostra mano aperta e possiamo finalmente esprimere esattamente quello a cui stavamo pensando. Possiamo andare oltre.
Io non so se sono già riuscita ad andare oltre a questa frase di Antoine De Saint-Exupéry. Ma mi piace molto.
Il presentimento di quello che potrebbe significare. Ho la sensazione che quando l'avrò compresa pienamente, andrò davvero oltre questo stadio di me stessa.
Nel mentre ci nuoto intorno, come un naufrago che compie circonferenze sempre più strette intorno alla sua scialuppa di salvataggio.