venerdì, marzo 31, 2006

.::memorandum::.(propositi per la primavera)

volare sempre il più in alto possibile

martedì, marzo 28, 2006

Jack's and Eko's homecoming


L'estate scorsa ero di passaggio a Verona. Camminando per le vie della città in mezzo ai turisti sono inciampata con lo sguardo in un manifesto che pubblicizzava l'esposizione della collezione fotografica della Fnac.
L'estate scorsa era un periodo fotografico e il manifesto rappresentava per me un segno ineludibile. Così ci sono andata, nella speranza di non incappare nella solita triste esposizione di una dozzina di foto male illuminate. Si entrava in un palazzo vecchio, fatto di lunghi corridoi senza finestre con tanti piccoli faretti che illuminavano tantissime fotografie appese alle pareti. Talmente bello che all'uscita i piedi mi hanno riportato indietro a dare un'ultima occhiata alle immagini più significative. E lì sono di nuovo inciampata con lo sguardo in una fotografia particolare, di Machiel Botman, che mi ha letteralmente spezzato il cuore, Jack's and Eko's homecoming. Roba che avrei potuto restare lì davanti per anni con gli occhi lucidi senza più rendermi conto di niente, ascoltando soltanto ciò che quell'immagine raccontava "suonando" nella mia testa una fragilissima melodia fatta di quella magia particolare che è l'infanzia.
Strano il modo che abbiamo di considerare le età umane come una sorta di passaggio in cui un'età finisce sempre per superare ed escludere la precedente, considerando come comportamenti deviati quelli di coloro che conservano tracce consistenti dell'età precedente. Quel brutto modo di definire la parte bambina che ancora c'è nel profondo del nostro cuore come sindrome di Peter Pan, come quando si parla di crisi di mezza età per definire gli slanci di entusiasmo adolescenziale in persone già adulte.
Machiel Botman prende la macchina fotografica e decide di rovesciare questo genere di convenzioni. Forse non lo fa consapevolmente, ma giocando con la lanterna magica dei ricordi ci costringe a riflettere su quanto di ciò che siamo oggi dipenda e sia diverso da com'eravamo ieri.
L'immagine è semplice, due bambini sdraiati a guardare il cielo in una calda notte d'estate, le schiene umide appoggiate alla pietra fredda del cortile, i piedi nudi. Dietro di loro una porta di casa che è piena di luce e li investe come a proteggere quel loro momento di magia. Si sentono al sicuro, sentono di avere il diritto di restarsene lì ancora un po' a cullare giochi e sogni di giochi prima che una voce conosciuta li chiami per nome con dolcezza e li inviti ad andare a letto.
Una composizione semplice, nonostante tutto, un soggetto domestico. Ma c'è di più. C'è che i due bambini non hanno nessuna paura. C'è che vivono ancora nella magia dell'infanzia, quando lo spazio della fantasia predomina ancora sul senso della realtà e permette alla mente voli pindarici che crescendo diventeranno sempre più goffi saltelli da una responsabilità all'altra.
E allora, forse, è proprio questo che mi ha spezzato il cuore.
Riconoscere dentro di me, dietro alle mie malinconie da quasi adulta, dietro alle mie incazzature adolescenziali, una virgola dorata di quel periodo meraviglioso che è stata la mia infanzia, una virgola sospesa tra la mia foto a tre anni in canottiera e braghette e il diploma di laurea fotocopiato in un cassetto.

lunedì, marzo 27, 2006

Da oggi ho 23 anni.
Probabilmente la gente per strada continuerà a fermarmi e chiedermi cosa voglio fare dopo la maturità ma io sogghignerò nel profondo,
pensando alle cifre 2 e 3 insieme.

