venerdì, luglio 30, 2004

Diario di una vacanza (Due)

E se domenica si parte per una vacanza vera (un mese di ferie di cui infernali giorni dieci in famiglia) oggi ho fatto una vacanza finta.
Finta non nel senso negativo del termine, anzi mi ci sono pure divertita parecchio, nonostante qualche piccolo inconveniente (tamponamenti, pioggia, fine delle sigarette) la giornata resta indimenticabile.
La meta dell’allegra cumpa della spocchia è la valsesia, famosa per il meteo clemente e le rarissime piogge (ah, ah, ah).
Qualcuno di voi ricorderà la faccenda del mio polso metereopatico che anche stavolta non sbaglia.
Al mattino appena sveglia lo sento dolorante ma fingo indifferenza e mi appresto alla lauta colazione scacciapensieri consistente in una tazza di the star (penso sinceramente una delle qualità di the più disgustoso in circolazione) e numero 1 biscotto al cioccolato (partiamo domenica ma la spesa non si fa più da lunedì per economizzare; domani mattina mi vedrò costretta a mordicchiare dei cipollotti sott’olio la cui presenza in frigo vanta una tradizione millenaria).
Scendendo le scale insieme ad Arbore incappo in un’ingombrante donna la cui fama di provetta iettatrice si estende fino ai confini dell’universo conosciuto.
–Oh no, mille anni di sventura- esclamo ridendo ignara del fatto che di lì a un’ora saranno effettivamente cazzi amari per tutti.
In prossimità di una delle rotonde che conducono alla valle incantata, un uomo dall’aria assente (di cui non riusciremo mai a tracciare un profilo psicologico completo: semplice pirla o deficitario di parecchi tacche del quoziente intellettivo?) tampona il posteriore della nostra macchina facendosi scoppiare entrambi gli air-bag e rompendosi il parabrezza.
Forse da piccolo voleva diventare uno stunt-man.
Il bagaglio del nostro mezzo di locomozione risulta irrimediabilmente scassato e occorre l’urgente acquisto di un elastico in modo che il cane labrador accucciato in esso non sia costretto a seguirci di corsa alla prima curva.
Tale spiacevole episodio ci costringe a una sosta forzata a bordo strada di abbondanti quaranta minuti.
Io dopo aver rotto il mio braccialetto da due euro comprato in un banchetto missionario ed essermi abbondantemente rotta le palle (lo stunt-man mancato è davvero un imbecille) prendo meco il piccolo cagnetto Labrador e mi avvio all’emozionante esplorazione dell’antistante parcheggio del supermercato.
Una macchina di truzzi passa e strombazza.
Cielo, anche qui.
Risolti questi piccoli grandi problemi risaliamo in sella all’automobilina un po’ così e raggiungiamo la meta prefissata.
Il caldo è angosciante.
Forse il sentiero sembra più duro di quello che è perché ciascuno di noi trasporta circa 30 chili tra cibarie e sostanze dissetanti.
Menomale che non abbiamo avuto tempo di fare un’ulteriore spesa. E chissà quando andremo in campeggio. Ho come il sentore che nelle tende ci dormiranno la pasta e i cibi in scatola mentre noi trascorreremo le notti a raccontare barzellette sconce davanti al falò.
Finalmente ci piazziamo di fronte a questa chiesetta campestre per un pic-nic all’inglese a base di salame di tonno (un piatto tipico della valsesia), pizza e barrette di kinder cioccolato più completamente liquefatte il tutto annaffiato da abbondante estathe ed Heinekken.
Dopo pranzo il prato è tutto per noi donne che ci lanciamo in interminabili partite a Uno sotto gli pseudonimi di Miss MirabiTrino, Miss Valsesia e Miss Panissa.
Inutile ricordare che la mia vittoria risulta schiacciante.
Gli uomini esplorano la boscaglia e al loro ritorno narrano di avere visto un pastore del luogo montare il suo cane.
Io non do loro molta corda mentre Miss Valsesia e Miss MirabiTrino appaiono fortemente turbate.
Si va giù senza pietà di tiramisù il cui dolce peso affaticherà gli stomaci della pluspart.
E’ il momento dei giochi demenziali: da “lo schiaffo del soldato” a “Le papere delle papere fan quaqquero” raggiungiamo gravi livelli di infantilismo.
Lo stesso cielo pare incattivirsi e si riempie di nuvolosi neri.
Qualcuno dice “piove” e non viene considerato.
Poi si mette a piovere davvero e giusto il tempo di infilarsi gli zaini, raccogliere immondizie varie e inforcare la via del ritorno e torna il sereno.
Comunque.
Il ritorno è a tratti goliardico a tratti assonnato.
Combattiamo la stanchezza con musica e stronzate varie, per poco non mi lancio fuori dall’abitacolo quando i miei malefici compagni di viaggio intonano “Come mai” degli 883.
Verso le otto arrivo a casa. Varcata la soglia la voce di mia madre risuona tonante. “Devi fare le valigie”. Neanche il tempo di disfare lo zaino. Mi infilo nella doccia e ciondolo in accappatoio da un armadio all’altro nel tentativo di estrarne l’indispensabile.
Però bella giornata. Sul serio.



1 commenti:

Anonimo ha detto...

ho letto.ho riso.mi sono emozionato per la citazione relativa al salame di tonno....piatto che si erge al di sopra di qualunque altra cosa per la sua bontà.


pepe