domenica, dicembre 23, 2007

Il Grande Freddo - The Big Chill

Il "Grande Freddo" è un bellissimo film, che ho scoperto quand'ero già grandicella e la cui visione mi aveva lasciato una profonda e insanabile malinconia nell'anima.
Già, perchè io amici così non ne avrei mai avuti.

I miei legami amicali dalla terza media in poi sono sempre stati faccenda complessa, dolorosa e spesse volte distruttiva: ho collezionato gelosie, invidie e abbandoni, e alla fine mi sono convinta che io e l'amicizia eravamo due mondi distanti costretti a guardarci di lontano e farci, di tanto in tanto, un timido cenno di saluto.
Ieri sera invece, con il brasato che mi usciva dagli occhi e dalle orecchie e quella dolce stanchezza di ricette preparate all'ultimo momento ho pensato che sono abbastanza.
Le persone a cui voglio bene.
Anche se lontane, anche se non ci si vede in continuazione o non si vive di simbiosi telefonica, loro sono là, a loro modo, nel mondo.
Sono persone a cui penso durante la giornata, sperando che ce la stiano mettendo tutta, sperando che le cose si mettano al meglio per loro, convinta che lo meritino, e che meritino molto altro.
Augurandomi che il nuovo anno ci conceda qualche minuto ancora da trascorrere tra una risata e un aneddoto, un bicchiere di prosecco e un caffè.
E di contro alle parole di Gordie Lachance sull'impossibilità di avere ancora amici come quelli che si hanno a dodici anni (Gesù, e chi li ha?) combattere insieme, per altri 365 giorni, il grande freddo là fuori.

sabato, dicembre 15, 2007

Carosello

Ecco io qui pubblicità non ne ho mai fatta, ma quando persone a te vicine si cimentano in siffatte imprese di alta levatura morale occorre fare un'eccezione (scrivo così perchè sto studiando, altrimenti il mio vocabolario si riduce a 200 parole scarse). Lasciatevi trasportare da queste suggestive immagini che profumano di messico e anche un po' di ovetto kinder.
Buona visione.
E già che ci siamo buon weekend.

http://it.youtube.com/profile?user=MrBabbuzzo

martedì, dicembre 11, 2007

I magnifici cinque

Devo dire che il meme della rompi, cade a fagiolo poichè mai prima di quest'anno mi era parso di desiderare tante cose tutte e insieme, il che significa che sono particolarmente bisognosa di quell'insano calore che solo il consumo smodato può dare.

Non starò qui a parlarvi dell'insano rapporto tra donne e borse, che è un principio del divenire, una causa sui teoreticamente inattaccabile.

Nè di quale meccanismo endorfinico scateni nella donna l'acquisto di un oggetto inutile di tanto in tanto, per tacitare i sussulti della propria coscienza.

Vi parlerò invece di cosa vorrei trovare sotto un ipotetico albero di natale (che a casa mia non si fa per il secondo anno di fila, quest'anno la scusa ufficiale è che il gatto ci si arrampicherebbe seminando aghi di pino sintetico per tutta la casa...ma la cruda verità e che nessuno se la sente di andare in cantina a riesumare suddetto abete sotto stratificazioni millenarie di ragnatele e scatoloni impudriti dall'umidità).



Il primo posto sicuramente lo assegnerei all'intera collana di "Vampiretto" , che leggevo con avidità alle elementari e poi alle medie e di cui ho una nostalgia tremenda. Credetemi, detto così non fa scena, ma giuro che è bellissimo.

Per il secondo posto sarei indecisa tra l'emoticon stamp (non ditemi che non è una figata pazzesca) e questo cappello dal gusto melevisivo che non sfigurerebbe nella mia collezione di improbabili copricapi e con cui potrei seminare il terrore tra i griffatissimi cortili della Cattolica.

Al terzo posto ci metterei Italo Calvino e la scienza , una di quelle robe che probabilmente fanno tanto snob, però inutile negarlo l'argomento mi intrippa una cifra. Calvino è un Auctoritas.

Al quarto posto, (sostituendo il regalo del secondo con una villa hollywoodiana in collina) impazzirei per uno di questi qui o in alternativa uno di questi.

E infine al quinto posto vorrei...una sorpresa, brutta o bella che fosse, perchè le sorprese sono sempre quelle che si ricordano negli anni, come quella volta che mia sorella mi regalò una tisana che profumava di piscio di gatto e la colsi in flagrante mentre cercava di barattare il suo dono con la cassetta di Monsters & Co. che mi aveva comprato mio padre.

Impagabile.

mercoledì, dicembre 05, 2007

7 a.m.



Alle 7 di mattina il mondo è perfetto.

Sì è vero, sto correndo per prendere l'n-esimo regionale, e sono pur sempre le sette, e se avessi facoltà di volere sceglierei di rimanere nel mio caldo giaciglio il più a lungo possibile a sognare di posto molto lontani e molto felici, e so benissimo che il mercoledì è pur sempre il mercoledì, quella giornata stronza che si piazza a metà settimana e mi succhia via l'anima peggio dei dissennatori di Harry Potter, e che forse avrei dovuto studiare medicina e nascere in Svezia, alta, bionda e affettivamente legata ai Krisprolls.

Però giuro che il mondo è innegabilmente perfetto in quel momento lì, mentre scatto una fotografia prima della corsa finale al binario, non c'è virgola che potrei cambiare, voce che vorrei aggiungere, non c'è niente che potrebbe spegnermi gli occhi in quel secondo assoluto. Ginsberg diceva (in una delle poche poesie che mi sia mai riuscito di imparare a memoria) che il mondo, a dispetto della sua totale dolorosa imperfezione, che il mondo ha una bellissima anima.

Ora, io non sono sicura di avere ancora un'idea precisa su quello che sto studiando da tre anni a questa parte (consolante, vero?) e ho come la sensazione che non l'avrò mai. Però mi succede a volte di provare uno stupore inspiegabile per le cose, che siano cieli strabilianti la mattina presto o pipposissime teorie filosofiche su come (forse) dovrebbero (probabilmente) andare le cose(ammesso che esistano).

Ed è bello, innegabilmente, come la perfezione del mondo alle sette di mattina.

Non faccio che piangere adesso.

Ho pianto tutta la strada quando sono uscito dal Wobby Hall di Seattle.

Ho pianto ascoltando Bach.

Ho pianto guardando i fiori felici nel mio cortile,

ho pianto alla tristezza degli alberi di mezza età.

La felicità esiste lo sento.

Ho pianto per la mia anima,

ho pianto per l'anima del mondo.

Il mondo ha una bellissima anima.

Dio appare per essere visto e per essere pianto.

Cuore traboccante di Paterson.

Allen Ginsberg

giovedì, novembre 29, 2007

Coniglietti e anatre

Giulio fa capolino da dietro lo schermo del computer per qualche coccola extra e qualche tentativo di sgraffignarmi le dita mentre pigio sulla tastiera.
Abbiamo appena finito di guardare insieme lo spot dei coniglietti colorati che mi piace tantissimo
http://www.youtube.com/watch?v=yj0-bCWZOfo e consultato qualche sito di ricette di biscotti per natale.
Oh certo, avrei da studiare.
Miliardi di pagine di argomenti più svariati, da Freud a Tommaso d'Aquino, da Duhem a Leopardi e invece stasera cazzeggio impunemente, senza il minimo senso di colpa, lontano da tutte quelle cose che mi farebbero venire probabilmente maldipancia.
Anzi sto organizzando la mia minifuga dalla realtà che consiste nell'interrompere la programmazione di ogni singolo istante della mia vita nel dettaglio, altrimenti finisce che divido il mio esistere in unità di tempo come hugh grant in about a boy.
E hugh grant non era felice. Aveva bisogno di vedere un bambino che tirava una pagnotta in testa a un'anatra per sentirsi meglio.
Io ho visto i coniglietti. Ho visto la pancia bianca e rossa del mio gatto che dormiva sdraiato sul divano. Ho visto il cielo a milano per la prima volta dopo settimane. Ho ricominciato a leggere e a leggere i pensieri della gente quando sono in treno. Ho ascoltato due ragazzi rom vestiti di stracci suonare il violino da far venire i brividi. Ho lasciato la mia lattina di minute maid ace a una signora che mi chiedeva una moneta che non avevo. Mi sono ricordata l'id di flickr.
A volte capita di dimenticare password, nomi di accesso e buona parte di se stessi.
E io oggi festeggio perchè mi sembra di averli ritrovati tutti e tre.

giovedì, novembre 22, 2007

Ossi di seppia

Al ritorno in treno, stipata come un tacchino nei miei 30cm cubi di spazio, ascolto un bambino uruguayano che spiega alla mamma nel suo italiano dolcissimo che cos'è una seppia.
-E' un parente dei pesci, vive sotto la sabbia- e poi le racconta l'alfabeto fino alla "r" che lui pronuncia "ru" e -tutti i miei compagni mamma dicono rrrrrrrrrrrrrrrrr come le tigri!-
Dopo un paio di minuti improvvisa un mantello da supereroe con una copia di City e gioca tranquillo finchè è ora di scendere.
Tutt'intorno a lui le persone guardano distratte le impronte delle mani sui finestrini o si infilano gli auricolati perdendosi in conversazioni senza fine sul tempo e sui treni che sono sporchi e su quel collega di lavoro insopportabile e cercano, in generale, di sentirsi meno sole.
Dal canto mio sto leggendo sul giornale che le mie prospettive di lavoro sono rimandate a un nebuloso 2012, forse a quel momento là ci saranno anche le astronavi e le colonie su orione e la gente piangerà meno lacrime nella pioggia.
La condomina che in ascensore mi vede trafficare con i libri nella borsa domanda con aria stupita
-Ma vai ancora a scuola?-
e a me viene da risponderle che sì, faccio ancora la 2a elementare, non riesco a imparare la per e la diviso.
Tempi splendidi quelli della seconda elementare.
A quest'ora si preparavano i lavoretti di Natale, altro che esami, precariato e belle balle.

