domenica, dicembre 31, 2006

*happYnewYear

La fine dell'anno come uscire da un cinema e ripensare a un film difficile che ci ha appassionato ma non siamo nemmeno troppo sicuri di averlo capito fino in fondo.
La fine dell'anno è un libro di 1400 e più pagine in cui spesso ci siamo persi e poi ritrovati ancora una volta tra righe e personaggi.
Sicuramente ci emozionerà questa fine dell'anno.
Fosse pure che la passeremo a un party molto cool o davanti alla finestra con un bicchiere in mano o da qualche altra parte, fingendo non ce ne freghi niente (e magari fosse vero).
Questo 2006 che ci ha reso felici -qualchevolta-, ci ha fatto incazzare -qualchevolta-, ci ha fatto scoprire cose nuove e stringere nuove mani e abbandonarne altre alla foresta di mani perdute.
La fine dell'anno è pur sempre una Fine -si resta in silenzio, quell'attimo necessario a rendersene conto, ecco- e pur sempre un Inizio -i piedi fermi sull'uscio di una nuova porta che stiamo per varcare e chissà cosa ci aspetta oh oh-.
Avremmo potuto dare di più? Essere più belli, più buoni più bravi più coraggiosi più decisi più incisivi più battaglieri? Magari abbiamo dato abbastanza.
Magari la fine dell'anno arriva anche per prendere fiato prima di nuove battaglie.
Ce ne saranno di sicuro, in questo mondo sempre meno tranquillo.
La fine dell'anno è una piccola cicatrice sul dorso del mio piede sinistro (quel pomeriggio ad Arles che qualcuno ha ciccato da un balcone in centro e io portavo i sandali), è un ricordo di lenzuola pulite con il superchoix e un frigo vuoto, ingoiare rospi interi che parlavano anche dentro lo stomaco, luci che si spengono e si accendono e molte parole scritte, sparse ovunque e tentativi
-ancora- di cambiare il corso del destino -ancora- e ricerche donchisciottesche di valide possibilità -un'altra volta-.

Così buon anno a tutti,
l'augurio di passarlo con le persone a cui volete bene e di volere bene a voi stessi
(perdonatevi per tutto quello che non ha funzionato e datevi una pacca sulla spalla di incoraggiamento per i nuovi giorni che verranno)

martedì, dicembre 26, 2006

That was the best Christmas ever!

Di questo Natale non darei indietro nemmeno un secondo.
E ora che è finito, che da 40 minuti è un altro Natale nell'album dei miei ricordi, penso a quanto è stato bello desiderare che quel tempo di secondi e minuti si dilatasse ulteriormente.
Soprattutto dopo un anno che ho cercato di far passare il più in fretta possibile.
Realizzare sulla via del ritorno da pranzi, cene e scambi di doni che la maggior parte delle situazioni per cui sono stata arrabbiata era...niente.
Che essere felici non dipende da quello che si fa, non solo, ma da come si diventa lottando per conservare le piccole cose preziose dentro di sè e proteggerle dalla tentazione di occuparsi d'altro.
E' Natale e forse è sciocco e scontato avere di questi pensieri.
Ma non per me.
Per me diventa il modo migliore di festeggiarlo.

venerdì, dicembre 22, 2006

'06









1. I was ready to be heartbroken. Senza saperlo, tra l'altro.
Ascolti una canzone, ti piace, e non sai ancora quanto finirai per innamorarti perdutamente dell'intero album. I Camera Obscura sono stati il mio colpo di fulmine del 2006. Sebbene non rappresentino musicalmente niente di nuovo sotto questo sole (c'è chi ci vede i soliti B&S, chi un po' di Lucksmiths, chi un po' tutt'e due), sono stati per me una rivoluzione di massimi sistemi, di quelle che ti spezzano il cuore e ti aprono l'ennesimo mondo di meraviglia di cui non sospettavi l'esistenza. Disco dell'anno. Punto. Perché l'ho ascoltato tante di quelle volte che ormai non ci sento più solo canzoni ma momenti, stati d'animo, persone, discorsi, conversazioni, viaggi.





(ok, non è un album uscito quest'anno ma la classifica è mia e ci faccio quello che voglio!)






2. Un disco val bene un ricordo. Anzi due.
Just Give Me Time.
Una mattina di dicembre 2006, fresca di laurea, stanca, arrabbiata forse e un vento freddissimo che spazza le strade e le foglie mentre cammino cammino e metto in discussione me stessa, decostruisco l'ordine dei miei pensieri. E quella vocina sottile che prega di darle un po' più di tempo è la mia, ne sono sicura.
In a Radio Song.
Dal finestrino sporco di grasso del tgv che mi riporta in italia per un weekend, il sole basso illumina un campo di grano in mezzo alle montagne e lo colora di rosso e arancione, c'è un cielo blu che affoga nella montagne e tutto sembra cantare. I tralicci dell'alta tensione, le nuvole, il mio cuore.












3. Sufjan sta diventando una sorta di religione personale.
Disco che non è al primo posto unicamente per il terrore di incorrere nella sindrome da rifiuto
post-ascolto ininterrotto per mesi e mesi.
I 35 secondi di In This Temple As in the Hearts of Man for Whom He Saved the Earth sono qualcosa per cui vale la pena di vivere, alzarsi la mattina e prendersi tutti i vaffanculo del caso.
Poi sui motivi per amare Sufjan, uno dovrebbe fare una classifica a parte.









3. Perché certe cose sono belle a priori.
Prima ancora di ascoltarle, solo soffermandosi sull'immagine ironica e buffa di qualcuno che ha fatto dei musi lunghi una poetica ragione di vita. Morrissey è Morrissey. Epica allo stato puro. Qualcuno che sottolinea il passare del tempo con la sua voce profonda e malinconica, l'ultimo eroe romantico in un mondo musicale che crea gruppettini pop a ogni batter di ciglia. L'ultimo demodé. E il migliore.









4. My life in rooms. Che è un titolo ma anche un manifesto
dell'ultimo anno.
La mia vita in una cameretta, anzi in diverse, senza riuscire ancora a capire quale mi appartenga più delle altre. Un disco di suggestioni e non detti, che non descrive il tutto ma indugia sui particolari microscopici, l'ideale per i momenti in cui si fa fatica persino a guardarsi le punte dei piedi.










5.Perchè il concerto al PalaMazda è stato qualcosa di mistico.
Anche arrivare a Milano quel giorno, tre ore di coda in autostrada, un incubo, la quasi delusione di perdersi un evento che si sogna da qualche anno ormai, e lo si immagina perfetto, coinvolgente, favoloso.
E poi il miracolo, una volta lì, accorgersi che è tutto vero e stamparsi in faccia una sorriso da allacciare dietro la testa per parecchi giorni.

*Altro ripescone vintage.







6. Devendra è il mio modo di sorridere quando gli angoli della bocca raggiungono depressioni storiche.
Quando mi prende quel desiderio di viversela più alla leggera, di essere meno consapevole. Di certo è la canzone più bella del mio '06, The Body Breaks che ho finito per inserire nella colonna sonora del mio primo spettacolo teatrale perchè non sopportavo l'idea di separarmene in un momento importante.









7. Il disco dell'autunno per eccellenza.
Le prime piogge, i primi freddi, dentro/fuori. Quel gran casino di intenzioni che l'autunno porta sempre con sé.
Guidare attraverso le nebbie autostradali del canavese, con il paesaggio grigio cancellato dall'acqua, sentendosi come una pallina di carta stroppicciata ma pur sempre coerente con i propri ideali. Certe cose hanno un prezzo alto mica per niente. Bonnie Prince Billy lo sa.









8. La musica francese non è poi così male.
Un giorno dei primi di maggio ho comprato un giornale di musica francese che forse era Les Inrock o forse non me lo ricordo più. Fatto sta che tra la difficoltà di tradurre ogni articolo riga per riga mi imbatto in uno speciale sulla faccina carina di Camilla. Alcune foto parecchio belle la ritraggono tutta aggrovigliata da un filo, (dall'album Le Fil), che poi non si capisce bene se la sta imprigionando o se è solo un abito, una protezione, un rifugio. L'idea che mi sono fatta io, ascoltando Vertige è che fosse proprio questione di vertigine, la stessa che provano gli uccelli quando volano troppo in alto. La stessa di chi è attraversato da troppi fili.








9. Vinicio protegg-e(-ici)
Folclore + tradizione + latino +alcool. No.
Atmosfera + arcano + religione + blasfemia. Nemmeno.
Difficile trovare una definizione corretta di ciò che Vinicio fa e che per me non è mai stata e non sarà mai solo musica. Nello strano mondo delle sue canzoni, sembra comparire molto spesso qualcosa di giusto onesto e profondamente sincero che manca invece assolutamente al mondo reale di persone perbene.









10. I Beirut io all'inizio mica li avevo capiti molto.
Mi piacevano e nel contempo mi davano fastidio. Me li sono portata in valigia come accade che ci scivoli dentro un oggetto strano e del tutto inutile ai fini di un viaggio (ma che, col passare dei giorni si rivela indispensabile). Gulag Orkestra lo ascoltavo in Francia. Quando dell'Italia mi andava di ricordare davvero poche cose. Postcard from Italy è una salita umida di pioggia, la mattina presto, attraverso un parco pieno di profumi, con il terriccio morbido sotto i piedi.

lunedì, dicembre 18, 2006

It's Christmas. Let Be Glad!

