Ad un certo punto dell'autunno.
domenica, ottobre 19, 2008
Autumn took my life
domenica, ottobre 12, 2008
saluti e baci/i nebulosi anni delle superiori
ovvero: quando il sabato sera ti ritrovi per qualche minuto in mezzo a gente di un secolo fa e ti si chiude la pancia di scatto
Riguardo gli anni delle superiori, periodo che molti indicano nella loro esistenza come età aurea di felicità a manetta e grandi gozzovigliamenti, io posso limitarmi a dire che nonostante tutto mi sono divertita.
In quel nonostante si nascondono amicizie sbagliate, amori impossibili, struggimenti inutili per il mondo circostante, prolungato ascolto di creep dei radiohead, utilizzo di pantaloni militari, scarpe da ginnastica con spille da balia, frequentazione del liceo scientifico cittadino con annessi e connessi ecc. ecc.
Sebbene da allora sia cresciuta e abbia superato tutta una serie di cose per cui il mio cuore era solito cadere in pezzi, nonostante tutto, accade che, nei luoghi della movida notturna di seattle, circondata da quel panorama di individui che popolava i miei anni delle superiori (compagni, conoscenti, emeriti sconosciuti incrociati nei corridoi e nelle lunghe e ipnotiche vasche sul corso), lo stomaco mi si stringa in una ferrea morsa e improvvisamente mi ritrovi catapultata in quegli anni senza scudo e senza corazza, quando a tutti riusciva di leggere la mia diversità di prospettive senza che me ne accorgessi.
E’ una scemenza da adolescenti lo so, e anche un periodo troppo lungo che necessiterebbe di maggior punteggiatura.
Lo scrivo perché iersera ho interagito con un personaggio di quegli anni che dopo pochi secondi di scialba conversazione ha dato uno sguardo di disapprovazione alle mie scarpe senza tacco, ai miei normalissimi jeans, ha giudicato il mio rimmel un po' sbavato di fine serata, e mi ha congedato semplicemente voltando il suo drink in un'altra direzione.
In altre circostanze l'avrei sicuramente mandata a ca**re.
Eppure ieri per qualche strana coincidenza cosmica mi sono ritrovata a pensare a quella vita lontana del liceo e a quel binario su cui sarei potuta saltare a piedi pari diventando più happy hour e meno impegnat-iva, emozionandomi per cose altre rispetto a ipotetici collegamenti tra Calvino e Thoreau.
In seconda battuta ho analizzato il fatto che all'università, seppur in un turbine di esseri bipedi lontani da me anni luce, mi pare di indossare un'armatura scintillante di pensieri, letture, sogni, canzoni e storie che impedisce ogni colpo basso, ogni sguardo cattivo e mi fa andare avanti a testa alta.
A contatto con la gente di un secolo fa, però, quest'armatura sembra sgretolarsi e mi sento solo una con le scarpe sbagliate e la cordialità fuori luogo, come se stessi partecipando a una grande festa dove tutti possono fare benissimo a meno della mia presenza, sei solo una persona in più, quello che fai o come vivi non conta nulla.
Gli anni delle superiori per me sono finiti da un pezzo, chiusi tra due parentesi quadre nette e quadrate, quasi tutti i legami e le coordinate cambiate per sempre.
Non ci sono saluti e baci da regalare ma solo voglia di essere altrove, con gli amici di oggi, le risate di oggi, i vestiti di oggi e l'ultima corazza rimediata.
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mercoledì, settembre 03, 2008
Comeback cupcakes (le tortine del ritorno)
mercoledì, giugno 25, 2008
Time after time
Dieci anni fa iniziavo l'estate in un modo diverso.
lunedì, maggio 12, 2008
*L'innocenza
L'innocenza.
mercoledì, aprile 30, 2008
everywhere I look around
Fuori grigio e io cazzeggiocazzeggiocazzeggio.
mercoledì, aprile 16, 2008
Finchè ci saranno risate
Oggi per un attimo è stato come essere sulla scena di un film. Un bel film di quelli che scaldano il cuore, con dialoghi intelligenti, la giusta dose di ironia, la giusta dose di malinconia e il tempo che scorre in sottofondo come un frusciare di seta.
mercoledì, aprile 09, 2008
lluvia (si scriverà così?)
Oggi in treno pensavo a una scemenza.
mercoledì, marzo 26, 2008
h.b.
lunedì, febbraio 11, 2008
*anyone else
Oggi sono rimasta a casa per un lungo ripasso per l'esame di storia infinita, quello dal 1848 a oggi, come si trattasse di mandare a memoria quattro serie di beautiful.
A dir la verità sono uscita, giusto dieci minuti, sul balcone a mettere l'acqua al vaso di erba gatta.
Freddo è freddo.
