martedì, febbraio 27, 2007

Gomme giganti e bambine piangenti.

Stamattina alle ore 11 me ne stavo seduta in corridoio con una bambina cucciolo di prima che piangeva disperata per una di quelle sciocche beghe pettegole da bambine di prima media.
Mi sentivo un po' mamma e un po' Mary Poppins, con la scatoletta delle caramelle colorate per tirarsi su (niente pastiglie di lsd, tranquilli)e un fazzoletto in cui smoccolare tutto il proprio sgomento. Alla bambina-cucciolo ho spiegato che non sempre al mondo tutti sono simpatici come vorremmo e bisogna cercare di circondarsi di persone che ci vogliono bene.
E gli altri beh, io faccio finta che non ci siano, mi immagino proprio di cancellarli con un'enorme gomma invisibile e cerco di non curarmi della loro presenza e di cosa possano dire o pensare di me.
-Ma se ti mettono contro i tuoi amici?- mi ha chiesto lei.
Cazzo, quante volte mi è capitato. E pensare che mi ci sono voluti 23 anni (24 tra un mesetto) per capire cosa fare.
-Se si lasciano influenzare così facilmente da un pensiero altrui vuol dire che non sono amici abbastanza-
-E se non mi crede nessuno?-
-Se tu sei nel giusto e sai di esserti comportata bene devi essere contenta per questo. Se gli altri non lo capiscono o non ti fanno nessun complimento, tu devi essere ugualmente contenta di essere la persona che sei.-
-Allora con la bambina che mi dice le parolacce come facciamo?-
-Il prossimo intervallo ti metti a giocare vicino a me e se la sento mentre ti offende, stai tranquilla che ci penso io. -
-Va bene. Allora facciamo già venerdì?-
-Certamente-
Alla fine non resisto e me la prendo in braccio due secondi, la bambina cucciolo che mi stringe forte e poi torna in classe rinfrancata.
Raccolgo le mie cose e mentre esco da scuola incontro la prof. che dal nostro recente diverbio ha deciso di togliermi il saluto.
Ma è solo questione di un attimo.
Basta un colpo della mia enorme gomma invisibile per cancellarla e tornare a casa in una splendida giornata di sole.

domenica, febbraio 25, 2007

the purchet's weekend

Il fine settimana passa in un soffio veloce, nemmeno il tempo di esprimere il desiderio che duri qualche ora in più.
Piove sparso, io ho lasciato a casa l'ombrello, cammino nella domenica mattina con Amanda al fianco, una volta raggiunta la nostra dimora abbiamo dei capelli che manco donna summer.
Comunque. Ieri sera ho mangiato come un purchet* (porchetto n.d.r.). Sono giunta alla conclusione che molti piaceri della vita si nascondono in un buon bicchiere di vino e un piatto di generosa zuppa toscana. Peccato per quell'assordante musica lounge che mi ha mandato in sbattimento. C'era di tutto su quella maledetta tracklist: perù, spagna, francia, rielaborazione chill out di chopin, veramente cose da far venire i brividi.
Lo stato umorale del momento è tranquillo. Il weekend mi ha visto protagonista di spese a piccoli prezzi, all'outlet di mango svendevano le giacche a 3.99 (manco al lidl), me ne sono comprata una per i consigli di classe di giovedì, quando me ne starò splendida e altera nel mio invisibile angolino a meditar tutt'altre cose.
Ad esempio che l'8 marzo è vicino, e io devo ancora preparare degnamente questa sorta di intervento filosofico che mi è stato richiesto, ma non riesco neanche a leggere più di tre pagine di infinite jest la sera, e mi addormento come un bisonte a cui è appena stata sparata una forte dose di sedativi. Ad esempio che giovedì prossima arriva in italia la mia amica scozzese con cui ci si era viste poco in francia e allora è davvero carino avere una seconda possibilità di frequentarsi in modo più decoroso. Ad esempio che dovrei occuparmi della programmazione per la semaine prochaine, eppure l'unica cosa che mi riesce bene oggi è restare imbambolata davanti alla finestra e guardare la città perdere di luminosità come se qualcuno la stessa fotoscioppando.
Mah.