Che lo spettacolo è giovedì , quindi capite da voi lo stato d'animo della sottoscritta.
Che ci siano cento persone o ce ne siano due, quelle cose che saranno dette a voce alta, sotto le luci di un palcoscenico piccolo e accaldato, saranno le mie.
Cioè io spero di farcela.
Perchè avere un blog era già stato un passo avanti nei confronti del resto del mondo. Leggetemi. Ma io lo saprò soltanto relativamente (se commentate). Altrimenti potrei non sapere mai che la tale casalinga di voghera legge le mie dis-avventure quotidianamente.
Quando sono andata in prima elementare sapevo già scrivere. E con una madre professoressa d'italiano sarebbe stato difficile il contrario. In prima tenevo un diario segreto (che sconforto il giorno in cui ho scoperto che la chiave dei diari segreti è identica per tutti). Ci scrivevo cose tipo che avevo litigato con il mio compagno di banco o un resoconto dettagliato di tutto ciò che facevo, compreso compiti, condizioni metereologiche e giù di lì.
In terza elementare avevo iniziato un romanzo di formazione in quanto pesantemente influenzata dalla visione di cartoni come Heidi, Georgie, Jem e del film Tutti insieme appassionatamente. Ho anche tentato di trasporlo cinematograficamente, convincendo i miei genitori a darmi la preziosa telecamera di famiglia e la mia piccola povera sorellina minore a interpretare la parte della protagonista, un'orfana sfortunata ma piena di coraggio. Le riprese si interruppero dopo pochi minuti in quanto Amanda si rifiutava di risalire la scalinata della cantina di corsa perchè c'era un ragno. Furono piante parecchie lacrime quel giorno. Da qualche parte devono esistere ancora frammenti compromettenti di quel video amatoriale. Altro che real tv.
Poi tralasciando il periodo smemorande e co. delle medie, tutto una scritta, una dedica da bacio perugina, un murales sul figo di turno e i mitici test per capire se tu e il tuo lui eravate compatibili, è arrivato il momento della beat generation. Alle superiori. Ed è stato un lunghissimo periodo di poesie in prosa (?), inglesismi, kerouakate, ginsbergismi, struggimento interiore e desiderio fortissimo di trasferirmi in america per poter scrivere qualcosa sulle highway o sui grattacieli. Tutta la mia attività narrativa è sempre rimasta sotterranea. Poteva capitare che qualcuno leggesse, rarissimamente, previa udienza, qualcosa di mio. Fondamentalmente ho sempre scritto per me e non sentivo il bisogno del parere degli altri. Che un po' è vero, è un po' è un modo gentilmente ipocrita di non incorrere nel rischio che qualcuno mi dicesse che ero negata nel fare l'unica cosa in cui mi sentivo addosso delle briciole seppur piccolissime di talento.
In quinta sono stata iscritta contro voglia a un corso di poesia cittadino. Sono arrivata seconda e il giorno delle premiazioni avevo la congiuntivite in tutti e due gli occhi e delle chiazze rossastre sulla pelle. Dicono fosse tiroide. Io dico che il mio corpo si ribellava al pensiero che tutti dentro quel teatro avessero letto.
E adesso, ci risiamo. No, non ancora la congiuntivite nè chiazze rossastre. Solo un coniglio miniaturizzato attaccato alle pareti dello stomaco. Perchè vuoi mettere le attrici che avranno la strizza da spettacolo e i genitori in prima fila, vuoi mettere gli amici che vengono a farci il video e il timore di far crollare una videocamera sul pubblico, ma quelle parole, quelle parole saranno le mie. Mie. Soltanto.

martedì, dicembre 12, 2006

aspettando di capire se ci sarà un natale come si deve

Winter’s been real long this year
I know, cause I’ve been there
Summer never seemed to come along
and when it did, it felt all wrong
You’ve been sitting on the sidewalks wondering what went wrong with your life
You’ve been walking to your bedside table and in the top drawer was a knife
Così un gruppo che ascoltavo quest'estate, in tempi francesi, trotterellando diligente verso il mio lavoro al Consolato mi ritorna utile ora, in pieno inverno padano, con colonnina del mercurio finalmente e dico finalmente (d'inverno devo potermi lamentare del freddo!) precipitata sugli zero gradi e giù di lì.
Sono in attesa di capire se ci sarà un Natale come si deve e se sto facendo bene ad aspettare che sia finito l'anno per rimettermi in carreggiata e tornare panzer da sfondamento. Sono in attesa di sopravvivere alle vacanze di Natale, periodo pericolosissimo, soprattutto per quel certo non so che di malinconico e attenzione che se nevica poi, è davvero la fine, mi scatta il mood da neve, tipo uscire alle due del pomeriggio a infradiciarmi i moonboot (mammut) ascoltando improbabili versioni di across the universe, interi dischi di norah jones e versione acustiche di last christmas. quest'anno poi la compilation natalizia del sufjan mi sta letteralmente consumando i padiglioni auricolari.
ascolto tanto perchè ho poco da dire.
leggo molto perchè faccio fatica a scrivere.
dormo poco perchè mi sembra di perdere tempo.

giovedì, dicembre 07, 2006

catalogue

Da quando un nuovo brillante portatile ha fatto il suo ingresso tra queste quattro pareti (che poi ormai saranno già 3 mesi ma rispetto all'altro mi pare sempre nuovo e brillante), mi sono ritrovata tra le mani all'improvviso un infinito fottio di memoria da occupare e alla solita cartella Musica è andata ad affiancarsi una cartella più piccina e originale la graziosa "Beta".
LaBeta racchiude brani, suggestioni e spunti raccolti in giro per la rete in attesa di avere il tempo necessario per ascoltarli religiosamente e valutarne il contenuto.
Dalla Beta le tracce mp3 vengono poi sistematicamente catalogate secondo 4 rigide categorie cerebrali che le porteranno incontro a un diverso destino:

1) mi schifano.
Tipo i Dashboard Confessional ad esempio. O gli Infadels. Non saprei spiegare perchè ma non li sopporto. > Li cancello con una certa soddisfazione.

2)mi fanno sorridere ma vanno bene soprattutto se sto passando l'aspirapolvere in giro per la stanza.
The Icicles, quelli della canzoncina della Motorola che forse avevo postato anche qui. Insomma se la ascolto senza aspirapolvere la prima strofa è graziosa ma le altre iniziando a darmi sui nervi. O che ne so i Gogol Bordello o Joanna (che qui il discorso è diverso c'è bisogno dell'aspirapolvere perchè se no questa donnina mi taglia a metà come una mela, altro che sorridere). >Li tengo per qualche mese, li cancello, me li procuro di nuovo, li ascolto, li cancello...un circolo vizioso.

3) sono veramente troppo indie (e io e l'indie nell'ultimo periodo ci siamo lasciati e ci frequentiamo e basta senza quel folle amore dei primi momenti).
Quindi cose tipo gli Animal Collective, Daniel Johnston, quella certa elettronica dei Cassius. Non ce la faccio. Ora. >li ascolto una decina di volte poi, se la situazione non migliora, ecco sì, li cancello.

4) le adoro. Tipo Jens, Devendra, Sufjan, la mia mitologica triade 2006. Cui sono andati ad aggiungersi i Barzin. > Si guadagnano un posto da senatori a vita nella cartella musica da cui verranno rimossi solo in caso di formattazione per essere delicatamente trasferiti su supporto cd.

Sono pazza, I know.

lunedì, dicembre 04, 2006

l'odore dell'inverno

Dicono che nevicherà nei prossimi giorni.
Dicono che chi soffre il freddo vive di più.
L'odore dell'inverno è quel profumo di niente che ti sale alle narici quando apri la portiera della macchina e ti carichi addosso sette borse di vestiti di scena, computer, macchine fotografiche, copioni, appendiabiti. Dico che alla fine del mese avrò una spalla in meno probabilmente. Dico anche che avrei bisogno di un facchino. Il 21 dicembre è vicino. Poi, insomma la mia vita sarà di nuovo vita e basta, senza niente dentro. E poichè so di aver bisogno di scopi e obiettivi in continuazione, cerco di non pensarci, cerco di convincermi che cercare indirizzi su internet cui spedire fotocopie di me stessa in quindici righe sia qualcosa di utile.
Dico che forse potrei ricominciare a studiare e che devo sicuramente smettere di aspettare che qualcosa si infili da sotto la porta e dichiari a gran voce quale debba essere il mio destino.
Non so cosa fare. Al momento respiro l'odore dell'inverno e ci sento una nota ben nota, quella del Natale e di un'insospettabile malinconia di luci a intermittenza di notte per le strade.

venerdì, dicembre 01, 2006

grr grr grr


L'hanno voluto loro.
Da oggi inizierà a cadere su tutto il Piemonte una fitta pioggia di curriculum della sottoscritta.
Sarò peggio delle piaghe d'Egitto.
Vi tengo aggiornati.

mercoledì, novembre 29, 2006

*before you cry

La verità è che avevo paura di alzare la cornetta del telefono per sentirmi dire che avevo perso il treno, o peggio, che il treno che aspettavo non sarebbe più passato di lì.
La verità è che, infine, ho alzato la cornetta come si fanno tutte le cose che non si vorrebbero, respiro profondo, contare fino a tre, ascoltare il segnale acustico senza pensare a niente.
La verità è che ho chiamato Genova, la segreteria dell'unico master che sembrava per me, sembrava avere l'aspetto di una cosa che mi sarebbe piaciuto fare.
-Riguardo al Master posso dirle che è stato trasformato in master universitario di secondo livello e che le iscrizioni sono state chiuse. Verrà riproposto l'anno prossimo, probabilmente a settembre-
La verità è che avrei dovuto chiedere spiegazioni, perchè pur avendo lasciato il mio indirizzo e-mail nessuno si era premurato di avvisarmi di questa miracolosa trasformazione che mi escludeva totalmente dalla possibilità di partecipare, e per quali loschi motivi su internet non c'era traccia visibile di queste modifiche.
La verità è che ho sentito un rumore di bicchiere di vetro che si frantuma su un pavimento di ceramica e ho risposto -La ringrazio moltissimo. Buona giornata-
Probabilmente avrei dovuto piangere, ma non mi è riuscito.

La verità è che ho la netta sensazione che mentre la mia vita resta immobile il tempo mi scivoli da sotto i piedi come un inarrestabile tapis-roulant. E più il nastro scorre più mi rendo conto che dovrei prendere una decisione e togliermi il pensiero, respiro profondo, uno due tre, va bene questo per il mio futuro. E il resto, i se, i forse, i potrei sarebbero da accantonare una volta per tutte.
La verità è che ho molte energie da investire e quella solita oceanica malinconia interiore che è il mio cruccio e la mia forza.
La verità è che la cosa che mi piace di più al mondo è scrivere, scegliere le parole, esprimere, e mi rendo conto della banalità del mio sogno e della sua irrealizzabilità ma al momento ancora non sono capace di prendere fiato, chiudere i miei sogni in un cassetto e buttare via la chiave.

lunedì, novembre 27, 2006

siamo nelle piste

SONO INCASINATA.
Ebbene sì.
Ma tornerò al più presto, solo che al momento devo dedicarmi alla mia Creatura.
see u soon

giovedì, novembre 23, 2006

how to fight..

