mercoledì, agosto 31, 2005

Un pullman che corre nelle risaie oro.
La testa appoggiata al finestrino, stai perdendo i sensi per l'aria condizionata ma ti tieni sveglia con un volume anormale di musica sparata nelle orecchie direttamente dal lettore mp3.
Due ragazzini ti guardano smarriti con le loro borse da calcio e prendono posto dietro di te.
Non appartieni alla quotidiana fauna del loro pullman.
Perchè lo capisci subito che un pullman è un luogo di incontro quotidiano, come un bar, la gente saluta il conducente chiamandolo per nome e scambia qualche parola di cortesia.
Tu invece hai detto solo buongiorno e tlic-zzz, hai convalidato, hai scelto un posto che rimanesse all'ombra per tutta la durata del tragitto e hai schiacchiato -play- andando ad azzeccare proprio la canzone che faceva per te in quel momento

" Now that I'm so sad and not quite right I could dance all night I could dance all night Shake your rattle-snake skin And become a part of society Wait on down the highway To see how far I'll come a-run a-run run running All that we had salvaged from the fire Was a waste of time (But) what a waste of time " (HOME ON ICE-CLAP YOUR HANDS SAY YEAH)

domenica, agosto 28, 2005

Impressioni di [quasi] Settembre

Armata di una bottiglia di chinotto ormai avidamente trangugiata dentro allo stomaco, amanda sdraiata sul divano guarda le repliche degli mtv awards commentando con fare sarcastico le varie sciacquette del pop di lustrini vestite.
Io seduta al computer con un sorriso così perché siamo quasi a settembre.
E’ che sapete, mancano tre giorni al mio mese preferito.
Me ne sono accorta oggi mentre tornavo a casa in macchina, saltellando felice come una bambina di otto anni.
Settembre vuol dire quella luce speciale che verso sera scolpisce i paesaggi con colori nuovi, indescrivibili, cieli alla wim wenders, maglie con le maniche lunghe, rispolverare tutti i miei cd autunnali, tirare fuori la bici,decidermi a gonfiare le gomme finchè sono in tempo, impegnarmi in qualcosa di intellettualmente serio.
La fine di agosto vuol dire rimanere seduta sul marciapiede di fronte a un grande centro commerciale con il mio migliore amico e ripetergli all’infinito che persona meravigliosa lui sia e quanto sia necessario che non si accontenti di quello che gli accade ma pretenda il meglio.
Ascoltare il suo amore, i suoi sogni, le sue paure e riflettere su come le persone che non hanno rispetto per le lacrime degli altri mi facciano prudere le mani da impazzire.

-I’m trying not to be so antisocial, truth be told, I’m not entirely hopeful, I’ve woken up one too many floors but my favourite was her floor-
[ The boy that never goes out –Lucksmiths-]

-E allora magari alzarsi da quel pavimento e cercare una scala che porti più in alto, dove le cose possono essere migliori, non credi?-

La fine di agosto vuol dire essere felice per e nonostante tutto.
Sentire che ce la posso fare a tornare a spaccare come si deve, che la montagna non è poi troppo ripida e che settembre mi strizzerà l’occhio come al solito e mi coccolerà per bene come sua unica e sfegatata fan.

sabato, agosto 27, 2005

Impressioni di Agosto # 2 (If you’re feeling sinister)


Volevo scrivere un bel post, con un suo perché, un inizio e una fine precisi, ma pretendere che la mia testa produca qualcosa con un benché minimo senso logico, di questi tempi, è assolutamente fuori discussione.
‘cause I feel sinister

Sabato 27, agosto mi fa ciao con la sua manina abbronzata e lentamente subentra quel pungente desiderio che arrivi l’autunno, con il suo bailamme di pensieri, canzoni e attività che ricominciano da capo o proseguono o si interrompono per fare spazio ad altro.

Voce fuori campo: -Hai scritto qualcosa per la tesina?-
Io: -No-
Voce fuori campo: -Hai deciso cosa vuoi fare nei prossimi mesi?-
Io: -No-

Da Giugno io e la mia Voce fuori campo dibattiamo aspramente su tali questioni senza cavarne nulla di utile che possa rassicurare almeno una delle due controparti.
Sono troppo impegnata ad alternare momenti di euforica esaltazione a momenti di contrizione eremitica per potermi dedicare a qualcosa di intelligente, qualcosa del genere di cose che di solito scrivo e produco senza particolari difficoltà.
Solo che adesso è cambiato tutto, sono un po’ annegata in questi mesi estivi, o forse sarebbe meglio dire che sono finita alla deriva, ai margini di quel mondo in cui prima ero costantemente immersa fino al collo.
C’è un’altra poesia di Ferlinghetti, in cui lui immagina
di vedere il mondo dall’alto e l’umanità che galleggia sulla superficie e i morti che ci volano sopra come gabbiani. Bello. Ecco.
Bello forse che spuntino nella mia mente ricordi così, frasi di libri, di persone, immagini.
Meno bello che non crescano soluzioni, ma solo fughe adolescenziali da ogni genere di responsabilità.

