lunedì, ottobre 31, 2005


Dai fiato Miles.
C'è la nebbia fuori, oltre le porte della città, in quella zona dai contorni indefiniti che è la campagna, in quello spazio buio senza abitanti, senza padroni.
Diventa sera.
Ed è magico come diventi sera ogni volta e come, chiudendo gli occhi mentre ascolti miles davis, di colpo ti ritrovi in mezzo a una viale alberato d'autunno, tra un balletto di foglie e una folata di vento.
Cammini, prendi a calci un giornale, tiri su il bavero della giacca e pensi che l'inverno è quasi arrivato.
Ci pensi con calma, lo chiedi a Miles e lui soffia divinamente la sua poesia di musica nell'aria, forma una piccola nuvola di vapore che scompare nel freddo.
Proseguite lungo la strada vicini, sbirciando dalle finestre persone che si mettono a tavola, bambini, una ragazza in pigiama davanti alla tivù.
Il mondo è meraviglioso nella sua povertà, nella sua manchevolezza, nei suoi contrasti che stridono come i freni di un tram che cigola verso il centro.
Ci sono colonne sonore universali.
Canzoni che non sentiamo se non prestando loro la dovuta attenzione.
Destinate a ripetersi per sempre, un loop infinito che accompagna l'universo nelle sue infinite rivoluzioni.
Ogni tanto un grande musicista si sveglia di colpo, nel cuore della notte, e il suo grande orecchio riesce a percepire una di quelle canzoni.
Allora la scrive, ci lavora, la ascolta ancora, la perfeziona e poi la suona.
E lascia tutti a bocca aperta.
Perchè si accorgono che è sempre stata lì, sepolta da qualche parte nella loro testa, a suonare le sue note silenziose.
Vorrebbero poter dire che non è mai entrata nella loro mente prima di allora, ma sanno che non è così.

domenica, ottobre 30, 2005

Tonio Cartonio è morto di overdose (?)

Mi è presa la voglia di solitudine stasera.
A un certo punto, così, su due piedi e non so nemmeno bene perché.
Ed era una bella serata, di quelle in cui si ride molto, in cui le cose tornano tutte al loro posto, due persone che non si parlavano da tanto tempo sono lì che camminano vicine e mi fanno sentire il cuore caldo ed è un piacere.
E’ tornata anche laLaura, con le foto delle sue vacanze fuori stagione e il suo carnet di pazzia, as usual. Già friggiamo per mettere in atto la movie-marathon “Il Padrino”. Poi.
Ho comprato regali di compleanno ad amanda attingendo soldi dal conto che piange sempre di più. Ho comprato anche l’almanacco Guanda, dall’illuminante titolo “La musica che abbiamo attraversato” (Ma era un libro di Lalla Romano no? La penombra che abbiamo attraversato o giù di lì…).
Mi piace, ha il gusto di un libro che va bene per me, ora.
Quindi tutto a posto.
Niente che mi preoccupi particolarmente, non il pranzo di famiglia domani mattina, non la tesi che ogni tanto si impianta davanti a un professore che dice sì e no, mercoledì scopro se a dicembre la mia università finisce davvero o devo restarci intrappolata un altro po’.
Ma non ha grossa importanza al momento, davvero.
Ci sono altri pensieri, pensieri sulla vita in generale, sulle persone che si guadagnano un pezzo di te e rimangono sempre lì al loro posto in qualche modo.
A volte capita che io mi guardi con tenerezza.
Forse è successo anche stasera.
Perché il mio desiderio di solitudine era quello di chi, ad un certo punto della festa, prende il suo bicchiere e si allontana un po’, giusto per vedere la festa da lontano.
Vedere che effetto fa.
La serata la concludo così.
On the bus mall in cuffia, l’almanacco Guanda sul comodino, la luce che prima sfrigola e poi fa clic e diventa tutto buio.

venerdì, ottobre 28, 2005

Consigli per gli ascolti

Nel caso non sapeste che ascoltare ,o per supplire al panico da monotonia mp3, alcuni suggerimenti, buoni o meno giudicatelo voi.

