martedì, maggio 29, 2007

La follia della donna

Non hai mai pensato a un tatuaggetto.

La tua amica sfoggia un tatuaggetto.

Corri, corri a farti un tatuaggetto

d'improvviso hai bisogno di

un tatuaggetto, un tatuaggetto, un tatuaggetto.

(Elio e le Storie Tese, La follia della donna)


Lunedì scorso era il penultimo giorno di mensa e io consumavo il mio pasto tranquilla, finalmente consapevole che ci sono cose cui si può porre rimedio, tipo cambiare una gomma alla macchina, ricaricare il cellulare, perdere qualche chilo e cose totalmente irrimediabili come le relazioni finite, gli anni felici della propria gioventù e l'impotenza di fronte al mitologico caos della mensa di smallville. E tra una pallina di mollica schivata e una forchetta sequestrata a qualcuno che ne stava facendo uso improprio (nello specifico una fionda con cui bersagliare i commensali con tonno e fagiolini) osservavo ruminante la folla multiforme e agitevole dei gremlins in piena attività.
I bimbi di prima sono quelli che l'apparenza inganna, piccoli piccoli urlano come scimme tropicali e parlano sempre tutti insieme per essere sicuri di non capirsi. Ecco perchè in mancanza di un dialogo costruttivo, opinioni contrastanti e idee opposte vengono risolte tramite coppini, pugni e docce di budino al cioccolato.
Le bimbe di prima sono, nel complesso, brave, si siedono vicine, mangiano educatamente, sono vestite monella vagabonda e si permettono al massimo una timida risatina con la mano davanti alla bocca. Sono quelle che ti chiedono il permesso di andare in bagno e che al ritorno ti annunciano che alcuni maschi di prima stanno giocando a sputarsi e ruttare.
I bimbi di seconda si dividono in bimbi di seconda ghermiti da ragazze di terza e bimbi di seconda dannatamente agitati e principali fautori delle lotte col pane e con le posate.
I bimbi di seconda non ghermiti hanno superato lo stadio della lotta corpo a corpo dei bimbi di prima e si cimentano nella costruzione di armi rudimentali con le materie prime a loro disposizione: plastica, platesse surgelate, pane. Sono quelli che tutti i lunedì vengono a chiedermi se è vero che li porterò a giocare al parchetto davanti alla scuola. E sono quelli che tutti i lunedì si sentono rispondere di no.
Le bimbe di seconda trascorrono il tempo della mensa a parlare di riccardoscamarcio3msc e tentano invano di ammaliare i loro coetanei con gridolini isterici. Ma essi sono troppo impegnati in strategie d'attacco e conflitti alimentari.
I ragazzi di terza si divertono a suggerire ai bimbi di prima e seconda improbabili modi di combattere la noia tra una portata e l'altra, come ad esempio deformare bottiglie di acqua minerale e provocarsi trauma cranici reciproci divertendosi un mondo.
E poi ci sono le ragazze di terza, quelle che meriterebbero un post a parte, quelle che il prof di artistica dice "almeno sappiamo che si cambiano le mutande tutti i giorni".
Tali fanciulle sfoggiano abbigliamente da raccordo anulare alle tre di notte, con slip in bella vista, pance trippose esibite con fierezza, magliette aderenti e atteggiamenti da ghetto superstar.
Ora, a modo loro sono anche simpatiche, io ci ho fatto supplenza un paio di volte e dopo un primo momento in cui minacciavamo di ricoprirmi di deodorante, le avevo alla cattedra a raccontarmi dei loro folli amori per i bimbi di seconda.
Ed è qui che scatta il tatuaggetto, l'ultima moda delle predatrici: scrivere con il pennarello indelebile il nome della propria preda sul braccio, nel migliore dei casi, o sulle proprie terga nel peggiore.
Così mentre sei lì che ti divori la tua scialba insalata di carote e tonno, al posto dell'edificante lettura di un quotidiano ti diletti con la scioccante scritta
"R. ti amo tanto, io e te 3msc, tvukdb, sei tropo figo" pittata da un fianco all'altro sull'epidermide , a pochi centimetri dalle ingombranti natiche di una ragazza di terza.
E ti viene l'irresistibile tentazione di alzarti in piedi con la penna rossa e andare a correggere l'ennesimo errore di ortografia.
Menomale che manca poco.