Dire che si sente la primavera nell'aria sarebbe una grossissima bugia.
Eppure qualcosa c'è, l'ho sentito attraverso la stoffa del pigiama.
Il cielo sereno magari.
Il pensiero che gli anni passano e non è poi così male accumulare momenti.
Sembra ieri che scrivevo quaderni su quaderni nella cieca convinzione che sarei diventata un allen ginsberg al femminile e mi perdevo nell'ascolto continuativo di canzoni che mi aiutassero a catturare quel momento particolare.
Certe volte ha funzionato.
Certe volte ascolto qualcosa e non solo mi ricordo come stavo, com'ero vestita, se faceva caldo o freddo.
Ricordo anche con precisione chi ero allora.
Ricordo che cercavo sempre un pennarello che scrivesse fino alla fine tutto quello che sentivo di dover dire senza scaricarsi.
Oggi sento ancora di dover dire qualcosa?
Credo di sì, qualcosa c'è ancora.
Anche se non urla più, anche se a volte è solo un sussurro leggero come un battito d'ali che mi attraversa la mente. Però sento di doverlo condividere con la me stessa che verrà.
C'è una canzone quindi infine.
Che mi ricorderà chi sono stata in questo periodo, cosa mi tamburellava le pareti del cervello e cosa sognavo per me e per il resto del mondo.
La condivido con chiunque di voi abbia un paio di minuti da buttare via.
Io la trovo bellissima.
mercoledì, dicembre 05, 2007
7 a.m.
Alle 7 di mattina il mondo è perfetto.
Sì è vero, sto correndo per prendere l'n-esimo regionale, e sono pur sempre le sette, e se avessi facoltà di volere sceglierei di rimanere nel mio caldo giaciglio il più a lungo possibile a sognare di posto molto lontani e molto felici, e so benissimo che il mercoledì è pur sempre il mercoledì, quella giornata stronza che si piazza a metà settimana e mi succhia via l'anima peggio dei dissennatori di Harry Potter, e che forse avrei dovuto studiare medicina e nascere in Svezia, alta, bionda e affettivamente legata ai Krisprolls.
Però giuro che il mondo è innegabilmente perfetto in quel momento lì, mentre scatto una fotografia prima della corsa finale al binario, non c'è virgola che potrei cambiare, voce che vorrei aggiungere, non c'è niente che potrebbe spegnermi gli occhi in quel secondo assoluto. Ginsberg diceva (in una delle poche poesie che mi sia mai riuscito di imparare a memoria) che il mondo, a dispetto della sua totale dolorosa imperfezione, che il mondo ha una bellissima anima.
Ora, io non sono sicura di avere ancora un'idea precisa su quello che sto studiando da tre anni a questa parte (consolante, vero?) e ho come la sensazione che non l'avrò mai. Però mi succede a volte di provare uno stupore inspiegabile per le cose, che siano cieli strabilianti la mattina presto o pipposissime teorie filosofiche su come (forse) dovrebbero (probabilmente) andare le cose(ammesso che esistano).
Ed è bello, innegabilmente, come la perfezione del mondo alle sette di mattina.
Non faccio che piangere adesso.
Ho pianto tutta la strada quando sono uscito dal Wobby Hall di Seattle.
Ho pianto ascoltando Bach.
Ho pianto guardando i fiori felici nel mio cortile,
ho pianto alla tristezza degli alberi di mezza età.
La felicità esiste lo sento.
Ho pianto per la mia anima,
ho pianto per l'anima del mondo.
Il mondo ha una bellissima anima.
Dio appare per essere visto e per essere pianto.
Cuore traboccante di Paterson.
Allen Ginsberg
domenica, ottobre 21, 2007
Winter in Seattle
Seattle del Piemonte, interno, domenica sera.
Una fioca luce fa brillare le copertine di un concettuoso libro di storia contemporanea di settecento pagine e di un volume sulla letteratura italiana dell'ottocento sottolineato con l'evidenziatore giallo.
Un gatto bianco e rosso si aggira nei dintorni di un tavolo azzannando con ferocia le caviglia della protagonista.
La protagonista sta scrivendo un post sul suo blog.
Fuori fa un freddo bastardo e lei un po' è contenta perchè finalmente ha potuto sfoggiare il suo cappotto grigio da intellettuale organica.
Un po' invece pensa all'inverno e l'inverno è una di quelle cose che la rendono malinconica.
Come il fatto che domani è lunedì e il regionale con i vetri tutti appannati la aspetta inesorabilmente per traghettarla oltre regione.
E che i weekend passano così in fretta e diventano subito away.
Il gatto salta sul computer e desidera ardentemente impadronirsi del puntatore del mouse.