mercoledì, febbraio 21, 2007

dura lex sed lex

Qui casa.
Qui finalmente casa.
Oggi giornata di merda altresì soprannominata "se qualcuno mi ruttava in faccia appena aprivo gli occhi stamattina mi sarei sentita comunque meglio".
La scuola è un ambiente pieno di donne.
Le donne sul lavoro sono fondamentalmente stronze.
Non ti aiuteranno mai, non si complimenteranno con te, aspetteranno che tu sbagli per potersi trovare lì a puntarti il dito contro.
Sparleranno di te alle macchinette del caffè.
In bagno.
In cortile.
Dal parrucchiere.
Le donne sono (anche) così.
Sarà che la parte che di me sento maschile è proprio in questa totale assenza di interesse smodato nei confronti altrui.
Avete presente quel saggio motto popolare che qui cito testualmente"chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni?". Per me è diventato una ragione di vita.
Più cresco, più trovo futile investire il mio tempo nel vivisezionare vite altrui.
Ho già abbastanza nodi con la mia. Gli altri facciano ciò che credono.
E poi voglio campare cent'anni.

ore 13.00 dopo due ore di delirio collettivo, una verifica di storia tra l'altro andata inaspettatamente bene (il che mi fa supporre che forse anche quelle che si guardano con sguardo vacuo le suole delle scarpe mentre spiego qualcosa lo ascoltano) una mezz'ora di follia con la ragazzina dislessica che decide che non può fare niente perchè non c'è la sua prof di sostegno, il bambino con disturbo comportamentale dichiarato che vaga per la classe menando coppini a destra e a manca, il bambino con il disturbo comportamentale non dichiarato che lancia gessetti addosso ai compagni, i bambini con disturbi comportamentali manifesti che giocano a spezzare matite dandosi pugni sulle mani, un'insegnante di sostegno in un angolo che gioca a consumare ossigeno e fissa l'infinito avanti a sè pensando che naufragar l'è dolce in questo mare, la salvifica campanella suona mentre il mio cuore recita alcune laude francescane.
Sento i nervi cerebrali distendersi, raccatto le mie poche e povere cose e mi appresto a scendere le scale con scolaresca al seguito preparandomi psicologicamente all'idea delle tre ore pomeridiane nello stesso istituto.
Giunta in fondo alle scale commetto l'errore.
Di abbassare la guardia.
Rilassarmi, assumere l'espressione di una giovane supplente stanca e un po' provata dalla mattinata appena trascorsa. Sono lì con i miei registri in mano, pacchi di compiti da correggere, il mio cappottino preso ai saldi della stefanel tre anni fa.
E lei, una di quelle donne stronze di cui ho accennato prima, capta la vibrazione, intuisce il segnale.
Fondamentalmente sente l'odore del sangue così come uno squalo bianco in compagnia di un cucciolo di labrador ferito lievemente a una zampa.
Mi raggiunge alle spalle mentre l'accolgo con il solito sorriso di circostanza della serie -ehi so che mi odi però che ne diresti di fingere il contrario?-
Inizia la lavata di capo o come scriverebbe meglio qualcuno dei miei alunni il momento dell'umiGLiazione.
Davanti a tutta la scuola, le bidelle, le colleghe, alcuni passanti che transitano di lì per caso, le fotocopiatrici, due piante di plastica impolverate, una vetrata sporca vengo accusata di non occuparmi dei miei ragazzi, di non stare vigilando su di loro, di aver appena compiuto un gesto gravissimo (ma quale?) il tutto pronunciato con lo stesso tono di voce di mariah carey ai tempi d'oro di all I want for christmas is youuuuuuuuu.
Io ci resto, perchè come ho accennato prima mi ero lasciata andare disattivando lo scudo interspaziale per qualche secondo. La iena prosegue coinvolgendo una terza collega e cercando la sua approvazione per denigrarmi (altra cosa in cui le donne sono campionesse mondiali, se ti devo sputtanare lo faccio in compagnia così ti dimostro che non sono la sola a pensare che tu sia una merda secca).
Fermamente rispondo che alcuni dei miei ragazzi erano di fianco a me e nel momento della cazziata suprema stavo sventando una frattura ai denti di un bimbo di prima (e lui chi doveva guardarlo? cacchio ma perchè anzichè avere di questi pensieri ho cercato di non fargli fracassare la mandibola? scema!) e cerco di concludere l'episodio con il solito atteggiamento -sì sono la supplente e sì oddio anche stavolta lei mi sta insegnando come si sta al mondo meglio che mia madre o buona donna- la iena si incattivisce ancora di più e raggiunge le ottave di whitney houston in I will always love youuuu.
Scatta il momento mario merola.
Travolta da un fiume di bambini inghiotto rumorosamente l'incipit di un turpiloquio tarantiniano e concludo la conversazione chiedendo gentilmente come debbo comportarmi per la supplenza pomeridiana in merito di aule. Risolto il problema mi avvio verso l'aula insegnanti con la mia bella pala conficcata là sui monti con annette e sento che la vipera dietro le mie spalle (ma non abbastanza dietro perchè io non possa udire, coincidenze...) confessa alla collega di non poter tollerare tali mancanze di rispetto e aggressioni verbali.
Ora.
O quella donna si fuma roba cattivissima oppure ha visto troppe puntate di Uomini e Donne.
Ribadisco di non aver aggredito nessuno ma aver cercato semplicemente di chiarire la situazione, ricevendo le ultime frecce avvelenate di fronte a quei bambini che prima non avevano sentito bene. In un angolo in fondo al corridoio un bidello sta vendendo le magliette con la mia faccia e la scritta Io c'ero.
Trascorro la pausa pranzo vagando per la città con lo stomaco al posto del cervello e il cuore in un orecchio. Cerco di calmarmi, cerco di non sentirmi come al solito il don chisciotte della bassa che vuole cambiare un sistema che non cambierà mai.
Nel corso del pomeriggio l'essere femmineo fingerà una riappacificazione (ma non è la parola esatta) e affermerà con magnanimità di accettare la mie scuse. (scuse? e chi gliele ha mai fatte?).
Ore 17.00 esco da scuola.
Oggi ho imparato che disattivare i propri scudi interspaziali è pessima cosa in un ambiente femminile. Soprattutto quando stai cercando umilmente di migliorare la vita a qualcuno. Perchè a scuola l'unica cosa che conta davvero è tenere i denti in mostra. E ringhiare.
Anche senza convinzione.
Perchè tu credevi di essere lì per fare del bene ai ragazzi mica per dimostrare qualcosa a qualcuno.
Meglio non dirlo in giro.