Grandi pulizie

Da giorni incombeva sulla classe seconda il fantasma delle grandi pulizie.
Fantasma poichè a me non ne era stata data comunicazione nè sul registro nè verbalmente. Eppure i ragazzi mi sfracellavano le palle con continue domande su quando e come sarebbero avvenute le pulizie della classe
"La prof X ha detto che dobbiamo farle entro lunedì e nelle sue ore".
Peccato che io la prof X la incontri ogni giorno e che, a parte riservarmi il solito sorriso del tipo
-buongiornomerdasecca- non abbia aggiunto altro. Infine decido di immolarmi alla causa e propongo ai ragazzi di rimandare l'opera di nettoyage a lunedì pomeriggio.
Tanto fa caldo e in molti lasciano la voglia di applicarsi culturalmente a casa nella pausa pranzo.
Ora, la mia esperienza di pulizie di aule scolastiche è nulla.
Per me dovrebbero demolirle e basta: le pareti della seconda sembrano sopravvissute a un sisma del 5° grado della scala Richter, i colori dominanti sono il bianco e il grigio, le veneziane rotte e una finestra è tenuta chiusa con il nastro adesivo.
Quindi fosse per me, proporrei una di quelle spettacolari detonazioni a catena che sbricioli ogni piano della scuola.
Le aule del futuro dovrebbero essere colorate, senza spigoli e con le pareti di gomma, così i bambini ci possono rimbalzare mentre si picchiano selvaggiamente durante le ore di lezione.
I ragazzi affermano che la prof X ha dato ordine di rimuovere le scritte da pareti e banchi e di staccare le gomme da masticare là ove se ne trovino.
Poichè il mio buonsenso mi sconsiglia di fornire alla ciurma di dodicenni bottigliette di acido potenzialmente corrosivo, suggerisco loro di portare da casa della semplicissima carta vetrata con cui, al massimo, possono farsi un po' di peeling.
I gremlins si mettono al lavoro con entusiasmo. Passano con la carta vetrata il listello di legno che corre contro la parete e rimuovono scritte e bianchetto. Il lavoro è egregio, finalmente ci liberiamo delle scritte "Giorgia Orgia" e "Milan Super Merda": il legno appare leggermente sbiadito ma tant'è devo riconoscere la loro abilità di falegnami.
Proprio in quel momento irrompe in classe la bidella M. , simpatica come un fermacarte accidentalmente conficcato in uno stinco, e inizia a sbraitare contro i ragazzi perchè hanno rovinato il legno dell'aula.
Da brava suppl mi assumo ogni responsabilità e propongo di ridipingere il suddetto schifoso compensato con del lucido o con della vernice.
"Eh sì, adesso anche la vernice vuoi mettere figuriamoci!".
Giuro che la tentazione di tirarle un calcio in culo è fortissima, così come quella di correggere i circa cento congiuntivi sbagliati che pronuncia nella predica successiva in cui annuncia che mi fornirà lei un liquido adatto alle pulizie, prima che la sciaguarata giovane supplente prenda altre disastrose iniziative.
Ascolto in silenzio, canticchiando nella mia testa "Love will keep us together".
Quando la bidella termina la sua arringa continuo a interrogare i recuperandi, mentre la ciurma gremlins utilizza generosamente il prodotto specifico fornito dalla gentile signora M. con le apposite spugnette. Dopo pochi minuti qualcuno esclama:
"Prof, ma con 'sta roba cola via tutto!"
Con orrore osservo che lo speciale spray ha sbiadito l'intonaco delle pareti ed è gocciolato sul listello di legno facendolo diventare bianco a mò di pollock posticcio.
Il risultato è una gara di vomito parietale.
Il liquido ha corroso tutto, intonaco, maglie dei pulenti, banchi, pavimento, libri e quaderni.
Sembra impossibile ma la classe fa più schifo di prima.
Ecco quindi perchè nelle note del registro appunto con una certa qual soddisfazione che
"La classe ha effettuato le pulizie richieste utilizzando i prodotti specifici forniti dal personale ausiliario"

Tiè, ciapa lì e porta a cà.

