mercoledì, novembre 30, 2005

Sentire il bisogno di certezze calde, da avere sempre a portata di mano.
L’inverno è anche questo, oltre al freddo, oltre alle luci per le strade, oltre alle giornate che iniziano quando stai ancora dormendo.
Stavolta lo posso dire con certezza che mi laureo tra poco, due settimane appena al giorno in cui il mio folle amore per la filosofia si prenderà una pausa per interrogarsi sulla sua ragion d’essere ma soprattutto sulla sua ragione di andare avanti. Ci siamo, ci sono. Mi avvicino al punto a capo con sentimenti altalenanti che vanno dall’euforia di chi ha davvero bisogno di una pausa alla consapevolezza che un altro ciclo sta per concludersi.
Ci sono certi momenti della giornata in cui vorrei avere davanti tutte le persone a cui voglio bene e abbracciarle, ognuna per un motivo diverso. L’inverno è anche questo, oltre ai vetri appannati la mattina presto, i fiati disegnati dei passanti, le labbra screpolate.
Non mi era mai successo di avvicinarmi alla fine di qualcosa e puntare i piedi per non scivolare in quella direzione.
Come se avessi bisogno ancora un po’ di tempo a disposizione per essere sicura di riuscire a tenere a mente tutte le cose importanti.
Come se non fossi sicura che ancora una volta ricorderò tutto nei dettagli perché la mia testa funziona così, a immagini, a fotografie, a sensazione collezionate con una precisione e una vividezza incredibile.
Come se la vita fosse un quadro cui mi avvicino giorno dopo giorno, passo dopo passo, scoprendo dettagli, sfumature, significati insospettati, nell’assurdo tentativo di comprendere.

sabato, novembre 26, 2005

Ho fatto cose, ho visto gente

  • Ho scritto il mio primo curriculum ed è stata un’esperienza orribile. Non si possono riassumere 22 anni della propria vita in una paginetta e mezza di Word; io a cinque anni ho rotto la televisione e per punizione ho trascorso un pomeriggio intero a piangere seduta sulla mia mini-poltrona di pelo rosso. Quel giorno mi sono scontrata con la realtà delle cose che hanno un prezzo e che se non le hai comprate tu e poi le rompi vai incontro a terribili conseguenze. Ma non ho potuto scriverlo ovviamente.

  • Ho visto l’ultimo episodio di Harry Potter e mi sono francamente rotta le palle dall’inizio alla fine; non c'erano animali carini, non c'era magia e suspence ma solo tempeste ormonali, balli della scuola ed erbe magiche. Harry nudo nella vasca da bagno viene insidiato dal fantasma-cozza di Mirtilla che cerca a tutti i costi di sbirciare proprio là, Ralph Fiennes sembra un gamberetto surgelato dimenticato nel freezer per quindici anni (davvero orribile), Agrid ci prova con una stallona alta un metro e novanta, Ermione si lascia sedurre dal Costantino di turno, Ron vorrebbe dare sfogo alla sua virilità ma non riesce a mettere a segno nessun colpo...ma non doveva essere un film per bambini? Da quando Gianni Sperti ha vinto la Talpa il mondo non è più lo stesso, nemmeno quello delle fiabe.

  • Continuo a litigare con Word, con indici e sommari, Word è veramente un programma fetido e infingardo, con le sue inspiegabili formattazioni; io la tesina la consegno stampata su un rotolo di telex come On the road di Jack Kerouac; e magari mi presento alla laurea vestita da Jack Kerouac con la camicia da boscaiolo, il crocefisso al collo e una fiaschetta di whisky nella tasca della giacca.

  • Ci vado o no a Genova? Non so se mandare il curriculum anche se a Genova ci sono 1) il mare 2) la focaccia ligure, validi motivi che potrebbero motivare un mio repentino trasferimento.
    Ho quasi rinunciato a orientarmi nell’infinita galassia dei master, non capisco quali siano le differenze tra quelli universitari e non, non capisco quale sia il trucco per scoprire se c'è la sorpresa o meno. Ho sempre il terrore che finiscano per vendermi pentole, enciclopedie o portarmi in gita ad Arenzano.