lunedì, novembre 19, 2007

Maybe I'm The Grinch

Come al solito, quando i lacci si stringono troppo e le dita incespicano sull’ennesimo bottone, qualcosa con i denti si ribella dentro me, mi ritorna il mal di schiena e quell’irresistibile desiderio di stare in silenzio la maggior parte del tempo, così finisco per immaginare qualcuno che racconta la mia storia mentre torno a casa in macchina, con la fronte appoggiata al finestrino e guardo le stelle che domandano sempre e non rispondono mai, e fuori è sottozero e mi viene in mente quel film tristissimo che forse ho visto un paio di anni fa -la mia vita senza me- che non mi era neanche piaciuto, ma l’avevo visto ugualmente per il titolo, mi sembrava volesse dire tante cose e invece era il solito pippone strappalacrime con tanto di pioggia (piove sempre in quei film lì, però piove bene, con le gocce romantiche, mica le piogge acide che mi accolgono i lunedì mattina a milano e che mi scioglieranno il cranio prima o poi).
Oggi ricevo l’ennesima mail che recita “La ringraziamo per la fiducia accordataci inviandoci il suo manoscritto” “Abbiamo letto con interesse il suo manoscritto” “La lettura del suo manoscritto ci ha convinto che non siamo gli editori che fanno al caso suo” (minchia rispondono proprio tutti) e mi sembrano passati anni luce da quel momento lì, e da tanti altri in effetti, e ripenso ai miei amati ammassi di cartacce che conservo in uno scatolone blu e penso che mi piacerebbe avere il tempo di finire quelle cose lì per me, proprio come è stato all’inizio -scrivere solo per me- e scusate se lo dico qui sul blog, magari fa brutto però è la verità.
Inoltre, se qualcuno gentilmente volesse spiegarmi perché ca**o hanno già messo le luminarie natalizie per le strade che non è manco dicembre, a me questo fatto genera ANSIA, finisce che ci toglieranno anche la malinconia del Natale e delle strade deserte a una certa ora della sera mentre il vento gelido ti taglia la faccia a metà e ti fa sentire la protagonista di qualche novella di Cechov. Sono già lì da una settimana, le slitte intermittenti, le stelle comete , le scritte buonnnnatale.
Vi prego facciamo qualcosa, un referendum, una campagna, una lettera a Berlusconi.
Non si può andare avanti così, mi girano le palle.

sabato, novembre 17, 2007

il migliore dei mondi possibili

Il blog langue.
Che è triste da una parte e un'allitterazione stupenda da un'altra.
I motivi per cui non scrivo più (e non scrivo proprio, neanche gli sms) sono molteplici:
poco tempo, studio che non è mai abbastanza, quando ho quei quattro minuti liberi mi viene l'ansia scrittoria e allora lascio perdere perchè ho giurato a me stessa che non avrei mai aggiornato un blog solo per occupare dello spazio virtuale.
I miei ultimi due mesi sono stati essenzialmente mesi di treno e metro.
Su e giù, attraverso gli stessi paesaggi, ad ammettere che ci deve essere qualcosa di sociopatico nella beata tranquillità che ricavo da questi lunghi viaggi in totale solitudine, immersa nel disordine musicale e mentale delle mie orecchie.
E poi c'è la metro, che è un mondo nel mondo, ma è un mondo che mi piace perchè si vedono cose belle che non ti immagineresti mai, la varia umanità in tutta la sua sincera incoerenza,
il nigeriano che aiuta la sciura milanese con le stampelle e la faccia di botox a sedersi e le lascia il posto, bambini cinesi che tornano a casa da scuola con i loro italianissimi compagni e parlano tutti di dragon ball, una mamma filippina con una gigantografia del suo matrimonio sotto un braccio e un bebè tutto rosa sotto l'altro, il super manager che si cava la monetina dalla tasca e la lascia sorridendo a uno strampalato suonatore di fisarmonica con la cassa di amplificazione improvvisata nello zaino; e poi a fianco le ragazze gucci-vuitton che tengono gli occhiali da sole anche sottoterra, la modella anoressica che batte il tempo tra una fermata e l'altra perchè deve assolutamente fumare, quelli che lo sai per certo che scenderanno a brera, e quelli che ostentano il sacchetto di cavalli come fosse la cosa più importante del mondo.
Tutti, fondamentalmente molto simili.

Vieni, vieni in città
che stai a fare in campagna?
Se tu vuoi farti una vitadevi venire in città.
Com’è bella la città com’è grande la città
com’è viva la città com’è allegra la città.
Piena di strade e di negozie
di vetrine piene di luce
con tanta gente che lavora
con tanta gente che produce.
Con le réclames sempre più grandi
coi magazzini le scale mobili
coi grattacieli sempre più alti
e tante macchine sempre di più.
Giorgio Gaber

martedì, novembre 06, 2007

Grandi pulizie

Premetto che non è il mio gatto, ma vorrei tanto che un giorno lo fosse...

lunedì, ottobre 29, 2007

Quella sera a casa di Carlo

I treni portano via le persone, alcune le trasportano, altre le riportano, altre le fanno andare lontano.
La stazione centrale è molto bella quando stai tornando a casa ed è già buio, ci sono quei terribili schermi pubblicitari ovunque che si illuminano tutti insieme e formano una cosa bella, una specie di magia, di gioco di specchi, la gente cammina su e giù per i binari e si prepara a tappezzare gli scompartimenti dei treni con le sue copie di leggo,city, metro, e-polis. Io in treno non mi lamento mai della gente che puzza, c'è un sacco di gente che lo fa e non si accorge di avere le pezze sotto le ascelle per la gran corsa alla ricerca di un posto dove poter allungare le gambe.
Il mio professore di storia del giornalismo ha detto che non bisognerebbe leggere la free press, a morte la free press, e io all'inizio non la leggevo poi ho capito che leggere l'oroscopo sul megaschermo della metropolitana era ancora più triste, così adesso arrivo all'università e so tutti degli eventi di cronaca più scabrosi con dovizia di particolari, c'ho anch'io la mia copia di free press.
Sto studiando tanto. Studio perfino nella pausa pranzo, studio seduta sulla panchina di pietra con la ragazza con gli occhiali miumiu che manda i messaggini con il cellulare e fruga nella borsa gucci da cui estrae un portachiavi di gucci con delle chiavi di gucci e la sua copia di free press.
Mi distraggo pochissimo. A lezione sono incredibilmente concentrata, non mi metto mai a guardare fuori dalla finestra, non gioco con il cellulare, non disegno gli impiccati sul quaderno come facevo alla triennale.
I miei neuroni culturali si stanno riattivando tant'è che sono già quattro puntate che indovino le parole misteriose dell'eredità mentre consumo la cena, e sono sempre stata una pippa per 'ste cose enigmistiche.
Così ho pensato di telefonare a Carlo Conti e chiedergli se potevo andare da lui una sera a cena e poteva farmi tutte le domande che voleva ma poi doveva rispondere a un mio unico quesito:
considerando che vado a scuola con profitto da quando ho sei anni non sarebbe ora che mi si dicesse che posso smettere di studiare e adoperarmi in un lavoro dignitoso, una cosa che mi consenta di vivere non sdraiata su una panchina di pietra della stazione centrale?
Solo per chiedere,nè.

domenica, ottobre 21, 2007

Winter in Seattle

Seattle del Piemonte, interno, domenica sera.
Una fioca luce fa brillare le copertine di un concettuoso libro di storia contemporanea di settecento pagine e di un volume sulla letteratura italiana dell'ottocento sottolineato con l'evidenziatore giallo.
Un gatto bianco e rosso si aggira nei dintorni di un tavolo azzannando con ferocia le caviglia della protagonista.
La protagonista sta scrivendo un post sul suo blog.
Fuori fa un freddo bastardo e lei un po' è contenta perchè finalmente ha potuto sfoggiare il suo cappotto grigio da intellettuale organica.
Un po' invece pensa all'inverno e l'inverno è una di quelle cose che la rendono malinconica.
Come il fatto che domani è lunedì e il regionale con i vetri tutti appannati la aspetta inesorabilmente per traghettarla oltre regione.
E che i weekend passano così in fretta e diventano subito away.
Il gatto salta sul computer e desidera ardentemente impadronirsi del puntatore del mouse.
La protagonista lo allontana affondandogli le dita nella pancia morbidissima e crede che avere un gatto peloso sia una delle cose che possono migliorare l'umore di una persona.
Oggi il sole era rosso ed è andato giù a picco dietro le montagne, dietro le teste della gente che camminavano strette strette per le vie di una cittadella commerciale.
Sembrava Natale quasi.
La Protagonista apre windowsmediaplayer e diffonde qualche nota dei Decemberists nell'aria.
Ci vorrebbe più tempo per tutto. Ci vorrebbero meno caffè, meno chilometri, meno esami, meno sveglie sui cellulari, meno lacci annodati, meno pagine, meno parole.
Ma la Protagonista non è triste e non si dà per vinta. Sa che l'influsso negativo di Marte passerà e presto sarà ora di trangugiare cicciose cioccolate calde traboccanti di panna.
E una cosa deve confessarla.
Che, in fondo, inforcare gli occhiali da riposo e ricominciare a sentirsi una persona intelligente non è poi tanto male.

lunedì, ottobre 15, 2007

Chi vuol essere milionario? Io.

Negli ultimi dieci giorni ho cominciato almeno sei o sette post in cui raccontavo le mie disavventure nella Nuova Grande Università, di treni guasti e ritardi apocalittici, di non avere mai visto tante Vuitton e Gucci in vita mia, di non avere ancora chiaro cosa cacchio studierò quest'anno e della generale impressione che il mio lettore mp3 abbia tirato le cuoia nel mio primo giorno da pendolare appena passata magenta.
(E con la stampante rotta siamo ormai alla rivolta delle macchine ribelli).

Poi succedeva che mi perdevo a metà, facevo resoconti troppo lunghi, mi veniva il raffreddore, tornavo a casa priva della facoltà di intendere e di volere e quindi niente, ho lasciato perdere e ho fatto diventare tutto secco e arido come solo un blog abbandonato può essere.
Stasera non respiro più da nessuna delle due narici e ho male a tutte le ossa di cui ricordo il nome (e anche a un paio di ossicini di cui non sospettavo l'esistenza).
Inoltre ho le ghiandole gonfie come palloni da rugby e sono un po' incazzata con i miei condomini che non hanno voluto accendere prima il riscaldamento così ci sfangavano un paio di prada prestige e intanto a me veniva il raffreddore.
Per cui ecco qui, il post sulla mia vita di adesso è ancora in fase ideale e lo demiurgizzerò non appena avrò smesso di scarnificarmi il naso con quegli odiosi fazzolettini scottex che, col c***o c'hanno la morbidezza di un cucciolo di labrador.

L'unica cosa bella del raffreddore è il vics spalmabile, scaduto nel 2002 ma poco importa.
La sera prima di addormentarmi, avvolta in una nuvola di vapori medicamentosi sogno di un mondo migliore in cui a 24 anni puoi smettere di cercare soluzioni culturali a problemi reali, e ogni tanto puoi passare dal via e ritirare cento euro e costruire un dannato albergo in parco della vittoria.

E penso che forse la soluzione c'è, basta chiamare Jerry Scotti e chiedergli se mi è possibile diventare milionaria dal momento che stasera avevo azzeccato la domanda da 35.000 euro.

Sarei un'ottima milionaria, lo so.

