sabato, giugno 30, 2007

Considero valore

Ultimamente sto leggendo un sacco di cose di questo signore qua.
Cioè sono partita da un libro comprato per caso (Il contrario di uno) e adesso non mi fermo più.
L'Italia farà anche generalmente schifo però qualcuno che si salva c'è sempre.
E menomale.


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura un pasto, un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore..
Molti di questi valori non ho conosciuto.

martedì, giugno 26, 2007

Million Dollar Frà

L'iscrizione.


Qualche mese fa, due, tre o forse più mi sono fatta convincere da un'amica ad accompagnarla in palestra.
E' stata dura, ma non avevo alternative: o scendevo a compromessi con me stessa, o lasciavo che il mio sedere scendesse verso i minimi storici.
Così, nonostante la mia pigrizia di ex-atleta ho deciso di forzare la mia volontà in questo senso.
La palestra è una delle cose che ancora mi mancavano all'appello dato che nella mia trascorsa vita ho già fatto un po' di tutto:
nuoto (del mitico Miguel vi parlerò una volta o l'altra),
pallavolo (da panchinara e non),
basket (due settimane di allenamenti e poi boh),
pattinaggio a rotelle (alle elementari con la scuola),
calcio (un allenamento poi mi sono stirata un muscolo della coscia e ho camminato zoppa per parecchio),
arrampicata (in assoluto lo sport più doloroso mai praticato),
tennis (durante i primi allenamenti ho centrato il buchino della raccolta vetri con una precisione che manco federer),
atletica (alle medie, con risultati imbarazzanti)
e rafting (una indimenticabile volta, fichissimo lo rifarei subito).

Ma tornando a noi eccomi in una serata di nebbioso inverno varcare la porta di un capannone con il nome della palestra scritto a pennarello sulla parete bianca.
Tutto ciò mi fa molto Rocky I e II, e anche un po' Million Dollar Baby.
Perchè se proprio deve essere palestra, che sia almeno un posto in cui gli esercizi vai a farli davvero, e non solo fingi di farli per sfoggiare il tuo nuovo completino nike agli occhi dei presenti. Ricordo di avere chiesto rassicurazioni in merito più volte alla mia amica "Ma sei sicura sia scarusa vero?Perchè io ho intenzione di riciclare le scarpe da ginnastica di quando facevo pallavolo".
Entrando noto subito che il piccolo salone è ingombro di attrezzi cigolanti e di omaccioni grossi e sudati pieni di tatuaggi che tirano su bilanceri che manco la controfigura di Hercules (perchè si sa che il biondazzo del telefilm al massimo può sollevare solo delle strisce epilatorie dal suo petto).
Non c'è spazio per aerobica, step e altri diavolerie. Solo macchine.
Evvai! Io e l'aerobica siamo due mondi lontani, come Anna Falchi e l'ermeneutica di Pareyson.
Prendiamo accordi con il proprietario in un piccolo ingresso in cui transitano continuamente uomini a tre ante che emettono rutti e grugniti. Ma in fondo se mi sono iscritta in palestra è solo perchè nei mesi estivi cominceranno le sagre e io non voglio perderne neanche mezza.
Ringrazio il cielo che non mi vengano chiesti obiettivi fisici e spirituali e che non venga compilata nessuna scheda in cui mi si consiglia quanto e cosa mangiare.
Inoltre apprezzo il fatto che l'ambiente, rustico e casereccio come una bruschetta al pomodoro, non richiederà che io spenda soldi in tutine, toppini e pantaloncini con calzini in coordinato. Senza contare la lampada, la piega liscia e le meches da rinnovare ogni due settimane (ci sono palestre che sono così e non fate finta di niente).
Qui c'è gente che è uscita dal lavoro con i pantaloni sporchi di vernice e la canottiera da motociclista ed è lì tranquilla che tira su le sue tonnellate per bicipite.
Mentre faccio ritorno a casa, con i miei moduli di iscrizione nella borsa, sogno ad occhi aperti di diventare una nuova Hilary Swank, a dispetto dei miei inesistenti muscoli nelle braccia che facevano esclamare al mio compagno di banco delle superiori: "Ma sono fatte di salame di cioccolato!!!"

giovedì, giugno 21, 2007

holiday!

