giovedì, luglio 27, 2006

delibere

Ho un nuovo cellulare che in realtà è un riciclo di un cellulare dismesso e che nitrisce tutte le volte che qualcuno chiama.
Lotto contro la tentazione di abbandonarmi al malumore derivante da un’insostenibile stanchezza fisica strettamente correlato a una progressiva diminuzione di stabilità psicologica. La mia strategia del –per qualche giorno recupero il fiato poi ricomincio- ha dato pessimi frutti nella fattispecie una stanza che sembra essere stata messa a soqquadro da quattro squadre della Cia.
Cumuli di vestiti mi parlano.
La sera mi viene voglia di scattare fotografie ma essendo già distesa sul letto in assetto da riposo finisco per immortalarmi semi-dormiente e pensierosa.
Sono pensierosa nel profondo del mio dna, da sempre, ma qui è tutto amplificato e mi sono abituata alla solitudine di rincasare all’una e mezza e leggere libri a voce alta, riempire la stanza di parole.
Essenzialmente ritengo che il mio ultimo mese qui sarà più che decisivo.
Se sopravvivo a tutto, compresa me stessa prendero’ parte a nuove regate senza troppi indugi. La verità è che se un giorno sono convinta di una cosa il giorno dopo lo sono meno e poi penso che si debba analizzare.
E analizzo come uno scienziato pazzo, scompongo, suddivido, raccolgo, sottraggo, moltiplico per ottenere la versione dei fatti che mi risulti più obiettiva possibile.
Non mi incazzo quasi più, non mi lamento.
Mi faccio paura certe volte, mi domando dove sono finita o se la persona di prima era una specie di pilota automatico e io sono davvero cosi’.
Tranquilla, di una tranquillità disarmante, una specie di tronco che galleggia senza troppe pretese e aspetta di vedere dove lo sta portando la corrente.
Salto il pranzo, non mi riposo mai davvero.
Forse una volta tornata a casa non faro’ altro che dormire per 15 giorni.
Poi mi svegliero’ una mattina, berro’ finalmente del caffè che sia caffè e non sappia di chinotto, liquerizia, salmone e anticalcare e prendero’ le mie nuove decisioni.
La mia vita funziona a delibere.
A fascicoli, gli stessi che impilo ogni giorno e soflgio e cerco di capire dove sia l’inizio e dove sia la fine.

mercoledì, luglio 26, 2006

cozze


"sono alle cozze"

venerdì, luglio 21, 2006

Random = a caz**!

Perché tanto cercare di mettere in piedi tre pensieri con un nesso logico dopo quasi due settimane di ore 3 di sonno per notte é impresa impossibile.
Cosi' prima di seppellirmi nelle catacombe degli archivi tra ragnatele e polvere che manco Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta scrivo due righe. Non sia mai che spostando il fascicolo sbagliato si apra una botola che mi faccia precipitare in una tomba egizia piena di serpenti.
Caldo.
Qui la chiamano canicule, io l'ho ribattezzata "la caldazza" ovvero una terribile afa che ti martella la testa cancellando i tuoi tratti di essere umano e trasformandoti in una sorta di invertebrato privo di connessioni cerebriformi funzionanti. Anche il solo pensiero di scollarsi dalla sedia e andare a bere un bicchiere d'acqua costa fatica.
E io dovrei tra le altre cose finire entro settimana prossima un rapporto sull'insegnamento della lingua italiana in questo dipartimento, io che ho sostituito la lingua italiana con una serie efficacissima di grugniti e gesti allusivi.
I miei 22 metri quadri di stanza sono random = a caz**! e da lunedi' dovremo viverci in tre, perché mi raggiunge laamanda con la sua bestfriend e allora rinuncero' a dormire definitivamente e passero' le notti in bianco a terminare la lettura di questo spassosissimo libro sulla grammatica francese dal titolo La grammatica per i nulli, e io sono tra costoro.
Mi hanno detto di chiedere le ferie e io me ne vergogno, da buona figlia della mia generazione che non alza mai la voce ma crede fortissimamente crede nel potere dell'educazione altrui.
Sono tendenzialmente utopica ma finiro' per compiere questo gesto, che sono due mesi che lavoro senza beccare una lira, manco i soldi dell'università che mi si dovevano per la laurea, a settembre mi tocca fare (ancora) economia.
E magari studiare.
Vorrei affogarmi in un bicchiere di acqua freschissima e sentire la testa che si libera e la smette di martellare tum tum tum.
Mi è anche capitato di fare sogni sonori e temo siano un primo segno manifestod i allucinazioni da caldazza. Sogni in cui i personaggi parlano come in un film, ci sono veri e propri dialoghi con diversi toni di voce.
E poi un mucchio di déjà-vu, una cosa da far venire i brividi, persone che dicono cose che mi mostrano fogli, che fanno una determinata considerazione e io -cielo questa l'ho già sentita, già stata sottolineata e in grassetto-.
Mica vorrà significare che pure in un'altra vita facevo la stagista all'estero?
Che sculo.