Lo diceva anche Jeff "just smile all the time", una tecnica di per sè ottima e probabilmente funzionale se non si tiene conto della sensazione di gallerie che ti scavano lo stomaco per più giorni e ogni tanto hai l'impressione che da scavare sia rimasto poco e tutto sia in procinto di venire giù, come una lucida piramide di cristalli uno sopra l'altro.
Per me sentirsi soli ha lo stesso rumore di fogli di carta sottili sottili e ali di uccelli che si alzano in volo tutti insieme. O dell'ultima pagina dell'ennesimo libro letto e appoggiato sul comodino, che non è solo un comodino ma una specie di sepolcro virtuale di tutte le mie letture negli anni, terminate e abbandonate lì sopra, così che un volume incontra e abbraccia sempre il fantasma del precedente.
C'è l'inverno fuori, ormai non si nasconde più.
Lo capisci per le stelle, quella luce particolare che le stelle hanno soltanto di inverno, soltanto a novembre forse. Chiamano, parlano, raccontano qualcosa sopra la tua testa, mentre torni a casa e cacci le mani nelle tasche, sempre più in fondo, quasi ti ci vorresti nascondere completamente. Sono periodi, come ce ne sono stati altri, una giustificazione di per sè ottima e probabilmente funzionale se non sembrasse ogni volta così poco convincente.

martedì, novembre 21, 2006

winter took my life (in un certo senso)

Ieri alle ore 00.00 con una temperatura di 8° la Seattle del Piemonte si presentava lucida e deserta, per una volta, quasi romantica. La nebbia qui a novembre abbraccia la città piano piano, inizia a sfumare l'orizzonte e poi si avvicina alle case, riempie le strade, nasconde, cancella.
Di ritorno dalle prove e da una camomilla trangugiata cercando di trovare una soluzione ai circa mille problemi di organizzazione e non, perchè a un mese dallo spettacolo sembra mancare tutto, i preventivi, le locandine, la scenografia, i costumi.
C'è sempre, in ogni progetto, o almeno in ogni mio progetto, quel momento in cui penso che non ce la farò in nessun modo e ho come l'impressione di essermi arrampicata su un'enorme montagna di briciole pronte a franarmi sotto i piedi alla mossa successiva, e sì, lo so di avere una vita troppo immaginifica.
Scivolando con la gracchiante fiesta pericolosamente in riserva sulla via del ritorno, ondeggiando dolcemente tra rotonde, curvoni, stop e semafori che conosco a memoria, mi sono chiesta cosa mi spinga a provarci tutte le volte, a buttarmi mani e piedi in cose del genere, senza riserve, e mi sono sentita orgogliosa, di me stessa, come non mi capitava da tanto tempo.


venerdì, novembre 17, 2006

that's all folks

Venerdì pomeriggio, freddo a nord-ovest, nebbia che già alle nove cancella la stazione e i treni diventano invisibili fischi che tagliano il grigio.
Io e mrs dalloway ci siamo salutate a colazione dopo l'ultima pagina, con un cenno gentile del capo, perchè la mattina presto, le parole a disposizione non sono mai abbastanza. Ho preparato un pranzo con gli avanzi rinvenuti in frigo mentre su raiuno uno chef accreditato scodellava una meravigliosa torta di pandispagna. Potrei cucinarne una anch'io ma sono solita mettermi ai fornelli solo quando sono di buonumore altrimenti ho l'assurda convinzione che il cibo diventi triste. Che è una regola che vale sempre, se hai fame e sei di buonumore cucinerai piatti prelibati. Se sei annoiata, un po'scazzata e rigorosamente in pigiama da dieci ore non ne verrà nulla di buono. Ma si va avanti. Cercando di non tirare troppo le somme (la matematica esistenziale è qualcosa da evitare soprattutto in corrispondenza degli ultimi mesi dell'anno).
Amanda sonnecchia accoccolata sul divano come un gatto. Dovevamo fare qualcosa insieme ma poi, piove, il grigio è diventato ancora più grigio e la mia lotta alla metereopatia sembra essere persa in partenza. Presto smetterò di ascoltare queste melanconiche canzoncine e mi dedicherò al punk-rock e al turpiloquio. Come quel bambino della famosa pubblicità (o forse era un film)che, solo in casa, trascorreva il suo tempo a urlare -cacca/culo- saltando sul letto.
Umpf.


listening to Picture Picture JealousChangeOfMind

giovedì, novembre 16, 2006

il lato musicale della nebbia

Another lonely day. La svolta tecnologica impazza, quasi quasi potrei addirittura iniziare a postare degli mp3. Per ora consideriamolo un grazioso esperimento, se cercate un nesso logico nell'ascolto delle sottostanti canzoncini non lo troverete. Sono cose che mi sono capitate tra le orecchie grazie alla magica modalità di riproduzione casuale. Sono "orecchiabili". E basta, fondamentalmente.


mercoledì, novembre 15, 2006

Pubblicità Okkulta (odio le cose scritte con le k al posto delle c)

Qualcuno di blogger.com deve avere letto il mio post sul sonno indotto dalle guide css e html.
Grazie a una serie di pigrissimi clic sono perfino riuscita ad aggiornare la colonnina dei link, perdutasi per cause misteriose.
Scrivo poco eh?
I know.
In realtà scrivo tantissimo, non l'ho mai detto prima perchè appartengo a quella categoria di persone non superstiziose che però meglio non parlare di una cosa fino a quando non è andata in porto. Cmq. Ci sarebbe questo spettacolo teatrale cui ho costretto con la forza alcune amiche a prendere parte in qualità di attrici ai miei deliri narrativi che mai avrei avuto il coraggio di recitare io stessa. E quindi siamo partite, testi, prove, canzoni, cazzate (quelle sempre moltissime), assicurazioni, luoghi, persone e adesso è quasi di mettersi sotto sul serio. Presto avremo anche un blog www.lepaillettes.blogspot.com. Al momento siamo ancora lì che organizziamo contenuti, discutiamo di come riuscire a ottenere un letto in stile ottocento senza pagare nulla, e ci perdiamo in discussione metafisiche su come sarebbe bello il mondo se fossimo famose e piene di soldi. Lo aggiorneremo al più presto.
Ecco. Mi sono pure fatta pubblicità occulta. Come se postassi una mia foto mentre sorseggiavo pampero con al polso un rolex di diamanti, un paio di occhiali D&G (ma non esistono più le magliette docile e gabbiana? le preferivo alla versione nazionalpopolare del dammela e...vabbè il resto lo conosciamo tutti) ascoltando la mia compilation preferita con l'I-pod (il giorno in cui io avrò l'i-pod probabilmente buona parte della popolazione terrestre sarà andata a vivere su marte e io sarò qui, sola, in mezzo a fumi e immondizie ad ascoltare The End) e digitando un post sul mio mac nuovo di pacca (non l'attuale portatile con i chip -ammesso siano chip e non cips- bruciati che sfrigolano come fettine di bacon sulla padella dei buffet intercontinentali.
Spero mi perdonerete. Sono nullafacente e la nullafacenza comporta alla sottoscritta una serie di patologie di cui la follia testuale è solo un minuscolo assaggio.

giovedì, novembre 09, 2006

park that car, drop that phone, sleep on the floor, dream about me

"Dio solo lo sa perchè l'amiamo così, la vediamo così, perché ce la facciamo così, costruendola attorno al nostro io per poi scomporla, e ricrearla da capo a ogni momento; eppure l'ultima delle pitocche, i più sciagurati rifiuti umani seduti sui gradini delle porte (istupiditi dal bere) non farebbero altrimenti; e per quella precisa ragione non c'è legge nè decreto che possa domarli: perché amano la vita. Negli occhi dei passanti, nella foga del brulichio cittadino, nel muggito e nel frastuono; nel trepestio e nell'ondeggiar di carrozze, automobili, omnibus, uomini-sandwich; nelle bande e negli organetti, nella nota trionfante e nello strano altissimo canto di un aereo che ronzava su in cielo era ciò che ella amava: la vita, Londra, e quell'attimo di giugno".

Com'era prevedibile sto rileggendo mrs dalloway per la seconda volta e chiedendomi seriamente come potesse non essermi piaciuto la prima.

mercoledì, novembre 08, 2006

L'asso Utubiano




Probabilmente compiendo quest'ulteriore passo tecnologico potrei snaturare il mio blog, che si è sempre tenuto alla larga dal progresso della tecnologia, non tanto come presa di posizione quanto perchè la sottoscritta ogni volta che si metteva a leggere una guida html o css si addormentava praticamente subito, manco fosse un capitolo della montagna incantata di Mann.
Detto questo ho ceduto alla tentazione del video-post forse perchè trovo in you-tube qualcosa di irresistibilmente anni '80 e primordi di videoemittenti televisive, non quella porcheria che è diventata mtv, talmente lisergica di volumi e colori che devi fare parecchia attenzione a non inciamparci con il telecomando mentre cerchi le televendite con la gente che accarezza i materassi e ti concilia il sonno.
Tutto questo per sottolineare che, se nei prossimi giorni non avrò nulla da scrivere e mi sentirò triste e annoiata potrebbe capitare che sfoderi qualche video utubiano, così, come l'asso di picche nascosto nello stivale a cerniera che fa tanto signora Rottenmaier (ma si scriveva così?).

*gagging order

Sveglia di mattina presto.
Il the che bolle nella sua brava pentolina, un occhio è già aperto sul mondo, l'altro ancora chiuso analizza i sogni notturni alla ricerca di innegabile tracce inconsce.
Sono andata a dormire tardi ieri.
Senza fare niente di particolare, semplicemente struggendomi per l'imminente fine della mia lettura (precedente post), combattendo la forte tentazione di lasciarla giacere incompiuta sul mio comodino il tempo necessario per abituarmi all'idea di restarne senza.
Leggere. Scrivere. Le mie ancore di salvezza dell'ultimo mese. Meglio, di sempre.
Certi libri sono coltelli caldi nel burro. ( in fondo sono appena sveglia, non posso pretendere una reazione intelligente dal mio emisfero metaforico).
Sto ascoltando in loop una canzoncina dei radiohead di cui non conoscevo l'esistenza o forse l'avevo rimossa. Fossi stata la regista del video (da brava figlia di mtv non è la prima volta che mi succede di pensarci ) avrei scelto come protagoniste gru e scavatrici dell'alta velocità, che si muovono al rallentatore sollevando pesi e polvere bianca e ocra. Magari sarei andata a riprenderle verso Novara, vicino all'autostrada. Il tema del video sarebbe stato il contrasto tra
l' epica lentezza di operai e oggetti meccanizzati e l' alta velocità di macchine che tagliano l'aria sulla milano/torino, treni interregionali, intercity, eurostar che disegnano frasi di finestrini attraverso la pianura e tutti che vorrebbero andare ancora più veloce, per arrivare prima, per perdere meno tempo a guardarsi intorno e ascoltare radio rai con le notizie sul traffico.
Ci dev'essere un motivo per cui non sono regista di videoclip, una sorta di predestinazione protestante (o mancanza di talento) per cui mi sarà precluso nella vita di trascorrere molte altre mattinate come questa, ascoltando il tempo che scorre, ascoltando canzoncine, scrivendo tutto quello che mi va, senza troppi problemi, senza troppi pensieri al domani.
A me piace anche andare piano.

lunedì, novembre 06, 2006

La Piccola Isolazionista

Sistema riavviato quindi.
Con difficoltà da non sottovalutarsi in quanto esistono e sono presenti al mondo (o almeno nel mio) periodi in cui pensi che sei giù e te ne vuoi tirare fuori subito senza capire che il tuo essere giù ha un significato molto profondo, (forse).
In questi casi la procedura standard consiste nel formattarsi per qualche giorno e attendere il tempo necessario prima di installare nuovi programmi.
Detto in parole spicce, si tratta essenzialmente di inabissarsi, nascondersi, prendere polvere, assumere atteggiamenti apa/socio patici.
Essere cozze.
Così ha fatto la sottoscritta e ha finito per guadagnare, oltre che un discreto numero di ore sul divano a sperimentare il fenomeno delle giornate che non passano mai, ottime letture di tutto rispetto.
Dopo il j'accuse di Saviano è stata la volta di Michael Cunningham (Le ore, meraviglioso, da cui hanno tratto un film che non ho visto, in cui credo ci sia Nicole Kidman, e mi domando fortemente perchè spesso pur non avendo visto un film mi ricordo attori e trama, dev'essere una sorta di reminescenza platonica) e Il Piccolo Isolazionista di Labranca, libro triste e geniale consigliabile se coltivate nel vostro cuore una punta di ostinato cinismo (che maschera in realtà una sconcertante malinconia per un eldorado di cui non avete mai fatto parte).