  • Siamo quasi a dicembre e la moleskine cè agli sgocciolo; quest’anno mi sembra più vuota del solito, un po’ anonima, un po’ troppo professionale, un po’ fredda. E forse riflette il mio sentirmi, il mio essere frà in versione fine 2005. On verra.

lunedì, novembre 21, 2005

[Hope]

… il pensiero del dono può diventare non solo questione filosofica e ontologica ma anche critica radicale all’attuale modello predominante di utopia neo-liberale.
Oh sì.
Oh-davvero-sì.
Se fosse la volta buona dico, se fosse la volta per chiudere questo schermo del computer che mi sta acceso davanti alla faccia da due mesi a questa parte risucchiando buona parte delle mie energie e del mio buonumore.
Se fosse la volta buona per poter uscire il pomeriggio e fare finalmente un miliardo di fotografie al ritrovato mondo esterno.
Se fosse la volta buona per alzarsi la mattina e non avere nient’altro da fare che annusare nell’aria l’odore del caffè.
Se fosse la volta buona per recuperare angoli della bocca sollevati e occhi brillanti e pensieri felici e cura per le persone che amo.
Se fosse la volta buona per tornare ad ascoltare musica tutto il santo giorno e dare fondo a tutti i miei risparmi in libri.
Se fosse la volta buona per tornare a dormire come si deve e tornare e sognare cose belle.
Se fosse la volta buona per chiudere questa porta e aprirne un’altra e tuffarmici dentro dalla testa ai piedi.

[I hope]

mercoledì, novembre 16, 2005

PiPpApOsT

In questo periodo sono talmente stanca che spesso la sera ho l’impressione che il mondo si ripieghi su di me come una scatola.
Una scatola che ha un profumo tutto uguale, di cartone, di legno e allora mi domando dove siano finite le sfumature, i colori, i profumi.
[là fuori]
Il problema è che io sono qui dentro, seduta sul fondo e non faccio niente per uscire.
Ho scritto delle cose, pensieri di poche righe, sul crescere, su cosa significhi per me, sui vestiti che si ammucchiano sopra la sedia della mia stanza, su una certa mancanza di abbracci che c'erano.
Se mi sono davvero liberata da tutti i miei sensi di colpa.
Se riscoprirmi più fragile di quanto potessi immaginare sia un bene o un male.
.stanca.
Di studiare, di tenere acceso il cervello su pensieri difficili, di osservare provette di filosofia per ore e ore fino a perdermici dentro, di mettermi in provetta, di scrivere, di parlare anche.
Penso che fuori è davvero tutto molto difficile e complicato, e che mi capita di non avere la più pallida idea di come comportarmi, di come affrontare, superare e proseguire.
Non mi piace sentirmi così vulnerabile, non ci sono abituata.
Preferisco chiudermi in una scatola e aspettare che ritorni il vento e mi sollevi ancora.

