lunedì, ottobre 29, 2007

Quella sera a casa di Carlo

I treni portano via le persone, alcune le trasportano, altre le riportano, altre le fanno andare lontano.
La stazione centrale è molto bella quando stai tornando a casa ed è già buio, ci sono quei terribili schermi pubblicitari ovunque che si illuminano tutti insieme e formano una cosa bella, una specie di magia, di gioco di specchi, la gente cammina su e giù per i binari e si prepara a tappezzare gli scompartimenti dei treni con le sue copie di leggo,city, metro, e-polis. Io in treno non mi lamento mai della gente che puzza, c'è un sacco di gente che lo fa e non si accorge di avere le pezze sotto le ascelle per la gran corsa alla ricerca di un posto dove poter allungare le gambe.
Il mio professore di storia del giornalismo ha detto che non bisognerebbe leggere la free press, a morte la free press, e io all'inizio non la leggevo poi ho capito che leggere l'oroscopo sul megaschermo della metropolitana era ancora più triste, così adesso arrivo all'università e so tutti degli eventi di cronaca più scabrosi con dovizia di particolari, c'ho anch'io la mia copia di free press.
Sto studiando tanto. Studio perfino nella pausa pranzo, studio seduta sulla panchina di pietra con la ragazza con gli occhiali miumiu che manda i messaggini con il cellulare e fruga nella borsa gucci da cui estrae un portachiavi di gucci con delle chiavi di gucci e la sua copia di free press.
Mi distraggo pochissimo. A lezione sono incredibilmente concentrata, non mi metto mai a guardare fuori dalla finestra, non gioco con il cellulare, non disegno gli impiccati sul quaderno come facevo alla triennale.
I miei neuroni culturali si stanno riattivando tant'è che sono già quattro puntate che indovino le parole misteriose dell'eredità mentre consumo la cena, e sono sempre stata una pippa per 'ste cose enigmistiche.
Così ho pensato di telefonare a Carlo Conti e chiedergli se potevo andare da lui una sera a cena e poteva farmi tutte le domande che voleva ma poi doveva rispondere a un mio unico quesito:
considerando che vado a scuola con profitto da quando ho sei anni non sarebbe ora che mi si dicesse che posso smettere di studiare e adoperarmi in un lavoro dignitoso, una cosa che mi consenta di vivere non sdraiata su una panchina di pietra della stazione centrale?
Solo per chiedere,nè.

domenica, ottobre 21, 2007

Winter in Seattle

Seattle del Piemonte, interno, domenica sera.
Una fioca luce fa brillare le copertine di un concettuoso libro di storia contemporanea di settecento pagine e di un volume sulla letteratura italiana dell'ottocento sottolineato con l'evidenziatore giallo.
Un gatto bianco e rosso si aggira nei dintorni di un tavolo azzannando con ferocia le caviglia della protagonista.
La protagonista sta scrivendo un post sul suo blog.
Fuori fa un freddo bastardo e lei un po' è contenta perchè finalmente ha potuto sfoggiare il suo cappotto grigio da intellettuale organica.
Un po' invece pensa all'inverno e l'inverno è una di quelle cose che la rendono malinconica.
Come il fatto che domani è lunedì e il regionale con i vetri tutti appannati la aspetta inesorabilmente per traghettarla oltre regione.
E che i weekend passano così in fretta e diventano subito away.
Il gatto salta sul computer e desidera ardentemente impadronirsi del puntatore del mouse.
La protagonista lo allontana affondandogli le dita nella pancia morbidissima e crede che avere un gatto peloso sia una delle cose che possono migliorare l'umore di una persona.
Oggi il sole era rosso ed è andato giù a picco dietro le montagne, dietro le teste della gente che camminavano strette strette per le vie di una cittadella commerciale.
Sembrava Natale quasi.
La Protagonista apre windowsmediaplayer e diffonde qualche nota dei Decemberists nell'aria.
Ci vorrebbe più tempo per tutto. Ci vorrebbero meno caffè, meno chilometri, meno esami, meno sveglie sui cellulari, meno lacci annodati, meno pagine, meno parole.
Ma la Protagonista non è triste e non si dà per vinta. Sa che l'influsso negativo di Marte passerà e presto sarà ora di trangugiare cicciose cioccolate calde traboccanti di panna.
E una cosa deve confessarla.
Che, in fondo, inforcare gli occhiali da riposo e ricominciare a sentirsi una persona intelligente non è poi tanto male.

lunedì, ottobre 15, 2007

Chi vuol essere milionario? Io.

Negli ultimi dieci giorni ho cominciato almeno sei o sette post in cui raccontavo le mie disavventure nella Nuova Grande Università, di treni guasti e ritardi apocalittici, di non avere mai visto tante Vuitton e Gucci in vita mia, di non avere ancora chiaro cosa cacchio studierò quest'anno e della generale impressione che il mio lettore mp3 abbia tirato le cuoia nel mio primo giorno da pendolare appena passata magenta.
(E con la stampante rotta siamo ormai alla rivolta delle macchine ribelli).