Non è che sono sparita.
E' che finalmente, dopo due anni, sono in vacanza.
(Perchè chi segue da un po' le mie disavventure sa che la scorsa estate l'ho trascorsa dai cugini mangiapatate a lavorare).
Lavorare in agosto è davvero darsi la zappa sui maroni.
Quindi dopo due anni, essere in vacanza fa uno strano effetto.
Perchè un conto è quando uno è in vacanza "forzata", (cosa che odio e che non riesco a vivere serenamente).
Ma quando uno è in vacanza perchè decide che così deve essere, che se l'è meritata, ecco l'effetto è totalmente opposto.
Che poi, per il momento, sono ancora qui a Seattle, con l'afa che ti schianta di giorno e di notte, con l'umidità che ti preme sulle spalle e sciami di zanzare fameliche.
Ma mi sveglio la mattina e sono di buonumore.
Ho finalmente tempo per persone e cose.


Un lusso gigantesco, davvero.

martedì, giugno 12, 2007

Scrutini, draghi volanti e distintivi.

Ieri pomeriggio scrutini.
Ovvero il mio ultimo giorno da suppl. anche se per me la scuola è finita sventolando la mano per salutare i ragazzi.
Arrivo in sala insegnanti in compagnia di una mia collega P.A.R.I.A. e vengo accolta dai soliti sorrisi di circostanza delle colleghe.
Ecco, a esser sincera, non è che sentirò particolarmente la loro mancanza, tranne per un paio di rare eccezioni. Non mi mancheranno i loro saluti in playback, nè l'adorabile modo di scandire le parole quando si trattava di spiegarmi qualcosa come fossi stata un panda giapponese.
Fa caldo, caldissimo e mi sento rinfrancata per aver scelto un abbigliamento da
-ehi stavo già in vacanza e sono passata solo un attimino per firmare 'ste due robe-, ma l'afa è davvero insopportabile e dopo dieci secondi ho già un malditesta trapanante: peccato che le finestre non si possano aprire perchè a Marylin dà fastidio il suono delle campane.
Ma non era un professore di religione, direte voi?
Ora spero che siate d'accordo con me che questa faccenda del professore di religione deve essere per forza una copertura, un po' come whoopy goldberg in sister act.
Comunque, iniziamo a scrutinare la seconda in un clima di sospetto e finta cordialità.
Marylin commenta quasi tutte le mie valutazioni scherzosamente, con quella dolce goliardia che si addice solo a lui e fomenta in me il desiderio di testare su di lui la mossa del dragone volante.
"Come mai tutte queste sufficienze? E' l'alunno che non ha studiato o la professoressa che non ha fatto niente?".
Sei tu che sei una testa di bip, bisognerebbe rispondergli, ma mi limito al sorriso -Ehi stavo già in vacanza e sono passata solo un attimino per firmare 'ste due robe-.
L'alunno L. (tanto per intenderci quello che alla fine di qualsiasi cosa scriva, che sia una nota, un elaborato, un tema o una verifica di storia, firma "Forza Milan!") è Mogwli, bambino abbandonato a se stesso e a una mamma che non ne vuol sapere di lui, bisognoso di attenzioni e riguardo ma per niente deficiente come si è soliti trattarlo.
Mogwli ha l'insegnante di sostegno ma nelle mie ore è sempre stato in classe a lavorare con tutti gli altri o a essere da me cazziato perchè non lavorava come tutti gli altri.
Nel corso di questi mesi ha imparato che non deve cantare mentre sto spiegando e che scrivere quattro righe di tema, quando è in grado di scrivere una pagina, non basta a fargli avere la sufficienza. L'ultimo giorno di scuola è stato insignito del premio "Ex rumorista della giungla" ed è venuto a prendersi tutto contento la sua brava caramella di Lupo Alberto.
Quindi che non mi si frantumino le palle per favore. (in realtà gli scrutini saranno un soliloquio della sottoscritta la quale trascorrerà la maggior parte del tempo a mettere in ordine gli scontrini del proprio portafoglio).