Poi i vapori mi atterrano e il mondo si buio e lontano.
Domani è un altro martedì.

giovedì, ottobre 04, 2007

Del suicidio della mia stampante e presto anche del mio se non vengo a capo anche di questo PDP

1.
Due giorni fa il suicidio della mia stampante che, all'improvviso, sentendosi forse incalzata da una ventata di nuova tecnologia (sono wireless yuhu) ha iniziato a lampeggiare disperata "General error -General Error" e non faceva più niente.
Dopo qualche ricerca su internet ho scoperto che -general error- è un modo carino dell'informatichese per comunicare all'utente che la tua stampante si è totalmente fottuta, e non ti resta che cancellare dalla lista dei tuoi prossimi acquisti il lettore mp3 con uno sportellino delle batterie (il mio l'ho perso dopo due giorni) per sostituirlo con la voce -nuova stampante mannaggiaate-.
Purtroppo quello strumento mi è indispensabile, amo sommergermi di carta stampata, stampo tutto, appunti miei, racconti scritti alle due di notte per cercare di prendere sonno, articoli in lingua straniera che non leggerò mai e presto dimenticherò il motivo per cui li avevo selezionati.
(e dopo un po', butto tutto via, ma non ditelo in giro, ho paura degli ecoterroristi).
2.
Ho trascorso il pomeriggio a cercare di fare il piano di studi della Nuova Grande Università, dove tutto è incasinato alla terza e dove, seppur nascosto da una splendida cornice architettonica e da un libretto rosso purpureo che niente ha a che vedere con quello vecchio di carta riciclata, si cela il solito apparato burocratichese di codicilli e ambiti disciplinari.
Il piano di studi è peggio del codice da vinci scritto in sanscrito al contrario da un mancino disgrafico. Ho impegnato preziose ore della mia giovin vita nel vano tentativo di districarmi tra M-STO/O8, M-FIL-LETT-ANT-PSP (che poi psp è chiaramente la sigla di playstation), roba che in confronto il codice del genoma umano è una minchiatona da principianti.
Non capisco perchè abbiamo dovuto complicare l'unica cosa ancora semplice dell'università italiana, cioè i nomi delle materie trasformandoli in romanzi a puntate riconducibili a geroglifici egiziani da inserire in tabelle vintage di excel .
Indubbiamente Teorie della filosofia antica spiegata ai giovani strizzando un occhio ai nuovi media è un titolo sicuramente più fico che Storia della filosofia antica ci sarà da sudare tantissimo su Platone, però minchia tanto quello devo studiare, ho 24 anni e la fase dello zucchero sul biberon l'ho superata.
Anzi, a dire il vero non credo che mia madre mi abbia mai messo zucchero sul biberon e la ringrazio.
Questo piano di studi mi sta uccidendo.
Basta confondere un M-FIL-LETT-12 con un M-FIL-LETT-11 perchè nessuno ti parli più, la tua laurea venga bruciata in piazza Duomo e la Feltrinelli ti revochi la sua fidelity card.
Quindi scusate se probabilmente non parlerò d'altro nei prossimi giorni.
Sto vivendo un piccolo psicodramma.

domenica, settembre 30, 2007

Toffismi

L'autunno quest'anno mi è piombato addosso.
Ecco non so come sia andata la faccenda per le altre persone ma a me è proprio caduto in testa, a mò di tegola, mentre ero ancora candidata al disimpegno estivo e mi godevo le giornate poco impegnative e rimandavo le decisioni impegnative a un futuro lontanissimo di civiltà robotiche e inquinamento cosmico.
Poi l'autunno è arrivato tutto insieme, pioggia nebbia, grigio, ansia da università, ansia da occupazione, necessarie e vincolanti scelte esistenziali, maldischiena, freddo, freddo, desiderio che qualcuno mi regali un gettone per fare ancora un giro sul brucomela prima di scendere.
Dove sono finiti gli ultimi due anni? Cos'ho fatto? Dov'ero? Perchè non ho continuato subito a studiare? Perchè pur essendomi fatta un mazzo quadro ho ottenuto pochissimi soldi e nessuna gratificazione di sorta?
Sono domande a cui non so rispondere e l'autunno è lì con il suo bloc-notes che ticchetta nervosamente la penna stilografica e incalza.
Sono sicura che settembre sia durato tre giorni quest'anno.
Tra pochetto inizio altri due anni di università.
Certezze non ce ne sono, il cavallo sembra buono ma l'orizzonte è pieno di lampi peggio di Twister.
Io mi sento come Helen Hunt quando resta appesa ai tubi delle condutture di una fattoria del Midwest nel cuore di un tornado gigantesco.
Solo che lei sapeva, per esigenze di copione, che il vento era finto e i tuoni pure.
Con me è diverso. Questa è la sporca realtà.
Ma, a parte tutto (un tutto grande, che se ne potrebbe parlare per settimane) ho deciso che a questo punto l'unica cosa veramente furba da fare è appendermi ai tubi con tutte le forze e cercare di non volare via.
Poi probabilmente dopo il tornado arriverà un'inondazione e finirò comunque per diventare un piccolo insignificante titolo di coda che lotta per non essere schiacciato da chi conta davvero.
Nel frattempo meglio credere in qualcosa che mollare la presa e abbandonarsi a un vento tempestoso e spietato che di logico non ha proprio niente.

mercoledì, settembre 26, 2007

E se io latito latito
Mica faccio un illecito
Se non sai dove abito
Se non entro nel merito
se non vado a discapito
Dei miei stessi consimili
*Al momento non ho un bélin da scrivere.

lunedì, settembre 17, 2007

*september

Ieri mattina alle otto ero in piedi a cercare un paio di jeans cui non fossi troppo affezionata. Alle nove e mezza ero qui http://www.larondadelbramaterra.it/, alle dieci stavo già sorseggiando un bianchino e mangiando pizzette.
Le giornate in gradevole compagnia scorrono sempre piacevolmente, senza troppi intoppi.
Si ride, ci si sommerge di aneddoti passati e futuri, qualcuno racconta barzellette (io sono negata però rido quasi sempre), si fa finta che non esistano problemi come il precariato, il checacchiofaremodellenostrevite, la giostra dei rimpianti, i chili di troppo e i soldi che a guadagnarli fai una fatica ciclopica e spenderli invece è un attimo.
Le giornate in gradevole compagnia ti lasciano addosso una piacevole patina di leggerezza. Non solo nel senso che torni a casa con i muscoli dello stomaco contratti a forza di ridere ma con quella sensazione piacevole che si possano vivere momenti belli anche senza troppe pretese.
Un bicchiere di vino, un kitchissimo cappellino di paglia in testa (definito dalla brochure come elegante e vero motivo della nostra iscrizione alla manifestazione), qualche paesino di pietre vecchie e bellissime che non immaginavi potessero stare lì.
Ieri notte c'è stato il temporale che ha portato via l'estate.
C'è sempre un ultimo temporale, prima delle nebbie, prima che l'oro delle risaie diventi nero fuliggine, prima delle sciarpe fin sotto gli occhi.
E ieri notte c'è stato proprio quel temporale di fine estate, scoppiato all'improvviso, con la pioggia che tintinnava fitta sulla ringhiera di balcone e i lampi che illuminavano i tetti delle case lucidi.
Non sono riuscita a dormire, ho pensato all'estate finita, ho pensato che ormai manca poco e diventerò una treno-metro-università (speriamo di esserne capace).

lunedì, settembre 03, 2007

Talk to me

Credo che il mio gatto mi capisca.
Nel senso di "ascoltare/comprendere/elaborare".
Non prendetemi per pazza nè per gattofila di vecchia data, il mio gatto ce l'ho da un paio di settimane appena. Certo adesso mi sembra impossibile ricordare come fosse la mia stanza prima che la sua faccia spuntasse dalle tende. O che qualcuno si lisciasse la cosa sul mio cuscino.
Ci sono momenti in cui giuro che capisca tutto quello che gli sto dicendo.
E viceversa.
Ieri notte miagolava perchè non voleva che andassi a dormire e lo lasciassi solo.
-Giulio è un film orribile e c'è pure Sandra Bullock che tenta di fare la fattona e Sandra Bullock è cozza e la odio perchè ha fatto un film in cui Keanu Reeves la amava-
-Miao-
-Va bene, solo mezz'oretta ancora però, dopo me ne frego se miagoli, mezz'ora di Sandra Bullock e poi a nanna-
-Miao-
Poi giù a ronfarmi sul collo, perchè il maledetto si addormenta con tutto la felina pancia sopra la mia gola e quasi subito inizia a sognare e ad agitarmi le zampe davanti agli occhi.
Io parlo con il mio gatto e mica gli dico solo amorestellinatesorocucù, gli racconto come sto e cosa mi passa per la testa in questi lunghi noiosissimi pomeriggi di settembre.
Certo è piccolo e ogni tanto gli piace ficcarmi le unghie nel braccio senza motivo.
O forse lo fa per pareggiare i conti con i discorsi che gli propino.
Oggi ad esempio gli ho spiegato che quando qualcuno ti fa un regalo difficilmente è all'altezza delle tue aspettative, e questo settembre di ferie forzate sta scorrendo via con fatica incredibile e una certa buona dose di malinconia.
Giulio lo sa, glielo leggo nelle iridi verdissime che mi osservano silenziose.
Mi appoggia una zampa sulla faccia, fa le fusa e ci addormentiamo insieme sulla sigla di un telefilm tedesco.
Sto trascorrendo settembre sdraiata su un divano, ca***.

giovedì, agosto 30, 2007

quando non si ha troppo da raccontare meglio far parlare qualcun'altro

All' Ipotetico Lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno la sentirai fuggire.
Fa' che siano allora come foglie e come vento, assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio non è minore che nell'incontro.
Rimane uguale e sarà eterno.
Ma diverse sono talvolta le vie da percorrere in obbedienza al destino.

Margherita Guidacci
(1921-1992)

mercoledì, agosto 22, 2007

Post a links

And here in our hollow we fuse like a family,

but I will not mourn for you

So take up your makeup

and pocket your pills away

we're kings among runaways

on the bus mall

we're down

on the bus mall





Non so perchè ma alla fine dell'estate 2007 mi ritrovo ad ascoltare i Decemberists, così come in fondo era accaduto anche all'estate precedente e forse anche a quella prima.

Gente che ha un gruppo il cui nome ci azzecca con la fine di agosto così come la nutella con l'insalata. Eppure l'evidenza incombe, i fatti parlano chiaro, cantano forte nelle mie orecchie e le dita picchiano sulla casella -search- del mulo senza esitazioni.
Scusate ma quest'estate non ho trovato musica "nuova" per le mie orecchie.
Ho ascoltato sì qualcosa ma con timpani distratti e insoddisfatti. Sarà che a me d'estate piacciono le canzoni allegre ma non troppo.
Cioè a giugno e luglio posso ancora ascoltare canzonette spensierate.
Quando ho disfatto la valigia nel mio piccolo bungalow radioattivo lo ammetto, stavo fischiettando Gino e l'Alfetta.
Però poi sono stata zitta quasi tutto luglio, mi ero fatta una compilation sul lettore mp3 che ha perso lo sportellino delle pile ed è così brutto, quasi come le canzoni che ci avevo messo dentro.
Ho provato coi fratelli. Mi piaceva tanto Whistle For The Choir.
Forse mi piace ancora ma non ho ancora deciso. Ho ascoltato Paolo Nutini.
Cazzo è commerciaaleee! Sì va bene, mica dico di no.
Anzi confesso. L'ho scaricato perchè la mia amica scozzese mi aveva assicurato essere un tipo che non se la tira per niente, uno che va a fare la spesa ed esce con gli amici di sempre e mica si caga il mercato discografico europeo. Poi ho scoperto che a Glasgow sono tutti famosi, è come stare nel Truman Show, il segreto è tutto lì.
Mi è piaciuta New Shoes. L'ho cantata per qualche tempo quando indossavo le birkenstock nuove da suora laica. Poi boh, basta. Caduta nel dimenticatoio.
Ho pure cercato di riascoltare gli Smashing di Mellon Collie.
Non ci sono riuscita, nemmeno per una canzone, ho avuto paura di rovinare il ricordo, di rompere l'incanto, di mandare il sogno in frantumi.
Così l'estate è passata senza una colonna sonora, una canzone da riascoltare anni dopo e pensare -ah cacchio, l'estate 2007!-.
La verità nuda e cruda è che non ci sono state canzoni con la "C" maiuscola.
E che guarderò arrivare l'autunno sulle note di Her Majesty, Castaways and Cutouts, Picaresque e magari anche The Crane Wife.
Quindi se anche voi negli ultimi mesi siete rimasti a bocca asciutta dateci un ascolto.
Perchè certi pezzi, anche se con l'estate alle spalle non c'entrano niente, sono di una bellezza impressionante.

martedì, agosto 21, 2007

Il divo Giulio


Da qualche giorno mi gironzola per casa. E i miei, che sono riuscita a convincere solo dopo 24 anni, sono lì che si commuovono a vederlo mentre rosicchia con ferocia preziosi tendaggi e tappeti orientali.
Dicano quel che vogliono ma quando uno è bello bello gli si perdona (quasi) tutto.

mercoledì, agosto 15, 2007

(...)