martedì, febbraio 20, 2007

Boh/\/\

Ci sono. Eh sì. Ci sono.
Poco a dir la verità. Presente a me stessa la maggior parte del tempo. Ma, a volte, inevitabilmente assente. C'è una canzone in questo periodo. La ascolto poco ma mi suona sempre dentro la piccola circolazione. L'ho fatta ripassare la settimana scorsa. La piccola circolazione. La grande circolazione. Il cuore che pompa come una macchina. Di certo è meglio immaginarselo con le due curve tenere e graziose che come un ammasso di capillari e tessuto muscolari e tubi di arterie e vene che entrano ed escono. Le illustrazioni del libro di scienze mi fanno impressione. Io insegno storia e geografia e italiano. Lì le cose impressionanti sono solo quelle che escono dalle penne dei bambini.
Shit. Domani è mercoledì. Le vacanze sono finite e io non sono riuscita a dormire oltre le nove. In compenso non mi sono dedicata ad alcuna attività utile. Volevo fare shopping e non ci sono riuscita. Volevo recuperare un incarnito che non fosse simile a quello di dddracula. E non ci sono riuscita. Volevo andare a vedere l'arte del sogno ma è chiaro che in questo postaccio melmoso non lo faranno mai. Maledetta lobby delle multisale.
Fancù a Manuale d'Ammore 2,3,4. Con Scamarcio che lo fa con Monica che lo fa con Vincent che lo fa con Angelina che lo fa con Brad che lo fa con Valeria Golino.
Fancù ai saldi con la moda tirolese del 1982. Ci manca più solo di trovare i portachiavi coi ciucci, i body di non è la rai e i pantaloni con le staffe che mettevo in 5a elementare.
Fancù a due ore di supplenza in più domani.
Sono già supplente io. perchè ribadire il concetto facendomi diventare supplente alla seconda?
Shit= domani si ricomincia = non ho voglia penniente = la canzone era dirty dancing di parker lewis

lunedì, febbraio 12, 2007

Assiomi (?)