Vado a prendere il caffè.

lunedì, ottobre 30, 2006

* It's a wonderful life

Sono impallata.
Il computer di bordo non risponde più ai comandi ed è apparentemente immobile, impegnato in chissà quale processo random.
Se giorni fa ero triste ora credo semplicemente di essere neutra, nè triste nè felice insomma.
Domani mattina c'è il mio esame del sangue.
Che è una scemenza, diciamolo, non ci è mai morto nessuno. Ma io ho paura. Tutte le volte. So che starò male, so che arriverà quel momento in cui appena finito il prelievo cercherò di alzarmi in piedi e salutare tutti con aria invincibile e un sorriso alla jennifer garner e improvvisamente la visuale diventerà dei toni del grigio e del viola e inizierò a galleggiare sorretta dal braccio o dalla spalla di qualche parente.
Forse è non fare colazione la mattina.
Forse è che di fronte a certe cose mi vengono fuori le paure più infantili.
Sogno fulmini che mi colpiscono nel tentativo di aprire un ombrello e mi attraversano dalla testa ai piedi. Devo ancora capire cosa sia il fulmine e cosa sia l'ombrello, questo è l'obiettivo psicanalitico del periodo.
Ascolto l'unica cosa che mi risulti ascoltabile ora. E' una vecchia canzone di Sparklehorse che adoro per la sua atmosfera finto-melensa finto-carillon che nasconde la più cupa disillusione.
Il titolo dice che la vita è meravigliosa. Il testo che dice che sarebbe meraviglioso se fosse vero.
Ho comprato Gomorra di Roberto Saviano.
Credo di avere letto le prime centocinquanta pagine in uno stato di totale trance.
Il primo pensiero è stato -era ora di leggere una cosa così- il secondo è stato -il mondo certe volte fa proprio schifo-. Ho ricominciato a fare fotografie. Di tubi e cancelli.
Forse è solo che sono stanca di cercare il lato positivo delle cose, in questo periodo non ho voglia di fare sforzi per scavare la realtà alla ricerca di momenti onirici e irripetibili.
Ho idea che domani nel mio sangue, insieme a valori nella norma o meno circolerà anche un discreto quantitativo di amarezza. Speriamo prelevino quello.

venerdì, ottobre 27, 2006

Impressioni di ottobre

C'è che è venerdì sera e la settimana alle spalle ha il gusto di una caramella al cognac un po' stantia, di quelle che ti restano a metà stomaco e pesano per tutto il tempo della loro complicata digestione.
C'è che fa ancora caldo, non ricordo altro ottobre in cui mi fosse possibile aggirarmi per la città in maniche di maglietta (leggera-di cotone). Il che avrebbe i suoi lati positivi se uno vivesse al mare, o in una splendida frazioncina montana, ma tanto qui a Seattle le risaie le bruciano anche col miglior sole e la campagna si mostra già nella sua devastante bellezza desertica.
C'è che sono giunta alla conclusione di non capire una vera cippa di cinema se i critici hanno avuto il coraggio di adulare l'ultimo film di Edward Norton da me pietosamente visto tra uno sbadiglio e l'altro. Film che considero un vero tradimento nei confronti di una vera nortoniana quale sono da sempre (e quale sono di più dopo la ripetuta visione della 25a ora).
C'è che se tra le cose importanti cui dedicarmi al momento una playlist autunnale* abbia un alto livello di priorità significa che qualcosa di strano è nell'aria.


*Double Feature – Camera Obscura
Morning Yearning -Ben Harper
Camille -Vertige
Cat Power -The Greatest
Elliott Smith -Son of Sam
Beirut -Brandenburg
Giardini di Mirò -Little Victories
Josh Rouse -Quiet Town
Marlene Kuntz -Il sorriso
Mazzy Star -Fade into you
Bonnie Prince Billy -Loves comes to me
Okkervil River -In a radio song-
Wilco -Poor places

giovedì, ottobre 26, 2006

Generazione Nothing


*Liberamente ispirato a una conversazione realmente avvenuta nelle precedenti ore

-Pensaci, non so se te l'ho già detto, ma in fondo noi siamo la generazione inesistente. Nel senso che per la società di oggi non esistiamo: non siamo più studenti, non siamo disoccupati perchè a vent'anni è troppo presto dirlo, non siamo occupati e se lo siamo è perché lavoriamo in nero. Non siamo niente di indicabile-
-Dev'essere per quello che quando cammino per strada ho la chiara sensazione di essere fuori da me stessa e guardare il mio corpo vivere come in un film. Io non esisto, c'è solo una scialba immagine di me che si muove nel mondo. E ci aggiungerei anche un altro fatto; se prima ero fermamente convinta di poter rendere l'intorno un posto migliore con il mio modus vivendi e non avevo paura di sognare cose grandi e belle e sacrificare/rmi per averle, adesso ho paura che sia arrivato il momento x. Quello in cui la generazione da x diventa inesistente, quello in cui ancora non sono diventata cinica ma mi ci sto avvicinando a una velocità impressionante.
Ogni volta che metti un paio di scarpe col tacco perché così fai bella impressione, ogni volta che sorridi mentre per la gola ti scende l'ennesimo boccone amaro, ogni volta che ti ritrovi di fronte alla totale e spaesante inutilità del tuo entusiasmo-

-Già. Sarà per questo che mi sento vecchia a vent'anni? E' davvero tutto molto complicato, non si da che parte cercare una soluzione e se poi questa soluzione esista. L'abbiamo risolta con la moda del partire, del "fare esperienze". Si va lontani, si conoscono persone nuove, si imparano cose e poi quando si torna qui non è cambiato nulla. Tutti partono ma io ti confesso che se riuscissi a trovare quello che mi piace dove sono ora, se riuscissi a essere un po' più felice, non andrei proprio da nessuna parte-

-Sarà che sono l'unica cretina che è andata all'estero a spaccarsi la schiena. Però insomma, lo ammetto là si respira un'aria diversa. Magari è la solita illusione o magari invece c'è ancora qualche barlume di civiltà. Il mio problema nelle partenze è il ritorno. Che non è mai scontato, anzi. Cioè se proprio devo finire ad acidume e superficialità meglio provarci un'ultima volta in grande stile-

-Facciamo qualcosa? Mettiamo su un'attività, non so, qualunque cosa, siamo intelligenti, siamo spigliate, siamo brave e di buona volontà-

-Ma abbiamo studiato filosofia-

-Ca***-

martedì, ottobre 24, 2006

*strange form of life


Io non so se Mercurio mi è ancora avverso.
A giudicare dagli avvenimenti che si sono susseguiti negli ultimi giorni si direbbe di sì.
E non so che farci.
Per cui troppo stanca probabilmente per combattere le mie battaglie con il solito savoir-faire e quell' innata capacità di razionalizzare anche l'irrazionale sono di nuovo scivolata nel mio guscio, che è un pigiama la mattina con cui mi aggiro per la casa, l'ascolto prolungato di the letting go di bonnie prince billy, la lettura svogliata di una grammatica francese dei tempi estivi, che è languire davanti ai paesaggi grigi che si proiettano fuori dalla finestra.
(e cerco di non ascoltare quella vocina sottile sottile che dentro la pancia mi suggerisce di partire di nuovo)

lunedì, ottobre 16, 2006

*Cryin Wont' Help You Now

Essere molto stanchi a volte dà la stessa sensazione di quando si è ubriachi, leggermente brilli.
I contorni si confondono, gli equilibri si incrinano e ci vuole un'enorme forza di volontà per tenere tutto sotto controllo. Peccato che oggi pomeriggio, nonostante un vagone di buoni propositi e un carro-merci di cose da fare, io abbia dormito per ben quattro ore di fila, un sonno profondissimo da cui ogni tanto mi giungevano lontani i commenti di qualcuno che aprendo la porta mi sbriciava semi-svenuta sul divano.
Il problema è che dormendo si riposa solo una parte fisica di noi, mentre quella psicologica resta lì con i suoi nodi e le sue complicazioni e rosica rosica rosica.
Chiusa questa parentesi pippa volevo dire che.
Il concerto di ieri è stato stupendo, una cosa che dopo che è finito non mi riusciva di scendere dalla nuvoletta sopra tutto e tutti su cui ho ballato ossessivamente per un paio d'ore.
Mah, è difficile da descrivere, bisognerebbe avere un gergo più appropriato che non sembrasse lo sfogo post-adolescenziali di una ragazzina di fronte al suo idolo di sempre.
Solo che qui non è questione di orsetti e reggiseni lanciati sul palco, qui si tratta di cuore bell'e buono.

domenica, ottobre 15, 2006

I believe in a better way

Stasera Datch Forum ore 21.00 c'è Ben Harper e, nella folla, da qualche parte, ci sono anch'io.
Fuckin' good!

mercoledì, ottobre 11, 2006

How to fight loneliness (just smile all the time)

Qualcuno mi ha rubato settembre.
Cioè settembre non c'è proprio stato, più ci penso più non riesco a ricordarmi niente, una giornata, un evento, una telefonata.
Sarà perchè ero appena tornata dalle terre franche, sarà semplicemente perchè alla fine di un'estate-non estate ero parecchio svarionata, ormai sono più che convinta che settembre non ci sia stato, me lo abbiano rubato.
Indi rivorrei cortesemente 30 giorni da trascorrere in amene attività quali iniziare i nuovi succosi libri di misconosciuti filosofi rumeni che mi scalpitano sul comodino in attesa che finisca questo volumetto di narrativa russa contemporanea (contemporanea si fa per dire, l'ho comprato al mercatino dell'usato e vi si parla degli anni del dopo stalin) assolutamente strafichissimo, o dedicarmi con serietà professionale allo spettacolo di teatro teatrale che sto allestendo con le mie amiche. Ebbene sì mi sono gettata anche in quest'avventura e so già che a breve tra lavoro, scazzi, mazzi, prove, intoppi, ricerca master, faccende domestiche, la caf francese che ancora mi deve dei soldi, varie, eventuali mi verrà un attacco psicosomatico di quelli incisivi con le squame in tutto il corpo, i capelli verdi e la lingua sputafuoco.
Si cerca di buttarla sul ridere via, anche quando da ridere ci sarebbe ben poco.
Ma in fondo, più vado avanti, più che mi convinco che, per come sono montati i miei mattoncini dna, per me vale sempre la regola di dare il giusto peso a tutto, accorgersi che una cazz**** è tale, prendere atto che ci sono malinconie leggerissime da non sottovalutare mai e cercare sempre e comunque un motivo per fare un sorriso, anche striminzito.
E dire che alle elementari Pollyanna mi stava sulle balle.