La protagonista lo allontana affondandogli le dita nella pancia morbidissima e crede che avere un gatto peloso sia una delle cose che possono migliorare l'umore di una persona.
Oggi il sole era rosso ed è andato giù a picco dietro le montagne, dietro le teste della gente che camminavano strette strette per le vie di una cittadella commerciale.
Sembrava Natale quasi.
La Protagonista apre windowsmediaplayer e diffonde qualche nota dei Decemberists nell'aria.
Ci vorrebbe più tempo per tutto. Ci vorrebbero meno caffè, meno chilometri, meno esami, meno sveglie sui cellulari, meno lacci annodati, meno pagine, meno parole.
Ma la Protagonista non è triste e non si dà per vinta. Sa che l'influsso negativo di Marte passerà e presto sarà ora di trangugiare cicciose cioccolate calde traboccanti di panna.
E una cosa deve confessarla.
Che, in fondo, inforcare gli occhiali da riposo e ricominciare a sentirsi una persona intelligente non è poi tanto male.
giovedì, agosto 30, 2007
quando non si ha troppo da raccontare meglio far parlare qualcun'altro
All' Ipotetico Lettore
Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno la sentirai fuggire.
Fa' che siano allora come foglie e come vento, assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio non è minore che nell'incontro.
Rimane uguale e sarà eterno.
Ma diverse sono talvolta le vie da percorrere in obbedienza al destino.
mercoledì, agosto 15, 2007
(...)
Più che raro credo.
O forse più frequente di quanto io pensi.
Incontrare una persona che te ne ricorda un’altra, che hai perso con gli anni o che credevi di aver perso e invece ti ritrovi a pensare che quella smorfia particolare e quel modo di muovere gli occhi sono e resteranno sempre i suoi.
Non sto parlando di un ex-amore, o di un ex-ragazzo o di tutte quelle cose odiose che iniziano con il prefisso ex e ti fanno sentire più vecchia di quanto non sei.
Sto parlando di quello che era il mio migliore amico e che forse, in un universo perfetto dove non esistono gelosie, invidie e sentimenti contrastanti, resterà come tale per sempre.
Quel posto rimasto semplicemente vuoto, quello di una persona seduta allo stesso tavolo per tanti anni che all’improvviso si alza e ti saluta con un confuso gesto nella mano.
Così.
Non lo sento da più di un anno ormai, l’ho intravisto soltanto una volta, qualcuno mi racconta che è dimagrito, che esce sempre con quella ragazza di cui era innamorato e che magari col tempo si è innamorata di lui.
Se dicessi che provo nostalgia non direi il giusto.
Nessun rimpianto.
Perché finché siamo stati noi, finché siamo stati in quella parentesi di vicinanza così delicata che è l’amicizia, ci siamo consumati di chiacchiere, esperienze, consigli e segreti.
Che non ho mai svelato a nessuno. Che non svelerò mai.
Che terrò sempre chiusi nel cassetto del nostro essere amici.
Ho ancora una sua lettera di compleanno in un cassetto.
"...sempre dalla tua parte”.
Per tanto tempo ci ho letto solo l’impulso di un momento, quello che porta a pronunciare frasi di cui uno si pentirà in seguito o promesse cui non potrà tenere fede.
Adesso so che non è così.
Quelle parole sono vere.
Nell’universo perfetto dove non esistono gelosie, drammi esistenziali e sentimenti contrastanti la nostra amicizia durerà per sempre.
Saremo seduti in qualche sera di fine luglio, su qualche panchina di fine luglio con la nostra corona ghiacciata in mano a parlare di tutto il resto.
giovedì, agosto 09, 2007
ricordo di un'estate
Una nave bianca attraversa lentamente tutto l'orizzonte che riesco a vedere, da una parte all'altra, lentamente.
Sono seduta su un muretto umido, forse sono le sei del mattino, forse molto prima.
La luce del sole è solo un bagliore soffuso nell'aria che illumina appena le cose.
Sono scappata dalla finestra di un bungalow in cui dormivamo in cinque con due letti, c'era quel ragazzo svedese che dormiva sul pavimento appoggiato alla porta, aveva una camicia hawaiana, un vero spasso.
Mi hai chiesto dove vai.
Ti ho risposto che uscivo a prendere un po' d'aria e di passarmi le scarpe.
Sono uscita dalla finestra e fuori faceva fresco, avevo bisogno di pensare.
Dentro russavano tutti, il ragazzo svedese, la mia compagna di stanza bionda e un po' lobotomizzata, il ragazzo di milano che dormiva col cappuccio della felpa sulla faccia.
Per me è così, una volta sveglia non riesco mai a riaddormentarmi.
Ti aspetto per un momento appena al di là della finestra.
Ma se ci ritrovassimo uno di fronte all'altro dovremmo parlare, spiegarci.