Più che raro credo.
O forse più frequente di quanto io pensi.
Incontrare una persona che te ne ricorda un’altra, che hai perso con gli anni o che credevi di aver perso e invece ti ritrovi a pensare che quella smorfia particolare e quel modo di muovere gli occhi sono e resteranno sempre i suoi.
Non sto parlando di un ex-amore, o di un ex-ragazzo o di tutte quelle cose odiose che iniziano con il prefisso ex e ti fanno sentire più vecchia di quanto non sei.
Sto parlando di quello che era il mio migliore amico e che forse, in un universo perfetto dove non esistono gelosie, invidie e sentimenti contrastanti, resterà come tale per sempre.
Quel posto rimasto semplicemente vuoto, quello di una persona seduta allo stesso tavolo per tanti anni che all’improvviso si alza e ti saluta con un confuso gesto nella mano.
Così.
Non lo sento da più di un anno ormai, l’ho intravisto soltanto una volta, qualcuno mi racconta che è dimagrito, che esce sempre con quella ragazza di cui era innamorato e che magari col tempo si è innamorata di lui.
Se dicessi che provo nostalgia non direi il giusto.
Nessun rimpianto.
Perché finché siamo stati noi, finché siamo stati in quella parentesi di vicinanza così delicata che è l’amicizia, ci siamo consumati di chiacchiere, esperienze, consigli e segreti.
Che non ho mai svelato a nessuno. Che non svelerò mai.
Che terrò sempre chiusi nel cassetto del nostro essere amici.
Ho ancora una sua lettera di compleanno in un cassetto.
"...sempre dalla tua parte”.
Per tanto tempo ci ho letto solo l’impulso di un momento, quello che porta a pronunciare frasi di cui uno si pentirà in seguito o promesse cui non potrà tenere fede.
Adesso so che non è così.
Quelle parole sono vere.
Nell’universo perfetto dove non esistono gelosie, drammi esistenziali e sentimenti contrastanti la nostra amicizia durerà per sempre.
Saremo seduti in qualche sera di fine luglio, su qualche panchina di fine luglio con la nostra corona ghiacciata in mano a parlare di tutto il resto.

(Sempre dalla tua parte, in un modo o nell'altro).

martedì, agosto 14, 2007

August and everything after

Agosto pugnale dell'inverno.
Ho letto/sentito questa cosa non mi ricordo dove e mi è sembrata la conferma di quella sensazione che agosto mi trasmette ogni anno, che l'autunno sia dietro l'angolo, che il sole faccia finta di essere ancora estivo e le giornate lunghe, mentre l'estate si è già infilata le scarpe per incamminarsi alla porta.
Sarà magari anche perchè le mie vacanze sono sempre state vacanze di luglio, con l'acqua del mare ancora fredda e la pelle fantasmatica dei bagnanti intenti a ungersi con inutili solari protezione mille.
A luglio il sole è sole, il mare è mare, l'inverno sta nel suo punto più lontano.
Agosto è il mese più freddo dell'anno. Certo che sì. Perchè uno si aspetterebbe ancora quel caldo da togliere il fiato, il maniacale impulso a suggere continuamente granite al limone, e invece la sera tiri fuori il lenzuolo pesante e magari ti fai anche un the se il pomeriggio ha piovuto.
Però agosto è anche il mese in cui Seattle è più bella, spogliata di buona parte dei suoi chiassosi e fashion abitanti, popolata di gatti, cani e padroni di cani e basta, con le saracinesche abbassate e le strade silenziose, con la possibilità di parcheggiare la macchina dove vuoi senza doverti contorcere in manovre circensi, con le risaie ancora verdi e la luce del sole che al tramonto diventa amaranto, sul serio, sembra di fare le comparse in una cartolina turistica.
Quest'anno ad agosto sono a casa e non nascondo di essere contenta. E tranquilla.
Di dormire fino a tardi. Di cercare di rimandare il più possibile tutto l'everything after.
Adesso è agosto e il freddo non è poi così male.

giovedì, agosto 09, 2007

ricordo di un'estate

Una nave bianca attraversa lentamente tutto l'orizzonte che riesco a vedere, da una parte all'altra, lentamente.
Sono seduta su un muretto umido, forse sono le sei del mattino, forse molto prima.
La luce del sole è solo un bagliore soffuso nell'aria che illumina appena le cose.
Sono scappata dalla finestra di un bungalow in cui dormivamo in cinque con due letti, c'era quel ragazzo svedese che dormiva sul pavimento appoggiato alla porta, aveva una camicia hawaiana, un vero spasso.
Mi hai chiesto dove vai.
Ti ho risposto che uscivo a prendere un po' d'aria e di passarmi le scarpe.
Sono uscita dalla finestra e fuori faceva fresco, avevo bisogno di pensare.
Dentro russavano tutti, il ragazzo svedese, la mia compagna di stanza bionda e un po' lobotomizzata, il ragazzo di milano che dormiva col cappuccio della felpa sulla faccia.
Per me è così, una volta sveglia non riesco mai a riaddormentarmi.
Ti aspetto per un momento appena al di là della finestra.
Ma se ci ritrovassimo uno di fronte all'altro dovremmo parlare, spiegarci.
E io non so spiegare niente, io e te cosa siamo, cosa c'è dei tuoi occhi che mi parla, cosa ti parla dei miei, il senso di un bacio notturno posato sulla fronte, senza dire niente.
Mi allontano e seguo un sentiero, poi trovo un muretto e mi siedo lì, zitta, muta.
Lo so che poi sei uscito e mi cercavi.
Che sei rimasto lontano dietro le mie spalle a guardarmi e magari l'hai vista anche tu.
Quella nave bianchissima che spuntava dal promontorio e attraversava l'orizzonte, piano piano.
Oggi è l'ultimo giorno delle nostre vacanze.
Io parto, tu rimani. Tra poche ore sarò di nuovo a casa, in camera mia, con le cuffie del walkman cacciate nelle orecchie a scrivere furiosamente di un'altra estate finita sulla mia agenda stroppicciata.
Tu non ci sarai più. Mai più questa volta, e nemmeno io.
Non so spiegarmelo ma ho la sensazione che quella sia l'ultima estate di una certa parte di me stessa. Qualcosa sta partendo.
La prossima estate avremo diciotto anni e non saremo più qui.
Il mondo sarà diverso. Saremo diversi anche noi.
Se stringo gli occhi mi sembra di vederci seduti sul ponte di quella nave bianca che scivola all'altro lato dell'orizzonte e scompare, pezzo per pezzo, inghiottita dal verde degli alberi.
Resta solo il mare.

mercoledì, agosto 08, 2007

Back to Seattle





Tornata.

Ecco, questo sì che avrei voluto scriverlo tra due anni...

domenica, luglio 22, 2007

Oh la la...les vacances!



-Chiuso per ferie-
(Sono due anni che aspetto di poterlo scrivere!)

mercoledì, luglio 18, 2007

Puzzle (non mi veniva in mente nient'altro)

Life is too short
Death doesn't ask
It don't owe you that
Some things you lose
You don't get back
So just know what you have


And the world may be long for you,
but he'll never belong to you.
But on a motorbike, when all the city lights blind your eyes tonight,
are you feeling better now?
Say my dreams are
never going to come true
but it seems almost impossible
to make it
Certe canzoni che girano in testa.
La tastiera del computer scotta come una padella sul fuoco e il mascara che cola mi disegna intorno agli occhi un'ombra scura.
Stasera ho fatto le fototessera alla macchinetta di fianco al municipio perchè in quelle che mi aveva scattato il fotografo oggi pomeriggio sembravo un'altra persona, tra l'altro, molto più brutta.
La voce meccanica che diceva -in caso l'espressione non risulti di suo gradimento prema di nuovo- è l'unica cosa che mi ha fatto veramente sorridere oggi.
Domani Milano e farà caldo, lo so, tutto sembrerà sciogliersi in una visione sbudineggiante delle cose. Mi addormenterò confusa sui sedili di un regionale che profuma di mondo e sognerò di canzoni e di tutto ciò che le canzoni ricordano, maledette, a tradimento.

martedì, luglio 17, 2007

le cose che abbiamo in comune sono 4250 o 4270?


le cose da fare prima di partire
in ordine sparso

...sono molte e, per l'appunto in ordine sparso. Cioè la mia mente me le ricorda casualmente, in qualunque momento della giornata, a volte le sogno, a volte sto bevendo il caffè e mi ricordo che dovevo rispondere a un messaggio di tre giorni prima. Sono terribilmente rincoglionita dal caldo, dall'attesa di vacanza, da questa atmosfera di stasi mistica ed esistenziale.

Oggi ho scoperto che nel passaggio alla specialistica devo recuperare un esame di medievale e mi si sono contorte le viscere. In realtà di fronte al professore che mi annunciava la novella ho sorriso, sebbene molto forzatamente. Uscita dalla facoltà sono andata a comprarmi un paio di scarpe per autogratificarmi che, per inciso, sono le infradito della birkenstock che schifano tutti ma a me piacciono perchè sono comode e, a dispetto dei trends, sono sempre stata bene con le scarpe da suora laica.

Però si vede che questa è una facoltà di ricchi dal grado di gentilezza degli addetti alla segreteria. Nella mia vecchia facoltà non ti sputavano in faccia solo perchè c'era il vetro protettivo. E come dimenticare l'omino pelato che nel bailamme della consegna dei piani di studio chiudeva l'ufficio e usciva fuori in cortile a suggere caffè davanti a una folla inferocita. Miss him.

In settimana dovrò tornare ad affrontare il caldo milanese per completare l'iscrizione e di certo tralascerò di portare qualche documento fondamentale e importantissimo. In realtà questa nuova condizione di pendolare che mi sarà propria da settembre mi pone di fronte all'ineluttabile pericolo di svegliarmi a Torino PN. Io in treno dormo benissimo, a dispetto di aria condizionata, caldo tunisino, puzza, sonerie dei cellulari, qualsiasi cosa. Naufragar m'è dolce nei vagoni.