Ho trovato una canzone che mi piace, solletica le corde giuste e ha un bel ritmo.
Si intitola “A few drinks, a few laughs” -Lucknow Pact-. [Sto iniziando a pensare che mi piacciano tutti i gruppi che iniziano con la parola “luck” (vedi Lucksmiths)]
Altre cose che suonano carine:
Oh Mandy” -Spinto Band-, note come foglie colorate spazzate dal vento in un cielo sempre più freddo. Da dedicare alla sorella (amanda) che fa anni diciannove anni la domenica che viene e ancora non le ho trovato un regalo decente.
It’s alright baby” –Komeda-. Ecco, io proprio li adoro, trovo che siano completamente fuori di testa, mi ricordano un po’ Beck, un po’ i Cornershop dei bei tempi. Provare per credere. (ascoltatevi anche Bonjour tristesse)
Do you want to” -Franz Ferdinand-. Più il tempo passa e più diventa innegabile che mi stia prendendo una discreta cotta per Alexander Kapranos.E poi il video di questa canzone è semplicemente superlativo per la presenza numerosa di magliette a righe,l’atmosfera da factory e una buona dose di auto-ironia.
Ed infine questa canzonetta leggera leggera riesumata ieri per via delle attitudini flirtarecce dell’amica Patty “L’amore pensato” -Max Gazzè-, che una volta lo apprezzavo e adesso boh.

Direi che è tutto e torno alla tesi.
A risentirci.

giovedì, ottobre 27, 2005

Amarcord -La crisi-

Ok, io alle superiori ho anche ascoltato i Bluvertigo.
Morgan, Andy, quella gente lì, truccata, underground, che stava sulle balle quasi a tutti.
Inutile nascondere l’evidenza.
Perché c’era questa canzone che era diventata una sorta di manifesto personale della mia adolescenza intellettuale e rigorosamente contro (a che cosa non mi è chiaro tutt’ora)
[N.d.R. Un secondo manifesto. Perché la prima canzone era Creep dei Radiohead e ha continuato ad esserlo per molto tempo ancora].
Si intitolava “La Crisi” e si adattava a tutto, al periodo post-Depeche-Mode–Ultra-, alle notti un po’ alcoliche (…e una crisi c’è sempre ogni volta che qualcosa non va), alla solitudine (…una crisi è nell’aria ogni volta che mi sento solo), al senso di emarginazione (…quindi rimarrò altrettanto distante), alle taglie (…so che rimarrò un po’ assente da scuola), alla trasgressione (…quando inizia una crisi è un po’ tutto concesso, quasi come a carnevale), agli amori così (cosa penso di me cosa voglio da te), alle domande esistenziali (dove sono cosa sono e perché)
Io a sedici anni ero così, vittima delle malinconie peggiori e delle più banali sensazioni di inadeguatezza al mondo circostante, e le parole di questa canzone me le sentivo bruciare dentro lo stomaco, come l’intro di chitarra che profumava di lampioni sfuocati dai postumi di una sbronza e di sedili di auto nuove di amici neopatentati.
La ascoltavo tornando a casa, prima che i miei si attaccassero al telefono per avere mie notizie.
La ascoltavo con la mia amica dell’epoca M., a cui ultimamente penso spesso.
Sta a Torino adesso, ma alle superiori si passava davvero molto tempo insieme, a leggere poesie della beat-generation, a criticare ogni essere vivente presente nelle nostre vite, in uno scantinato che puzzava di vecchio, con le candele infilate nelle lattine di birra, dove tiravamo su le sigarette col tabacco per sentirci più grandi.
Poi siamo cresciute.
Abbiamo litigato.
Ci siamo riviste una volta per caso, abbiamo scambiato due parole.
Poi non ci siamo viste più.