lunedì, maggio 28, 2007

Armageddon




In questi ultimi apocalittici giorni di scuola accade di tutto.
Guardando laconica il parco del lunedì mattina, vedo piovere non solo gocce d'acqua ma anche righelli, astucci e gomme da masticare.
La fine della scuola è un po' la fine del mondo, le poche regole che eri riuscita a imporre si sbriciolano come stuzzicadenti sotto la zampata gozzillesca delle vacanze alle porte.
Tanto per fare un esempio, stamattina, nella classe di Prince, tenere a bada il cugino di Satana era come cercare di ammaestrare una tigre della malesia digiuna da giorni.
L'alunno N. correva come una pallina impazzita da un lato all'altro dell'aula rovesciando al suo passaggio astucci, banchi, zaini e righelli e cercando di segare un braccio a un compagno con una riga da disegno.
A nulla sono valsi i miei richiami: è a fine della scuola, le note non servono più, difatti N. mi ha risposto "Scriva pure che non me ne frega niente, anche sul registro eh". Purtroppo però la sua furia incontenibile mi impediva di dettare quelle poche e scialbe nozioni sugli stati europei al resto della classe, di per sè già in assetto sommossa.
Così infine, in barba a qualsiasi convenzione di Ginevra, mi sono avvicinata al suo zaino e ho requisito l'unica cosa a cui N. tenga veramente, ancora più che a sua madre: la sciarpa del Milan.
Tale sciarpa era già sfuggita a un sequestro la scorsa lezione, quando N. stava cercando di strozzarci il vicino di banco interista. I suoi occhi tradiscono finalmente un punto debole.
"Quella è la mia sciarpa, lei non si deve permettere!"
Per tutta risposta mi infilo la suddetta sciarpa milanista sotto un'ascella.
"Poichè tu ti permetti di fare qualunque cosa durante le mie lezioni, credo di poter fare anch'io un piccolo strappo alla regola del rispetto. Che dici?"
Dopo cinque mesi di lezioni insieme per la prima volta N. è senza parole.

(Anche se domani sono quasi sicura che mi farà un culo così)

sabato, maggio 19, 2007

rimembranze



...rimembri ancor
quel tempo della tua vita mortale
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?




La scuola va terminando, i giorni si fanno più dolci, i gremlins più agitati, e i primi ricordi di questi cinque mesi di follia iniziano ad affollarsi nella mente.

Come la gita ad esempio, di cui non ho mai detto qui, perchè ci sono esperienze che hanno bisogno di meditazione, elaborazione e superamente.


LA GITA



Il ritrovo per la gita è una calda mattina di aprile verso le ore 7.30.
Alcuni alunni per l'eccitazione devono aver trascorso la notte nel parco antistante la scuola, difatti, al mio arrivo, bivaccano in parte sul castello di legno, in parte sdraiati su alcune panchine.
Dopo aver ammonito i presenti che chi ha intenzione di cimentarsi in cori da stadio sul pullman prima delle 9.30 prenderà una nota sul registro perchè mi sono svegliata alle 5.30, mi attacco alla macchinetta del caffè e bevo un numero indefinibile di espressi, che mi consenta di tenere sollevate le palpebre di almeno 15 gradi .

I gremlins fin da subito si dimostrano più adorabili del solito, offrendomi tic tac ai nuovi gusti mango e frutto della passione e facendomi ascoltare qualche canzone truzza dal lettore mp3.
I tentativi di immortalarmi in qualche atteggiamento buffo e scomposto da prof assonnata si sprecano, a causa degli infidi telefonini. Mi sento un po' Nina Moric e decido di giocarmi la carta del non ho nulla da nascondere, prestandomi volontariamente a qualche scatto, consapevole che presto finirò deformata da abili smanettatori di photoshop. Si parte.