lunedì, ottobre 09, 2006

c'era un ragazzo che come me amava i Beirut e i Rolling Stones














Un disco per ottobre. Un film per ottobre. Per il resto è tutto un grande, enorme, vorticoso casino che mi lascia esanime e anche un po' rincoglionita.
Quindi nuovi post a data da destinarsi.

mercoledì, ottobre 04, 2006

*never back down o forse sì


Ieri rileggevo il vecchio blog con un po' di commozione, come quando si sfoglia un album o si ritrova il diario delle elementari dove c'erano scritte le prime cotte, i voti delle maestre e i pomeriggi passati in cortile a giocare a calcio o ad ammaccarsi gli stinchi in un nascondino all'ultimo sangue. Davvero sembra incredibile tutto il tempo che ho già passato a scrivere sul web, da quel lontano giorno in cui su un'altra piattaforma (e in un altro mondo quasi, direi) ho fatto capolino con poche righe. La casa di Suzie dove la prima a mettere piede è stata la "lobby dei siciliani", Vicio, Albs, Rob, Sergio, Vassily, Juppy, Paueroso con l'infiltrato Boy from Ipanema. Poi sono arrivati un po' di autoctoni Ale, Gabel, Iso, Unpirlaqualsiasi,Randomplayer aka Mirkus, Henry e poi Zippy, Akih, Flyaway,Ernestito, Alla.finestra, Tamai e tanti altri. Ho riletto, spesso mi sono ritrovata a ridacchiare, altre volte semplicemente a ricordare ma sempre col sorriso sulle labbra. Gironzolando per il web alla ricerca di vecchi nick ho trovato parecchi blog chiusi definitivamente o trasferiti su altre galassie. Ho trovato storie diverse ed evolute rispetto a tre blog-anni fa. Quindi sarà patetico, assolutamente sentimentale e demodé ma proprio non mi è riuscito di cancellare quel museo di passi e chiacchiere lontane, meravigliose e, a modo loro, romantiche. Sarà perchè ci sento profumo di cameretta e risate. Sarà perchè eravamo tutti all'inizio di qualcosa e adesso, crescendo, quel qualcosa è diventato difficile da mantenere e bisogna difenderlo con le unghie e coi denti.


p.s. ma dico sei anni di blog non saranno troppi? non voglio diventare la woody allen dei blog

domenica, ottobre 01, 2006

Raining in Seattle














Fine settimana volato in un soffio, domenica sera a casa. Cerco di mascherare nervosismo e angoscia sotto la facciata di una spessa apatia che mi tiene a distanza da cose e persone.
Vorrei un treno che non mi portasse da nessuna parte ma, solo, mi facesse girare qualche tempo, in mezzo a paesaggi familiari o meno, a perdermi in divagazioni cosmiche sul movimento e sulla precarietà e poi mi riportasse a casa un poco più leggera.
E piove per di più. Ha iniziato oggi verso le sette, una pioggia calda leggera e piacevole, da lasciare che imperli il parabrezza prima di cancellarla con un rapido gesto di tergicristalli, domani è lunedì ed è presumibilmente meglio non pensarci.
Consumo un numero spropositato di chewingum che ho deciso di sostituire alle sigarette, almeno per il momento. La realtà è che avrei una gran voglia di spararmi una fumatina notturna, a inseguire i miei piedi in mezzo a Seattle umida e improvvisamente autunnale. Ci sono molti ordini di problemi: sono stanca, manco di favella, non vedo al di là della colazione di domani mattina, mi girano anche un po' le balle. Non ho voglia di parlare, non ho voglia di ascoltare, riesco giusto ad avere qualche scambio di pari frequenza. It's raining in Baltimore ed è meglio così, se a ottobre avesse continuato a fare estate e io stavo di nuovo lavorando ecco, mi sarei leggermente incazzata credo. Navigo, brancolo, mi esaspero. Non ho la certezza assoluta di cosa sarebbe meglio per il mio ego: ritagliarsi razionalmente 24/48 ore in cui riflettere con calma e dolcezza sul da farsi, indossare la t-shirt dell'invisibilità, farmi consigliare da una chiromante, scegliere a caso un foglio tra i mille che affollano la mia cartellina
-masterdavalutareoltrecheunapartedeltuoprossimofuturosonoanchesoldiricordatelo-
Non se ne esce.

It's raining in Baltimore.
I need a phone-call
I need a raincoat

venerdì, settembre 29, 2006

*The White Trash Period Of My Life




Ovvero quando non ci sono parole provo a usare la musica per dirlo.
Un leggero paesaggio autunnale sbirciato di sbieco dal finestrino mentre torno a casa su autostrade grigio pastello e schiaccio il piede sull'acceleratore perchè ho voglia di cose semplici, una doccia, l'asciugamano legato in testa e qualche voce amica.
Sono qui che lavoro da maggio e ancora non sono riuscita a mettere da parte niente, qualche soldo, qualche chance, qualche prospettiva in più.
A sentirmi dire tutto il giorno che ho una bella testa e a sentirmela sempre più pesante sulle spalle. E mantenere il buonumore con tutte le forze rimaste e lunghe, lunghissime passeggiate nella notte di Seattle con i suoi viali appena sfumati di foglie e ancora i dehors dei bar e la gente seduta che beve e racconta.

sabato, settembre 23, 2006

autumn 06

Non è che sia sparita.
E' che sono stata travolta dall'autunno e da un lavoro nuovo che mi piace e mi avvicina ancora una volta alle parole.
Da analizzare, da soppesare, da correggere, da tradurre, a cui trovare il posto giusto.
Talmente tante parole che poi mi viene difficile scrivere nel modo cui mi sono abituata, quello della musica e della tastiera su cui ticchettare pensieri.
Cercare l'equilibrio in mezzo alla vertigine.

venerdì, settembre 15, 2006

Il Mese delle Rivelazioni



Piove, una pioggia fitta e dura che picchia forte sul parabrezza delle macchine. Le risaie sono gialle e il cielo è nero. Questo è uno di quei classici momenti in cui vorrei avere con me la mia macchina fotografica. Ma l'apparecchio è a casa sopra la scrivania perchè sono troppo pigra. Oppure no. In giro dalla mattina alla sera, dopo una splendida notte insonne a rigirarmi nel letto senza motivo, niente peperonata serale ammazza sogni, niente preoccupazioni. Oppure sì. Perchè settembre finisce, l'estate finisce e inizia ottobre e ottobre sarà il Mese delle Decisioni così come Maggio era stato il Mese delle Partenze e Gennaio il Mese della Depressione Post-Tesi. So che domani inviando la prima di una lunga serie di raccomandate per master e non master dovrò convincermi definitivamente che si ricomincia e che è ora di affrontare nuovi ordini di preoccupazioni e pensieri, ma soprattutto di trovarne il tempo dato che ottobre presenterà numerose Settimane di Lavoro e Impegno Psico-fisico. Sono talmente cotta che nemmeno il tempo fa più differenza. Dico che oggi era una di quelle giornate che in diverse condizioni non mi avrebbe fatto schiodare dal letto e dalla divisa pigiama fino a tarda ora. E invece stamattina, in piedi con il mio ombrellino a fiori sotto il Diluvio Universale cominciavo una nuova giornata con l'innocenza di un agnellino implume (che però all'occasione può sfoderare unghie da leone).

martedì, settembre 12, 2006

L'estate sta finendo e io sono tornata da un po'.
E sono ovunque, sono spalmata su trecento giorni e non riesco a capire dove inizio e dove andrò a finire. Talmente tante cose tutte insieme. non ho avuto tempo di immalinconirmi come davo per scontato che fosse. Ogni tanto penso di avere messo me stessa dentro una valigia che non ho più aperto, dimenticata su un treno, in una stanza da cui ora si affaccerà qualcuno che non sono io al balcone e magari non penserà che i profili delle case a punta al tramonto sono un paesaggio buffo e fantastico. Ma lo dico senza nostalgia davvero, davvero come se quella parte di me rimasta in valigia fosse stata un taglio netto di quelli ordinati, come quando una tazza cade e si rompe a metà e unendo le parti della ceramica combaciano perfettamente.
Ricevo qualche e-mail e penso con affetto a tutte le persone francesi e non conosciute in quella città dal nome tanto musicale. E rispondo con calma, senza ansie angosce, se, ma, forse. Ora sono qui e mi godo settembre, the one I love. Perchè settembre è meraviglioso, lo amo, lo adoro, sarei dovuta nascere a settembre forse.
il momento in cui le cose sembrano spegnersi e poi si illuminano di colore, meravigliosamente intrise di parole e ricordi.



You know it really wont surprise me If you're a wreck by the age of fourteen The way you look The way you look is fine So often colour coordinated your sister she's an Eighties fan But that's alright Have I told you so is mine You say your life will be the death of you Tell me, do you wash your hair in honey dew? And long for all of them to fall in love with you But they never do Drinking vodka on the fly Your mother has a watchful eye So look out kid She's onto you this time Run away to a bed and breakfast Console yourself with the Reader's Digest Ringing the Yellow Pages all alone You say your life will be the death of you Tell me, do you wash your hair in honey dew? And long for all of them to fall in love with you But they never do No they never do I'm gonna tell you something good about yourself I'll say it now and I'll never say it about no one else I'm gonna tell you something good about yourself I'll say it now and I'll never say it about no one else About no one else

giovedì, settembre 07, 2006

*welcome home

Forse anche casa aveva voglia di riavermi qui.
La mia città dico, per intero.
Ritrovare persone, per intero, iniziare progetti. Almeno un paio in cui credo molto e spero. E da brava scaramantica non ne parlo, perchè la fortuna non ama essere incensata e se così accade scompare in un soffio. Non pensavo, no, non pensavo davvero di tornare ed essere contenta. Soddisfatta, stanca per una giornata iniziata alle otto del mattino e che si conclude ora, dopo aver visto tante persone e parlato con tutte per intero, dopo una lunga chiacchierata sul balcone con la luce di una candela alla citronella per scacciare le ultime zanzare dell'estate e i lampi di un temporale che si avvicina e allenta la morsa dell'afa.
Sono serena e non mi sembra vero. Di avere guadagnato in 4 mesi di lavorolavorolavoro e di enorme devastante sorprendente solitudine questa specie di baricentro immobile dentro di me.
Una voce saggia che mi segue in tutto quello che faccio.
C'è che forse il posto in cui nasci è qualcosa a cui sarai legato sempre anche se senti di non appartenerci, appunto, per intero.
C'è che qui ci sono tanti ricordi e a volte, ancora, cose da scrivere per il presente. E per il futuro.