(Io spero stia bene M., alla fine mi ci ero affezionata, pur avendole detto delle gran brutte cose).
Dire che quel periodo non mi manca per niente sarebbe una bugia.
Quel periodo che era una crisi con la C maiuscola, un continuo piangere e incazzarsi con una violenza incredibile, un vivere sotto l’effetto di “un eccesso di lucidità” , camminando sempre
"a mezzo metro da terra”.
SognareSempreQualcos’altro.

mercoledì, ottobre 26, 2005


Scusate, so che questo blog si è sempre distinto per una finezza nobiliare e un grande savoir faire, ma dopo una giornata come oggi la di sopra vignetta era ciò che meglio mi rappresentava...

b-post numero 1

categoria b-post / titolo "so cos'hai fatto l'estate scorsa"/origine -estate 2005-


L’estate scorsa ero a Bibione con coloro che costituivano la mia compagnia di amici.
Costituiscono, costituivano?
A volte ti rendi conto che un rapporto di amicizia non funziona proprio benissimo quando non sai che modo verbale utilizzare.
Indicativo, certezza che i tuoi amici siano tali e ti vogliano bene.
Imperfetto, dubbi e perplessità sull’affetto che i tuoi amici manifestano e hanno manifestato nei tuoi confronti.
Comunque quello di cui volevo parlare era un aneddoto così.
C’era questo pomeriggio di caldo terribile, una roba da respirare appena, tutti al mare a mollo nell’acqua capelli compresi, io e laura (arbore) mezze morte dentro la nostra tenda canadese la cui temperatura si aggirava intorno ai 60°.
Due nastrine del mulino bianco nel loro bravo fornetto insomma.
Non so cosa ci abbia fatto riprendere conoscenza in tempo per capire che dovevamo assolutamente uscire di lì per non scioglierci sui materassini e fare un macello da scena del crimine.
Laura si era addormentata sopra la chitarra suonando Sapore di Mare, io ero collassata in mezzo a una montagna di scarpe puzzolenti cantandola.
Ma si stava dicendo che.
Di colpo mi sveglio con la testa dentro uno dei miei sandali di pelle (che è come svegliarsi dentro una discarica abusiva di rifiuti tossici alle due del pomeriggio con il sole che ci batte sopra) e scuoto repentinamente laura.
Usciamo e raccogliendo le ultime forze disponibili per trascinarci in direzione di un paio sedioline all’ombra.
Gli unici quaranta centimetri d’ombra in quel momento (e dire che il campeggio era in una pineta).
Si inizia a chiacchierare, a ridere, a osservare le formiche che vanno su e giù lungo le strisce lignee dei bungalow, a rovesciarsi addosso tutta l’acqua a portata di mano.
Le ore passano una dopo l’altra e noi si resta lì, incredibilmente pigre, mentre il sole va giù e si alza anche un discreto venticello e l’ombra di quaranta centimetri è diventata ormai di un paio di metri.
Per quattro ore e mezza.
Per quattro ore e mezza siamo state semplicemente sedute sulle nostre terribilmente scomode sedioline da campeggio, spettatrici felici di un pomeriggio estivo che destinato a intrappolarsi per sempre nei miei ricordi.

martedì, ottobre 25, 2005

dichiarazione di intenti

Manifesto del b-post

Il b-post è come una b-side,
è una traccia secondaria non si capisce rispetto a cosa,
è un file doc salvato su word e mai pubblicato,
è l’ultimo bambino della fila rimasto indietro per raccogliere delle foglie secche,
è una fotografia scivolata via dall’album che lascia un posto vuoto molto significativo,
è una pagina strappata dal diario segreto delle elementari e andata persa intenzionalmente o per caso.
Il b-post suona diverso.
Non ha lo stesso sound degli altri post, spesso è politicamente scorretto, terribilmente autobiografico, profondamente banale, frutto di riflessioni irrazionali, di una sbronza colossale, di un’insopportabile malinconia;
ma nonostante questo, suona come vero, perchè scritto senza pensare troppo al suono che avrebbe dovuto avere.