mercoledì, marzo 22, 2006

C'è un parco dietro alla stazione e questo parco ha una magia.
Sembrerò pazza se vi dico che nei pomeriggi di primavera come oggi, se è quasi il tramonto e ci si sceglie una panchina al sole da cui sbirciare gli alberi che diventano silhouettes, il parco diventa un luogo senza suoni esterni, soltanto uccelli che cantano e la ruota di una bimba in bicicletta che pizzica il selciato e mi sorride.
Sopra l'erba sono cresciuti fili di ragnatela che brillano e oscillano al vento che è poco, non dà fastidio, porta al naso un buon profumo di terra; alcuni degli alberi più belli della città in questo parco, che da piccola alle elementari ci portavano ad abbracciarli per vedere quant'erano grandi. Sono alberi anziani che dall'alto delle loro cime hanno visto passare tutti i treni della stazione con rami lunghissimi che si intrecciano e giocano a fare cornici di cielo e di nuvole, si sfiorano senza toccarsi.
Tu dormi con la testa appoggiata alle mie ginocchia e la pelle pallida dell'inverno che ha preso il treno l'altro ieri.
Io non so chiedere altro e quasi mi aspetterei di rimanere qui per sempre, quasi lo potrei desiderare.

martedì, marzo 21, 2006

* un crescente mattutino

Mornington Crescent
I think of you
Rain in the southeast
Men feeling blue
Men with their bowlers
Kids with their spats
Ladies with chauffeurs
Dogs wearing hats and jackets
Rich apartments
Old punk posters
Tartan garmentsI
love the exquisite array
I love the camp as camp parade
The possibilities suggest themselves to me
I'm feeling free
(Belle & Sebastian)
Primo giorno di primavera.
Mi sono svegliata che pioveva luce, il cielo era bianco ed erano bianche anche le gocce sui vetri.
Piove ma la primavera è iniziata comunque.
Si è schiusa nel cuore in quella commozione sottile per le cose nuove.
Un vero mornington crescent.

sabato, marzo 18, 2006

sono un post monotematico e parlo di SL



"I'm Sondre Lerche, I come from Norway"
Post esclusivamente a lui dedicato
(a coloro che stanno storcendo il naso non è consigliabile di proseguire la lettura, ricordiamoci che per la musica il de gustibus vale più che mai)