Ci sarebbero altre cose. Tantissime. Ma fa caldo e mi sudano i palmi delle mani a scrivere al computer quindi, mi sa, ci riaggiorniamo.

lunedì, luglio 16, 2007

manifesto di intenti

Ho cambiato layout e sono tornata a questo neutro perchè intanto non sono rosa per niente.
Sto disperatamente aspettando le vacanze perchè è estate e io non me ne sono ancora accorta.
Il periodo è complicato.

(Quindi tornerò a scrivere in un altro momento)

venerdì, luglio 13, 2007

Una risata ti salverà la vita

In quel marasma che è youtube uno trova anche queste cose:

Ed è qui solo fino a venerdì...meglio approfittarne!

(Chi non la inserisce nella sua playlist estiva è un indie-snob-intellettualoide)

martedì, luglio 10, 2007

Appello

Io di solito non guardo molti film per mancanza di tempo.
E mi irrita terribilmente quando, trovate finalmente un paio d'ore libere, finisco per sorbirmi qualche cilappone tremendo...tipo film americano anni '90 in cui alcune famiglie terribilmente complicate litigano tra loro ma poi si riappacificano nel finale mentre fuori nevica e/o è il giorno del ringraziamento; film che dovrebbero far ridere e invece ti viene voglia di picchiare tutti gli autori, la troupe, le persone intorno a te; film metafisici metaontologici medianici che forse solo guardandoli al contrario potresti capirci qualcosa.
Ma da quando quest'uomo ha aperto il suo blog, il mondo è un posto più sicuro.
Quindi se anche voi, come me, siete vittime di scelte casuali e bidoni in agguato date sempre uno sguardo alle sue recensioni tecniche ma de panza.
Vi salveranno la vita.


ROB PERDONAMI
e non provare a chiudere il blog
altrimenti organizziamo un pullman
e veniamo a dartele di santa ragione

lunedì, luglio 09, 2007

Adieu...

Forse farei meglio a tacerne, guadagnando in credibilità e stima.
Ma ci sono certe cose, certe "sventure", che è bene condividere con gli altri, affinchè ciò che ha danneggiato te possa beneficare un'altra persona con i suoi effetti ilari.
Occorre premettere che questa non è la prima occasione in cui siffatto evento coinvolge la sottoscritta e che, anzi, pare quasi il fato l'abbia destinata a dover smarrire in modi incredibili e miracolosi, uno dopo l'altro, questi oggetti così futili eppur così necessari alla nostra vita quotidiana.

Vabbè è solo che ieri sera mi è caduto il cellulare nel water.

Pluf.
Ora sa di fogna e non si accende più.

Il cellulare precedente, l'anno scorso, era caduto nel lavandino.
Pluf.
Mentre un'amica lavava i piatti qualcuno aveva telefonato e la vibrazione aveva fatto precipitare il telefono tra flutti di detersivo e cucchiaini.
L'anno prima, per dire, in campeggio una pigna aveva divelto lo sportellino del mio di allora telefono mentre correvo a ripararmi da una tromba d'aria.
Stoc.
Poi c'è quello che mi hanno rubato in un collegio di preti.
Fruc.

Inizio seriamente a pensare di tornare al metodo dei piccioni viaggiatori e delle lettere chiuse con la ceralacca e affidate a paggetti con il taglio vergottini di iva zanicchi a sanremo.

giovedì, luglio 05, 2007

Il Sondaggione

Visto che da sola non riesco a decidermi, lancio un sondaggio qui, che di voi mi fido.

PARTECIPA ANCHE TU AL GRANDE SONDAGGIO
SCEGLI LA SPECIALISTICA di FILOSOFIA PIU' ADATTA
ALLA BLOGGER DI ESSENZIALE
TRA LE DUE OPZIONI METROPOLITANE DI:
MILANO (uelabelafiga) e TORINO (bugianen)
PRO MILANO: il corso sembra più bello, buoni professori, uni facile da raggiungere, ci sarebbe pure un compagno di sventure con cui dividere scleri burocratici, secondo anno di liberi crediti da scegliere tra ciò che più mi piace, porta ticinese, l'H&M di corso buenos aires, lo spazio forma che fa mostre fotografiche paiura.
CONTRO MILANO: smog, puzza, troppi macdonalds, paura di prendere l'accento milanese, paura di dover andare all'università abbigliata come dovessi ricevere l'oscar, paura di compagne di compagne di corso miliardarie, paura di incontrare Corona.
PRO TORINO: nelle belle stagioni è bella, il preside di facoltà è proprio un bell'uomo e degno di rispetto, conoscenze locali molteplici, eataly, palazzo nuovo che è terribilmente contro, possibilità di viaggiare in treno con mia sorella, vita ggiovane.
CONTRO TORINO: smog, paura di torinesizzarsi, troppi libri in via po che non posso comprare, paura di dovermi fare un piercing alla lingua per andare all'università, paura di compagne di corso che mi interrogano sulla musica indie, paura di incontrare lapo elkann.

martedì, luglio 03, 2007

pippa-post

Quest’estate così diversa da tutte le altre.
Gli autobus sferragliano a un passo da me e vanno oltre, qualcuno mi scambia per una studentessa, forse intuendo che presto lo sarò di nuovo.
Il treno attraversa lentissimo un indefinito numero di risaie verdi. Dovevo portare il lettore mp3 e invece perdo gli occhi nel paesaggio, che tanto a quell'ora lì nello scompartimento stanno dormendo tutti.
Il problema è che sono arrivata al momento dell'uscio e della porta. Quello in cui c'è una porta davanti a te, devi bussare ed entrare e invece perdi tempo e ti guardi le spalle, sperando che qualcosa ti colpisca forte la testa o ti trascini via.
All’ufficio orientamento studenti mi imbottisco di volantini e domande senza entusiasmo.
Io ero una persona intelligente, io ero una che dava sempre tutti gli esami al primo appello e studiava forte e sodo. Io mi sono laureata con un cazzutissimo voto su un cazzutissimo autore.
Io parlavo delle lingue straniere, abbastanza bene da avere amici stranieri.
Io imparavo le cose in fretta, io scrivevo bene.
Adesso sono solo incazzata col mondo.
Perché per quanto mi chieda dove ho sbagliato, la risposta è che non si poteva fare altrimenti che crederci.
E passerà, come tutte le cose cui ci si abitua, arriva il momento in cui uno smette di farsi domande e accetta le situazioni e basta.

O magari si sfoga sul suo blog con un bel pippone tipo questo.

sabato, giugno 30, 2007

Considero valore

Ultimamente sto leggendo un sacco di cose di questo signore qua.
Cioè sono partita da un libro comprato per caso (Il contrario di uno) e adesso non mi fermo più.
L'Italia farà anche generalmente schifo però qualcuno che si salva c'è sempre.
E menomale.


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura un pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore..
Molti di questi valori non ho conosciuto.

martedì, giugno 26, 2007

Million Dollar Frà

L'iscrizione.


Qualche mese fa, due, tre o forse più mi sono fatta convincere da un'amica ad accompagnarla in palestra.
E' stata dura, ma non avevo alternative: o scendevo a compromessi con me stessa, o lasciavo che il mio sedere scendesse verso i minimi storici.
Così, nonostante la mia pigrizia di ex-atleta ho deciso di forzare la mia volontà in questo senso.
La palestra è una delle cose che ancora mi mancavano all'appello dato che nella mia trascorsa vita ho già fatto un po' di tutto:
nuoto (del mitico Miguel vi parlerò una volta o l'altra),
pallavolo (da panchinara e non),
basket (due settimane di allenamenti e poi boh),
pattinaggio a rotelle (alle elementari con la scuola),
calcio (un allenamento poi mi sono stirata un muscolo della coscia e ho camminato zoppa per parecchio),
arrampicata (in assoluto lo sport più doloroso mai praticato),
tennis (durante i primi allenamenti ho centrato il buchino della raccolta vetri con una precisione che manco federer),
atletica (alle medie, con risultati imbarazzanti)
e rafting (una indimenticabile volta, fichissimo lo rifarei subito).

Ma tornando a noi eccomi in una serata di nebbioso inverno varcare la porta di un capannone con il nome della palestra scritto a pennarello sulla parete bianca.
Tutto ciò mi fa molto Rocky I e II, e anche un po' Million Dollar Baby.
Perchè se proprio deve essere palestra, che sia almeno un posto in cui gli esercizi vai a farli davvero, e non solo fingi di farli per sfoggiare il tuo nuovo completino nike agli occhi dei presenti. Ricordo di avere chiesto rassicurazioni in merito più volte alla mia amica "Ma sei sicura sia scarusa vero?Perchè io ho intenzione di riciclare le scarpe da ginnastica di quando facevo pallavolo".
Entrando noto subito che il piccolo salone è ingombro di attrezzi cigolanti e di omaccioni grossi e sudati pieni di tatuaggi che tirano su bilanceri che manco la controfigura di Hercules (perchè si sa che il biondazzo del telefilm al massimo può sollevare solo delle strisce epilatorie dal suo petto).
Non c'è spazio per aerobica, step e altri diavolerie. Solo macchine.
Evvai! Io e l'aerobica siamo due mondi lontani, come Anna Falchi e l'ermeneutica di Pareyson.
Prendiamo accordi con il proprietario in un piccolo ingresso in cui transitano continuamente uomini a tre ante che emettono rutti e grugniti. Ma in fondo se mi sono iscritta in palestra è solo perchè nei mesi estivi cominceranno le sagre e io non voglio perderne neanche mezza.
Ringrazio il cielo che non mi vengano chiesti obiettivi fisici e spirituali e che non venga compilata nessuna scheda in cui mi si consiglia quanto e cosa mangiare.
Inoltre apprezzo il fatto che l'ambiente, rustico e casereccio come una bruschetta al pomodoro, non richiederà che io spenda soldi in tutine, toppini e pantaloncini con calzini in coordinato. Senza contare la lampada, la piega liscia e le meches da rinnovare ogni due settimane (ci sono palestre che sono così e non fate finta di niente).
Qui c'è gente che è uscita dal lavoro con i pantaloni sporchi di vernice e la canottiera da motociclista ed è lì tranquilla che tira su le sue tonnellate per bicipite.
Mentre faccio ritorno a casa, con i miei moduli di iscrizione nella borsa, sogno ad occhi aperti di diventare una nuova Hilary Swank, a dispetto dei miei inesistenti muscoli nelle braccia che facevano esclamare al mio compagno di banco delle superiori: "Ma sono fatte di salame di cioccolato!!!"

giovedì, giugno 21, 2007

holiday!