martedì, settembre 05, 2006

*arrangements of shapes and space



Sono solo stanca, avrei bisogno di una pausa forse.
C’è un mondo qui che mi gira intorno molto lentamente, e io mi sento come schizzata da una galassia lontana a osservarlo. Sono un satellite. Sto bene, sto male non saprei dire. Posso dire che sono tranquilla al di là dei miei stati d’animo, dev’essere la sindrome di quelli che tornano da qualcosa. Si sentono tranquilli, la vogliono prima di tutto questa tranquillità. Settembre è meraviglioso. Quella sensazione dell’estate sulla pelle che scivola via come una coperta, anche se un’estate vera e propria non c’è stata la sento ugualmente allontanarsi. E’ come la terra che scompare all’orizzonte, e di nuovo è solo mare, acqua, distese di acqua infinite tutt’intorno. Io sono ferma, in piedi sulla mia zattera di quattro legni e non trovo niente di meglio da fare che intrecciare le alghe e farmi trascinare dalla corrente per un po’ di tempo prima di ricominciare a remarci contro.
E’ tutto lento, l’ho detto prima. Il mondo come una fotografia immobile.
Voglio essere felice. Lo voglio contro il resto, contro la precarietà del lavoro, dell’esistenza, delle persone, del futuro.
Voglio essere felice più di ogni altra cosa, della ricchezza, del successo, della gloria, della fama. Lasciatemi essere felice. Non è successo niente di particolare. Come in quella poesia di Neruda. Sentire tutti i piccoli pezzi che compongono il mio cuore che brillano di felicità.
Vivere per quel momento.
E sono incazzata. Perché so quanto sia difficile e so quanto col tempo ciascuno si perda a suo modo nella ricerca di ricchezza, successo, gloria, fama e le scambi per la felicità. La felicità viene da dentro, è qualcosa che solo noi possiamo regalare a noi stessi.
Scusa se ogni tanto mi incazzo anche con te. Ma è la rabbia che esce da qualche parte, non la trattengo più. Perché mi sbatto, mi sbatto come un mulo per cercare, per trovare e per gli altri sembra sempre tutto così semplice…e per me no, un paio di scalini sono sempre montagne, altezze così reali per me che sono nata per raggiungerle ma non amo la mondanità. Ho visto tante cose e ho ancora ho paura ma conservo meraviglia del mondo.
Sarà colpa della sindrome di quelli che tornano da qualcosa. Poi passa, si arriva fino a dove non si credeva possibile e di nuovo ci si guarda alle spalle.

P.s. qui qualche prima foto del mio periodo francese: http://www.flickr.com/photos/mo_fran_cesca/

giovedì, agosto 31, 2006

au revoir


Che sia l’ultimo post francese questo è certo.
Che sia l’ultimo post di questo blog è probabile.

Chambéry che è una piccola città playmobil.
Le signore arabe che alle cinque del pomeriggio si siedono su una panchina vicino alla mia residence e restao nell’ombra a chiacchierare con i veli colorati e le facce rugose.
Il rottweiller del mio vicino di casa che mi ha rotto l’anima in più di un’occasione ma poi una volta, mentre gettavo l’immondizia, si è avvicinato all’improvviso e si è fatto accarezzare come un coniglio bianco.
I codici per tutto: il bancomat, le schede telefoniche, l’ingresso al consolato, l’ingresso alla residenza, l’ingresso alle e-mail di chi non riesce a leggerle. Li ho imparati a memoria, non so come.
La passeggiata sempre la stessa e sempre identica tutte le mattine cadenzate al ritmo di musiche pressoché invariate tali poi da costituire la colonna sonora di questo andata e ritorno rituale.
La vetrina del Dauphiné Libéré in cui specchiarsi per controllare di essere sufficientemente pettinata (n.d.r. una mattina mi ci sono vista specchiata con una specie di rasta in mezzo alla testa)
Il maledetto multicolore e multicaro Monoprix con i suoi infingardi yogurt che occhieggiando dalle loro brillanti confezioni reclamavano di essere mangiati.
LA CREPE di AIX LES BAINS. La CREPE.
L’ossessione continua per i soldi: ne avrò abbastanza? E se finisco la scheda e mi tocca di nuovo chiamare dalla cabina piena di falene e zanzare?
Il colore del cielo. Che in Francia è diverso e mi rendo conto si possa non essere d’accordo ma se Van Gogh e Cezanne e compagnia briscola hanno scelto di dipingerlo un motivo ci sarà.
Le farfalle, per la strada. Una cosa che nella Seattle del Piemonte mai mi è successa, di vederne così tante volare dappertutto come piccole piume alate alla Forrest Gump.
Sapere se pioverà o meno in base all’odore di caffè (n.d.r. non si tratta di una branca minore delle arti divinatorie ma c’è una torrefazione vicino al Consolato e se gira il vento e porta l’odore di caffè pioverà nelle seguenti dodici ore. Comprovato)
Non ricordarsi più cos’è la televisione e ricominciare un rapporto totalizzante ed erotico con la lettura. Il piacere di leggere, come quello di mangiare una tartiflette ben fatta in una serata di pioggia.
Le cortesie, le gentilezze millantate, i je vous en prie, i desolée.
Quella certa silhouette delle montagne dalla mia finestra, una specie di righello nel cielo dorato delle sette di sera.
Sentirmi stanca ma, nonostante tutto, soddisfatta.
Celia che dice orgiiia credendo significhi casino.
Alexandra che parla a raffica e non se ne rende conto. E che fa l’insalata di lenticchie fredde buona.
Suzie con cui non ci si riesce mai a mettere d’accordo per vedersi ma poi alla fine ci si vuole un gran bene.
Emilie così timida e riservata che all’inizio avevo paura di romperla con la mia veemenza.
Il Console che forse dopo 4 mesi ha capito. Che sono una persona seria solo per metà e che pur essendo ariete se mi si maneggia con delicatezza mi rovescio corna all’aria.
I cereali mangiati a manciate di nascosto nei momenti no. Che sono i momenti in cui ti chiedi se è rimasto qualcosa in frigo, lo apri e ti rispondi “No”.
Guardare quattro film di fila, alzarsi dal letto e non capire più niente.
Accorgersi che i bei tempi in cui non bastavano quattro bicchieri di rum a farmi ondeggiare sono passati. E che oggi dopo mezzo bicchiere di vino sono ubriaca.
Place Saint Léger con i caffè e la fontana e i negozietti quelli in cui porteresti a casa tutto. Maledetto Pier Import.
La Frite Dorée. La patatina dorata. Che non è il nome di una pornostar ma di un luogo di conforto per stomaci affamati e portafogli anoressici. Dieci euro di carne e patatine a volontà.
Il Pastis che mi fa schifo.
Il Kyr Cassis che è tutta vita.
I vini di Savoia che mi piacciono da morire e mi fanno ubriacare vedi sopra
Il lago di Acquabellina (Aiguebellette) con le paperelle e le barche a remi e un gruppo di russi che si esibisce in un tremendo spettacolo kitsch con tanto di matrioske (ici poupées russes)
Il Buisson Rond. Un parco bello, che la prima volta che ci sono stata mi stavano per violentare però un attimo prima avevo pensato che gli alberi erano proprio stupendi.
Essere sopravvissuta alla mia quasi-coinquilina. Che più mi sforzo e più non riesco tutt’oggi a trovare un episodio simpatico che la veda protagonista. Grazie di avermi dimostrato che il mio vaso prima di traboccare ha la stessa capienza di una petroliera.
La direttrice pedagogica che mi ha insegnato un sacco di parole e volgarissimi detti popolari in abruzzese. E che è stata un’ancora felice nei primi tempi in cui ancora dovevo imparare ad allacciarmi le scarpe e a rispondere Merci.
Leggere in francese e finalmente CAPIRE. Considerando che sono partita dalle confezioni dei Choco Pops.
Accorgersi che la lavanderia ha chiuso alle sei e che tu avevi tutte le coperte in lavatrice.
Guardare tramonti senza dire una parola.
Aprire gli occhi la mattina e stupirsi della perfetta razionalità del mio orologio biologico che mi preserva dall’infarto miocardico dettato dalla mia insopportabile sveglia sottoprezzo.
L’aria fresca che di solito è una cosa che si legge solo nei romanzi del dopoguerra e nei discorsi tra vecchi di paese. Ma qui uscire e prendere un po’ di aria fresca è meraviglioso.
Finestre aperte per la maggior parte del tempo.
Misurare distanze, vuoti e presenze.
Il disordine sempre e comunque alternato a momenti di ordine compulsivo e folle ripiegamento di vestiti e lenzuola.
La sera in cui traduco ai miei amici francofoni tutte le canzoni in dialetto vercellese e scopro che in molti casi le rime più scurrili restano tali.
Lacrime.
La prima volta che al telefono ho detto che avrei cercato una foglia invece che un foglio.
La prima volta che una signora alla stazione mi ha detto che non aveva capito che ero italiana.
La prima volta che ho dato indicazioni stradali e mi sono sentita un po’ meno ospite e un po’ più di qui.
Il mio vecchio ordinateur portatile che scricchiola e borbotta sempre di più ma che mi ha permesso l’ascolto pressochè ininterrotto di miliardi di canzoni.
Il passaggio di consegne alle ragazze italiane che verranno a prendere il mio posto; capisci che sei stato un po’ di tempo da qualche parte quando impari a snocciolare nomi di posti e vie con una precisione scientifica.
I viaggi in treno, imparare a memoria i profili delle montagne.
Sentirsi spesso sospesi, come in un elastico salto al rallentatore con le braccia protese in avanti e i piedi che volano sul vuoto.
Annecy che mi piace sempre e comunque.
Lione che mi ha rapito il cuore e che mi ha chiamato per nome.
Arles e il giardino dell’ospedale di Van Gogh pieno di fiori che ti strappano il cuore.
Il mare freddo e meraviglioso.
Paesaggi-cartolina nella testa, qualcosa di cui non parlerò a nessuno probabilmente.
L’ultimo sabato pomeriggio trascorso a leggere, dormicchiare e cercare di non abbandonarsi a facilissime malinconie.
L’ultima domenica sera a preparare una cena casalinga e a osservare stupita il primo tramonto dai colori autunnali.
Settembre che mi riporta a casa,
ed è già passata l’estate.

giovedì, agosto 17, 2006

*Quello che non c'é (l'estate, ad esempio)

Sentirsi scivolare sotto i piedi questi ultimi giorni francesi, un tapis -roulant di mesi che sta arrivando al nodo finale, al suo estremo e si prepara a dichiararsi fuori servizio come tutte le cose di cui rimane solo una piccola parte, a dispetto delle altre che si cancellano nell'economia generale dei ricordi.
La strada che hai percorso tutti i giorni, le orme invisibili dei tuoi piedi che solo tu puoi riconoscere, sempre nella stessa direzione, avanti e indietro per una città che non si ricorderà di te e che non hai amato con la testa e col cuore ma che ringrazi profondamente per averti permesso una delle liberà più grandi, quella di prenderti in considerazione, di pensare a te stessa spesso, durante ogni giornata, davanti allo specchio o a una finestra, o al supermercato.
Non sei più abituata agli addii o forse, tout simplement, non ci credi più, per quella cosa di sopra, perché di tutto resta una parte e di tutti, e continua a viverti dentro finché diventa talmente tua che non la percepisci più come estranea, esterna.
Ed é bello vivere per poter raccontare, per poter diventare scatole piene di storie proprie e altrui ed é necessario affrontare con passione il mondo, anche se straniero, anche se lontano e diverso, perché é l'unico modo di farsi erodere dal torrente degli avvenimenti e diventare più sensibili e sentimentali, senza inaridirsi mai.

martedì, agosto 08, 2006

Torno subito

L'estate 2006 passerà alla storia come un periodo infinito e indefinito, forse perché l'ho passata a lavorare, in un posto fuori da tutto quello che di solito é estate per me, Seattle che suda, Seattle che fa un tuffo in piscina, Seattle che cerca invano un nuovo spray antizanzara che faccia il suo effetto.
Svegliarsi la domenica mattina e non sentire niente di niente, solo il fischio di qualche treno e la televisione a volume spropositato del vecchio pensionato di fronte, che la guarda sul balcone, per prendere fresco.
Queste cose sono forse mancate ma ce ne sono state altre.
La mattina presto gli alberi che ondeggiano, innumerevoli foglie che si sfiorano e producono lo stesso rumore di una pioggia strana e magica. Per dirne solo una, che non é ancora momento di bilanci.
E.
Chambéry é The Truman Show e un po' anche Mullholland Drive.
L'estate 2006 é un po' anche autunno, prima del previsto.