Poc'anzi fece la sua uscita nel mondo musicale il nuovo lavoro di Sondre Lerche, dal titolo Duper Sessions, la cui unica traccia da me fin'ora ascoltata (Minor Detail) mi ha riportato alla mente atmosfere alla Cole Porter e Chet Baker, con locali pieni di fumo e una piccola orchestra illuminata da un occhio di bue; d'altro canto, la copertina del disco su cui campeggia il Nostro, di bianco colletto e nera giacca vestito, non lascia spazio ad altri dubbi.
Sarà un tuffo retrò,vedremo.
La notizia che Sondre si fosse cimentato in un nuovo lavoro ha gettato la sottoscritta in una profondissima nostalgia da primo ascolto, costringendola ad abbandonarsi ai ricordi della lontana estate 2002, calda e torrida come non mai: boccheggiante su un divano bollente a guardare il Festivalbar aspettando di uscire con gli amici e farci collettivamente sbranare dalle zanzare.
Nel pieno della manifestazione televisiva delle canzoncine da bar in piscina e radioline in spiaggia, tra mezze celebrità di vario genere comparve anche lui, la proposta straniera emergente:
Sondre Valuar Lerche, classe 1983 (la mia), frangia bionda da una parte e sguardo da bimbo impacciato. Sembrava il fratellino minore di Mark Owen dei Take That (era Mark Owen vero?).
Poi imbracciò la chitarra con la sua tracolla a stelline e iniziò a scatenarsi con una foga che nemmeno un adolescente nel suo garage.
La canzone (Sleep On Needles) era carina, ma la vera magia stava tutta lì, in quel suo modo appassionato di suonarla, come fosse stata una pietra miliare destinata a cambiare il corso degli ascolti futuri dell'umanità; inutile dire che l'album Faces Down divenne uno dei miei leit-motiv estivi, per quella sua grazia delicata da primo lavoro di pancia e di cuore, per quel calore che mai ti saresti aspettato da una musica così vicina al Polo.
Autunno, inverno, primavera 2003.
I miei ascolti vanno diversificandosi e poco alla volta il ricordo del giovane norvegese diventa il ricordo di un'estate, com'è nella naturale inclinazione delle cose.
Passa un anno intero e siamo alla primavera del 2004, quando un'amica si presenta a casa mia con svariati dischi tra cui anche Two Way Monologue:
- Questo tipo è proprio bravo, dovresti ascoltarlo-
- Ah sì, lo conosco, l'anno scorso me ne ero quasi innamorata-
Incredula rigiro l'album tra le mani e mi ci applico in un ascolto ossessivo che dura per settimane; qualunque viaggio, passeggio o cazzeggio ha come colonna sonora una canzone di S.L.. Le più gettonate diventano Stupid Memory (una canzone tutta rosa), Two Way Monologue (un fotogramma nitido e preciso di quello che mi sta accadendo in quel periodo) e la qui già citata Things You Called Fate (la sensazione di volersene andare senza avere alle spalle la minima organizzazione -il che tradisce il fatto di non volersene andare veramente).
L'amore finisce nel più probabile dei modi.
Aprendo la custodia del portacd mi accorgo di avere perso l'onnipresente disco e lo interpreto come un inequivocabile segno del destino; urge una disintossicazione da parentesi nordica e una riapertura al mondo musicale su altri fronti. Che poi a dire il vero Two Way Monologue mi manca fisicamente e quando mi capita una domenica pomeriggio libera, spulcio sempre cassetti e scatoloni nella speranza che mi ricapiti tra le mani.
Tutto questo ci riporta a oggi, alle soglie di un nuovo album che, in caso di delusione, potrebbe gettarmi nello sconforto più cupo: perchè credere che esiste un artista capace di non deluderti mai, in nessuna occasione, è un'utopia difficile da scacciare dalla propria mente.
E forse il segreto di una canzone non sta nel fatto che possa obiettivamente cambiare la storia della musica, ma che possa, semplicemente, cambiare la storia di chi la sta ascoltando e ci legge dentro una parte di sè.

mercoledì, marzo 15, 2006

-marzo-


Marzo è il mese dei compleanni, delle lauree, delle partenze.
Sembra quasi che la gente si accorga all'improvviso che l'anno è già iniziato da tre mesi ed è ora di darsi da fare. Mattinata trascorsa a cucinare la torta di cui sopra, domani è il compleanno di mio padre che se la mangia subito, decidendo di invecchiare con un giorno di anticipo. Il pezzo di braccio in alto a destra è il suo.

Marzo è il mese dei cambiamenti. Anche se quest'anno fa freddo, c'è già chi ha riposto il cappotto nell'armadio fino a novembre dell'anno prossimo, chi lecca timidamente un gelato seduto su una panchina incurante del vento polare. E' un mese che per me, essendoci nata, ha sempre avuto un significato particolare. Prima di tutto perchè ci si rende conto di come il mutamento sia qualcosa di profondamente legato alla vita umana; di come siamo entità destinate a cambiare costantemente nel tempo, decidendo in modo autonomo se evolverci o regredire. A marzo nessuna giornata è uguale alla precedente; non si guarda mai due volte lo stesso cielo, lo stesso tramonto fiammante si ripropone in innumerevoli varianti di fuoco. Nell'aria il ricordo dell'inverno che sta andando via, che ritira lentamente le sue lunghe braccia e lascia spazio ai primi timidi segni di una stagione tiepida che arriverà (ma di cui comunque non si ha certezza). E' l'inizio di un cammino incostante che porterà cose nuove e ne disseppelirà di vecchie.

marzo è freddo ma sorride, un po' come me oggi mentre mescolo la panna montata e le fragole canticchiando qualche canzone senza importanza.

lunedì, marzo 13, 2006

*notte di provincia

Le cose che forse si mettono a posto.
Non del tutto, per carità, ma un pochino si sistemano l'una accanto all'altra, senza urtarsi di continuo. Una bella sensazione.
Come il tramonto, in un parcheggio deserto e i profili delle montagne che disegnano il confine tra la terra e il cielo. La luna quasi piena brilla nello specchietto retrovisore.
Un filo di musica appena, una canzone che ascoltavo più di un anno fa, mi parla ancora di speranza.