Marylin tornerà a commentare anche i miei giudizi sull'alunno che amorevolmente apostroferà come Mafia: "Ma com'è che Mafia ha tutti 'sti bei voti? Cosa fa studia solo 'ste materie qua?"
Evidentemente sì, brutto pirla.
Sorrido e mormoro un educatissimo "L'alunno R. è intelligente ma ha un impegno evidentemente settoriale". E se il settore in cui si impegna è il mio che ben venga, tiè tiè tiè.
Finalmente compilate le pagelle è il momento di leggere le valutazioni individuali in cui si scopre che la classe seconda è indisciplinata e poco rispettosa soprattutto durante le ore extracurriculari. Cioè la gita. Cioè la gita a M. di cui ho già narrato.
"Eh sì, bastoniamoli 'sti delinquenti" esclama soddisfatto Marylin avvolto ormai da una nube di zolfo.
Se solo avessi un liquidator con getto ultrapotente che lo spazzasse fuori dalla finestra.
Il mio regno per un liquidator!
Nessun liquidator si materializza tra le mie mani e si passa a scrutinare la prima. Di cui dirò solo che ricevono distinto in condotta e convivenza civile ragazzini soliti a correre fuori dalle aule e strangolarsi con i lacci delle scarpe. That's Smallville.
A scrutinio finito saluto le colleghe con un veloce -ciao, ciao- (per un attimo penso di fare un discorsetto in cui ringrazio tutte per la collaborazione e la disponibilità, ma poi ritengo che non sarei in grado di portarlo a termine senza scoppiare a ridere) e fuggo dalla sala insegnanti.
E' arrivato il momento di passaggio delle consegne: quello in cui da superman ritorno peter parker, da hulk ritorno bruce banner, da suppl ritorno disoccupata.
E' il momento di restituire pistola e distintivo e di svuotare il mio armadietto come un bravo detective in pensione. Quindi dopo aver liberato il cassetto da montagne di fogli di carta, libri piccoli e grandi, buste di plastica, mi avvio in segreteria per la consegna del registro.
Ove una gentile donnina mi dice che devo consegnarlo nella porta a fianco. Ove una sgradevole donnina mi dice che assolutamente lì non lo posso lasciare e che figuriamoci e che mi rimanda dalla dolce donnina. Che telefona alla sgradevole donnina dicendole che deve accettare il registro. Che risponde che sono anni che lei i registri non li raccoglie più e che non se ne parla.
Mentre le due donnine discutono animatamente io sono in piedi a godermi l'ennesima scenetta di una scuola che potrebbe (e dovrebbe) essere meglio.
Una scuola che già oggi può godere di persone splendide, gremlins straordinari che vanno avanti nonostante situazioni familiari disastrate e drammatiche, tirano fuori perle incredibili di saggezza e ilarità, si affezionano ai propri insegnanti come nemmeno al parente più stretto e insegnanti che ce la mettono tutta e anche di più, insegnanti che fanno gli -assistenti sociali
-i genitori-gli amici-gli educatori prendendo solo uno stipendio da insegnanti.
Ma è anche una scuola in cui tanti adulti trascorrono la maggior parte del tempo a litigare, a ostacolarsi, a spiarsi, a sparlare, ad alzare la voce, quando le urgenze sarebbero altre, prima tra tutte, quella di collaborare per cercare di migliorare davvero la situazione.
Quando sono ormai convinta che mi toccherà bruciare illegalmente i registri in occasione di qualche braciolata estiva, finalmente il donnino gentile mi dice a chi consegnarli e posso varcare il cancello della scuola per l'ultima e definitiva volta.
Fuori è estate, all'orizzonte ci sono enormi nuvoloni bianchi e il vento porta da lontano qualche tuono. L'ultimo pensiero è per tutti i miei bambini e le loro facce buffe, di sicuro già a zonzo per la città da ore.
Loro sì che mi mancheranno.