V.f.c. : -Eh?-
Io: -Non lo so nemmeno io cosa significhi davvero, non trovo le parole giuste-
V.f.c. : -Di fronte all’obiettivo ti sei spaventata a morte e hai iniziato a fare marcia indietro, guidando come una folle a ritroso dentro te stessa-

Una cosa che sentirsela dire è strana, scriverla è terribile, viverla ancora di più.
Ma poi.
Poi non è che vada così male.
E’ tornata Amanda e si fa davvero tantissima bisboccia insieme. Si recupera lentamente la distanza accumulata in questi mesi estivi di sorti opposte. Senza nemmeno impegnare troppo tempo siamo di nuovo lì,insieme, che passiamo intere giornate a intrecciare comuni intenti.
E poi ho comprato un paio di friulane gialle con cui lancerò una nuova moda calzaturiera.
E poi sono innamorata sempre.
E poi i Lucksmiths mi fanno impazzire, sono cartoline brillanti e sonore dell’estate che prepara i bagagli.
E poi lunedì vado a fare altre foto e magari rimpolpo il portafoglio leggero leggero.
E poi metto a posto le cose, tutte, mi basta solo capire da dove incominciare.

In sottofondo –Guess How Much I Love You- The Lucksmiths
-T-shirt weather- The Lucksmiths
-Frisbee- The Lucksmiths

giovedì, agosto 25, 2005

impressioni di agosto #1


-How to be perfect-
(Padova, Orto Botanico)
Sono lì davanti a un fiore che galleggia con grazia infinita sulla superficie dell'acqua, la sfiora appena, tracciando impercettibili sentieri di acqua trasparente che durano il tempo di un secondo, di uno scatto.
Nemmeno sicura di riuscire a cogliere quel movimento effimero e irreale, talmente è perfetto.
Penso che forse la natura non permetterà che le rubi un'immagine tanto preziosa, me la concederà solo per una manciata di istanti che siano sufficienti a farla imprimere nella mente.
O nemmeno questo.
Finirò per dimenticare il fiore, la delicatezza dei suoi petali, la magia infinita della sua bellezza.
E invece succede che la foto riesca, che i sentieri rimangano, e che resti intatta anche la sensazione che provo di fronte a questa immagine. Di sentirmi sospesa così come mi è successo tante volte, durante questa estate che sembra essere durata più del previsto e al tempo stesso trascorsa in un soffio, mentre guardavo le nuvole che scorrevano da una parte all'altra della mia finestra, del parabrezza, del balcone di un albergo davanti all'adige.
Sigarette, canzoni, libri mai finiti, tesi mai iniziata davvero.
Amanda e io sdraiate sul letto in mutande che guardiamo sky cinema1 come vecchie pensionate.
Qualcuno che pazientemente ascolta la mia voce al telefono per quindici minuti tutti parlati, senza quasi respirare come solo io posso fare.
Scoprire con curiosità e stupore che ci sono persone che non smettono mai di essere meravigliose, lo sono sempre.
Cene venete e vino a fiumi.
Mp3 lungo tutta la Lombardia e il Trentino e il Veneto con il ginocchio che fa tum tum contro i sedili della macchina.
Fiori, alberi, architetture, quadri, Biennale, buio, luce, piedi, scarpe gialle, cani biondi, bambini, contemplazioni, epifanie, tramonti, fulmini, pioggia, macchie di biro sul dorso della mano, disegni abbozzati.

martedì, agosto 16, 2005

"Quei delicati tatuaggi di vita che chiamiamo poesie" dice Lawrence Ferlinghetti ma anche quei delicati tatuaggi di vita che chiamiamo canzoni dico io, martedì 16 agosto, un altro foglietto del calendario a foglietti che non ho ma che ho sempre desiderato si stacca e prende il volo impercettibilmente.
Giovedì o venerdì si parte un pochino, stavolta per davvero.
Biennale, Mart e dintorni, zaino da preparare, lettore mp3 che scoppia di canzoni e mi viene da ridere se penso che fino a due giorni fa ero assolutamente convinta di non essere in grado di produrre nessuna colonna sonora adatta alla mia estate. E invece.

Invece ho una tracklist infinita che gira in random per la testa tutto il giorno, cammino e canticchio in continuazione, cambio il ritmo della marcia, non sto ferma nemmeno sulla sdraio in piscina. Convulsioni musicali dice Amanda.
Se avessi sufficiente musica da ascoltare, se fosse la musica giusta, io credo che potrei andare avanti per migliaia di chilometri e percorrere distanze incredibili senza fermarmi mai, come in trance, in attesa che qualcuno pigi stop e il rumore del mondo si riprenda il suo posto all'interno dei miei padiglioni auricolari.
Che poi il rumore del mondo e le canzoni non siano infine la medesima cosa soltanto parlata in due lingue un po' diverse è ancora tutto da vedere.

