domenica, aprile 30, 2006

Teorema

Il Teorema delle Partenze.
Data una certa partenza X verso una destinazione Y e una certa persona Z in partenza per Y elencare il corretto cerimoniale di commiato risultante da essa.

TESI (a,b,c)
- stilare una delirante lista di ciò che occorre a Z; suddividerla in categorie discutibili come “Cucina” “Tecnologia e Fuffa Varia”, “Utilità”.
- procurarsi scatoloni atti all’inscatolamento di oggetti e di se stessi in una cerimonia di lucida follia. Elemosinarli da parenti e amici e pure raccattarli per strada all’occorrenza.
- disporre gli oggetti nelle apposite scatole dapprima secondo un’impeccabile logica che coniughi sagacemente spazio e praticità d’estrazione; in seguito ammassarli in preda al più informe dei disordini costringendo alla resa le straripanti confezioni con abbondante utilizzo di nastro adesivo;

RISOLUZIONE (a /\ b /\ c)
- diramare la notizia della propria partenza, anche a coloro cui non potrebbe fregar di meno. Organizzare incontri, the, caffè, cene, passeggiate, e applicarsi nel dedicare a ciascuno la propria attenzione. Accorgersi di non esserne in grado. Innervosirsi
- provare malinconia per la propria stanza, perdere tempo del tentativo di creare La Perfetta Tracklist Di Commiato (litigare con Jane Birkin, preferirle Ornella Vanoni) , sviluppare sindromi ossessivo-compulsive alla ricerca della Perfetta Lettura Di Commiato (rimpiangere di avere già letto Il Gioco del mondo)
- crogiolarsi in malinconici pensieri e brillanti speranze, alternare euforia a disillusione, energia a tremendi sonni comatosi sul divano dopo pranzo;

RISULTANTE (a+b+c)
-partire martedì mattina presto, navigare in un costante stato confusionale, ascoltare Laura Veirs a manetta, fumare troppo, dormire poco, aspettare di scrivere un post al di là dei monti.


*La figura a lato è del tutto fittizia ma atta solamente a conferire un aspetto di veridicità
geometrica alle affermazioni di seguito

domenica, aprile 23, 2006

*philosopher



Mi and L’Au pubblicano il loro album omonimo nell’ottobre 2005.
Ma allora per me non è il momento giusto e me ne perdo l’uscita, così come a volte si perdono eventi e cambiamenti intorno a noi, per semplice noncuranza oppure, appunto, perché il momento non è quello giusto. Allo stesso modo accade che questa strampalata coppia di amanti-autori la cui pubblicazione mi era passata attraverso come una folata di vento ritorni oggi a farsi ascoltare nelle mie cuffie. E allora è l’Incontro finalmente, perché adesso sono pronta a rimanere ipnotizzata dall’alchimia di suoni e voci che sembrano ricami di ghiaccio sui vetri dopo una notte di neve profonda e silenziosa. Sembra poco casuale che i due fiancés abbiano composto il loro lavoro rinchiusi in una baita finlandese mentre fuori imperversavano le prime avvisaglie dell’inverno; scelta che li ha condotti lungo un delizioso sentiero naif, di romanticismo hand-made, di fragilità profondissime e lunghi sospiri tra un silenzio e l’altro.
Così riesce sempre più semplice capire come, nell’ottobre 2005, un ascolto distratto di una traccia di Mi and l’Au non avesse sortito nessun effetto sulla sottoscritta; era un periodo alla Flaming Lips, era uno stato mentale all’estremo opposto rispetto alla malinconia leggera di ragnatele melodiose come Older, How, They Marry.
Mentre oggi, alla vigilia della mia partenza, a una settimana appena dalla fatidica transumanza della sottoscritta al di là delle montagne, questo disco è Il Disco Del Momento. Perché da ottobre 2005 le cose sono cambiate e se allora avevo bisogno di alimentare una certa ribellione interiore, quello di oggi è desiderio di assecondare il delicato moto dei miei spiriti interiori impegnati in una lenta oscillazione tra la curiosità del nuovo e la malinconia per il vecchio.
Ascoltare Mi and l’Au è ascoltare alcune piccole cose di se stessi, accomiatarsi con dolcezza da quella parte di sé che resterà qui e vedrà arrivare l’estate, e le zanzare e il caldo appiccicoso, i motorini, gli aerei che ronzano, l’odore di cloro e di crema solare.
Così accade sei mesi dopo che una canzone come Philosopher sia la migliore cosa che potesse impigliarsi nelle tue orecchie. Perché è bello, prima di partire e incontrare un mondo diverso, chiudersi in una baita finlandese all’inizio dell’inverno ed abbandonarsi al proprio respiro dando fiato unicamente al cuore.