Non è che sono sparita.
E' che finalmente, dopo due anni, sono in vacanza.
(Perchè chi segue da un po' le mie disavventure sa che la scorsa estate l'ho trascorsa dai cugini mangiapatate a lavorare).
Lavorare in agosto è davvero darsi la zappa sui maroni.
Quindi dopo due anni, essere in vacanza fa uno strano effetto.
Perchè un conto è quando uno è in vacanza "forzata", (cosa che odio e che non riesco a vivere serenamente).
Ma quando uno è in vacanza perchè decide che così deve essere, che se l'è meritata, ecco l'effetto è totalmente opposto.
Che poi, per il momento, sono ancora qui a Seattle, con l'afa che ti schianta di giorno e di notte, con l'umidità che ti preme sulle spalle e sciami di zanzare fameliche.
Ma mi sveglio la mattina e sono di buonumore.
Ho finalmente tempo per persone e cose.


Un lusso gigantesco, davvero.

martedì, giugno 12, 2007

Scrutini, draghi volanti e distintivi.

Ieri pomeriggio scrutini.
Ovvero il mio ultimo giorno da suppl. anche se per me la scuola è finita sventolando la mano per salutare i ragazzi.
Arrivo in sala insegnanti in compagnia di una mia collega P.A.R.I.A. e vengo accolta dai soliti sorrisi di circostanza delle colleghe.
Ecco, a esser sincera, non è che sentirò particolarmente la loro mancanza, tranne per un paio di rare eccezioni. Non mi mancheranno i loro saluti in playback, nè l'adorabile modo di scandire le parole quando si trattava di spiegarmi qualcosa come fossi stata un panda giapponese.
Fa caldo, caldissimo e mi sento rinfrancata per aver scelto un abbigliamento da
-ehi stavo già in vacanza e sono passata solo un attimino per firmare 'ste due robe-, ma l'afa è davvero insopportabile e dopo dieci secondi ho già un malditesta trapanante: peccato che le finestre non si possano aprire perchè a Marylin dà fastidio il suono delle campane.
Ma non era un professore di religione, direte voi?
Ora spero che siate d'accordo con me che questa faccenda del professore di religione deve essere per forza una copertura, un po' come whoopy goldberg in sister act.
Comunque, iniziamo a scrutinare la seconda in un clima di sospetto e finta cordialità.
Marylin commenta quasi tutte le mie valutazioni scherzosamente, con quella dolce goliardia che si addice solo a lui e fomenta in me il desiderio di testare su di lui la mossa del dragone volante.
"Come mai tutte queste sufficienze? E' l'alunno che non ha studiato o la professoressa che non ha fatto niente?".
Sei tu che sei una testa di bip, bisognerebbe rispondergli, ma mi limito al sorriso -Ehi stavo già in vacanza e sono passata solo un attimino per firmare 'ste due robe-.
L'alunno L. (tanto per intenderci quello che alla fine di qualsiasi cosa scriva, che sia una nota, un elaborato, un tema o una verifica di storia, firma "Forza Milan!") è Mogwli, bambino abbandonato a se stesso e a una mamma che non ne vuol sapere di lui, bisognoso di attenzioni e riguardo ma per niente deficiente come si è soliti trattarlo.
Mogwli ha l'insegnante di sostegno ma nelle mie ore è sempre stato in classe a lavorare con tutti gli altri o a essere da me cazziato perchè non lavorava come tutti gli altri.
Nel corso di questi mesi ha imparato che non deve cantare mentre sto spiegando e che scrivere quattro righe di tema, quando è in grado di scrivere una pagina, non basta a fargli avere la sufficienza. L'ultimo giorno di scuola è stato insignito del premio "Ex rumorista della giungla" ed è venuto a prendersi tutto contento la sua brava caramella di Lupo Alberto.
Quindi che non mi si frantumino le palle per favore. (in realtà gli scrutini saranno un soliloquio della sottoscritta la quale trascorrerà la maggior parte del tempo a mettere in ordine gli scontrini del proprio portafoglio).
Marylin tornerà a commentare anche i miei giudizi sull'alunno che amorevolmente apostroferà come Mafia: "Ma com'è che Mafia ha tutti 'sti bei voti? Cosa fa studia solo 'ste materie qua?"
Evidentemente sì, brutto pirla.
Sorrido e mormoro un educatissimo "L'alunno R. è intelligente ma ha un impegno evidentemente settoriale". E se il settore in cui si impegna è il mio che ben venga, tiè tiè tiè.
Finalmente compilate le pagelle è il momento di leggere le valutazioni individuali in cui si scopre che la classe seconda è indisciplinata e poco rispettosa soprattutto durante le ore extracurriculari. Cioè la gita. Cioè la gita a M. di cui ho già narrato.
"Eh sì, bastoniamoli 'sti delinquenti" esclama soddisfatto Marylin avvolto ormai da una nube di zolfo.
Se solo avessi un liquidator con getto ultrapotente che lo spazzasse fuori dalla finestra.
Il mio regno per un liquidator!
Nessun liquidator si materializza tra le mie mani e si passa a scrutinare la prima. Di cui dirò solo che ricevono distinto in condotta e convivenza civile ragazzini soliti a correre fuori dalle aule e strangolarsi con i lacci delle scarpe. That's Smallville.
A scrutinio finito saluto le colleghe con un veloce -ciao, ciao- (per un attimo penso di fare un discorsetto in cui ringrazio tutte per la collaborazione e la disponibilità, ma poi ritengo che non sarei in grado di portarlo a termine senza scoppiare a ridere) e fuggo dalla sala insegnanti.
E' arrivato il momento di passaggio delle consegne: quello in cui da superman ritorno peter parker, da hulk ritorno bruce banner, da suppl ritorno disoccupata.
E' il momento di restituire pistola e distintivo e di svuotare il mio armadietto come un bravo detective in pensione. Quindi dopo aver liberato il cassetto da montagne di fogli di carta, libri piccoli e grandi, buste di plastica, mi avvio in segreteria per la consegna del registro.
Ove una gentile donnina mi dice che devo consegnarlo nella porta a fianco. Ove una sgradevole donnina mi dice che assolutamente lì non lo posso lasciare e che figuriamoci e che mi rimanda dalla dolce donnina. Che telefona alla sgradevole donnina dicendole che deve accettare il registro. Che risponde che sono anni che lei i registri non li raccoglie più e che non se ne parla.
Mentre le due donnine discutono animatamente io sono in piedi a godermi l'ennesima scenetta di una scuola che potrebbe (e dovrebbe) essere meglio.
Una scuola che già oggi può godere di persone splendide, gremlins straordinari che vanno avanti nonostante situazioni familiari disastrate e drammatiche, tirano fuori perle incredibili di saggezza e ilarità, si affezionano ai propri insegnanti come nemmeno al parente più stretto e insegnanti che ce la mettono tutta e anche di più, insegnanti che fanno gli -assistenti sociali
-i genitori-gli amici-gli educatori prendendo solo uno stipendio da insegnanti.
Ma è anche una scuola in cui tanti adulti trascorrono la maggior parte del tempo a litigare, a ostacolarsi, a spiarsi, a sparlare, ad alzare la voce, quando le urgenze sarebbero altre, prima tra tutte, quella di collaborare per cercare di migliorare davvero la situazione.
Quando sono ormai convinta che mi toccherà bruciare illegalmente i registri in occasione di qualche braciolata estiva, finalmente il donnino gentile mi dice a chi consegnarli e posso varcare il cancello della scuola per l'ultima e definitiva volta.
Fuori è estate, all'orizzonte ci sono enormi nuvoloni bianchi e il vento porta da lontano qualche tuono. L'ultimo pensiero è per tutti i miei bambini e le loro facce buffe, di sicuro già a zonzo per la città da ore.
Loro sì che mi mancheranno.

lunedì, giugno 11, 2007

School is over, parte terza: il P.P. (party di pensionamento)

L’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola vuole tutti i gremlins raccolti in palestra per celebrare il pensionamento di uno stimato professore di religione su cui non esprimerò pareri.
Già l’idea di radunare tutti quanti i gremlins nello stesso posto mi pare terrificante, quasi una mensa moltiplicata all’ennesima potenza; ma, al solito, è uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo.
Raduno la mia folla di seconda e li conduco in palestra dove già si sono ammassate alcune classi; entrando noto la povera Rottenmaier alle prese con i suoi diavoli di seconda che hanno lanciato uno zaino sopra al canestro: è lì che zampetta nel vano tentativo di tirarlo giù prima che arrivi la preside. I ragazzi sghignazzano e si dileguano, e lei resta lì sola sotto quel canestro troppo alto per essere raggiunto. Quella è la donna che a tre giorni dalla mia venuta a Smallville mi aveva cazziato ferocemente per una mia presunta negligenza nell’assistenza ai miei ragazzi. Che ora stanno seduti con le spalle appoggiate al muro e ogni tanto mi scandiscono labilmente “Che palle prof, quanto dura?” “Spero poco ragazzi”.
La festa di pensionamento sta per cominciare.
La massa umana è radunata a mò di vodafone lifeisnow e le Titolate schierate con le solite facce del incarognite tra i ragazzi.
Ci sono tutti gli elementi tipici del party di pensionamento: protagonista del pensionamento incollato al cellulare, colleghi cui non gliene potrebbe fregar di meno (io), colleghi che sono contenti che se ne vada perché gli è sempre stato sul piloro, ragazzi che pur di non essere lì preferirebbero essere interrogati sull’analisi del periodo(tutti), l’immancabile microfono malfunzionante e l’animatore della festa (per l’occasione un Marylin in grande spolvero).
L’unica cosa che manca è il buffet, ma mi consolo pensando che forse verrà fatto un rinfresco in forma privata al termine delle lezioni.
(perché non dico tanto, ma dopo aver spontaneamente donato cinque euro per il regalo di un individuo che non mi ha mai degnato di qualcosa che fosse più di un’alzata di sopracciglia, almeno un porco bicchiere di spumante direi che me lo sono meritata).
Parte il commiato strappalacrime della dirigente sull’angelico neopensionato; nel frattempo osservo i gremlins dediti nelle più svariate attività: c’è chi si prende a coppini, chi cerca di staccare a morsi l’orecchio del compagno, chi dorme, chi si scaccola, chi ascolta il lettore mp3, chi fa pernacchie, chi si sfida a duello con le righe da disegno.
La cosa più divertente è che proprio mentre Marylin tenta invano di richiamare all’ordine i facinorosi, un gruppetto di bambini si stacca dalle prime file e forma una palla di mani, braccia e gambe avvinghiate come serpenti tropicali in una lotta all’ultimo sangue. Quasi lo travolgono.
Col passare dei minuti la folla è in delirio.
Nel mezzo riconosco le facce note e meno note di tutti i bimbi che ho avuto tra i piedi negli ultimi mesi: è incredibile il numero di nomi e di storie che ho imparato a memoria.
Tra i vari alunni A. , alunni E. e alunne D., ci sta pure il piccolo Prince che, dopo aver incrociato il mio sguardo, si sposta e guadagna una posizione a pochi passi da me ed esattamente di fianco al suo acerrimo nemico, l’alunno M. cui è legato da un rapporto di amore e odio.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola e i due si comportano da grandi amici, smezzandosi una focaccia unta con un gesto di intesa. Prince, il monello dal cuore tenero, è la versione junior di Mac Gyver: prima riduce a brandelli un paio di bicchieri di plastica e li utilizza per esprimere il suo disappunto sfregandoli con forza all’indirizzo dei due insegnanti che si stanno esibendo in una performance jazz di gusto ambiguo; poi materializza dal nulla un aereo gigante e mi chiede se può lanciarlo in testa al professore neopensionato.
Alla fine, chi l’avrebbe mai detto, proprio lui è l’alunno più dispiaciuto della mia dipartita.
Al suono liberatorio dell’ultima campanella dell’anno i gremlins corrono verso l’uscita come una mandria di bufali. Non ci sarà nessun rinfresco con cui sfamare il mio stomaco brontolone.
Ma la delusione nulla può nei confronti del brivido di sollievo che mi corre lungo la spina dorsale al pensiero che la scuola è finita.