Sono stata arrabbiata in questi giorni, nervosa, con i pugni serrati, con il groppo alla gola.
Qualcuno ha detto che non sono capace di coltivare amarezza.
Niente di più veritiero.
Non divento mai davvero cinica, quando mi avvicino al limite ultimo, e succede spesso ultimamente, c'è sempre qualcosa che mi trattiene per il lembo della manica. Così che alla fine mi assale una certa tristezza inspiegabile che è più una nebbia che un temporale vero e proprio, destinata a dissolversi. Ed è uguale a tutte quelle nebbie già scese e passate negli anni, quei periodi strani in cui non sei più sicuro di osservare il mondo nel modo giusto, tutto sembra relativo, sfuggente, caotico.
Poi mi ricordo che sono fortunata.
Perchè ho certe cose, perchè ne vedo e ne sento altre.
Perchè ho la grande fortuna di potermi arrabbiare quando so che quello che succede non corrisponde a ciò che voglio dalla mia vita.

*"...la notte è azzurra sopra i tetti e le finestre sono addormentate tutto quanto è proprio a posto e in fondo non va così male..."

domenica, marzo 12, 2006

*Without Eyes Still Seeing

So if you know exactly what the sunset looks like
You'll be lucky if you don't loose your eyes*
Blocco dello scrittore.
C'è niente da dire in verità.
E allora si ascolta musica e si scrive un post a punti.
(.) Dovrebbero abolire i videofonini dai concerti, io personalmente li odio, sembra di stare sul set di una pubblicità della vodafone.
(.) Vercelli/Seattle sta diventando la città country, con tanto di fiere di campagne e fattorie in città. Non so esprimere un'opinione in merito ma posso dire con certezza che adoro i maialini rosa, e che mi sento pessimamente al pensiero di averli più volte assaporati sotto forma di arrosto. Inserirò il proposito di diventare vegetariana nella lista dei buoni propositi che se ne stanno lì e basta.
(.) Devo uscire e c'è moltissimo vento. Questo mi fa venire in mente che ieri ho visto un bimbo con un enorme palloncino legato alla sua carrozzina, davvero il palloncino più grosso che avessi mai visto in vita mia. E che oggi correrebbe il rischio di sollevarlo ad altezza shuttle.
(.) Ho visto Nuovo Cinema Paradiso. Bello. Anche se nei confronti dell'arte cinematografica dovrei darmi maggiore disciplina. Vedo pochi film, lasciando trascorrere enormi distanze tra una visione e l'altra. Sono pigra.
(.) Terribile. Due settimane al mio compleanno e ancora nessuna sovraeccitazione della sottoscritta. Sapevo che prima o poi sarebbe successo. E' triste, io al mio compleanno ci tenevo da morire e adesso me ne frega tanto quanto la notizia che Victoria Beckham dà consigli telefonici sul parto a Katie Holmes. Mah.

mercoledì, marzo 08, 2006

Vorrei un mondo di luci spente e di persone immobili, almeno per un giorno.
E basta, non ci sono molte altre parole stasera.
O forse sì, ma è meglio non scriverle così che diventi più facile dimenticarle.