mercoledì, aprile 19, 2006

Stasera sono un po' malinconica.
Capita a volte, spesso quando non si ha sonno per niente e si cerca una scusa buona per restare svegli, un libro, un film, un cd, qualcuno con cui scambiare due parole su messenger. Mi piacerebbe potermi infilare in una provetta e farmi analizzare da un laboratorio per capire cosa mi fa sentire la maggior parte delle volte sintonizzata su un'altra frequenza. Problema a cui ho imparato ad ovviare attraverso una complicata cerimonia di distacco a comando che mi permette di allontanarmi da persone e discorsi quando mi accorgo che la frequenza non è quella giusta, che quelle onde finirebbero per ferirmi o infastidirmi. Finisce che chiudo i miei veri occhi e lascio aperte due palpebre vuote, da rettile quasi, che stanno lì e si contraggono dando l'impressione di un'attenzione vera. E da qui nasce la mia malinconia credo. Perchè finisce che faccio dei paragoni tra quello che ero e quello che sono e mi ritrovo più cinica e io non voglio che crescere significhi per me una progressiva perdita di fiducia e speranza. Boh. Magari mi ci vorrebbe più capacità di adattamento a frequenze dissimili, magari mi ci vorrebbe di conoscere ancora qualcuno in grado di dimostrarmi il contrario.
Ha tuonato qui, adesso, credo una di quelle grandi nuvole che oggi non sapeva bene dove andare.
Il primo temporale della primavera.

lunedì, aprile 17, 2006

*another sunny day

Un giorno che dura quattro giorni.
Doveva piovere invece è stata una piacevole giornata di nuvole e sole pallido.
Sono stata tranquilla, senza bisogno di nient'altro, di nessun'altro, come quella poesia di Neruda che chiede di lasciarlo essere felice anche se non è successo niente di particolare.
Finite le vacanze, da domani ricomincia la predisposizione alla partenza, le croci di fianco alla lista delle cose da fare e da comprare. Magari sono un po' stronza ma fosse per me andrei via senza dirlo praticamente a nessuno, dal momento che reputo quel lasso di tempo troppo breve per potersi accorgere della mia assenza. Eh sì. Ci penso spesso a quanto mi mancheranno certe persone e quante invece diventeranno finalmente pensabili solo in virtù di una certa distanza. Sarà ancora il vino in circolo credo, ammazzammo una Falanghina del Sannio oggi, che a sua volta ci uccise costringendoci a un pesante sonno alcolico. Mi viene da ridere, ecco perchè mi sveglio ancora leggermente ubriaca e mi ricordo che sono giovane e che ci sono cose da giovani che posso ancora fare, tipo godermi una pasquetta di totale relax e trasgredire quel tanto che basta a non rendermi troppo inquadrata. Rifuggo gli estremi sempre più. Di ogni tipo, di ogni genere, io proprio non sono nata per gli estremi. Adoro le vie di mezzo, il dialogo, il confronto, l'andare avanti e indietro come le onde del mare e soppesare sempre tutto. Che poi è proprio un grandissimo casino vivere con una propensione di questo genere. Però ecco, ne vale la pena alla fine.
Mi viene da ridere perchè volevo scrivere un post su altre cose e poi invece non ho resistito al fascino di tutto quello che stava in mezzo.

domenica, aprile 16, 2006



Giornata di primavera, la barbera che martella la testa, tum tum tum mentre discendo questa collina quasi di corsa, perchè lascio che siano i piedi a portarmi verso la macchina, perchè ho deciso che, dopo una mattinata che definire orribile ed emotivamente pesante sarebbe profondamente limitativo, avevo bisogno di spazi aperti, campi, risaie allagate e non, desiderio fisico di paesaggi e camminare e non pensare proprio a un tubo di niente. Così c'era questa fiera monferrina e fanculo ai sei euro di ingresso ci sono entrata e solo la vista dei bambini che facevano le bolle di sapone giganti valeva la cifra. Mangiare un panino al salame d'asino, distesa su un prato di erba proprio nuova, con il vino e i bicchieri di plastica e gli aerei che disegnano croci nel cielo colorato coi pastelli azzurri e blu. Era quello che mi ci voleva per andare oltre. Canticchiare a mezza voce Damien Rice sulla via del ritorno. E poi chiudermi a guscio sullo schermo di questo portatile nuovo che ancora devo in qualche modo addomesticare. Menomale che è primavera, davvero. Davvero.