[Succederà che a partire da oggi, qui sul blog, spunti qualcuno dei miei b-post.
Scovati ieri, tra una correzione della tesi e una nota a piè di pagina.
E’ che non me la sento di lasciarli lì, mi fanno tanto scheletri dentro l’armadio.
Potete leggerli o potete andare oltre ma siete in ogni caso caldamente invitati
a liberare tutti i vosti b-post]

..ecco le scarpe henry.


Per tutti coloro che si stessero chiedendo
1) se mi sento bene
2)chi è henry
3) se è un feticista delle scarpe o meno
4) rimando al post precedente
5) anch'esso a punti

venerdì, ottobre 21, 2005

Still Life Ahead

///Post a punti, post appunti, posta punti///

1) se mi chiedessero al momento qual è la cosa che desidero di più per il mio futuro, credo risponderei subito, senza doverci pensare nemmeno un istante.

2) la vita mi stupisce. Sempre. Anche quando credo di avere capito come vanno certe cose, quando penso di avere indovinato le risposte, è sempre l’Altro a succedere. Ed è parecchio bello, non c’è che dire.
3) qualcuno faccia dell foto alle foglie degli alberi che io non posso, ho la tesi da finire. Mi alzo la mattina e cammino scalza nella luce grigia della casa e poi li vedo dalle finestre e mi ricordo di quanto mi piace l'autunno.
4) io e lo schermo del computer continuamo la nostra storia di amore/odio capitolo dopo capitolo, nota dopo nota. Ah, quando c'erano soltanto penne di piccione e calamai di inchiostro!
5) Still Life Ahead dei Sambassadeur. Procuratevela. E basta.
6) Cortazar è la decostruzione.
7) Magritte è la decostruzione.
8) la musica è decostruzione continua dell'ordine dei nostri pensieri.
9) ho comprato un paio di scarpe. scarpe nuove! mia madre ha detto che erano le stesse che metteva mio nonno. Il tempo passa e io resto costantemente e amabilmente demodé
10) è venerdì e io sono a casa con i miei pantaloni della tuta che una volta mi servivano per fare sport e oggi sono la mia divisa da disimpegno. domani inizia il weekend e magari me ne vado in vacanza da derrida per quelle 48 ore necessarie a recuperare una dignità di persona.

(voi passatevela bene)

mercoledì, ottobre 19, 2005

*Other side of the world

Fuori è freddo e molto buio, sembra ancora praticamente notte.
Le cinque di mattina sono un'ora sempre così nuova per me, che vado a dormire presto e mi sveglio per le otto, le nove.
Esco sul balcone e conto le finestre accese nella via, la strada è umida e brillante, stanotte deve aver piovuto. E' come vedere l'altro lato del mondo, l'altra faccia della medaglia, quella che sono davvero in pochi ad avere il privilegio di sbirciare ogni tanto.
Metto su l'acqua per il the e preparo la colazione ad amanda che strabuzza gli occhi a vedermi sveglia.
-Ma cosa fai già alzata?- il tono di voce è quello di chi ad alzarsi è costretto dal treno delle sette e da una naturale predisposizione a trascorrere in bagno tre quarti d'ora pieni per imbellettarsi a dovere.
-Niente, non avevo più sonno- e basta.
Che poi devo ammetterlo mi piace questa sensazione di avere preso il tempo in contropiede, di avere guadagnato un paio d'ore tutte per me, da trascorrere scrivendo o leggendo o ascoltando la voce delle preferite di sempre, Cat, Ani, Lisa, Nico, ...e tra queste, anche una donna di ultima generazione, forse commerciale, forse un po' mtv, probabilmente sopravvalutata, la cui vocina mi però entrata in testa con estrema facilità e dolcezza. (e con un briciolo di acume ci si arriva facilmente watson del web)
B.u.o.n.a. G.i.o.r.n.a.t.a

lunedì, ottobre 17, 2005

Dead or alive (la prima che hai detto)