School is over, parte seconda: ricchi premi e cotillons.

Alla terza ora dell'ultimo giorno di scuola sono in prima, la classe dei tarantolati.
Ne acchiappo cinque per la collottola che si stanno eiettando fuori nel corridoio e propongo anche a loro di fare qualche gioco insieme.
"Solo se si vince qualcosa prof, perchè altrimenti andiamo su a salutare quelle di terza"; insomma questi qui non li frega nessuno.
Mostro a tutti il magico sacchetto dei premi, celando naturalmente il contenuto (che consiste in caramelle e diverse porcherie rinvenute nei miei cassetti la sera prima, tipo minidadi, portachiavi, sorpresine dell'ovetto kinder, porta auricolari...in realtà è chiaro che l'occasione sia perfetta per sbarazzarsi di un po' di rumenta!) e li convinco a restare.
Quando finalmente sono tutti seduti bussano alla porta altri bambini di classi vicine e mi chiedono se possono stare lì con me.
In un impeto di generosità e follia (forse più la seconda) decido di offrire asilo politico all'alunno O. terrore delle prime di tutto il mondo, all'alunno S. , già colui che minacciava col compasso da lavagna i compagni nelle ore pomeridiane, e all'alunno I. con cui ci si vuole molto bene pur non essendo un mio studente a tutti gli effetti.
Dopo qualche minuto l'alunno O. ha già scritto sul banco con un pennarello indelebile "Scuola culo" e mi tocca spedirlo in direttissima dalle bidelle per farsi dare uno straccio e pulire.
Ovvio che l'alunno O. è il timore di tutte le prime non a caso: ci sono stati giorni di intervallo in cui mi ha distintamente urlato in faccia di non rompergli le palle altrimenti mi avrebbe messo le mani addosso. Solo che detto da uno di un metro e cinquanta è qualcosa che intimorisce ma fa anche decisamente sorridere.
Oggi però la scuola funziona al contrario e O. se ne va quatto quatto dalle bidelle ritornando subito con il suo bravo spray per pulire. La sua buona azione viene premiata con una lisergica caramella di Lupo Alberto (chissà che ci mettono dentro per dare quei colori assurdi) e si procede con giochi enigmistici e altre cavolate, retaggio del mio passato di animatrice.
La campanella dell'intervallo suona, alcuni bambini mi fanno ciao-ciao-arrivederci prof- venga a trovarci e corrono fuori a picchiarsi selvaggiamente, altri in corridoio hanno già iniziato ad urlare tutti insieme "Vogliamo le terze!", anche se sul momento io capisco solo"Vogliamo le tette!", significato del resto molto affine a quello reale.
E' la mia ultima assistenza all'intervallo e sono felice.
Passeggio per i corridoi tra le solite scazzottate come fossi sugli Champs Elysées, tutto è avvolto dalla bruma dell'addio, compresi i gremlins che tirano calci alla porta del bagno; ad un certo punto un braccio mi tira dentro a forza in un'aula e chiude la porta.
Sono di nuovo in prima, alcuni bambini sono in piedi intorno a un banco e l'alunno K. mi dice sottovoce "Prof, abbiamo la cocacola, ne vuole un goccio?".
Nel capannello di mafiosi c'è anche Prince che subito me ne versa un bicchierone specificando
"Se ne vuole un altro prof bussi due volte che la apriamo".
Naturalmente poichè adoro la cocacola alzerò i voti di tutti i presenti.
L'intervallo suona e Prince mi insegue in corridoio e mi offre un bicchierino di plastica ricolmo di pop-corn: "Avevamo anche questi ma era rischioso tirarli fuori prima, tenga".
Gli si potrebbe alzare anche il voto di storia quasi, quasi.
Meno tre ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine parte seconda -

domenica, giugno 10, 2007

School is over, parte prima: momenti di gloria.

Dopo cinque mesi di levatacce, sfiatamenti polmonari, verifiche, compiti, spiegazioni, intervalli, mense, bidelle simpadellacumpa, colleghe acide come una bottiglia di aceto dell'83, arriva:
la fine della scuola e con essa la mia prima fine da prof, dalla parte dei cattivi, del corpo docente; che, detto così, sembra il soprannome di un corpo speciale dei marines (e a ben considerare quest'esperienza ha avuto i suoi aspetti militari e guerreschi). E' tempo di imbracciare di nuovo l'ombrello e volare via, come una precaria Mary Poppins che un giorno è qui e domani chissà che cavolo di lavoro starà facendo.
L'ultimo giorno di scuola è il giorno più lungo dell'anno, è un po' the day after tomorrow e un po' ben hur, un po' presa della Bastiglia e un po' derby Inter-Milan.
L'ultimo giorno di scuola vale l'unica regola che nessuna regola vale più.
La prima ora dell'ultimo giorno di scuola mi trova in seconda, la classe dei gremlins eletti, coloro che pur sempre casinisti e pasticcioni hanno dimostrato durante questi mesi insieme notevoli miglioramenti: siamo passati da persone che scrivevano quore a ragazzini attenti che prendevano appunti sulle teorie illuministe di Voltaire, Rousseau e Beccaria. Poi magari non ci hanno capito comunque una mazza ma se non altro sono diventati fantastici attori.
Ecco perchè ho deciso di dedicare questi ultimi momenti insieme affidando loro un lavoro di gruppo: inventare di sana pianta un proprio telegiornale con tanto di annunciatori, vallette, meteo, pubblicità, rubriche varie ed eventuali.
Al mio arrivo trovo la classe ingombra di oggetti di scena; ci sono parrucche, scarpe col tacco, colapasta (per la rubrica di cucina), abiti di scena e addirittura finti radiomicrofoni.
Prego in cuor mio che il dirigente scolastico non entri mai e per nessun motivo all'interno della mia aula per i successivi cinquanta minuti. Già mi vedo sul TG5 con i sottotitoli "Insegnante di scuola media incita innocenti ragazzini al travestitismo" e difatti nelle ultime file l'alunno A. ancheggia seducente su zeppe di dodici centimentri sottratte alla madre (...).
"Guardi prof, così sembro alto normale!".
L'alunno A. è alto come un bambino di seconda elementare, stroppicciato, solitamente bistrattato da tutti in quanto poco curato, balbuziente e fondamentalmente ignorante.
Per mesi è venuto a scuola con la faccia deformata da un orribile orzaiolo non curato.
Non immagina nemmeno che l'ultimo giorno di scuola sarà il suo più alto momento di gloria.
O forse sì, ed è per questo che accettato un ruolo di primo piano, seppur travestito da donna.
L'alunno A. farà la meteorina per il gruppo del tg piemonte: quando arriva il suo momento compare in scena con le zeppe e una parrucca di capelli ricci neri e sculetta verso la cartina.
I compagni lo acclamano con un applauso sincero e ammirato, si è davvero calato bene nel ruolo e indica con estrema sicurezza le varie località della regione, mentre la voce di un collega legge il previsioni del tempo. Torna in scena per un servizio sulla moda in cui dispensa baci alla folla come una consumata top-model.
L'alunno A. è uno che a gennaio era convinto che la capitale della Svezia si chiamasse Starrick e mi chiedeva con insistenza di non leggere nel timore di balbettare.
Ed ora eccolo lì che sorride ammalitore ai compagni e al termine del meteo improvvisato si gode un lunghissimo applauso con tanto di coro da stadio.
A. sale in piedi su una sedia: la classe lo acclama.
E so che, in qualità di educatrice, dovrei cazziarlo e dirgli di venire giù di lì ed esortare la classe al silenzio.
Ma è l'ultimo giorno di scuola, io sono solo una suppl, ed è il primo momento dell'anno in cuii compagni di A. non lo stanno prendendo per il culo per i vestiti sporchi o perchè si è addormentato in classe.
E' il suo momento di gloria e il sorriso raggiante che gli si stampa in faccia una di quelle cose che arrotonderanno il mio stipendio per eccesso.
Seguono altri telegiornali che annunciano notizie come Schumacher investito da una Ferrari, insegnanti legati con la cartigienica e prigionieri nei bagni, Prodi che si fa esplodere alla Casa Bianca. Ebbene sì, ho cresciuto dei piccoli mostri e ne vado straordinariamente fiera.
Ridiamo tutti insieme, i gremlins mi regalano una multipenna quattro funzioni e io distribuisco caramelle di lupo alberto. C'è anche un cartellone in cui compaiono le scritte di commiato:
"Ciao prof, mi dispiace ke se na va, ci mankerà a tutti tantissimo e soprattutto a me! Ci venga ha trovare ogni tanto, non vorremmo perderla di vista" "Ciao prof volevo dirle che è stata molto gentile con noi e non si scordi di me! Saremo molto contenti se il prossimo anno tornasse. Abbasso la scuola. By D." "Ciao prof, sono L. quest'anno mi sono trovato bene con lei. Viva Milan". "Ciao prof sono l'alunno più ignorante del mondo, spero che il prossimo anno ci rivedremo. By Alunno A."
Quando suona la campana me lo infilo sotto un braccio. Ancora cinque ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine prima parte -

sabato, giugno 09, 2007

school is over


martedì, giugno 05, 2007

E' probabile che l'improbabile accada

Giorno due dell'ultima settimana. Penultima ora nella classe di Prince.
Prince, il ragazzino che spezzava le lance in favore delle schiene dei suoi compagni, che sul totale orario delle mie lezioni di cinque mesi credo abbia trascorso seduto appena quindici minuti scarsi, il babybirba che più di una volta al pomeriggio mi ha fatto diventare i capelli più bianchi di piero angela con le sue urla stridule, colui a cui ho requisito l'inimmaginabile (sfere di metallo, chine, palline delle cartucce, una radio trasmittente, un orologio a forma di gondoliere, un portachiave a foggia di cornetti rossi plastificati, un imprecisato numero di matite, penne e righelli, una mini torcia, una serie di miniportachiavi, un richiamo per uccelli e un fischietto. Poi sicuramente c'è stato dell'altro ma è dura ricordarsi tutto), l'unico bambino che abbia sprizzato lacrime di fronte a un unico severo cazziatone.
Spesso richiamato perchè continuamente distratto o affaccendato in attività illecite come cercare di tagliare un ciuffo di capelli al compagno seduto dietro o infilarsi oggetti presi da altre astucci e riporli nelle proprie mutande così che i proprietari perdessero interesse a reclamarli.
Ecco di questo Prince qui stiamo parlando. Che io, a modo mio, mi ci sono anche affezionata a forza di avercelo sempre sulla punta di un urlaccio.
Il Prince che oggi, a qualche minuto dall'intervallo, mi si avvicina e mi dice "Prof, le scrivo il mio indirizzo e-mail su una barchetta di carta così non lo perde e poi un altr'anno mi scrive. Mi scrive vero prof?". E mi allunga tutto timido una barchetta stroppicciata con la sua solita calligrafia sghemba e geroglifica.
Tu quoque Prince!
Il mio cuore di suppl fa spluf e non fosse per la certezza che i compagni lo prenderebbero per il culo per i prossimi mille anni dandogli del "fennel" e del "guano" lo abbraccerei lì su due piedi.
La campanella suona, Prince mi strizza gli occhi azzurri in un sorriso e corre fuori a gettarsi nella solita mischia di calci e pugni, lasciandomi sentimentale a compilare il registro di classe.
Ancora una volta me l'ha fatta sotto il naso.


martedì, maggio 29, 2007

La follia della donna

Non hai mai pensato a un tatuaggetto.