*Questo blog abbassa le serrande fino al 16 agosto*

giovedì, agosto 03, 2006

I pomposi poeti che ti fregano quando meno te lo aspetti

Ascolta.
Piove dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici salmastre ed arse,
piove sui pini scagliosi ed irti,
piove sui mirti divini,su le ginestre fulgenti di fiori accolti,
sui ginestri folti di coccole aulenti, piove sui nostri volti silvani,
piove sulle nostre mani ignude, sui nostri vestimenti leggieri,
su i freschi pensieri che l'anima schiude novella,
su la favola bella che ieri l'illuse, che oggi m'illude, o Ermione

Non ho mai avuto grande simpatia per Gabriele D'Annunzio.
Ho il ricordo terribile di una gita scolastica al Vittoriale, quella casa piena zeppa di soprammobili di ogni foggia possibile e noi poveri studenti che ci aggiravamo per stretti passaggi con i nostri enormi zaini, come elefanti in un labirinto di cristallo.
Al termine della visita ero giunta alla conclusione che il D'Annunzio fosse una sorta di Renzo Arbore del passato, con uno smodato gusto per il kitsch e un'ossessione totalizzante per il suo ego smisurato.
Potrei qui generalizzare dicendo che solitamente non nutro molta simpatia per le persone di ego smisurato, che in Francia chiamano i signori Moi-Je, dimostrando quanto i francesi sappiano essere sottili nel demolire chiunque con il più assoluto charme e senza possibilità di replica.
E quindi preferisco gli sfigati talentuosi, quelli che dopo morti tutti si accorgono del loro enorme potenziale e scrivono libri e raccolgono interviste e domandano e chiedono e soprattutto si domandano perché non se ne sono resi conto quando ancora questi poveri tizi stavano in vita. Ma il successo e il talento sono canali che non sempre si incrociano, e spesso molti geni rimangono nel più totale anonimato continuando a rosicare i loro problemi di sempre, l'alcool, la droga, le donne, la povertà, gli squilibri psicologici, madri invadenti e padri rompipalle.
E diventano affascinantissimi per quella loro strana indole che li porta a creare opere meravigliose rimanendo profondamente umani e forse più umani degli altri, senza sentire la necessità di farsi incensare dalla stampa o essere accolti nelle cerchie degli intellettuali più in.
Poi pero' oggi piove.
E, a tradimento, sul più bello di una silenziosa e modesta osservazione degli alberi del parco che attraverso la mattina per venire a lavoro, per tuffarmi nel mio brodo tranquillo, nella mia pîù profonda umanità, sento la voce di quell'omino piccolo e baffuto e borioso che sussurra:
- Francesca. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse -
E non posso che ammettere che, a dispetto dei miei principi e dei miei generalismi, non c'é niente da fare, Gabriele d'Annunzio mi ha fregato ancora una volta.

mercoledì, agosto 02, 2006

Volevo essere sincera

Il mondo é dei più furbi.
Punto e basta.
Tutti i cinici, gli opinionisti, le nonne, i nonni, i genitori già inaciditi dal mondo del lavoro hanno ragione.
Il mondo é dei più furbi, di quelli che l'importante é apparire e schiamazzare, di quelli che la prima cosa la mattina sono loro e la seconda pure, di chi non chiede per favore per prendere ma prende e basta, di chi parla solo dei fatti suoi e non ascolta quelli degli altri, di chi l'importante é guadagnarci sempre e comunque.
Fiera da sempre di non appartenere al mondo dei furbi oggi mi ritrovo a pensare che tutto il mio costante e pervicace lavoro silenzioso per rimanere sottotono, per fare le cose che devo senza avere la pretesa che siano gesta mitiche e irrinunciabili é una perdita di tempo e un errore.
O meglio; non é affatto un errore ma lo é l'assurda speranza che i furbi si ritrovino di fronte a qualcosa di diverso e ci pensino un po' sopra.
Perché i furbi vanno come carriarmati e l'unico augurio che mi sento di far loro dal profondo del cuore e di non doversi ritrovare mai, per nessun motivo, nei panni di chi furbo non é, e mastica amarezza e la mescola con la consapevolezza di fare del bene, sperando di migliorarne il sapore.

giovedì, luglio 27, 2006

delibere

Ho un nuovo cellulare che in realtà è un riciclo di un cellulare dismesso e che nitrisce tutte le volte che qualcuno chiama.
Lotto contro la tentazione di abbandonarmi al malumore derivante da un’insostenibile stanchezza fisica strettamente correlato a una progressiva diminuzione di stabilità psicologica. La mia strategia del –per qualche giorno recupero il fiato poi ricomincio- ha dato pessimi frutti nella fattispecie una stanza che sembra essere stata messa a soqquadro da quattro squadre della Cia.
Cumuli di vestiti mi parlano.
La sera mi viene voglia di scattare fotografie ma essendo già distesa sul letto in assetto da riposo finisco per immortalarmi semi-dormiente e pensierosa.
Sono pensierosa nel profondo del mio dna, da sempre, ma qui è tutto amplificato e mi sono abituata alla solitudine di rincasare all’una e mezza e leggere libri a voce alta, riempire la stanza di parole.
Essenzialmente ritengo che il mio ultimo mese qui sarà più che decisivo.
Se sopravvivo a tutto, compresa me stessa prendero’ parte a nuove regate senza troppi indugi. La verità è che se un giorno sono convinta di una cosa il giorno dopo lo sono meno e poi penso che si debba analizzare.
E analizzo come uno scienziato pazzo, scompongo, suddivido, raccolgo, sottraggo, moltiplico per ottenere la versione dei fatti che mi risulti più obiettiva possibile.
Non mi incazzo quasi più, non mi lamento.
Mi faccio paura certe volte, mi domando dove sono finita o se la persona di prima era una specie di pilota automatico e io sono davvero cosi’.
Tranquilla, di una tranquillità disarmante, una specie di tronco che galleggia senza troppe pretese e aspetta di vedere dove lo sta portando la corrente.
Salto il pranzo, non mi riposo mai davvero.
Forse una volta tornata a casa non faro’ altro che dormire per 15 giorni.
Poi mi svegliero’ una mattina, berro’ finalmente del caffè che sia caffè e non sappia di chinotto, liquerizia, salmone e anticalcare e prendero’ le mie nuove decisioni.
La mia vita funziona a delibere.
A fascicoli, gli stessi che impilo ogni giorno e soflgio e cerco di capire dove sia l’inizio e dove sia la fine.

mercoledì, luglio 26, 2006

cozze


"sono alle cozze"

venerdì, luglio 21, 2006

Random = a caz**!

Perché tanto cercare di mettere in piedi tre pensieri con un nesso logico dopo quasi due settimane di ore 3 di sonno per notte é impresa impossibile.
Cosi' prima di seppellirmi nelle catacombe degli archivi tra ragnatele e polvere che manco Indiana Jones e i Predatori dell'Arca Perduta scrivo due righe. Non sia mai che spostando il fascicolo sbagliato si apra una botola che mi faccia precipitare in una tomba egizia piena di serpenti.
Caldo.
Qui la chiamano canicule, io l'ho ribattezzata "la caldazza" ovvero una terribile afa che ti martella la testa cancellando i tuoi tratti di essere umano e trasformandoti in una sorta di invertebrato privo di connessioni cerebriformi funzionanti. Anche il solo pensiero di scollarsi dalla sedia e andare a bere un bicchiere d'acqua costa fatica.
E io dovrei tra le altre cose finire entro settimana prossima un rapporto sull'insegnamento della lingua italiana in questo dipartimento, io che ho sostituito la lingua italiana con una serie efficacissima di grugniti e gesti allusivi.
I miei 22 metri quadri di stanza sono random = a caz**! e da lunedi' dovremo viverci in tre, perché mi raggiunge laamanda con la sua bestfriend e allora rinuncero' a dormire definitivamente e passero' le notti in bianco a terminare la lettura di questo spassosissimo libro sulla grammatica francese dal titolo La grammatica per i nulli, e io sono tra costoro.
Mi hanno detto di chiedere le ferie e io me ne vergogno, da buona figlia della mia generazione che non alza mai la voce ma crede fortissimamente crede nel potere dell'educazione altrui.
Sono tendenzialmente utopica ma finiro' per compiere questo gesto, che sono due mesi che lavoro senza beccare una lira, manco i soldi dell'università che mi si dovevano per la laurea, a settembre mi tocca fare (ancora) economia.
E magari studiare.
Vorrei affogarmi in un bicchiere di acqua freschissima e sentire la testa che si libera e la smette di martellare tum tum tum.
Mi è anche capitato di fare sogni sonori e temo siano un primo segno manifestod i allucinazioni da caldazza. Sogni in cui i personaggi parlano come in un film, ci sono veri e propri dialoghi con diversi toni di voce.
E poi un mucchio di déjà-vu, una cosa da far venire i brividi, persone che dicono cose che mi mostrano fogli, che fanno una determinata considerazione e io -cielo questa l'ho già sentita, già stata sottolineata e in grassetto-.
Mica vorrà significare che pure in un'altra vita facevo la stagista all'estero?
Che sculo.

giovedì, luglio 20, 2006

L'Epitaffio Pop dei CasaMartini



Ho trovato la mia canzone dell'estate, scritta da questi strambi tipi qui di fianco, che io considero assolutamente geniali nonché unico gruppo veramente pop prima che il pop diventasse affare di boyband, girlband, zoccole e zoccoli di vario genere. E' una canzone estiva da ascoltare con sottofondo di rondini e piatti nel lavandino, o in macchina o in treno o distesi sul letto a tormentare il soffitto con un mucchio di domande esistenziali. Perché comunica un certo senso di pace di cui si ha bisogno mentre si vive qualcosa di cui si intravede la fine. Perché l'estate é allegria, é ombrellini colorati nei bicchieri, é l'afa delle due del mattino, é sole enorme e caldo sulla pelle ma anche quell'inevitabile malinconia di non perdere quel tempo dolce destinato a passare troppo in fretta.
Build parla di una casa che viene costruita pezzo dopo pezzo e già ci si immagina come sarà una volta finita, come ci si potrà vivere, come ci si ambienterà tra quelle pareti. Build parla di un futuro dorato che a ben ascoltare si rivela poi un epitaffio del presente che fugge, e ne riassume con intensità ogni istante con passione per non dimenticarlo una volta cha sarà appoggiato anche l'ultimo mattone.

lunedì, luglio 17, 2006



Mi manca il mare.