sabato, aprile 15, 2006

pensieri franscesi

Ho trovato casa. Che poi più che una casa, è una stanza in una residènce étudiante dove c'è un mucchio di liceali francesi alle prese con cartoni di pizza e turni per usare la lavatrice e il forno microonde. Ecco, questa cosa del forno a microonde mi ha divertito parecchio: il pensiero che se scolo la pasta e qualcuno mi telefona, per scaldarla devo prendere l'ascensore e scendere di tre piani. La ricerca di un tetto sopra la testa è stata più dura del previsto. Nelle agences immobilières non affittavano niente per meno di dieci mesi, tutti a ripetermi che -Non, c'est ne pas possible mademoiselle-. Solo un brizzolato con gli occhi azzuri mi ha promesso che se mai avesse avuto un appartamento me l'avrebbe affittato anche solo per tre mesi. Ma era stato ingannato dal mio occhiale vintage e probabilmente dal mio francese di chi non parla francese da settembre. Con alcune amiche. Francesi. Di cui si parlava molto spesso di vino e barzellette volgari. Comunque, dopo un'intera giornata trascorsa a peregrinare per Chambéry, quando ormai stavo alla frutta e anche più in là telefono a un numero appeso nella bacheca di una residenza universitaria. La conversazione è parecchio divertente; il tizio ascolta le mie richieste e poi mi domanda cortesemente se mi è possibile recarmi lì in loco. Gli rispondo che sono proprio di fronte a lui oltre il vetro.
Credo proprio che questo soggiorno mi regalerà momenti memorabili.
Ci sarebbero altre cose da raccontare. La strana sensazione di trovarsi in un posto straniero e ascoltarsi parlare una lingua diversa e tradurre tutto ma proprio tutto quello che mi capita a tiro. Le casette di Chambéry che sembra un paesino delle fiabe, i posticini all'aperto su cui già sogno di accoccolarmi con i miei amati libri, l'aria pulita, le montagne viste dalla parte opposta rispetto a quella consueta. Ascoltare The Ringleader Of Tormentors nella sua infinità bellezza sonora mentre le luci del Fréjus scandiscono il ritmo dei battiti del cuore. Sentire questa partenza vicina, sentire che cambierà molte cose.
Sentire che un viaggio è tutto quello di cui avevo bisogno ora.

mercoledì, aprile 12, 2006

Post Pippa (Relativismo)

Magari.
Soffiare via quella patina sottile di nonsoche e malinconia forse o forse solo stanchezza.
O forse è solo che sto iniziando a pensare seriamente al mio salto nelle montagne francesi, a cosa significherà essere lì, sola, in un paesaggio diverso, con persone diverse e una lingua diversa.
Se sarà difficile ambientarmi o meno, se riuscirò a lasciare sempre uno spiraglio aperto o finirò per chiudermi a riccio. Sono tre mesi poi si torna e c'è il futuro, quello che è ancora nebuloso come non mai, altro che patina sottile, è una tenda spessa che non permette di sbirciare niente. Mi sento precaria.
Mi girano in testa tante cose.
Sto facendo l'inventario prima di chiudere baracca per un po'. Sistemo le cose sugli scaffali e ci metto un'etichetta sopra "felicità" "ideali" "fastidi" "scemenze". Cose così, mica enormi grattacapi filosofici.
Vorrei avere almeno una grande certezza assoluta. Non so se capite cosa intendo. Avere una specie di punto calcato più volte con la matita sul foglio, qualcosa che non si muove e non va da nessuna parte, resta sempre fermo dov'è, fa da bussola per il resto, assolutizza l'enorme mare del relativo tutto intorno. Una certezza su di me forse. Anche piccola.
Qualcosa tipo che gli asini non voleranno mai.
Che poi, a pensarci bene, potrebbe anche darsi se si attaccassero loro ali meccaniche e telecomandate e allora bisognerebbe risistemare tutto da capo: mettere quello che era su in alto, un pochino più in basso, spostare a destra, a sinistra, riorganizzare. No, no. La certezza assoluta che non richiede traslochi io voglio. Quella che ti bacia sulla fronte la sera prima di addormentarti e ti risveglia la mattina con un sorriso interiore.
Può darsi che io sia stufa del mio eccessivo relativismo.
Può anche darsi che avere saltato la cena mi inducesse quasi obbligatoriamente alla stesura di un tale pippone. Non me ne abbiate.