Ci sono quasi tutti: Bombo, il bambino paffutello che cerca di attirare l'attenzione degli altri estraendo dallo zaino oggetti esotici come un lettore dvd portatile (e pensare quando in gita ci andavo io con il walkman scalcagnato e le pile scariche), Mogwli (stranamente sedato dalla visione di Madagascar sul lettore di Bombo), le ragazze dal cerchietto glitterato truccate come signore della notte (che dopo quindici minuti stanno già scrivendo forsennatamente messaggini sul cellulare a quelli seduti dietro), i ragazzi a delinquere (simpatici mascalzoni che vanno a occupare l'ultima fila e si defibrillano a vicenda con pugni sui genitali), l'altra classe (cioè quella di cui io conosco bene solo i due individui cui faccio alternativa alla religione, ovvero l'Emorroissa e Cosmico, il bambino che ride sempre perchè trova le parole divertenti e spesso mi confessa di immaginarsi cose buffe, tipo un professore che entra vestito da peluche e banchi al gusto di caramelle gommose), le colleghe titolate, la collega con cui invece posso parlare liberamente perchè anche lei membro del P.A.R.I.A. (Precarie Assolutamente Reiette Inevitabilmente Antipatiche) e Marilyn Manson, il prof di religione, colui che non smetterà per un solo secondo della gita di urlare le peggio parolacce mai sentite ai ragazzi, dispensando generosi calci in culo a destra e a manca, come neanche in una rissa tra hooligans.
Imbocchiamo l'autostrada e mi stupisco della genuina correttezza dei gremlins: nessun coro, qualcuno ogni tanto si erge dal suo sedile per chiamare un compagno e dirgli una battuta, assiduo ascolto di lettori mp3 e scambio di video per il cellulare.
Marilyn però pare nella sua giornata peggiore e si impadronisce del microfono del pullman per minacciare gli astanti con un poderoso "Zitti, brutti co*****i!" che mi spazza dalla prima fila al vetro dell'ultima.
Naturalmente essendo membro del P.A.R.I.A. non posso fare altro che fingere indifferenza, a quello, e ai numerosi improperi che verranno dopo.
Forse è solo che la mattina lo mette di cattivo umore. Forse più tardi si tranquillizzerà. Forse.

Arriviamo nella ridente cittadina di M. con estrema puntualità.
Appena scesi dal pullman i gremlins vorrebbero espletare le loro funzioni fisiologiche di base: bere, fare pipì, mangiare i crackers olive e capperi.
Fortuna vuole che siamo stati parcheggiati davanti a un gigantesco Spizzico.
Quando già qualche bambino sta per varcare la porta del santuario dei suoi desideri del momento, Marilyn urla di proseguire, perchè ci sarà tempo per pisciare in seguito.
Sembra di stare sul set di Full Metal Jacket. Vabbè.

Chiudo la fila con la mia collega precaria, entrambe consce del fatto che sarà una lunga giornata. Arrivati di fronte al duomo della città, Marilyn inizia una pallosissima spiegazione storica su rituali ecclesiastici dei secoli passati e futuri.
La scolaresca è stata naturalmente piazzata col sole negli occhi, e i pochi martiri che decidono di seguire le elucubrazioni storiche perdono la vista dopo pochi secondi.
La stragrande maggioranza dei gremlins invece si dimena in preda a fortissimi stimoli di minzione. Iniziamo a temere il peggio: qualcuno potrebbe calarsi i pantaloni e rilasciare i sui acidi ureici sui preziosi sanpietrini del piazzale radical-chic.
Sotto i fiammeggiamenti occhi di Marilyn io e la collega raccogliamo i gremlins a rischio, circa una trentina, e ci avviamo alla ricerca di un bar che non sia quello del piazzale radical-chic con il caffè a 4 euro e 80 e i divani di pelle bianca. Il cameriere, elegantissimo, con i bottoni della livrea scintillanti sotto il sole di mezzogiorno, ci guardava schifato di lontano.
Quando tutto sembra perduto, troviamo un piccolissimo bar che viene immediatamente intasato dai ragazzini. Bevo altri quattro o cinque caffè per ammortizzare i sensi di colpa. Mi verrà un infarto. In tal caso magari mi dedicheranno una targhetta sulla porta del bagno.
Fermo due ragazzini nell'atto di comprare mentos e cocacola con cui provocare geyser indesiderati e facciamo ritorno al Duomo.

Ciò che accade lì dentro è affare del Signore, quindi non vi narrerò delle prodezze dei gremlins arrampicati a postriboli, altari, inginocchiatoi, icone, statue, vecchie oranti, nè vi narrerò dei loro tentativi di sfondare le coperture di vetro-plastica dell'antico pavimento della basilica, e nemmeno dell'epico "Zitti mer**!" pronunciato da Marilyn in piedi sull'altare.

La successiva tappa è un minuscolo e grigissimo museo contenente lanterne dorate a forma di uccellino (che scatenano l'ilarità dei più) e orribili arazzi parietali. Ecco io so che non dovrei dirlo, ma proprio non riesco a capire come una cosa del genere possa interessare dei ragazzini di seconda media. Proseguiamo con una lunga marcia di circa due ore sotto il sole rovente di un meraviglioso parco, pieno di angolo ellenici e bucolici, con maestosi cigni, erba color pastello, ombrose piante secolari da cui ci teniamo ben distanziati.
Il luogo scelto da Marilyn per il pranzo è posto ai margini del parco, là dove le acque dei laghetti artificiali si fermano formando una serie di puzzolenti paludi acquitrinose, con cigni fangosi e aggressivi che abbaiano famelici schioccando le fauci.