lunedì, giugno 11, 2007

School is over, parte terza: il P.P. (party di pensionamento)

L’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola vuole tutti i gremlins raccolti in palestra per celebrare il pensionamento di uno stimato professore di religione su cui non esprimerò pareri.
Già l’idea di radunare tutti quanti i gremlins nello stesso posto mi pare terrificante, quasi una mensa moltiplicata all’ennesima potenza; ma, al solito, è uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo.
Raduno la mia folla di seconda e li conduco in palestra dove già si sono ammassate alcune classi; entrando noto la povera Rottenmaier alle prese con i suoi diavoli di seconda che hanno lanciato uno zaino sopra al canestro: è lì che zampetta nel vano tentativo di tirarlo giù prima che arrivi la preside. I ragazzi sghignazzano e si dileguano, e lei resta lì sola sotto quel canestro troppo alto per essere raggiunto. Quella è la donna che a tre giorni dalla mia venuta a Smallville mi aveva cazziato ferocemente per una mia presunta negligenza nell’assistenza ai miei ragazzi. Che ora stanno seduti con le spalle appoggiate al muro e ogni tanto mi scandiscono labilmente “Che palle prof, quanto dura?” “Spero poco ragazzi”.
La festa di pensionamento sta per cominciare.
La massa umana è radunata a mò di vodafone lifeisnow e le Titolate schierate con le solite facce del incarognite tra i ragazzi.
Ci sono tutti gli elementi tipici del party di pensionamento: protagonista del pensionamento incollato al cellulare, colleghi cui non gliene potrebbe fregar di meno (io), colleghi che sono contenti che se ne vada perché gli è sempre stato sul piloro, ragazzi che pur di non essere lì preferirebbero essere interrogati sull’analisi del periodo(tutti), l’immancabile microfono malfunzionante e l’animatore della festa (per l’occasione un Marylin in grande spolvero).
L’unica cosa che manca è il buffet, ma mi consolo pensando che forse verrà fatto un rinfresco in forma privata al termine delle lezioni.
(perché non dico tanto, ma dopo aver spontaneamente donato cinque euro per il regalo di un individuo che non mi ha mai degnato di qualcosa che fosse più di un’alzata di sopracciglia, almeno un porco bicchiere di spumante direi che me lo sono meritata).
Parte il commiato strappalacrime della dirigente sull’angelico neopensionato; nel frattempo osservo i gremlins dediti nelle più svariate attività: c’è chi si prende a coppini, chi cerca di staccare a morsi l’orecchio del compagno, chi dorme, chi si scaccola, chi ascolta il lettore mp3, chi fa pernacchie, chi si sfida a duello con le righe da disegno.
La cosa più divertente è che proprio mentre Marylin tenta invano di richiamare all’ordine i facinorosi, un gruppetto di bambini si stacca dalle prime file e forma una palla di mani, braccia e gambe avvinghiate come serpenti tropicali in una lotta all’ultimo sangue. Quasi lo travolgono.
Col passare dei minuti la folla è in delirio.
Nel mezzo riconosco le facce note e meno note di tutti i bimbi che ho avuto tra i piedi negli ultimi mesi: è incredibile il numero di nomi e di storie che ho imparato a memoria.
Tra i vari alunni A. , alunni E. e alunne D., ci sta pure il piccolo Prince che, dopo aver incrociato il mio sguardo, si sposta e guadagna una posizione a pochi passi da me ed esattamente di fianco al suo acerrimo nemico, l’alunno M. cui è legato da un rapporto di amore e odio.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola e i due si comportano da grandi amici, smezzandosi una focaccia unta con un gesto di intesa. Prince, il monello dal cuore tenero, è la versione junior di Mac Gyver: prima riduce a brandelli un paio di bicchieri di plastica e li utilizza per esprimere il suo disappunto sfregandoli con forza all’indirizzo dei due insegnanti che si stanno esibendo in una performance jazz di gusto ambiguo; poi materializza dal nulla un aereo gigante e mi chiede se può lanciarlo in testa al professore neopensionato.
Alla fine, chi l’avrebbe mai detto, proprio lui è l’alunno più dispiaciuto della mia dipartita.
Al suono liberatorio dell’ultima campanella dell’anno i gremlins corrono verso l’uscita come una mandria di bufali. Non ci sarà nessun rinfresco con cui sfamare il mio stomaco brontolone.
Ma la delusione nulla può nei confronti del brivido di sollievo che mi corre lungo la spina dorsale al pensiero che la scuola è finita.