La tua amica sfoggia un tatuaggetto.

Corri, corri a farti un tatuaggetto

d'improvviso hai bisogno di

un tatuaggetto, un tatuaggetto, un tatuaggetto.

(Elio e le Storie Tese, La follia della donna)


Lunedì scorso era il penultimo giorno di mensa e io consumavo il mio pasto tranquilla, finalmente consapevole che ci sono cose cui si può porre rimedio, tipo cambiare una gomma alla macchina, ricaricare il cellulare, perdere qualche chilo e cose totalmente irrimediabili come le relazioni finite, gli anni felici della propria gioventù e l'impotenza di fronte al mitologico caos della mensa di smallville. E tra una pallina di mollica schivata e una forchetta sequestrata a qualcuno che ne stava facendo uso improprio (nello specifico una fionda con cui bersagliare i commensali con tonno e fagiolini) osservavo ruminante la folla multiforme e agitevole dei gremlins in piena attività.
I bimbi di prima sono quelli che l'apparenza inganna, piccoli piccoli urlano come scimme tropicali e parlano sempre tutti insieme per essere sicuri di non capirsi. Ecco perchè in mancanza di un dialogo costruttivo, opinioni contrastanti e idee opposte vengono risolte tramite coppini, pugni e docce di budino al cioccolato.
Le bimbe di prima sono, nel complesso, brave, si siedono vicine, mangiano educatamente, sono vestite monella vagabonda e si permettono al massimo una timida risatina con la mano davanti alla bocca. Sono quelle che ti chiedono il permesso di andare in bagno e che al ritorno ti annunciano che alcuni maschi di prima stanno giocando a sputarsi e ruttare.
I bimbi di seconda si dividono in bimbi di seconda ghermiti da ragazze di terza e bimbi di seconda dannatamente agitati e principali fautori delle lotte col pane e con le posate.
I bimbi di seconda non ghermiti hanno superato lo stadio della lotta corpo a corpo dei bimbi di prima e si cimentano nella costruzione di armi rudimentali con le materie prime a loro disposizione: plastica, platesse surgelate, pane. Sono quelli che tutti i lunedì vengono a chiedermi se è vero che li porterò a giocare al parchetto davanti alla scuola. E sono quelli che tutti i lunedì si sentono rispondere di no.
Le bimbe di seconda trascorrono il tempo della mensa a parlare di riccardoscamarcio3msc e tentano invano di ammaliare i loro coetanei con gridolini isterici. Ma essi sono troppo impegnati in strategie d'attacco e conflitti alimentari.
I ragazzi di terza si divertono a suggerire ai bimbi di prima e seconda improbabili modi di combattere la noia tra una portata e l'altra, come ad esempio deformare bottiglie di acqua minerale e provocarsi trauma cranici reciproci divertendosi un mondo.
E poi ci sono le ragazze di terza, quelle che meriterebbero un post a parte, quelle che il prof di artistica dice "almeno sappiamo che si cambiano le mutande tutti i giorni".
Tali fanciulle sfoggiano abbigliamente da raccordo anulare alle tre di notte, con slip in bella vista, pance trippose esibite con fierezza, magliette aderenti e atteggiamenti da ghetto superstar.
Ora, a modo loro sono anche simpatiche, io ci ho fatto supplenza un paio di volte e dopo un primo momento in cui minacciavamo di ricoprirmi di deodorante, le avevo alla cattedra a raccontarmi dei loro folli amori per i bimbi di seconda.
Ed è qui che scatta il tatuaggetto, l'ultima moda delle predatrici: scrivere con il pennarello indelebile il nome della propria preda sul braccio, nel migliore dei casi, o sulle proprie terga nel peggiore.
Così mentre sei lì che ti divori la tua scialba insalata di carote e tonno, al posto dell'edificante lettura di un quotidiano ti diletti con la scioccante scritta
"R. ti amo tanto, io e te 3msc, tvukdb, sei tropo figo" pittata da un fianco all'altro sull'epidermide , a pochi centimetri dalle ingombranti natiche di una ragazza di terza.
E ti viene l'irresistibile tentazione di alzarti in piedi con la penna rossa e andare a correggere l'ennesimo errore di ortografia.
Menomale che manca poco.

Grandi pulizie

Da giorni incombeva sulla classe seconda il fantasma delle grandi pulizie.
Fantasma poichè a me non ne era stata data comunicazione nè sul registro nè verbalmente. Eppure i ragazzi mi sfracellavano le palle con continue domande su quando e come sarebbero avvenute le pulizie della classe
"La prof X ha detto che dobbiamo farle entro lunedì e nelle sue ore".
Peccato che io la prof X la incontri ogni giorno e che, a parte riservarmi il solito sorriso del tipo
-buongiornomerdasecca- non abbia aggiunto altro. Infine decido di immolarmi alla causa e propongo ai ragazzi di rimandare l'opera di nettoyage a lunedì pomeriggio.
Tanto fa caldo e in molti lasciano la voglia di applicarsi culturalmente a casa nella pausa pranzo.
Ora, la mia esperienza di pulizie di aule scolastiche è nulla.
Per me dovrebbero demolirle e basta: le pareti della seconda sembrano sopravvissute a un sisma del 5° grado della scala Richter, i colori dominanti sono il bianco e il grigio, le veneziane rotte e una finestra è tenuta chiusa con il nastro adesivo.
Quindi fosse per me, proporrei una di quelle spettacolari detonazioni a catena che sbricioli ogni piano della scuola.
Le aule del futuro dovrebbero essere colorate, senza spigoli e con le pareti di gomma, così i bambini ci possono rimbalzare mentre si picchiano selvaggiamente durante le ore di lezione.
I ragazzi affermano che la prof X ha dato ordine di rimuovere le scritte da pareti e banchi e di staccare le gomme da masticare là ove se ne trovino.
Poichè il mio buonsenso mi sconsiglia di fornire alla ciurma di dodicenni bottigliette di acido potenzialmente corrosivo, suggerisco loro di portare da casa della semplicissima carta vetrata con cui, al massimo, possono farsi un po' di peeling.
I gremlins si mettono al lavoro con entusiasmo. Passano con la carta vetrata il listello di legno che corre contro la parete e rimuovono scritte e bianchetto. Il lavoro è egregio, finalmente ci liberiamo delle scritte "Giorgia Orgia" e "Milan Super Merda": il legno appare leggermente sbiadito ma tant'è devo riconoscere la loro abilità di falegnami.
Proprio in quel momento irrompe in classe la bidella M. , simpatica come un fermacarte accidentalmente conficcato in uno stinco, e inizia a sbraitare contro i ragazzi perchè hanno rovinato il legno dell'aula.
Da brava suppl mi assumo ogni responsabilità e propongo di ridipingere il suddetto schifoso compensato con del lucido o con della vernice.
"Eh sì, adesso anche la vernice vuoi mettere figuriamoci!".
Giuro che la tentazione di tirarle un calcio in culo è fortissima, così come quella di correggere i circa cento congiuntivi sbagliati che pronuncia nella predica successiva in cui annuncia che mi fornirà lei un liquido adatto alle pulizie, prima che la sciaguarata giovane supplente prenda altre disastrose iniziative.
Ascolto in silenzio, canticchiando nella mia testa "Love will keep us together".
Quando la bidella termina la sua arringa continuo a interrogare i recuperandi, mentre la ciurma gremlins utilizza generosamente il prodotto specifico fornito dalla gentile signora M. con le apposite spugnette. Dopo pochi minuti qualcuno esclama:
"Prof, ma con 'sta roba cola via tutto!"
Con orrore osservo che lo speciale spray ha sbiadito l'intonaco delle pareti ed è gocciolato sul listello di legno facendolo diventare bianco a mò di pollock posticcio.
Il risultato è una gara di vomito parietale.
Il liquido ha corroso tutto, intonaco, maglie dei pulenti, banchi, pavimento, libri e quaderni.
Sembra impossibile ma la classe fa più schifo di prima.
Ecco quindi perchè nelle note del registro appunto con una certa qual soddisfazione che
"La classe ha effettuato le pulizie richieste utilizzando i prodotti specifici forniti dal personale ausiliario"

Tiè, ciapa lì e porta a cà.

lunedì, maggio 28, 2007

Armageddon




In questi ultimi apocalittici giorni di scuola accade di tutto.
Guardando laconica il parco del lunedì mattina, vedo piovere non solo gocce d'acqua ma anche righelli, astucci e gomme da masticare.
La fine della scuola è un po' la fine del mondo, le poche regole che eri riuscita a imporre si sbriciolano come stuzzicadenti sotto la zampata gozzillesca delle vacanze alle porte.
Tanto per fare un esempio, stamattina, nella classe di Prince, tenere a bada il cugino di Satana era come cercare di ammaestrare una tigre della malesia digiuna da giorni.
L'alunno N. correva come una pallina impazzita da un lato all'altro dell'aula rovesciando al suo passaggio astucci, banchi, zaini e righelli e cercando di segare un braccio a un compagno con una riga da disegno.
A nulla sono valsi i miei richiami: è a fine della scuola, le note non servono più, difatti N. mi ha risposto "Scriva pure che non me ne frega niente, anche sul registro eh". Purtroppo però la sua furia incontenibile mi impediva di dettare quelle poche e scialbe nozioni sugli stati europei al resto della classe, di per sè già in assetto sommossa.
Così infine, in barba a qualsiasi convenzione di Ginevra, mi sono avvicinata al suo zaino e ho requisito l'unica cosa a cui N. tenga veramente, ancora più che a sua madre: la sciarpa del Milan.
Tale sciarpa era già sfuggita a un sequestro la scorsa lezione, quando N. stava cercando di strozzarci il vicino di banco interista. I suoi occhi tradiscono finalmente un punto debole.
"Quella è la mia sciarpa, lei non si deve permettere!"
Per tutta risposta mi infilo la suddetta sciarpa milanista sotto un'ascella.
"Poichè tu ti permetti di fare qualunque cosa durante le mie lezioni, credo di poter fare anch'io un piccolo strappo alla regola del rispetto. Che dici?"
Dopo cinque mesi di lezioni insieme per la prima volta N. è senza parole.

(Anche se domani sono quasi sicura che mi farà un culo così)