E' la mia prima gita dalla parte dei prof, e posso sedermi con loro, anche se più tardo rimpiangerò amaramente questo privilegio. L'argomento principale del nostro convivio difatti è la stupidità dei gremlins, il loro essere totalmente privi di una qualunque buona qualità, cosa che del resto non stupisce dato le famiglie da cui provengono: si sprecano i commenti pesanti su genitori, madri di dubbia reputazione, padri operai, famiglie di ignoranti ecc ecc.
Fatico a digerire il mio panino speck e brie, la voglia di conficcare le posate nel braccio dei miei commensali sarebbe tanta. La realtà è che non si può. La realtà è che non capisco perchè persone che hanno un tale odio nei confronti di ragazzetti di dodici anni abbiano scelto liberamente di averci a che fare. Certo che i gremlins frantumano la uallera. Certo che spaccano i maroni. Ma io ai miei bambini voglio bene, anche a quelli che si lanciano l'astuccio mentre cerco di spiegare qualcosa su federico barbarossa. Sono bambini che diamine, non hanno ancora superato l'età in cui una persona diventa stronza per sua consapevole scelta personale. Come invece deve essere accaduto ai titolati lì presenti.


Dopo il pranzo ci dirigiamo ad assistere alle prove di un campionato di auto da corsa. Fa caldo, gli spalti sono roventi, le auto sfrecciano monotone una dopo l'altra. Al terzo passaggio una delegazione di gremlins mi si avvicina per domandarmi se c'è la possibilità di andare a giocare a calcio nel parcheggio del pullman. "Prof, qui è una palla, abbiamo buttato via i soldi".
Quanto vorrei dar loro il permesso. Marilyn è furente e raduna i ragazzini a calci e pugni.
Risaliamo sul pullman dopo soli venti minuti. Il ritorno è surreale.

I ragazzini vociano tranquilli, le colleghe guardano me e l'altra P.A.R.I.A. in cagnesco, perchè non abbiamo più proferito parola dopo il piacevole pranzo insieme. La sosta in autogrill dura quaranta minuti. "Così i ragazzini possono comprare un ricordino" commenta Marilyn.
Dopo dieci minuti i gremlins sono già tutti fuori a farsi gavettoni di gatorade all'arancia carota e limone mentre i professori stanno terminando gli acquisti di prosciutti di parma e baci di alassio.

Le risaie scintillano verdi e azzurre. Qualche gremlins dorme, qualcuno osserva il paesaggio fuori dal finestrino e saluta con la mano camion e pullman. "Smettetela di saluta brutte teste di c***o!".

Io sono seduta con lo stomaco sottosopra e la rabbia di non poter dire niente.

Di non poter prendere da parte il professor Marilyn e chiedergli se si rende conto di quanto male fa a questi ragazzi dando loro un esempio sbagliato, quello del rispetto guadagnato con le botte e con gli urlacci.
Scendendo dal pullman richiamo un paio di ragazzini che si stanno lanciando gli zaini. Questi poi si avvicinano e mi chiedono "Prof, ma perchè non fa anche lei come il prof Marilyn e quando facciamo casino ci mena?".

"Perchè io ho stile ragazzi".


E se anche non avrò mai un contratto a tempo determinato, almeno la mia dignità di persona adulta non me la leva nessuno.

sabato, maggio 12, 2007

Se nessuno parla di cose meravigliose...

...ve ne racconto una io.
Compito assegnato ai gremlins di seconda: scrivere una lettera di tono informale e una di formale.
Nel primo caso le donne scrivono a loro stesse o all'idolo biondo del telefilm del cuore
"Cara F., ieri sera hai visto il film con il nostro idolo C? Ma quanto era figo? Tantissimo, vero? Domani andiamo a ginnastica artistica insieme? Ti piace ancora S. o hai deciso che ti metti con M? Hai già fatto i compiti di italiano? Io ora vado, ricordati che TVUKDB"
gli ometti invece si lanciano in pizzini alla provenzano tipo
"Ciao Gringo, ti aspetto domenica al pontile per quella certa questione che sai. Porta la roba ma tienila nello zaino, poi ne parliamo. Ricordati di avvisare il Palo e i Cinesi".

