lunedì, giugno 28, 2004

L'essenziale è invisibile agli occhi.

L'essenziale è invisibile agli occhi.
E dire che "Il Piccolo Principe" non è assolutamente uno dei miei libri preferiti. Anzi, la prima volta che l'ho letto non mi è nemmeno piaciuto così tanto; però quella frase..."Non si vede bene che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi"...Quella frase mi ha colpito subito. Una lampadina che si è accesa nel buio di qualche parte non identificata del mio cervello. Un brivido neuronale.Mi succede abbastanza spesso quando leggo un libro, ascolto una canzone, parlo con qualcuno.
Ho riflettuto a lungo sul fatto di come appunto certe frasi, persone, melodie finiscono irrimediabimente per strapparci ai nostri consueti schermi di ragionamento per sollevarci a un livello superiore.
Ci restituiscono a noi stessi con maggiore verità.
Succede di arrovvellarsi nell'elaborare una data emozione, un sentimento senza riuscire a delinearlo chiaramente.
Stiamo lì come artisti dilettanti col pennello a mezz'aria di fronte alla nostra tela bianca.
Sappiamo perfettamente cosa vorremmo disegnare ma non sappiamo come.
Non riusciamo a trovare la chiave della porta di accesso alla nostra ispirazione.
Così succede che all'improvviso qualcosa o qualcuno lasciano cadere quella chiave nella nostra mano aperta e possiamo finalmente esprimere esattamente quello a cui stavamo pensando. Possiamo andare oltre.
Io non so se sono già riuscita ad andare oltre a questa frase di Antoine De Saint-Exupéry. Ma mi piace molto.
Il presentimento di quello che potrebbe significare. Ho la sensazione che quando l'avrò compresa pienamente, andrò davvero oltre questo stadio di me stessa.
Nel mentre ci nuoto intorno, come un naufrago che compie circonferenze sempre più strette intorno alla sua scialuppa di salvataggio.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Chissà se leggerai mai questo mio commento... Scritto un anno dopo il post, questo mio commento, è un modo di quelli romantici, sentimentali, malinonici di lasciare tracce che non verranno mai trovate.
O che verrano casualmente ritrovate anni e anni dopo, in momenti assolutamenti perfetti perché esse vengano ritrovate. Le tracce.

Questo post lo lessi allora, il 28 giugno dell'anno scorso, e dissi a me stesso che era uno dei passi più belli che io avessi mai letto, includendo libri, e libri, e libri...
A volte mi piace immaginare, mentre leggo, uno di quei grafici con cui quotidianamente ho a che fare - un grafico fatto di una linea spezzata che segue l'andamento dell'intensità di ciò che leggo. Quando ci sono dei picchi verso l'alto sono felice: ho avuto la mia emozione, mi sono commosso. Così leggere certi passi del Gattopardo, o del Maestro e Margherita; o un particolare capitolo di "C'era una volta l'amore ma ho dovuto ammazzarlo" di Efraim Medina Reyes; leggere questi passi ci sono i picchi, e a volte i picchi diventano piattoforme, e allora sta succedendo qualcosa di importante ed enorme, e densamente emozionante.

Qui, da quando dici "Ho riflettuto a lungo..." fino a quando dici "...scialuppa di salvataggio", che poi sarebbe anche la fine, io la mia bocca s'è spalancata, dell'umido ha lucidato i miei occhi, e ho visto una grande, alta piattaforma altissima.

Se non ti conoscerò mai, se questo blog sparirà, se da un bel giorno fino alla fine non avrò più nessun contatto con te, io dico che diventerai uno fra i più grossi rimpianti della mia vita. E forse già lo sei, il rimpianto.


Quello che scrivo sembra un po' una di quelle confessioni di cui la nostra adolescenza è stata piena: c'era la donna perfetta che non avrei mai conosciuto, la donna per cui piangevo e con cui parlavo prima di addormentarmi.
Sembra un po' una cosa infantile di quelle, in effetti.
Perché uno non può credere di conoscere la gente solo leggendola, solo non perdendosi mai nulla di quello che scrive. E forse uno non può dire di conoscere la gente neppure se la frequenta, e sa com'è fatta, come reagisce.
Però io la cavalco, la continuo a cavalcare da quel 28 giugno la sensazione di conoscerti, conoscerti alla perfezione.
O, meglio: continuo a respirare chiaramente la sensazione che se ti conoscessi crollerebbe forse il tetto del mondo, o i Sigur Ròs scriverebbero un disco più sublime di ( ).


Che altro dire. Che sono stregato da quelle circonferenze che compio intorno alla mia scialuppa di salvataggio. Che mi strega il mondo in cui queste circonferenze si allontanano dalla scialuppa con il loro propagarsi sulla superficie del Mare. E io le seguo, incantato; perdo di vista la scialuppa, perdo il senno.
E scrivo cose strampalate, viscerali, come questa che mi auguro non leggerai mai.

Lucio

quel che sapeva frà ha detto...

...e invece.
Il tetto del mondo non è caduto, i Sigur Ros non si sono ancora superati (almeno per il momento) ma ho avuto la grande e immensa fortuna di averti di fronte almeno un paio d'ore (troppo poche), in mezzo a queste piante tutte verdi e a quattro milioni di zanzare e sentirti parlare del Mare e avere l'impressione che quel Mare di cui parli con tanta luce e tanta intensità è quello che ti porti dentro e che ti fa sentire sballottato da una costa all'altra, senza requie.
Ed è quello che fa la tua grandezza, lo sciabordare che si sente dietro tutti i tuoi discorsi e pensieri e si legge dietro le cose che scrivi e consegni alla spiaggia di uno schermo, segni neri come conchiglie dopo una mareggiata.
Così quando eravamo in macchina a compiere circonferenze e circonferenze intorno allo stesso punto, ho chiuso gli occhi per un paio di secondi e me li sono bevuti uno per uno, li ho cacciati dentro per non perderli mai più, perchè ero sicura che quello che mi stavo lasciando alle spalle fosse destinato a tatuarsi nell'anima per il resto del tempo.
Ed è stato davvero così, da oggi c'è un cerchio in più intorno alla scialuppa ed è di acqua trasparente e limpida, una pausa apneica in mezzo al rumore claustrofobico di Seattle e dintorni.
Sono davvero tanto e immensamente felice di avere avuto la possibilità di incontrarti.
E ti auguro solo cose belle, ti auguro di trovare finalmente una giornata di cielo sereno sul tuo mare e godertela dal tuo terrazzino, con un buon libro sulle ginocchia e un sorriso talmente profondo da farti venire male alle mandibole.
Ma non ti saluto né.
Ti dico solo arrivederci, metti mai che uno di questi giorni succeda per caso di ritrovarsi sulla stessa circonferenza un’altra volta.