Le mie estati al mare da bébé, da bambina, da adolescente.

La pelle che tira per il sale, gli occhi che bruciano, i capelli sfibrati. La spiaggia quando tramonta il sole e resta soltanto chi il mare lo ama davvero. Camminare con una maglia di cotone sul bagnasciuga e seguire con attenzione impronte scomparse. Gli occhi aperti sott'acqua e quella luce azzurrina che disegna un mondo onirico fatto di ombre e sfumature. Conchiglie e pezzi di vetro levigati. Il mare che spero di poter vivere da vicino a gennaio, a dicembre, chi lo sa. Sto accumulando una stanchezza incredibile a rimanere qui. Una stanchezza che sa di vuoto e di gambe stanche la mattina e la sera tardi a scrivere, a leggere, a pensare. Una stanchezza tranquilla a dire il vero. La stessa di un lungo bagno a galleggiare con la pancia all'aria e aspettarsi da un momento all'altro che ti inghiotta il cielo. Sto attraversando un'altra linea d'ombra ecco tutto, e questa volta ne ho la consapevolezza piena e tengo il timone stretto tra le mani e continuo a navigare con certe forze che credevo non mi appartenessero più. Dopo un anno lunghissimo, l'anno più strano della mia vita sorrido al pensiero di non avere avuto un attimo di riposo e della distanza che sta tra il mio corpo piccolo e la mie mente che non si ferma mai e vorrebbe andare ovunque. E confesso che mi manca il mare, di lasciarlo parlare di poter restare soltanto in ascolto e non dire niente.

sabato, luglio 15, 2006

D'estate a Vercelli uscire la sera è come galleggiare dentro un budino di umidità che ti avvolge e liquefa i contorni delle cose, dei discorsi. Ci sono le zanzare a Vercelli, a miliardi, certe volte uno ha l'impressione che finiranno per portarsi via i lampioni e tutte le luci e la città resterà nel buio più totale a farsi inghiottire dall'afa. Sono meravigliose le zanzare, se non pungessero eh, se non producessero quel rumore fastidioso nel cuore della notte per cui tu sai che è solo questione di tempo e che poi inizierai a scorticarti selvaggiamente la pelle con le unghie. Hanno un corpo fragilissimo, un pungiglione lungo e più sottile di un filo, vivono pochi giorni, forse uno soltanto. Beh allora, tanto vale che si bevano un po' del mio sangue. Sto diventando edonista per certi versi. Sto diventando che preferisco non andare a cercarmi i problemi, vivere galleggiando morbidamente cercando di lasciare da una parte gli ostacoli più evidenti. Mi piace essere tornata per qualche giorno. Il pensiero che comunque e dovunque sarò oggi, domani, tra un anno, a rimettere piede qui ci sarà sempre qualcosa che mi ricorderà qualcos'altro, perchè 22 anni nello stesso posto significa avere un ricordo di tutto, perfino delle scritte sui muri e dei cancello arrugginiti, perfino delle telecamere di sorveglianza e delle cabine telefoniche. E poi il resto, la gente che coltiva rancore, la gente lasciata alle spalle, è diverso non appartiene al contesto, è stata soltanto un momento transitorio come ce n'è tanti. Allora è bello uscire d'estate la sera a Vercelli e camminare avanti e indietro per quelle luci rosse e gialle e pensare che ci sono ancora altri 60 giorni francesi e chissà se quattro mesi sono abbastanza per avere dei ricordi di lassù.

giovedì, luglio 06, 2006

arrière-pensée

Dentro un frullatore e fuori piove.
La mia sensazione del momento é grossomodo questa.
C'é che la mattina quando vado al lavoro e mi ascolto i miei dieci minuti di musica, che sono poi due o tre canzoni, é l'unico momento in cui il frullatore si ferma e tutto diventa lentissimo e mi sembra di camminare senza muovermi, forse per via delle ombre che ho legate ai piedi, come Peter Pan.
C'é che il pavimento della stanza é disseminato di libri cominciati per metà e film visti per i primi dieci minuti e panni asciutti e mai stesi. C'é disordine anche li' e nella pioggia che cade un po' obliqua e un po' dritta e io non so come vestirmi, ho messo i calzoni da bambino delle elementari e me ne sto tutta raggrinzita sulla poltroncina del mio ufficio a scrivere e tradurre lettere di cortesia. Mi ricopro di frasi fatte, di formule di politesse, di formattazioni e simboli, firme e cariche onorifiche. E ogni tanto do' uno sguardo fuori alla pioggia incasinata in cui ieri ho camminato per i dieci minuti del ritorno e sono arrivata a casa zuppa dalla testa ai piedi. Il mio modo di farmi entrare un po' di estate dentro. Che quando la mia voce assume un certo tono, una certa inclinazione é meglio non parlare, é brutto perfino ascoltarsi.
Allora si lascia parlare qualcun'altro, due, tre canzoni per dieci minuti la mattina e dieci minuti la sera quando si torna a casa a vedere un'altra partita dei mondiali con le amiche e ci si fuma via su un balcone che ha un tappeto di erba sintetica e sembra un favoloso mondo kitsch ancora più in disordine del mio.

mercoledì, luglio 05, 2006

*chez pas

Giorni strani, che sembrano un po' una lenta canzone dei Concretes e contemporaneamente un pezzaccio di Jesus and Mary Chain, (ho dimenticato a seattle PsychoCandy mannaggialadra).
Le casse del computer perennemente accese paiono aver tirato le cuoia, voglio dire che qualunque suono passino sembra una cover di Bonnie Prince Billie.
Ho comprato un ventilatore che mi fa venire i reumatismi pero' fa anche un'aria magnifica, una brezza potente che caccia con veemenza l'afa dalla mia sempre più straripante camera; 22 metri quadri sono davvero pochi per contenere il mio ego in continua espansione, alle pareti ho già attaccato di tutto e ammasso roba su roba in ogni angolo; la prossima volta che mi toccherà cercare una stanza dovro' chiederne esplicitamente una per megalomani. Poi. La partita. Che ancora devo capire perché tutte le volte che me ne sto in Francia si finisce sempre a uno scontro Francia Italia. C'é ancora il Portogallo ehi. Ma io lo so, lo premonisco, che mi toccherà cammuffare il mio accento italiano nei prossimi giorni.
Alla fine dormo anche nonostante il tripudio di clacson dopo una sera trascorsa a chiacchierare in francese con una ragazza di Glasgow a proposito della musica di Glasgow. Cioè mi ha detto che i Franz Ferdinand erano suoi vicini di casa prima di diventare famosi. Io a Vercelli vivo in un condominio in cui l'età media é ben oltre i settanta e non corro questo rischio celebrità.
Posso dire quasi di essermi abituata a chy, alla sua poca ma brava gente, ai francesi che un minuto ti conoscono e il minuto dopo ti hanno già regalato e offerto tutto quello che é a loro disposizione.
Sarà una lunga calda e intensa estate.
Sarà difficile non farsi trasportare da certi pensieri e mantenere il controllo delle proprie quattro pareti mentali. Forse é vero che resto qui per vedere quanto ci metto a scoppiare. Di sbadigli al lavoro, di stanchezza diffusa la mattina quando suona la sveglia, di freddo gelido dell'aria condizionata dei treni, di sete nel cuore della notte alle tre alle qiattro alle cinque...
Ma più vado avanti più so che é giusto restare, vedere fin dove si arriva, che cosa si raggiunge.

mercoledì, giugno 28, 2006

La festaccia non é qui

Ho bisogno di dormire.
Più di tre ore, almeno quattro di fila senza alzarmi nel cuore della notte con una temperatura corporea pari a quella di un forno per fissare i colori su ceramica.
Ma non pensate che mi stia dando alla pazza gioia e che le ore piccole siano l'attitudine della stagista all'estero che coglie ogni minima occasione per fare festaccia.
Ecco una serie di motivi che vi porteranno a sfatare questo mito:

a Chambéry la parola festaccia é qualcosa di intraducibile, al di fuori del credo dei suoi abitanti. Qui ci sono solo: biciclette, cordiali francesi che sorseggiano birra con temibili sciroppi colorati dentro ( e che non si ritirano mai dopo le undici), vecchi in bicicletta, bastimenti carichi di bambini che si arrampicano da tutte le parti, vecchi non in bicicletta, alcuni ragazzi vestiti hip hop che ascoltano rap francese (ma che allora fors esono vestiti rap), alcune ragazze punk che mi chiedono sempre soldi e sigarette che non ho all'entrata del supermercato, vecchi, il rottweiller del mio vicino di casa, il trenino turistico. Chambéry é città gradevolissima, lo giuro, ma di festaccia proprio non se ne parla.

in genere arrivo a casa cosi' stanca e cosi' accaldata che fosse per me dormirei un paio di ore prima di affrontare un'eventuale frugale cena MA:

- di solito mi telefona qualcuno proponendomi di "andare un attimo al lago" (che ci si mette un quarto d'ora ad arrivarci e quindi é già una contraddizione in termini)

- la mia quasi connazionale italiana lancia urla lancinanti in cortile per attirare la mia attenzione e chiedermi se posso prestarle
lascopalapalettalapentolaildetersivoquelcontenitorediplastiva
verdechecosi'cimettolinsalata.

- scopro che il minuscolo frigo( in cui per fare spazio a 1 zucchina 1 carota 1 mela devi applicare i più complessi teoremi trigonometria alla ricerca di quel rapporto aureo che ti permetterà di aprire la porta del suddetto frigo senza che i tre elementi si sparpaglino sul pavimento vanificando i tuoi sforzi) é inesorabilmente vuoto;

di notte fa caldo...da non riuscire a respirare, caldo da restare incollati alle coperte come timbres sulle loro enveloppes, caldo come poteva fare caldo solo alle superiori dopo un compito in classe di matematica al 20 giugno. E il vero problema é che se apro le finestre respiro ma alle 4 scarse devo iniziare a subire passivamente il concerto in pompa magna di tutti i volatili della collina antistante il mio studentato, che dopo un paio di ascolti potrei quantificare sulla bilionata. Quei bastardi si riproducono a una velocità impressionante, ogni mattina c'é un gorgheggio in più.

= Se non trovo un ventilatore oggi o domani saro' condannata a un eterno rincoglionimento. Pare che da oggi comincino i saldi e già mi immagino un ventilateur bello, potente, con veloci pale automatiche che trasformino la torrida atmosfera da route 66 del mio letto alla più soave brezza marina del primo mattino=

Incrociate le dita.