Ma la chicca è lì nascosta nel mazzo di compiti e mi strappa l'unica e più sincera risata del venerdì mattina.
Esempio lettera formale dell'alunno A. altresì detto Houdini (sentirete parecchio parlare di lui d'ora innanzi)

Ditta Sanbitter
Via Smallville n°7
Smallville
Spett.le ditta Sanbitter,

vi scrivo per informarvi che nell'ultima bottiglia di Sanbitter da due litri ho trovato tre scarafaggi morti.
Vorrei le vostre scuse e il rimborso dei miei soldi.

Cordiali saluti.

Alunno A.

Inutile dire che l'alunno ha ricevuto una valutazione positiva con nota a margine
"Disgustosa ma splendida".

lunedì, maggio 07, 2007

Blade Runner (è tempo di mensa)


Se solo tu potessi vedere quello che ho visto io con questi tuoi occhi! (Roy)

Blade Runner, 1982, di Ridley Scott


Ovvero a frequentare la mensa del piccolo Istituto di Smallville uno inizia a credere che cose come le colonie extramondo siano possibili e in alcuni casi fortemente auspicabili.
La mensa è un salone piccolo e stretto dalla capienza massima di quaranta persone. Il soffitto, di un paio di metri appena, rappresenta la soluzione architettonica ideale per un popolo di puffi o di lillipuziani ma diventa totalmente inadatto a ospitare ragazzoni di terza media alti come un armadio a tre ante o, più in generale, circa cento bambini ipercinetici, vocianti e affamati.


I gremlins arrivano in mensa correndo giù per le scale, un po' come si fa in quei programmi giapponesi alla mai dire banzai, o ai tempi di ok è il prezzo è giusto di iva zanicchi quando partiva la sigla del "gioca con noi, l'alunno S. da Smallville!". Il mio compito sarebbe quello di smistarli sei per volta indirizzandoli a tavoli diversi ma l'impresa si rivela impossibile dal momento che tutti vogliono tenere il posto a qualcuno di un'altra classe possibilmente nel tavolo più lontano da quello dei prof. In mensa accadono cose che voi umani non potreste immaginare: i bambini, dopo essersi avventati sulle tavolate come cavallette d'Egitto, danno subito il via a un festival pirotecnico di formaggio grattuggiato, molliche di panne e bucce di mandarino. Al momento della distribuzione del primo e del secondo sciamano verso le cuoche, assediandole minacciose con più piatti di plastica per mano, specie quando c'è la pizza. Il cibo non viene masticato nè tagliato con forchetta e coltello. Lo si ingoia per intero per poter trascorrere il resto del tempo dedicandosi a più amene attività. In soli quattro mesi di mensa ho visto parrucche di spaghetti al ragù, fitte piogge di fagiolini e legumi vari, naumachie da tavolo a tavolo, duelli all'ultimo sangue con le posate di plastica, croccanti tappeti di briciole di pane e piatti sminuzzati da abili manine distruttrici.


I gremlins,con la capacità polmonare di pavarotti, placido (e certe volte anche domingo) danno sfoggio della loro estensione vocale con cori da stadio tra i più svariati e pittoreschi: c'è il sempreverde "M. culo e culo chi non lo dice" e il gettonatissimo "Se veniamo di lì se veniamo di lì" e il resto lo conoscete tutti. Altro che pay-t: alla mensa di smallville si possono vivere, minuto per minuto, le emozioni da curva sud di un derby tipo roma-lazio. O anche di una rivolta delle carceri, dove però i bicchieri anzichè fatti tintinnare contro le sbarre, vengono accartocciate sulla testa dei compagni di pranzo.


Le prime volte è stata dura, devo ammetterlo. Discendendo le scale mi sembrava di lasciare alle spalle un mondo moderno, civilizzato e razionale in cui un urlaccio o la minaccia di una nota sul diario avevano ancora il loro porco potere. Laggiù invece tutto era lecito e legittimo: infilarsi fagiolini nelle orecchie per attirare l'attenzione dei commensali, fare il gioco della bottiglia senza aver controllato che il tappo fosse chiuso, guerreggiare con i mandarini che manco il carnevale di ivrea, palleggiare le arance sulle spalle come una foca di acqualand, invitarmi a ballare per farsi perdonare di aver spalmato il compagno di robiola osella come fosse una bruschetta.