Oggi uscendo dalla biblioteca avevo malditesta in tutti questi punti.
Forse perchè mi sono accorta di avere saltato a piè pari un capitolo del libro di settanta pagine e mi sembrava di essere già davvero molto avanti.
Forse perchè studiare Derrida è come prendersi a cartoni con John Cena dopo essere rimasti a letto con l'influenza per quindici giorni.
Enelis mi guarda e dice che ho la faccia completamente stranita, se c'è qualcosa che non va.
So' stanca morta, porcavacca, ecco cosa non va. Niente turbe esistenziali, nessun tipo di depressione, l'unico problema è che ho le gambe molli come un budino nestlè.
Il peggio di non avere tempo di prendersi una pausa è non avere tempo di prendersela proprio nel momento in cui potrebbe farti rifiorire come un croco in mezzo alla neve.
Non mi si vengano a raccontare porcherie tipo fatti un bagno caldo, bevi un bicchiere di vino, prenditi una giornata libera.
Devo consegnare qualcosa entro il sette novembre.
Per il momento sono a quota due blocknotes pieni di graffiti di ogni tipo, circa un centinaio di articoli carpiti dal web ancora da consultare e zero righe scritte in maniera decente, ordinata e presentabile.
Ce la farò.
Lo so più che bene.
Sono sempre stata donna che ama le sfide impossibili, le vette irraggiungibili, le faticacce tremende.
Il problema è che, a continuare di questo passo, arriverò alla laurea con un colorito degno di Intervista col Vampiro, gli occhi da "mi sono appena presa a botte con John Cena e lui ha avuto la meglio" e la capacità verbale di Daniele Interrante (oggi vorrebbi parlare di una roba che leggei neli ultimmi messi)
God save me.

venerdì, ottobre 14, 2005

*The greatest


ça suffit.
Fine della prima settimana di culo-tesi.
Passatemi questo "culo" vi prego, ho cercato disperatamente altri sinonimi per un costante e prostrante studio continuato di derridiane elucubrazioni e culo mi è sembrata indubbiamente la parola più adatta.
Venerdì sera, umore buono, prossime ore trascorse davanti a un film ancora da decidersi, con la tuta brutta e cattiva ma comoda da morire, un litro e mezzo di coca-cola in compagnia di Laurì (che non vedi da una vita o forse due) e Dianiz (che non vedi da un paio d'ore esattamente da quando le hai scroccato l'ennesimo caffè e hai tirato su due sigarette con delle cartine di fortuna). Le serate tra donne sanno essere meravigliose, soprattutto se le donne sono quelle giuste.
E poi.
Inizio a pensare che la stanchezza sia un ottimo sedativo per le malinconie autunnali, succede che praticamente non mi accorgo che c'è questa nebbiolina leggerissima che accarezza l'orizzonte, torno a casa con le mani incollate al volante e il piede che pigia la macchina verso l'acquisto di un paio di pizze come surrogato della cena.
All'improvviso, l'infingardo lettore mp3 passa "The Greatest" di Cat Power e cado in totale estasi senza sapere chi guiderà fino a Vercelli al posto mio mentre galleggio sospesa chissà dove, chissà a quale altezza o profondità.

mercoledì, ottobre 12, 2005

(?no?) Trouble

Arrivo alle dieci di sera come una larva.
Fluc, fluc mi faccio su nel mio bozzolo di canzoni d'autunno, trovate per caso, raccolte nel web, ascoltate in giro.
Non è molto importante quello che ascolto al momento.
O forse lo è, ma come sottofondo a un continuo valzer di pensieri.
Sembra stiano cadendo un sacco di bombe in giro. Infelicità diffusa, confusione, fatica, dubbi, paure, timori.
Le persone corrono via e mi incrociano mentre cammino fischiettando verso la biblioteca, le foglie si colorano, ogni tanto esce ancora un po' di sole.
Le bombe continuano a cadere. E la cosa strana non è tanto che cadono, ma che mi stiano risparmiando. Nel senso:

- sono stanca, alle cozze, ci sono giorni in cui andrei a dormire alle nove e dieci senza essere più in grado di proferir parola.
(quando invece vorrei svegliarmi almeno un paio di volte a mezzogiorno e assaporare il piacere di una mattinata in pigiama a riordinare le cose lasciate in sospeso)

- ho pochi amici. Buoni, ottimi anzi, ma pochini, da contarsi sulle dita di una mano credo.
(roba da prendersi davvero molta paura al pensiero che più vado avanti meno gente mi resiste intorno)

-devo scrivere una tesi entro un mesetto e non ho tempo da perdere. Neanche un secondo.
(e invece ho una voglia matta di perdermi nella categoria varie ed eventuali)

-ascolto molto spesso "Trouble" di Cat Stevens rifatta magistralmente da Elliott Smith.
(canzone di una tristezza contagiosa, quell'uomo lì aveva una voce di malinconia pura e irreparabile)

Eppure.
Stobeneporcamiseria, incredibile ma vero.

domenica, ottobre 09, 2005

The Coney Island of MY mind


Driving a cardboard automobile without a license
At the turn of the century
My father ran into my mother
On a fun-ride at Coney Island
Having spied each other eating
In a French boardinghouse nearby...

[Senza patente al volante di un'auto di cartone
Al volgere del secolo
Mio padre si scontrò con mia madre
Su un autoscontro a Coney Island
Dopo che s'erano spiati mentre mangiavano
In una pensione francese lì vicino... ]

Vestito da marinaio, con una dolcevita a righe, un orecchino al lobo sinistro e un paio di occhiali da vista con un’enorme montatura rossa: Lawrence Ferlinghetti si alza in piedi stringendo il microfono tra le mani e propone sorridente al pubblico di fluxare insieme con i suoi versi. La sala è gremita di persone: la prima impressione è che la maggior parte della gente ci sia solo per esserci. Triste. Io mi sento strana, ho paura che la serata non prenda la piega giusta, che l' evento non diventi evento, che non rimanga impigliato nulla nel cuore, nei capelli, nelle dita. Il lettore delle traduzioni in italiano è un elefante in un labirinto di vetri, la villa troppo splendida e lucida di specchi e argenterie non è Coney Island, il salotto di vecchi signori che scattano frenetici con i loro flash intorno al Poeta non è un fumosa sala alcolica di jazzisti che suonano il loro bop indiavolato; non ci sono Jack Kerouac o Neal Cassady, o Philip Lamantia, o Gregory Corso o Allen Ginsberg o Peter Orlowsky. Non ci sono più. Ma Lawrence fa finta di non accorgersene sgrana gli occhi e legge la sua prima poesia, che è un incanto, che racconta dell'incontro di sua madre e di suo padre a un lunapark, del loro scontro fatale, di un figlio che descrive quell' amore romantico dal sedile posteriore di un auto giocattolo e per l'eternità gli rivolge il suo sguardo più ammirato. Le parole si riflettono nei vetri della villa e vanno oltre gli occhi delle persone che si fanno aria con il programma della serata. Le parole rimbalzani lungo le pareti, si rincorrono, restano sospese a mezz'aria come stelle momentanee, come costellazioni linguistiche. Io dico il mio -sì- profondo, interiore, sento la pancia sciogliersi e la vista appannarsi, lo stesso brivido di quando a Milano, in un pomeriggio del 2002, finii non so come a comprare “A Far Rockaway of the heart”, senza riuscire da allora a smettere di amare le poesie di quest'uomo. Che ha 86 anni, ha visto molteplici versioni della sua America, ha amato l'Europa, ha conosciuto artisti e ha collaborato con loro, ha scritto di vagabondi, prostitute, gabbiani, pesciolini, newyorchesi, lucciole,grilli, ha guardato la vita attraverso la sua maschera delicata e malinconica. Si è lasciato travolgere dalla corrente dei giorni senza perdere la Speranza in un mondo diverso, in un modo diverso di guardare il mondo di viverlo, di leggere gli indizi premonitori di grandi rivolgimenti nelle cose più piccole e apparentemente insignificanti. Ferlinghetti ci insegna che la poesia è l'ultimo nemico non violento dello Stato e spesso il più minuscolo degli insetti può minare le fondamenta del più solido dei palazzi.