lunedì, aprile 10, 2006

elezioni (II)

Ed infine se ne è andata anche questa.
Cinque ore di scrutinio mi hanno restituito alla realtà quotidiana con un forte desiderio di doccia e un paio di occhiaie da fare invidia a Benicio del Toro.
Però guardiamo ai lati positivi, mica pochi a dire il vero.
Per prima cosa il vil denaro che m’arriverà proprio nel momento in cui ne avrò più bisogno, là, in terra di Francia, alle prese con una vita che ancora non riesco a immaginare totalmente.
Numero due, aver incontrato persone con cui chiacchierare e chiacchierarsi, di quei rapporti semplici che dopo due giorni vissuti insieme sin dalle prime ore del mattino le saluti con l’ombrello in mano dubitando fortemente di rivederle da qualche parte. Ci si è divertiti, si è stati bene. Un po’ quello che si dice per i colpi di fulmini esauriti con una luce forte e uno schiocco a terra.
Punto terzo: a casa con questa pioggia avrei finito per abbruttirmi davanti al computer e perseguire la mia ormai nefanda abitudine di dormire tutti i giorni dopo pranzo almeno un’ora. Quindi punto quarto: il mio metabolismo sembra essersi risvegliato dal letargo invernale e forse adesso sono davvero pronta per la primavera.
Punto quinto: la varia umanità, le piccole cose che ogni piccola esperienza può insegnarti se ci stai attento. Persone che sfilano una dopo l’altra, persone che fanno fatica ad arrivare a fine mese, persone che fanno fatica ad arrivare alla cabina senza barcollare, giovani con i piercing e il cappellino da baseball, giovani con la ventiquatt’ore di pelle, vecchi, ragazzini, down, mamme con i bambini in braccio, stranieri, signore con in braccio borsetta e marito.
Tanti occhi tutti uguali, tanti occhi in fila che compiono un gesto identico per tutti, per tutti ugualmente importante, per tutti ugualmente accessibile.
E a me questa cosa, ingenuamente, fa commuovere un pochino e ci sento un senso profondo di giustizia e penso che magari allora non è proprio tutto perso e sepolto.

elezioni

Elezioni.
C'è chi le vive da protagonista, sta in casa attorniato da consulenti, familiari, consiglieri politici, consiglieri d'immagine e sfoglia carte e consulta dati e chissà se sente un tremolio alla pancia o soltanto un enorme stress e si è pure dimenticato perchè cosa.
Poi c'è la gente che va a votare e che nel mio seggio è più vecchia che più vecchia non si può, ma detto in senso buono, ci sono adorabili nonni del '18 che dondolano sulle loro gambe e chissà cos'hanno visto, cos'hanno vissuto e cosa pensano dopo quello che hanno visto e vissuto. Hanno le pellicce infeltrite e quell'educazione proprio da altri tempi, salutano sempre prima di uscire, augurano buona giornata e buon lavoro.
Poi c'è chi come me sta lì a perdere ore a contare voti su voti e firmare centinaia di schede che neanche Ben Harper alla fine di un concerto live. E ogni tanto fa strano. Stare lì seduta, 14 ore di fila a vedere quella sfilata di gente, che poi è come vedere la Storia che cammina ed esserci proprio dentro nel momento in cui sta facendo un passo.
Si vedrà poi in che direzione.

mercoledì, aprile 05, 2006

Pluvia

Piove insomma.
Inizio poco a poco a diramare la notizia della partenza, poche e-mail, qualche telefonata, qualcuno che aspetto a chiamare per trovare le parole giuste.
C'è una piccola parte di me che ancora si sta abituando all'idea e una parte di me che stampa valanghe di indirizzi per trovare una qualche sorta di logement per i prossimi mesi.
Piove insomma. Io sto bene, sto in attesa, sto in punta di piedi e altre parole non ce ne sono tante così finisce che riempio tutto con la musica, molta musica fin dalla mattina presto:

Frida Hyvonen N.Y
Belle & Sebastian Dressed Up In You
Rosanne Cash The world unseen
Dinosaur Jr Seemed like the thing to do
Adem Spirals
Iron & Wine Cinders And Smoke
Rilo Kiley I never
Rocky Votolato Holding onto water
The Incredible Moses Leroy Fuzzy


che poi probabilmente dovrei linkare gli emmepitrè, ma non so come si fa, quindi finchè qualcuno non mi illumina godeteveli solo a livello di spunti sonori.
Piove insomma. E da quando ho comprato la webcam sono sempre vestita bene per metà, maglia elegante + pantaloni della tuta, camicia e golfino + pigiama.
Il demodé tra le quattro pareti di casa è terribilmente fashion. Oppure no.

lunedì, aprile 03, 2006

*transatlanticism

le cose più incredibili che accadono nel modo più semplice.
come se il destino avesse disegnato con forza negli ultimi mesi un'enorme freccia rossa che indica l'Uscita. da una città piccola, dai miei 22 anni di vita qui, da problemi che a forza di navigarci dentro diventa difficile risolvere con obiettività. tre mesi al Consolato Italiano, tre mesi di persone che parlano un'altra lingua, in una città piccola e francese che è un ricordo pallido e verde nella mia mente, di quando ci sono stata, sei sette otto anni fa. c'è una fontana con delle tartarughe gigantesche a Chambery. c'è la casa di Rousseau, una chiesa molto bella, ci sono le montagne. Non mi ricordo altro.
c'è la telefonata di oggi: dicono che mi hanno preso, che sono io, che è arrivato il momento della fuga. La Fuga. una cosa che aspetto da un tempo inquantificabile e che mi lascia talmente spiazzata. io dico sì e penso che ho meno di un mese per mettere via il necessario. mi viene voglia di fare un elenco di cose da fare prima di andare via, di persone da vedere, mostre, concerti, film, gite in ogni dove. (mica vado in america. mica vado via per sempre). mi viene anche un po' da piangere senza motivo a dire il vero, o forse solo perchè so che non ci sarà nessuno strappo futuro e che lo strappo vero è stato quello di oggi, la mia voce che diceva sì, quello era il vero strappo a quella tela intessuta con tanta pazienza sempre nella stessa direzione. mi vengono un po' gli occhi lucidi anche se non vado in america. anche se non vado via per sempre. penso che avrò una stanza nuova che non sarà la mia, da cui non si vedranno le stesse luci e le montagne che a quest'ora sono silhouette ritagliate col cartone all'orizzonte. le montagne che mi hanno sempre separato dal Resto. e ora ci vado verso il resto, ed è un vero transatlanticism per me. buttarmi in un oceano travolta da una giusta corrente che mi chiama col sorriso, con la sicurezza che quello che è importante davvero ormai l'ho capito da un pezzo.
è tutto strano adesso.

(*I need you so much closer..)

domenica, aprile 02, 2006

Potere (essereingradodi/averelapossibilità)

I am walking through Rome
With my heart on a string
Dear God, please help me
And I am so very tired
Of doing the right thing
Dear God, please help me

Una vita che è diventata costante contemplazione del mio ombelico e di poche altre piccole cose e di qualche meraviglioso sentimento; mi riesce difficile parlare e descrivere ciascuna di queste categorie per senso del pudore o semplicemente perchè sono ancora molto intenta a sistemare le carte del castello una sull'altra, senza alcuna intenzione di farle crollare al primo vento.
Posso dire che è ufficialmente primavera per via delle mie prime maniche corte dell'anno nuovo e delle solite lentiggini sulle guance; posso anche dire di essere molto innamorata e contemporaneamente di non essere ancora riuscita ad abituarmi all'idea di avere trovato esattamente Quello/e/Chi cercavo.
Posso ammettere di avere compreso bene la differenza tra l'Amicizia e l' amicizia (che è un tenersi per i mignoli mantenendo una distanza costante da dove si fanno i giochi veri, dal cuore);
posso confessare che Dear God Please Help me mi commuove parecchio e ogni volta che la ascolto cerco di immaginare Morrissey mentre cammina per le strade di Roma e pensa di scrivere questa canzone così bella da entrare subito in circolo e brillare nel sangue, toccare punti nevralgici; finalmente posso permettermi il lusso di tirare i remi in barca quando ne sento la necessità, starmene un po' per i fatti miei, distesa lunga su una zattera che non c'è a galleggiare in un mare di pensieri nuovi e vecchi.
...the heart feels free