"Prof, così è più gustoso"


Dopo tutte queste mense del lunedì, seduta al mio tavolo dei professori, zitti, incarogniti e intenti a seguire bizzarre diete, osservo ancora tutto questo con stupore e disincanto, tutti questi bambini iperattivi e ipereccitati che accorrono a me lamentandosi di compagni che hanno loro sputato nel piatto, leccato la fetta di pizza o rovesciato un finocchio nel bicchiere d'acqua; e penso che in fondo...


...tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia...


È tempo di mensa.


giovedì, maggio 03, 2007

Titanic (almeno mandateci DiCaprio)

La III^C ha la stessa fama del Barbablù della fiaba.
Trovarsi in III^C alla quarta ora è molto peggio della selva oscura e della pancia del lupo di Cappuccetto Rosso.
Armata del mio zainetto sbarazzino e ricolmo di libri raggiungo l'aula durante l'intervallo e vengo a conoscenza del quarto segreto di Fatima: all'ultimo piano nessuno fa assistenza o meglio nessuno che dovrebbe fare assistenza si manifesta in quindici minuti di ricreazione (o meglio distruzione) dove vedo volare portaombrelli, ombrelli, scarpe, zaini, calci e pugni, sotto lo sguardo attonito di una bidella piccina picciò che nulla può in siffatto delirio.
Al suono della campana i ragazzi entrano alla spicciolata.
A onor di cronaca c'era già stata tra noi un'ora di supplenza di amore e accordo.
I ragazzi per queste cose poi hanno una memoria incredibile.
Se la prima impressione che fai loro è pessima (cosa oltre che umana, molto probabile) non sarà facile poi conquistare rispetto e attenzione. Non è come ad un colloquio di lavoro. Non hai a disposizione quindici minuti per raccontare te stessa, i tuoi sogni, le tue aspirazioni. O piaci o non piaci. Punto. Ma per una volta la giovane età potrebbe essere un'arma vincente.
La prof titolata mi ha chiesto di fare una lezione introduttiva sull'Africa, aggiungendo che altrimenti "non si riesce proprio a tenerli quelli lì".
Io dal canto mio preferirei una simpatica compilazione del registro, ma una promessa è una promessa, per cui pattuisco coi ragazzi di fare mezz'ora di lezione e mezz'ora di cazzeggio controllato e rispettoso.
Partiamo con un brainstorming alla lavagna sull'Africa e tra una battuta e l'altra si scopre che i gremlins sanno già un sacco di cose: Kilimangiaro, Nilo, Congo, Niger, posizione geografica, una ragazza addirittura parla di materie prime.
Naturalmente in classe non c'è silenzio e tutti rispondono contemporaneamente parlando uno sopra l'altro. Però rispondono, mi ascoltano e questo è già qualcosa.
L'alunno Y., colui che nelle ore di alternativa alla religione mi impartisce lezioni di cucina araba, indossa in classe il costume da nuoto sopra i jeans con tanto di cuffia e occhialini.
Gli propongo di restare vestito così fino alle 13.05 quando sfilerà davanti alla scuola in mia eccezionale compagnia.
"Ti accompagno fino al portone...in fondo il blu ti dona, è un peccato che siamo solo noi a godere della tua scultorea presenza".
Uno a zero per me.
Lo schiaffo all'orgoglio funziona e Y. ritorna in abiti civili.
Proprio in quel momento fa il suo ingresso in classe l'alunno Scarface, quello che ancor prima di iniziare il mio secondo giorno di scuola sapevo già tutto su di lui, le sue malefatte, le sue turbe comportamentali, il suo eloquio molto poco chic.
L'altra volta l'avevo tenuto impegnato con la storia delle barchette.
Ma stavolta stiamo facendo lezione; lo metto seduto di fianco a me alla cattedra e lo vado a recuperare bonariamente ogni volta che si alza per una spedizione punitiva nei confronti di qualche compagno reo di averlo guardato troppo a lungo o in maniera a lui poco consona.
La lezione prosegue.
Una volontaria va alla lavagna a copiare una schema sul continente africano, mentre per intrigare gli astanti racconto la trama di Blood Diamonds e, al solito, mi dilungo su particolari splatter.
Dopo mezz'ora Scarface ha scritto solo il titolo ma in compenso si è affacciato almeno dieci volte alla finestra in vani tentativi di sputazzare di sotto, da me sempre sventati all'ultimo.
Non demordo, lo riporto al foglio intonso e continuo a sussurrargli che sicuramente può fare meglio di così.
Scarface all'anagrafe si chiama M. ma qui sono tutti abituati a chiamarlo per cognome.
E' il ragazzo che in classe non vorresti avere mai, perchè rompe oltre misura, perchè è violento e fuori controllo, perchè da un momento all'altro può correre fuori dall'aula e tornare alla fine dell'ora con lo scalpo di un paio di bidelle.
M. ha perso la sua identità di ragazzino di terza media ed è diventato a tutti gli effetti lo scassamaroni delinquente col destino già segnato, e magari se l'è voluta lui, o magari a casa sua qualcuno avrebbe dovuto mollargli uno schiaffo quando era ora o semplicemente parlargli , seguirlo, dargli attenzione.
La cosa che mi ha colpito di lui la prima volta è la stessa che mi colpisce oggi: M. si alza in continuazione, vero, ma se lo richiamo a posto ci torna, taglia le ore di lezione, ma viene a scuola comunque, apostrofa in malo modo tutti i compagni, ma vorrebbe disperatamente essere uno di loro.
M. non mi guarda mai negli occhi quando gli parlo, gli ripeto per un'ora intera (ormai i compagni hanno finito e stanno giocando a carte) che deve scrivere lo schema. E' quasi timido.
E io in tutto questo ci vedrei una nanoparticella di speranza: ecco, magari non diventerà mai premio Nobel per la scienza, ma per evitare che finisca a delinquere davvero, qualcosa di potrebbe, forse, ancora fare. Forse con i ragazzini l'accanimento terapeutico sarebbe sempre la soluzione migliore. Poi però mi rendo conto che ci sono troppi alunni, classi troppo numerose, programmi ministeriali che fanno ridere i polli, strutture scolastiche che cadono a pezzi. Non c'è tempo di occuparsi della nanoparticella di M. Bisogna andare avanti seguendo il si salvi chi può.
Un gruppo di ragazzini viene alla cattedra a farmi un giochino stupido. Gli chiedo della gita e di cosa faranno nelle vacanze estive. Quando tornano a posto è accaduto il miracolo.
M. sta copiando lo schema e mi chiede di spiegargli cosa sta scritto in fondo alla lavagna perchè non capisce. Vediamo insieme la frase incriminata e presa la balla al balzo finisco di dettargli il resto degli appunti. Il disastrato ha un'ortografia quasi impeccabile; correggiamo un paio di accenti e quando abbiamo finito non resisto e gli dò un pizzicotto alla guancia
"Bravo. Visto che non era difficile?"
"Ma prof, sono stanco"
"Quello è perchè ti agiti, mica per lo schema"
Stavolta mi guarda e mi fa uno di quei sorrisini da bambini imbarazzati di prima elementare.
Giuro che è un sorriso buono.
"Prof ma alla prossima ora ci sei ancora te?"
"Eh, purtroppo vado a casa"