School is over, parte seconda: ricchi premi e cotillons.

Alla terza ora dell'ultimo giorno di scuola sono in prima, la classe dei tarantolati.
Ne acchiappo cinque per la collottola che si stanno eiettando fuori nel corridoio e propongo anche a loro di fare qualche gioco insieme.
"Solo se si vince qualcosa prof, perchè altrimenti andiamo su a salutare quelle di terza"; insomma questi qui non li frega nessuno.
Mostro a tutti il magico sacchetto dei premi, celando naturalmente il contenuto (che consiste in caramelle e diverse porcherie rinvenute nei miei cassetti la sera prima, tipo minidadi, portachiavi, sorpresine dell'ovetto kinder, porta auricolari...in realtà è chiaro che l'occasione sia perfetta per sbarazzarsi di un po' di rumenta!) e li convinco a restare.
Quando finalmente sono tutti seduti bussano alla porta altri bambini di classi vicine e mi chiedono se possono stare lì con me.
In un impeto di generosità e follia (forse più la seconda) decido di offrire asilo politico all'alunno O. terrore delle prime di tutto il mondo, all'alunno S. , già colui che minacciava col compasso da lavagna i compagni nelle ore pomeridiane, e all'alunno I. con cui ci si vuole molto bene pur non essendo un mio studente a tutti gli effetti.
Dopo qualche minuto l'alunno O. ha già scritto sul banco con un pennarello indelebile "Scuola culo" e mi tocca spedirlo in direttissima dalle bidelle per farsi dare uno straccio e pulire.
Ovvio che l'alunno O. è il timore di tutte le prime non a caso: ci sono stati giorni di intervallo in cui mi ha distintamente urlato in faccia di non rompergli le palle altrimenti mi avrebbe messo le mani addosso. Solo che detto da uno di un metro e cinquanta è qualcosa che intimorisce ma fa anche decisamente sorridere.
Oggi però la scuola funziona al contrario e O. se ne va quatto quatto dalle bidelle ritornando subito con il suo bravo spray per pulire. La sua buona azione viene premiata con una lisergica caramella di Lupo Alberto (chissà che ci mettono dentro per dare quei colori assurdi) e si procede con giochi enigmistici e altre cavolate, retaggio del mio passato di animatrice.
La campanella dell'intervallo suona, alcuni bambini mi fanno ciao-ciao-arrivederci prof- venga a trovarci e corrono fuori a picchiarsi selvaggiamente, altri in corridoio hanno già iniziato ad urlare tutti insieme "Vogliamo le terze!", anche se sul momento io capisco solo"Vogliamo le tette!", significato del resto molto affine a quello reale.
E' la mia ultima assistenza all'intervallo e sono felice.
Passeggio per i corridoi tra le solite scazzottate come fossi sugli Champs Elysées, tutto è avvolto dalla bruma dell'addio, compresi i gremlins che tirano calci alla porta del bagno; ad un certo punto un braccio mi tira dentro a forza in un'aula e chiude la porta.
Sono di nuovo in prima, alcuni bambini sono in piedi intorno a un banco e l'alunno K. mi dice sottovoce "Prof, abbiamo la cocacola, ne vuole un goccio?".
Nel capannello di mafiosi c'è anche Prince che subito me ne versa un bicchierone specificando
"Se ne vuole un altro prof bussi due volte che la apriamo".
Naturalmente poichè adoro la cocacola alzerò i voti di tutti i presenti.
L'intervallo suona e Prince mi insegue in corridoio e mi offre un bicchierino di plastica ricolmo di pop-corn: "Avevamo anche questi ma era rischioso tirarli fuori prima, tenga".
Gli si potrebbe alzare anche il voto di storia quasi, quasi.
Meno tre ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine parte seconda -

domenica, giugno 10, 2007

School is over, parte prima: momenti di gloria.