Ok Computer è stato e sempre sarà un album dalla bellezza disarmante.
Disarmante.
Se prima di metterti in ascolto avevi qualche arma di difesa contro un certo genere di considerazioni e pensieri, Ok Computer la polverizzerà dopo pochi istanti.
Ti apre gli occhi sul meraviglioso mondo di reazioni chimiche e connessioni magiche tra un evento insignificante e uno significante.
Discorsi che si avverano negli anni e quel generale senso di turbinio intorno al cranio, la sensazione di essere aperti di soli sessanta gradi su una realtà troppo ampia, che ne fa almeno 360. Devo fare benzina. Domani. Adesso su Let Down proprio non mi è possibile.
Naturalmente No Surprises la salto. La skippo con un rapido movimento di indice destro su lato del volante. Sarebbe da pazzi ascoltarla ora. Ho quattro ore di bambini da affrontare. Bambini che scrivono "riproduzione itica" invece di "produzione ittica" e mi chiedono "chi è stato il primo uomo a rubare?".
Sarò un po' in down? Eh.eh. Coff. Coff. Uhm.
Credo di sì. E anche se faccio di tutto per uscirne, finisce che poi scelgo consapevolmente di ascoltare Ok Computer che è sì un album dalla bellezza disarmante ma è anche una specie di bomba malinconica che ti esplode addosso.
Di certo non è qualcosa che ti lascia un sorriso stampato sulla faccia. Semmai storto. Semmai.
Rivoglio indietro i miei cinque anni.
Avevo le pantofole blu con l'elastico dietro. Correvo dappertutto.
Me ne fregavo di quello che sarebbe successo e quello forse era il migliore dei modi possibili di avere quell'età.
Adesso semplicemente avrei bisogno che qualcuno mi spiegasse come si fa.
Ad avere anni ventitrè e poi a marzo ad avere anni ventiquattro.
A leggere su un compito di grammatica che le facce bimbe che ti stanno di fronte sono nate nel 1994. E pensare che in fondo, è tutta colpa di Max Pezzali.
Che se Ok Computer è stato e sempre sarà l'album dalla bellezza disarmante che più ti corrisponde, la generazione di Max Pezzali avrà sicuramente qualche grana in meno.

through the carrefour

Il mio cervello è in stand-by e scrivo cose impubblicabili.
Fuori piove, i camion inzaccherano il mio parabrezza.
Mi sento incredibilmente fighetta alla guida della mia pluriel. I ragazzini della seconda continuano a chiedermi se in primavera la parcheggerò scoperchiata. Audrey de noartri.
Il fatto che conoscano già la mia targa a memoria mi convince a mantenere un profilo di suppl severa ma simpatica e giovane. Della serie se anche ti dò insufficiente è per il tuo bene e te lo farò presto recuperare orsù dunque non rigare la mia macchina fanciullo.
Dalla busta sbatticd (nel senso che tutti i cd che trovo in giro per casa vengono sbattuti lì dentro senza nessun ordine) riesumo una traccia degli Spandau Ballet. Per un attimo mi sento la protagonista di un telefilm anni ottanta che guida verso casa nella pioggia e forse alla prossima frazione persa nella nebbia verrà sorpassata da un Iveco guidato da Starsky e Hutch.
In lontananza vedo lampeggiare le prime luci del Carrefour e dell' Euronics.

He tought me what to say in school
I learned off by heart
But now thats torn in two
And now I know what theyre saying
In the music of the parade
We made our love on wasteland
And through the barricades
che poi il senso di 'sto testo mica l'ho capito mai

lunedì, febbraio 05, 2007

Micah P Hinson and The Opera Circuit

Ovvero come scivolare via peggio di una goccia di nebbia sulla carrozzeria della macchina alle sette (scarse) del mattino.
Perchè quando di un album non butteresti via nemmeno una canzone ma ti ci butteresti dentro. Perchè quando hai l'impressione che lui fosse lì e sapesse che cosa hai provato in quel momento e in quell'altro e abbia coscientemente deciso di scrivere una canzone in proposito.
Perchè forse ci sono cose che stanno davanti agli occhi di tutti ma che solo qualcuno riesce a catturare davvero con lo sguardo e con il cuore.

seems almost impossible