Basta volerlo.

Siamo noi a dovere combattere i disequilibri della società di cui facciamo parte, uscendo dal nostro ruolo di maggioranza silenziosa, coltivando il lato magico di noi stessi, la nostra cultura, il nostro amore per le cose belle e per la vita come miracolo di meravigliose moltiplicazioni del reale.




giovedì, ottobre 06, 2005

Allucinazioni da tesi II (cold pippe)

Piove e mi sono un leggermente stufata di vedere il cielo grigio, tutto, completamente, neanche uno straccettino di azzurro da nessuna parte.
Mi sveglio presto la mattina e vado in biblioteca a scrivere forsennatamente sui miei mille taccuini. Mentre scrivo penso che a casa ho un portatile e che potrei trasferirli direttamente lì e dimezzare i tempi di stesura.
Ma sono una donna all'antica io, non riesco a studiare sullo schermo di un computer, le parole ho bisogno di farle scorrere dalla testa alla carta attraverso una mano, possibilmente mia.
Poi.
Mi paccano per la piscina, nessuno vuole venire a smaltire un po' di ciccia con me.
A me non frega nulla della ciccia, mi andava solo di riuscire a fare due parole con una persona che ultimamente mi dà come l'impressione di stare cercando di svignarsela.
(Pattipatti sei giustificata, in quanto in preda a deliri lavorativi)
Ho come quella sensazione che se dovessi distrarmi più del dovuto infilerebbe la porta e via, lontano, come tante altre.
Solo che per il momento gli tengo gli occhi addosso.
In un anno ho perso un paio di amiche con la "a" maiuscola, che poi è diventata corsiva e poi minuscola e poi è scomparsa.
Perdere anche un amico con la "a" che per ora si è solo sbiadita un pochino mi farebbe soffrire parecchio.
Quindi in realtà sono un'egoista, perchè voglio tenermi strette le persone a cui voglio bene.
Mah.
Derrida mi sta dando alla testa, voglio il sole, voglio non avere più freddo ai piedi, voglio che qualcuno mi infili sotto la porta un foglietto con la soluzione punto per punto ai miei problemi di relazioni sociali.

martedì, ottobre 04, 2005

.::news::.

Una notizia buona: finalmente ho il mio argomento per la tesina;
una notizia un po' meno buona: è difficile (Derrida);
una notizia confortante: la cosa non mi spaventa molto, sono abituata a spaccarmi la testa su frasi difficili e concetti contorti;
una notizia inquietante: ho un mese scarso per produrre parecchio materiale e partorire un titolo adatto;
una notizia metereologica: continua a piovere ma ci sono questi nuvoloni grigi che si alternano a sprazzi di cielo azzurrissimo e lo trovo spettacolare;
una notizia musicale: mi faccio tenere compagnia parecchio dai Sambassadeur in questi giorni, sono autunnali senza essere deprimenti;
una notizia poetica che è anche un po' il sogno di una vita: sabato sera se tutto va come dovrebbe andare la sottoscritta avrà l'enorme privilegio di trovarsi di fronte l'adorato Lawrence Ferlinghetti;
una notizia prevedibile: è quasi scontato che mi commuoverò e cercherò in tutti i modi abbracciarlo;
una notizia che è anche l'ultima: domani a torino a cercare i libri per la tesi, a breve un aggiornamento post come si deve.