Dopo cinque mesi di levatacce, sfiatamenti polmonari, verifiche, compiti, spiegazioni, intervalli, mense, bidelle simpadellacumpa, colleghe acide come una bottiglia di aceto dell'83, arriva:
la fine della scuola e con essa la mia prima fine da prof, dalla parte dei cattivi, del corpo docente; che, detto così, sembra il soprannome di un corpo speciale dei marines (e a ben considerare quest'esperienza ha avuto i suoi aspetti militari e guerreschi). E' tempo di imbracciare di nuovo l'ombrello e volare via, come una precaria Mary Poppins che un giorno è qui e domani chissà che cavolo di lavoro starà facendo.
L'ultimo giorno di scuola è il giorno più lungo dell'anno, è un po' the day after tomorrow e un po' ben hur, un po' presa della Bastiglia e un po' derby Inter-Milan.
L'ultimo giorno di scuola vale l'unica regola che nessuna regola vale più.
La prima ora dell'ultimo giorno di scuola mi trova in seconda, la classe dei gremlins eletti, coloro che pur sempre casinisti e pasticcioni hanno dimostrato durante questi mesi insieme notevoli miglioramenti: siamo passati da persone che scrivevano quore a ragazzini attenti che prendevano appunti sulle teorie illuministe di Voltaire, Rousseau e Beccaria. Poi magari non ci hanno capito comunque una mazza ma se non altro sono diventati fantastici attori.
Ecco perchè ho deciso di dedicare questi ultimi momenti insieme affidando loro un lavoro di gruppo: inventare di sana pianta un proprio telegiornale con tanto di annunciatori, vallette, meteo, pubblicità, rubriche varie ed eventuali.
Al mio arrivo trovo la classe ingombra di oggetti di scena; ci sono parrucche, scarpe col tacco, colapasta (per la rubrica di cucina), abiti di scena e addirittura finti radiomicrofoni.
Prego in cuor mio che il dirigente scolastico non entri mai e per nessun motivo all'interno della mia aula per i successivi cinquanta minuti. Già mi vedo sul TG5 con i sottotitoli "Insegnante di scuola media incita innocenti ragazzini al travestitismo" e difatti nelle ultime file l'alunno A. ancheggia seducente su zeppe di dodici centimentri sottratte alla madre (...).
"Guardi prof, così sembro alto normale!".
L'alunno A. è alto come un bambino di seconda elementare, stroppicciato, solitamente bistrattato da tutti in quanto poco curato, balbuziente e fondamentalmente ignorante.
Per mesi è venuto a scuola con la faccia deformata da un orribile orzaiolo non curato.
Non immagina nemmeno che l'ultimo giorno di scuola sarà il suo più alto momento di gloria.
O forse sì, ed è per questo che accettato un ruolo di primo piano, seppur travestito da donna.
L'alunno A. farà la meteorina per il gruppo del tg piemonte: quando arriva il suo momento compare in scena con le zeppe e una parrucca di capelli ricci neri e sculetta verso la cartina.
I compagni lo acclamano con un applauso sincero e ammirato, si è davvero calato bene nel ruolo e indica con estrema sicurezza le varie località della regione, mentre la voce di un collega legge il previsioni del tempo. Torna in scena per un servizio sulla moda in cui dispensa baci alla folla come una consumata top-model.
L'alunno A. è uno che a gennaio era convinto che la capitale della Svezia si chiamasse Starrick e mi chiedeva con insistenza di non leggere nel timore di balbettare.
Ed ora eccolo lì che sorride ammalitore ai compagni e al termine del meteo improvvisato si gode un lunghissimo applauso con tanto di coro da stadio.
A. sale in piedi su una sedia: la classe lo acclama.
E so che, in qualità di educatrice, dovrei cazziarlo e dirgli di venire giù di lì ed esortare la classe al silenzio.
Ma è l'ultimo giorno di scuola, io sono solo una suppl, ed è il primo momento dell'anno in cuii compagni di A. non lo stanno prendendo per il culo per i vestiti sporchi o perchè si è addormentato in classe.
E' il suo momento di gloria e il sorriso raggiante che gli si stampa in faccia una di quelle cose che arrotonderanno il mio stipendio per eccesso.
Seguono altri telegiornali che annunciano notizie come Schumacher investito da una Ferrari, insegnanti legati con la cartigienica e prigionieri nei bagni, Prodi che si fa esplodere alla Casa Bianca. Ebbene sì, ho cresciuto dei piccoli mostri e ne vado straordinariamente fiera.
Ridiamo tutti insieme, i gremlins mi regalano una multipenna quattro funzioni e io distribuisco caramelle di lupo alberto. C'è anche un cartellone in cui compaiono le scritte di commiato:
"Ciao prof, mi dispiace ke se na va, ci mankerà a tutti tantissimo e soprattutto a me! Ci venga ha trovare ogni tanto, non vorremmo perderla di vista" "Ciao prof volevo dirle che è stata molto gentile con noi e non si scordi di me! Saremo molto contenti se il prossimo anno tornasse. Abbasso la scuola. By D." "Ciao prof, sono L. quest'anno mi sono trovato bene con lei. Viva Milan". "Ciao prof sono l'alunno più ignorante del mondo, spero che il prossimo anno ci rivedremo. By Alunno A."
Quando suona la campana me lo infilo sotto un braccio. Ancora cinque ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine prima parte -