Poi succedeva che mi perdevo a metà, facevo resoconti troppo lunghi, mi veniva il raffreddore, tornavo a casa priva della facoltà di intendere e di volere e quindi niente, ho lasciato perdere e ho fatto diventare tutto secco e arido come solo un blog abbandonato può essere.
Stasera non respiro più da nessuna delle due narici e ho male a tutte le ossa di cui ricordo il nome (e anche a un paio di ossicini di cui non sospettavo l'esistenza).
Inoltre ho le ghiandole gonfie come palloni da rugby e sono un po' incazzata con i miei condomini che non hanno voluto accendere prima il riscaldamento così ci sfangavano un paio di prada prestige e intanto a me veniva il raffreddore.
Per cui ecco qui, il post sulla mia vita di adesso è ancora in fase ideale e lo demiurgizzerò non appena avrò smesso di scarnificarmi il naso con quegli odiosi fazzolettini scottex che, col c***o c'hanno la morbidezza di un cucciolo di labrador.

L'unica cosa bella del raffreddore è il vics spalmabile, scaduto nel 2002 ma poco importa.
La sera prima di addormentarmi, avvolta in una nuvola di vapori medicamentosi sogno di un mondo migliore in cui a 24 anni puoi smettere di cercare soluzioni culturali a problemi reali, e ogni tanto puoi passare dal via e ritirare cento euro e costruire un dannato albergo in parco della vittoria.

E penso che forse la soluzione c'è, basta chiamare Jerry Scotti e chiedergli se mi è possibile diventare milionaria dal momento che stasera avevo azzeccato la domanda da 35.000 euro.

Sarei un'ottima milionaria, lo so.

Poi i vapori mi atterrano e il mondo si buio e lontano.
Domani è un altro martedì.

giovedì, ottobre 04, 2007

Del suicidio della mia stampante e presto anche del mio se non vengo a capo anche di questo PDP

1.
Due giorni fa il suicidio della mia stampante che, all'improvviso, sentendosi forse incalzata da una ventata di nuova tecnologia (sono wireless yuhu) ha iniziato a lampeggiare disperata "General error -General Error" e non faceva più niente.
Dopo qualche ricerca su internet ho scoperto che -general error- è un modo carino dell'informatichese per comunicare all'utente che la tua stampante si è totalmente fottuta, e non ti resta che cancellare dalla lista dei tuoi prossimi acquisti il lettore mp3 con uno sportellino delle batterie (il mio l'ho perso dopo due giorni) per sostituirlo con la voce -nuova stampante mannaggiaate-.
Purtroppo quello strumento mi è indispensabile, amo sommergermi di carta stampata, stampo tutto, appunti miei, racconti scritti alle due di notte per cercare di prendere sonno, articoli in lingua straniera che non leggerò mai e presto dimenticherò il motivo per cui li avevo selezionati.
(e dopo un po', butto tutto via, ma non ditelo in giro, ho paura degli ecoterroristi).
2.
Ho trascorso il pomeriggio a cercare di fare il piano di studi della Nuova Grande Università, dove tutto è incasinato alla terza e dove, seppur nascosto da una splendida cornice architettonica e da un libretto rosso purpureo che niente ha a che vedere con quello vecchio di carta riciclata, si cela il solito apparato burocratichese di codicilli e ambiti disciplinari.
Il piano di studi è peggio del codice da vinci scritto in sanscrito al contrario da un mancino disgrafico. Ho impegnato preziose ore della mia giovin vita nel vano tentativo di districarmi tra M-STO/O8, M-FIL-LETT-ANT-PSP (che poi psp è chiaramente la sigla di playstation), roba che in confronto il codice del genoma umano è una minchiatona da principianti.
Non capisco perchè abbiamo dovuto complicare l'unica cosa ancora semplice dell'università italiana, cioè i nomi delle materie trasformandoli in romanzi a puntate riconducibili a geroglifici egiziani da inserire in tabelle vintage di excel .
Indubbiamente Teorie della filosofia antica spiegata ai giovani strizzando un occhio ai nuovi media è un titolo sicuramente più fico che Storia della filosofia antica ci sarà da sudare tantissimo su Platone, però minchia tanto quello devo studiare, ho 24 anni e la fase dello zucchero sul biberon l'ho superata.
Anzi, a dire il vero non credo che mia madre mi abbia mai messo zucchero sul biberon e la ringrazio.
Questo piano di studi mi sta uccidendo.
Basta confondere un M-FIL-LETT-12 con un M-FIL-LETT-11 perchè nessuno ti parli più, la tua laurea venga bruciata in piazza Duomo e la Feltrinelli ti revochi la sua fidelity card.
Quindi scusate se probabilmente non parlerò d'altro nei prossimi giorni.
Sto vivendo un piccolo psicodramma.