"Heavenly blue-eyed roses
seem to whisper to me...
When you smile"
"So why
Why did you believe
All every word I said
Why did you believe
Believe a stranger
A stranger"
"Why do people like stars,
they're so far away
They're always there and safe to look at,
wish upon one
I could have been you in that fantasy,
far away from here"
Nota bene: chi azzecca tutte e tre le citazioni vince una copia omaggio di una mia foto in bikini abilmente ritoccata con photoshop.
Ci si vede gente.

lunedì, agosto 15, 2005

* clap your hands say yeah!

La felicità è fatta di cose piccolissime, microscopiche, da guardare con lenti speciali.
Canzoni di cui innamorarsi e da assaporare fino a quando i piedi non si staccano dal suolo, fotografie dentro una scatola di cartone, sorrisi intensi senza parole, la luce di fine agosto che alle otto di sera dipinge il mondo di arancione e mi disegna iridi nuove, passeggiata del dopo cena in giro per il quartiere deserto con amanda, silhouettes disegnate dai lampioni sui marciapiedi che parlano e parlano e parlano.
L'estate finirà, ma non importa, I say yeah and clap my hands.

giovedì, agosto 11, 2005

* slip inside this house

Alcune decisione definitive:

1) me ne fregherò altamente se i negozi sono tutti chiusi e per andare a prendere un caffè bisogna farsi chilometri a piedi. Io il caffè lo berrò a casa mia, perché intanto è più buono e ce n’è di più. (e chi ha già avuto l’occasione di vedersi offerto un caffè dalla sottoscritta sa cosa significa di più).
2) I libri che avevo precedentemente scelto come materia per la mia tesina mi paiono assolutamente fuori dalla mia portata. Per tanto ho scelto di concentrarmi su questo libricino (che le sue brave 138 pagine le ha anche lui) pieno di cose interessanti e assolutamente incomprensibili. Forse perché mi piace tanto il titolo “Le livre du partage”. Condividere sempre e comunque.

Alcune ipotesi in via di definizione:

1) ieri pensavo che non mi sarebbe dispiaciuto affatto iniziare il discorso con un’analisi filologica dei verbi “assumere” e “affrontare”, oggi sono convinta che operare in questo modo mi proporrebbe agli occhi della commissione come un’insopportabile spocchiosa saccentona. Lo farò comunque.
2) È forse in procinto di aprirsi una parentesi di rock psichedelico nella mia vita, la quale del resto ben si accompagnerebbe con lo stato di totale straniamento che mi accompagna nelle mie ricerche pseudo-filosofiche del momento.
E’ successo che ieri abbia ascoltato i 13th Floor Elevators per la prima volta, ed è successo anche che mi abbiano proprio fatto strippare di brutto. Quasi quasi lanciavo il portatile giù dal balcone.
3) Quando finirò di leggere Rayuela darò un party in cui tutti i presenti dovranno abbigliarsi come i personaggi di questo romanzo totalizzante e totalizzatore. Io naturalmente sarò la Maga che raccoglie i nastri colorati dall’asfalto a fa amicizia con le clochard. Ancora disponibili tra i tanti il ruolo del misterioso Horacio o del viaggiatore immobile Traveler o di Babs o di Rocamadour o di..

Fate sapere.

Una doverosa citazione prima di concludere:
“Se per l’uomo la certezza è un bisogno, in sé è solo una vaga risposta a una penultima domanda, giacchè l’ultima è rimasta in sospeso”
Edmond Jabès –Le livre du partage-