giovedì, luglio 20, 2006

L'Epitaffio Pop dei CasaMartini



Ho trovato la mia canzone dell'estate, scritta da questi strambi tipi qui di fianco, che io considero assolutamente geniali nonché unico gruppo veramente pop prima che il pop diventasse affare di boyband, girlband, zoccole e zoccoli di vario genere. E' una canzone estiva da ascoltare con sottofondo di rondini e piatti nel lavandino, o in macchina o in treno o distesi sul letto a tormentare il soffitto con un mucchio di domande esistenziali. Perché comunica un certo senso di pace di cui si ha bisogno mentre si vive qualcosa di cui si intravede la fine. Perché l'estate é allegria, é ombrellini colorati nei bicchieri, é l'afa delle due del mattino, é sole enorme e caldo sulla pelle ma anche quell'inevitabile malinconia di non perdere quel tempo dolce destinato a passare troppo in fretta.
Build parla di una casa che viene costruita pezzo dopo pezzo e già ci si immagina come sarà una volta finita, come ci si potrà vivere, come ci si ambienterà tra quelle pareti. Build parla di un futuro dorato che a ben ascoltare si rivela poi un epitaffio del presente che fugge, e ne riassume con intensità ogni istante con passione per non dimenticarlo una volta cha sarà appoggiato anche l'ultimo mattone.

lunedì, luglio 17, 2006



Mi manca il mare.

Le mie estati al mare da bébé, da bambina, da adolescente.

La pelle che tira per il sale, gli occhi che bruciano, i capelli sfibrati. La spiaggia quando tramonta il sole e resta soltanto chi il mare lo ama davvero. Camminare con una maglia di cotone sul bagnasciuga e seguire con attenzione impronte scomparse. Gli occhi aperti sott'acqua e quella luce azzurrina che disegna un mondo onirico fatto di ombre e sfumature. Conchiglie e pezzi di vetro levigati. Il mare che spero di poter vivere da vicino a gennaio, a dicembre, chi lo sa. Sto accumulando una stanchezza incredibile a rimanere qui. Una stanchezza che sa di vuoto e di gambe stanche la mattina e la sera tardi a scrivere, a leggere, a pensare. Una stanchezza tranquilla a dire il vero. La stessa di un lungo bagno a galleggiare con la pancia all'aria e aspettarsi da un momento all'altro che ti inghiotta il cielo. Sto attraversando un'altra linea d'ombra ecco tutto, e questa volta ne ho la consapevolezza piena e tengo il timone stretto tra le mani e continuo a navigare con certe forze che credevo non mi appartenessero più. Dopo un anno lunghissimo, l'anno più strano della mia vita sorrido al pensiero di non avere avuto un attimo di riposo e della distanza che sta tra il mio corpo piccolo e la mie mente che non si ferma mai e vorrebbe andare ovunque. E confesso che mi manca il mare, di lasciarlo parlare di poter restare soltanto in ascolto e non dire niente.

sabato, luglio 15, 2006

D'estate a Vercelli uscire la sera è come galleggiare dentro un budino di umidità che ti avvolge e liquefa i contorni delle cose, dei discorsi. Ci sono le zanzare a Vercelli, a miliardi, certe volte uno ha l'impressione che finiranno per portarsi via i lampioni e tutte le luci e la città resterà nel buio più totale a farsi inghiottire dall'afa. Sono meravigliose le zanzare, se non pungessero eh, se non producessero quel rumore fastidioso nel cuore della notte per cui tu sai che è solo questione di tempo e che poi inizierai a scorticarti selvaggiamente la pelle con le unghie. Hanno un corpo fragilissimo, un pungiglione lungo e più sottile di un filo, vivono pochi giorni, forse uno soltanto. Beh allora, tanto vale che si bevano un po' del mio sangue. Sto diventando edonista per certi versi. Sto diventando che preferisco non andare a cercarmi i problemi, vivere galleggiando morbidamente cercando di lasciare da una parte gli ostacoli più evidenti. Mi piace essere tornata per qualche giorno. Il pensiero che comunque e dovunque sarò oggi, domani, tra un anno, a rimettere piede qui ci sarà sempre qualcosa che mi ricorderà qualcos'altro, perchè 22 anni nello stesso posto significa avere un ricordo di tutto, perfino delle scritte sui muri e dei cancello arrugginiti, perfino delle telecamere di sorveglianza e delle cabine telefoniche. E poi il resto, la gente che coltiva rancore, la gente lasciata alle spalle, è diverso non appartiene al contesto, è stata soltanto un momento transitorio come ce n'è tanti. Allora è bello uscire d'estate la sera a Vercelli e camminare avanti e indietro per quelle luci rosse e gialle e pensare che ci sono ancora altri 60 giorni francesi e chissà se quattro mesi sono abbastanza per avere dei ricordi di lassù.