E dire che per una volta vorrei rimanere, perchè quando per fragilissime coincidenze cosmiche, si crea quel sottile ponte tra te che sei suppl. e un ragazzino come lo Scarface, sarebbe il momento buono per lavorare su quella nanoparticella di speranza che di sicuro gli sta impigliata da qualche parte in mezzo ai capelli scolpiti col gel.

mercoledì, maggio 02, 2007

Ipse dixit. Ed era meglio se lo teneva per sè.

Succede che a interrogare 27 persone (che portano tutte come argomento a scelta l'Albania, non perchè interessate dal fenomeno albanese, quanto perchè è lo stato cui il libro dedica meno pagine in assoluto), una suppl esaurisca la fantasia a disposizione e si riduca a chiedere quelle paroline di lessico, poste a margine della pagina.
Sono tre in croce, è impossibile non ricordarle.
Ma se c'è una cosa che la scuola di Smallville insegna è
MAI, MAI SOTTOVALUTARE IL POTERE DELL'INCOSCIENZA.

(tratto da una storia vera)

io "Dunque, mi hai già parlato di Albania, Bulgaria e Grecia, quindi facciamo un'ultima domanda per alzare il voto. Ti chiedo qualcosa di lessico....spiegami che cos'è una rimessa*".

L'alunno M. mi guarda con occhi sbarrati.

"Laterale, prof?"

"..."


*per tutti quelli che avrebbero risposto come l'alunno M. trattasi di soldi che vengono mandati in patria dalle famiglie emigrate all'estero. :-P