mercoledì, agosto 10, 2005

*I feel like the mother of the world

Dieci Agosto.
Uno, due, pronti, partenza….
No, partenza niente.
Quest’anno estate con i piedi ben piantati nelle risaie che più verdi non si può, nel viale deserto, nelle strade che la sera ci puoi camminare proprio al centro perché tanto non passa nessuno.
D’estate la città si dimentica di essere città e fa finta di essere un deserto, ci si mette d’impegno, fa scomparire le macchine, fa tacere i rumori, si riempie di vento e di silenzio.
Ascolto gli Smog con tanto di occhiali neri modello –sto scrivendo la tesi e sono terribilmente impegnata- attendo la solitudine casalinga per accendermi la prima assolutamente necessaria sigaretta della giornata e poi uscire a consegnare un servizio di foto un po’ strambo fresco di ieri.
Più tardi torna Amanda, i pezzi della famiglia si ricompongono, il puzzle di settembre avanza, e strano a dirsi manco solo io a muovere le pedine sulla scacchiera. Ma per il momento scrivo qualcosa su E. J. mi perdo in considerazioni personali su ciò che è assurdo e ciò che non lo è, sulle parole e sugli spazi bianchi e pondero le varie posizioni giocando con cavalli e regine.
Impressioni di un’estate che non ha fatto altro che sfilarmi accanto anziché travolgermi, sfiorandomi appena con la sua scia di sensazioni a mezz’aria.
Una manciata di canzoni come tanti segnalibri dello stesso libro che da due mesi a questa parte monopolizza la mia attenzione, bilioni di pensieri, qualche volta una tensione allo stomaco nel sapere di dovere fare passi avanti e nel non essere sicura della giusta direzione verso cui indirizzarli.
E poi.
Persone che si allontanano, persone che si sono allontanate, persone che si allontaneranno, persone che se si allontanassero sarebbe proprio un grandissimo guaio.
Nuvole che vanno e vengono, velocissime, dalla finestra della mia stanza all’orizzonte, come nei film.
Io che mi sveglio alle nove, alle sei, alle nove e mezza, alle dieci, alle undici, io con i capelli sconvolti, io mezza morta di freddo perché mi ostino a tenere la finestra spalancata, io che vorrei partire con la mia stanza intera sulle spalle, tutti i libri, le foto, gli oggetti e spostarmi giusto quel tanto che servisse a farmi cambiare prospettiva.
L’estate va, le stelle cadono, i capelli crescono, il caffè è finito e vado a fumare sul balcone.

giovedì, agosto 04, 2005

* a summer wasting

Di nuovo vento oggi.
Io adoro il vento perchè è magico, solleva le cose vecchie e ne porta di nuove, veicola messaggi lontani e li proietta nel futuro, nell'aria che ancora deve arrivare, solleva nebbie, foschie, griugiumi di ogni specie, rende tutto limpido, lucido, chiaro, immediato.
La valigia lì in alto indica che la proprietaria del blog chiude la saracinesca per poco pochino e va a farsi una vacanzina breve brevissima in terra ligure per riprendere un po' di fiato.
A presto.
"I spent the summer wasting
The time was passed so pleasantly
Say cheerio to books now
The only things I'll read are faces"

lunedì, agosto 01, 2005

emoh/home

Primo agosto, recuperata Amanda, di nuovo at home.
Devo assolutamente andare al mare, non ne posso più, questi micro-assaggi di acqua marina, spiaggia e sole mi stanno precipitando in una profonda apatia.
Se non stacco la spina non riesco a mettermi a fare niente di nuovo che non sia ordinare gli oggetti sugli scaffali del bagno per ordine di grandezza o vagare su internet alla ricerca di un master o di una specializzazione che gridino

–Frà, eccomi sono quello che stavi cercando-
L’ho detto ieri che mi sento come Charlotte di Lost in Translation (con la differenza che io devo ancora laurearmi –dicembre- e non a Yale ma a Seattle).
Ho fatto foto ma sono mediocri.
Carine, colorate, mediocri.
Rabbia.
Gironzolavo per le vie di Antibes, nella sua notte gialla fatta di pareti che profumano di mare.
Ed è una notte strana, mai buia abbastanza per nascondersi e restare in un angolo, per quanto tu possa cercare di fuggire e mimetizzarti, il pennello del pittore ti raggiungerà ugualmente proprio lì dove ti sei cacciato, senza via di scampo.
Succede che proprio mentre pensi di essere fuggito dalla folla dei turisti, dalle ragazze che dondolano sulle zeppe colorate, dai ragazzi vestiti da rappers e da una babele di lingue e costumi ti ritrovi di fronte a un ristorante pieno di gente e piatti di pesce che brillano o a un negozio di borse di paglia o ancora ad un incantatore di strada che suona la sua fisarmonica e ti porge il bicchiere.
Succede che io fossi lì con la macchina fotografica al collo e una leggera angoscia di fronte a quella luce tanto chiassosa e irriverente.
Mi sentivo spaiata, un calzino bianco che sventolava accanto ad altre decine di calzini colorati tutti meravigliosamente uniformi.
Sono finita a fare un paio di scatti al mercato coperto, alle persone sedute ai tavolini dei caffè, alle statue di Giacometti dritte sul muretto del museo Picasso.
Niente che mi convincesse davanti all’obiettivo e la sensazione di non essere in grado di sottrarmi al trionfante quadro celebrativo delle splendide notti della costa azzurra.
Rabbia.
Menomale che al ritorno al letto di pietra e al cuscino quadrato di Villeneuve Loubet c’era Lou che mi canticchiava nelle orecchie di non preoccuparmi e di continuare a credere nello sguardo circolare,
perchè il resto, prima o poi, verrà da sè.