giovedì, luglio 06, 2006

arrière-pensée

Dentro un frullatore e fuori piove.
La mia sensazione del momento é grossomodo questa.
C'é che la mattina quando vado al lavoro e mi ascolto i miei dieci minuti di musica, che sono poi due o tre canzoni, é l'unico momento in cui il frullatore si ferma e tutto diventa lentissimo e mi sembra di camminare senza muovermi, forse per via delle ombre che ho legate ai piedi, come Peter Pan.
C'é che il pavimento della stanza é disseminato di libri cominciati per metà e film visti per i primi dieci minuti e panni asciutti e mai stesi. C'é disordine anche li' e nella pioggia che cade un po' obliqua e un po' dritta e io non so come vestirmi, ho messo i calzoni da bambino delle elementari e me ne sto tutta raggrinzita sulla poltroncina del mio ufficio a scrivere e tradurre lettere di cortesia. Mi ricopro di frasi fatte, di formule di politesse, di formattazioni e simboli, firme e cariche onorifiche. E ogni tanto do' uno sguardo fuori alla pioggia incasinata in cui ieri ho camminato per i dieci minuti del ritorno e sono arrivata a casa zuppa dalla testa ai piedi. Il mio modo di farmi entrare un po' di estate dentro. Che quando la mia voce assume un certo tono, una certa inclinazione é meglio non parlare, é brutto perfino ascoltarsi.
Allora si lascia parlare qualcun'altro, due, tre canzoni per dieci minuti la mattina e dieci minuti la sera quando si torna a casa a vedere un'altra partita dei mondiali con le amiche e ci si fuma via su un balcone che ha un tappeto di erba sintetica e sembra un favoloso mondo kitsch ancora più in disordine del mio.

mercoledì, luglio 05, 2006

*chez pas

Giorni strani, che sembrano un po' una lenta canzone dei Concretes e contemporaneamente un pezzaccio di Jesus and Mary Chain, (ho dimenticato a seattle PsychoCandy mannaggialadra).
Le casse del computer perennemente accese paiono aver tirato le cuoia, voglio dire che qualunque suono passino sembra una cover di Bonnie Prince Billie.
Ho comprato un ventilatore che mi fa venire i reumatismi pero' fa anche un'aria magnifica, una brezza potente che caccia con veemenza l'afa dalla mia sempre più straripante camera; 22 metri quadri sono davvero pochi per contenere il mio ego in continua espansione, alle pareti ho già attaccato di tutto e ammasso roba su roba in ogni angolo; la prossima volta che mi toccherà cercare una stanza dovro' chiederne esplicitamente una per megalomani. Poi. La partita. Che ancora devo capire perché tutte le volte che me ne sto in Francia si finisce sempre a uno scontro Francia Italia. C'é ancora il Portogallo ehi. Ma io lo so, lo premonisco, che mi toccherà cammuffare il mio accento italiano nei prossimi giorni.
Alla fine dormo anche nonostante il tripudio di clacson dopo una sera trascorsa a chiacchierare in francese con una ragazza di Glasgow a proposito della musica di Glasgow. Cioè mi ha detto che i Franz Ferdinand erano suoi vicini di casa prima di diventare famosi. Io a Vercelli vivo in un condominio in cui l'età media é ben oltre i settanta e non corro questo rischio celebrità.
Posso dire quasi di essermi abituata a chy, alla sua poca ma brava gente, ai francesi che un minuto ti conoscono e il minuto dopo ti hanno già regalato e offerto tutto quello che é a loro disposizione.
Sarà una lunga calda e intensa estate.
Sarà difficile non farsi trasportare da certi pensieri e mantenere il controllo delle proprie quattro pareti mentali. Forse é vero che resto qui per vedere quanto ci metto a scoppiare. Di sbadigli al lavoro, di stanchezza diffusa la mattina quando suona la sveglia, di freddo gelido dell'aria condizionata dei treni, di sete nel cuore della notte alle tre alle qiattro alle cinque...
Ma più vado avanti più so che é giusto restare, vedere fin dove si arriva, che cosa si raggiunge.