lunedì, novembre 14, 2005

Any where out of the world

"Il me semble que je serai toujours bien là où je ne suis pas,
et cette question de déménagement
en est une que je discute sans cesse
avec mon ame"
Stanotte ho sognato che pareggiavo i conti.
C’è una persona con cui da tre anni a questa parte non mi è mai riuscito di litigare come si deve. Non intendo quel genere di litigi in cui ti strappi i capelli e urli atroci cose che vorresti rimangiarti esattamente nel momento in cui le senti rimbombare intorno a te.
Piuttosto mi riferisco a una sana discussione, discutere di cose che vengono chiamate con il loro nome e non con una serie di sinonimi che possano renderle più affabili e gradevoli.
E io con lei non ho mai discusso davvero.
I motivi sono i soliti, io che quando voglio bene a qualcuno mi frego da sola, nel senso che vorrei non avere bisogno di spiegare cosa mi fa stare male e cosa non va, vorrei che si capisse senza bisogno di parole, di sottolineature, di accenti.
Andare da qualcuno a dire -Ehi il fatto che tu non mi sia vicino in questo momento mi fa soffrire- è senza senso secondo me. Perchè se la persona in questione non se ne è accorta (e io non ho fatto nulla per nasconderlo) allora vuol dire che non siamo lì dove pensavo che fossimo.
Stanotte ho sognato che pareggiavo i conti, la incontravo in un bar e le dicevo semplicemente tutto quello che mi ribolliva dentro. Poi la salutavo, pagavo il mio caffè, uscivo per strada a camminare e mi sentivo meglio. E anche se ero consapevole di stare sognando, ero sollevata perchè mi ero sentita fare un certo discorso, me lo ero raccontato da sola e ne avevo bisogno.
Non so come andrà a finire questa faccenda. Forse recuperata l' energia necessaria mi armerò di ago e filo e rammenderò i buchi, cucirò gli orli in modo che tengano bene, che reggano un altro po'. Solo ho paura nel frattempo di non riuscire a dissimulare le mie nuvolaglie mentali.
Mi sento come un vaso che guarda fisso
una gocciolina che penzola dal soffitto
e che forse cadrà e lo farà travasare.
Clic.

giovedì, novembre 10, 2005


Un bel po'che non scrivo nulla.
Due i motivi principali: sto donando la maggior parte del mio tempo alla mia tesi che riguarda un libro che tratta del dono e del tempo. Poi: l'ennesimo cambio di compagnia telefonica, che comporta l'ennesimo disagio di connessione inesistente o lentissima nel migliore dei casi.
Così mi ritrovo costretta a scrivere e a postare quando le congiunzioni astrali mi sono favorevoli.
Oggi è il dieci novembre e fuori fa un freddo boia.
Qua a Seattle è arrivata la nebbia, caduta all'improvviso sulla pianura come una coperta spessa e impenetrabile, succede che se vai fuori città ti sembra di guidare dentro un'enorme bolla di vapore. Succede anche che rischi di fare degli incidenti se non fai attenzione.
Ma intanto io mi muovo ben poco, abbarbicata alla mia postazione tesi, con una gamba su e una giù dalla sedia, con il tavolo cosparso di fogli e libri e fotocopie e correzione e altri libri e una mezza minerale che è lì da quando ho incominciato la tesi, ovvero marzo 2005.
Faccio schifo.
Fisicamente dico. Ho sviluppato un festival di malattie psicosomatiche, giro per casa avvolta in maglioni di lana di quattro taglie in più e pantaloni della tuta macchiati di dentifricio; ho recuperato anche un'infinita serie di orribili cerchietti delle elementari che hanno la funzione di domare la mia sempre più ribelle chioma leonina.
Ieri mattina mi sono svegliata canticchiando Altrove di Morgan, [ho deciso di perdermi nel mondo...anche se sprofondo...lascio che le cose mi portino altrove...non importa dove] e ho capito che il mio inconscio stava disperatamente cercando di lanciarmi un messaggio di aiuto.
Altrimenti come si spiegherebbe il successivo ascolto di Someday soon dei Wilco (quello che vorrei rispondere a chi mi chiede quando finirò la tesi) o di It's not going to stop di Aimee Mann (quello che rispondo di solito) o ancora di I'm on standby dei Grandaddy (dichiarazione di intenti che più chiara di così non si può)?
Ci sono dentro fino al collo, ma Even after all cerco di surfare la stanchezza meglio che posso; e allora giù di Spinto Band a far ballare sulle note di Did I tell You il mio nuovo peluche Donato, gentilmente regalatomi come supporto e come supporter per la tesi. L'unico problema è che non riesco a capire se è una pecora o un coniglio.
Per il resto lo trovo decisamente carino e dispensatore di felicità.