lunedì, marzo 06, 2006

Ho i nervi un po' deboli ultimamente.
Però sono carina come una canzone di Bonnie "Prince" Billy.
Nel senso che se mi ascolti parlare non sai se trovarmi adorabile o irritante.
La cover di -Daniel- dell'Elton resta splendida.
Ruvida, accecante e tagliente come queste due giornate di cielo limpide sbirciate dal vetro di una finestra. Ho anche bevuto il caffè dopo cena e fanculo ai giuretti anti-caffeina.
I need a lot of coffee in my veins.
Stasera vado al corso di fotografia e ci vado a piedi, giacchè mi sono rotta davvero i maroni di restare chiusa in casa a fare quella che riflette sul da farsi.
Perchè oggi pomeriggio un mio amico, uno che era mio amico, uno che vorrebbe essere un mio amico ma senza troppa convinzione mi ha chiesto di uscire e io ho detto -no, ho da fare-.
A contare le volte che ho pronunciato 'sta frase a un amico in vita mia, basterebbero le dita di una mano.
Ma.
Ho deciso di smettere con gli arrivederci e diventare un'accorata sostenitrice degli addii.
Quelli che provvidenzialmente o intenzionalmente arrivano prima che tutto si trasformi in uno scazzo indescrivibile. Prima che una persona diventi un ricordo brutto e solo in seguito a ripescaggi improbabili riafforino anche i suoi aspetti positivi.
Cos'ho che non va?
Perchè non vado dal parrucchiere una volta alla settimana e decido invece di tagliarmi i capelli da sola ogni due/tre mesi?
L'aria là fuori è irresistibile, quindi credo sia arrivato di farmi qualche metro di città a piedi. Qualche isolato, qualche strada, qualche viale.
Rigorosamente con la giacca da primavera, niente cappotto, non si torna indietro.

domenica, marzo 05, 2006


Stanno iniziando quei colori, si è sollevato quel vento.
Quindi al meteo possono anche dire che quest'anno la primaverà arriverà in clamoroso ritardo, a me basta il presentimento che sia già nell'aria.
(My Morning Jacket - I will sing you songs)

giovedì, marzo 02, 2006

*The Good That Won't Come Out


Ieri ho angustiato un po' tutti. Se faccio l'elenco non finiamo più, quindi grazie a chi si è pazientemente sorbito la mia rubrica live pare&pere.
Oggi dopo essere riuscita nella delicata impresa di ottenere il the della giusta colazione di arancione /yu-hu!) ho riflettuto quel tanto che è bastato a sentirmi meglio.
Alla fine vivere in un contesto come il mio ha i suoi aspetti divertenti, quell'insospettabile capacità di adattare la realtà dei fatti a una versione che possa essere accettata dagli altri. Quell'abilità nell'arrangiarsi comunque, nello stringere i denti talmente forte da correre il rischio di staccarsi la mascella.
La mia famiglia è in qualche modo un laboratorio politico. Roba che il Congresso in America a confronto è il club di Topolino.
Un delicato sistema di complicati equilibri da mantenere in piedi, un insieme di inspiegabili diplomazie e improvvise durezze da parte delle alte sfere.
Mica da ieri che faccio l'equilibrista tra un estremo e l'altro. Tra la volontà di non piantare troppi casini e quella di essere young and dumb.
Cosa di cui a volte mi dimentico crogiolandomi nell'attesa di guadagnare una maggiore indipendenza; ma, correggetemi se sbaglio, io sono giovane adesso e non so fino a quando potrò dire di esserlo anche domani.
Quindi se vado a Torino venerdì a fare quella in mezzo a una festa in mezzo alla gente in mezzo alla notte, non c'è niente di male.
Vado a recuperare il mio contatto con la realtà.
Vado a confondermi in mezzo a quella folla di giovani davvero o presunti tali.
Sperando di non avere perso quel coefficiente minimo di socialità che mi impedirà di fare la cozza da arredamento per l'intera serata.

p.s. la primavera inizia con il primo marzo, almeno nel mio calendario.
la primavera inizia con i Rilo Kiley, almeno nel mio stereo.