sabato, giugno 09, 2007

school is over


martedì, giugno 05, 2007

E' probabile che l'improbabile accada

Giorno due dell'ultima settimana. Penultima ora nella classe di Prince.
Prince, il ragazzino che spezzava le lance in favore delle schiene dei suoi compagni, che sul totale orario delle mie lezioni di cinque mesi credo abbia trascorso seduto appena quindici minuti scarsi, il babybirba che più di una volta al pomeriggio mi ha fatto diventare i capelli più bianchi di piero angela con le sue urla stridule, colui a cui ho requisito l'inimmaginabile (sfere di metallo, chine, palline delle cartucce, una radio trasmittente, un orologio a forma di gondoliere, un portachiave a foggia di cornetti rossi plastificati, un imprecisato numero di matite, penne e righelli, una mini torcia, una serie di miniportachiavi, un richiamo per uccelli e un fischietto. Poi sicuramente c'è stato dell'altro ma è dura ricordarsi tutto), l'unico bambino che abbia sprizzato lacrime di fronte a un unico severo cazziatone.
Spesso richiamato perchè continuamente distratto o affaccendato in attività illecite come cercare di tagliare un ciuffo di capelli al compagno seduto dietro o infilarsi oggetti presi da altre astucci e riporli nelle proprie mutande così che i proprietari perdessero interesse a reclamarli.
Ecco di questo Prince qui stiamo parlando. Che io, a modo mio, mi ci sono anche affezionata a forza di avercelo sempre sulla punta di un urlaccio.
Il Prince che oggi, a qualche minuto dall'intervallo, mi si avvicina e mi dice "Prof, le scrivo il mio indirizzo e-mail su una barchetta di carta così non lo perde e poi un altr'anno mi scrive. Mi scrive vero prof?". E mi allunga tutto timido una barchetta stroppicciata con la sua solita calligrafia sghemba e geroglifica.
Tu quoque Prince!
Il mio cuore di suppl fa spluf e non fosse per la certezza che i compagni lo prenderebbero per il culo per i prossimi mille anni dandogli del "fennel" e del "guano" lo abbraccerei lì su due piedi.
La campanella suona, Prince mi strizza gli occhi azzurri in un sorriso e corre fuori a gettarsi nella solita mischia di calci e pugni, lasciandomi sentimentale a compilare il registro di classe.
Ancora una volta me l'ha fatta sotto il naso.