E io non so spiegare niente, io e te cosa siamo, cosa c'è dei tuoi occhi che mi parla, cosa ti parla dei miei, il senso di un bacio notturno posato sulla fronte, senza dire niente.
Mi allontano e seguo un sentiero, poi trovo un muretto e mi siedo lì, zitta, muta.
Lo so che poi sei uscito e mi cercavi.
Che sei rimasto lontano dietro le mie spalle a guardarmi e magari l'hai vista anche tu.
Quella nave bianchissima che spuntava dal promontorio e attraversava l'orizzonte, piano piano.
Oggi è l'ultimo giorno delle nostre vacanze.
Io parto, tu rimani. Tra poche ore sarò di nuovo a casa, in camera mia, con le cuffie del walkman cacciate nelle orecchie a scrivere furiosamente di un'altra estate finita sulla mia agenda stroppicciata.
Tu non ci sarai più. Mai più questa volta, e nemmeno io.
Non so spiegarmelo ma ho la sensazione che quella sia l'ultima estate di una certa parte di me stessa. Qualcosa sta partendo.
La prossima estate avremo diciotto anni e non saremo più qui.
Il mondo sarà diverso. Saremo diversi anche noi.
Se stringo gli occhi mi sembra di vederci seduti sul ponte di quella nave bianca che scivola all'altro lato dell'orizzonte e scompare, pezzo per pezzo, inghiottita dal verde degli alberi.
Resta solo il mare.
lunedì, aprile 09, 2007
Erano anni che non ridevo così tanto. A Pasquetta. Ma anche in generale.
Ho ripreso in mano la mia macchina fotografica oggi.
Dovrei farlo più spesso. Essere giovane in questo modo. Essere giovane prima di tutto.
Stay, lady, stay, stay with your man awhile
domenica, marzo 11, 2007
sPring
Domenica mattina.
Preparo il the, ancora troppo stordita per dare ordine a una serie di pensieri che abbiano significato. La domenica mattina è sensazioni, che poi di questo periodo le sensazioni diventano tutto, sarà che quest'anno ho l'impressione che compirò 120anni. Magari a guardare sempre ogni minimo dettaglio, si invecchia prima, la valigia di passi diventa pesante e se poi uno non vuole lasciare indietro niente, beh spostarsi diventa un'impresa, sempre, comunque. Domenica mattina. Quando succede che mi svegli presto come oggi. Sorseggiare il the davanti al computer, due righe/un sorso, spiare la mia faccia addormentata e spettinata nel monitor. Vorrei che tornasse la primavera di quando ero bambina e arrivava la stagione degli intervalli in cortile. C'era quel cielo super blu che diventava rosa poco dopo il tramonto e l'aria dolcissima che accarezzava tutti. Cose che ci sono ancora oggi, certamente. Ma è difficile, bisogna fare uno sforzo per accorgersene, e allora è perchè si sta diventando grandi e gli anni saranno presto 121.
lunedì, febbraio 05, 2007
Micah P Hinson and The Opera Circuit
Ovvero come scivolare via peggio di una goccia di nebbia sulla carrozzeria della macchina alle sette (scarse) del mattino.
Perchè quando di un album non butteresti via nemmeno una canzone ma ti ci butteresti dentro. Perchè quando hai l'impressione che lui fosse lì e sapesse che cosa hai provato in quel momento e in quell'altro e abbia coscientemente deciso di scrivere una canzone in proposito.
Perchè forse ci sono cose che stanno davanti agli occhi di tutti ma che solo qualcuno riesce a catturare davvero con lo sguardo e con il cuore.
mercoledì, gennaio 31, 2007
*After Hours
Certe malinconie vengono a galla sono quando sei stanco.
O ubriaco.
O quando la mattina sonnecchi nel tuo interregionale avvolto dalla nebbia e poi cammini stringendo le dita nei guanti per non sentire freddo.
C'è qualcosa di giusto nel tuo essere lì in quel momento.
Quella sensazione di pulito, di coscienza pulita che senti galleggiare nello stomaco ogni volta che ti impegni in qualcosa di nuovo.
C'è qualcosa di giusto nella tua voce di (quasi)adulta che spiega la differenza tra "un altro" e "un'altro" e per un attimo fa finta di crederci davvero alla faccenda che un apostrofo può cambiare il mondo, che un po' di italiano, storia e geografia salveranno questi giovani bimbi da un destino insipido.
Qualcosa di giusto nel saltare il pranzo per correggere i compiti ed elargire più, meno e consigli di correzione.
E poi, in fondo, dietro una tenda e poi l'altra, qualcosa di sbagliato punta le unghie e graffia un pochino le pareti dei ventricoli. Non si capisce cosa sia, forse una lacrima che vorrebbe scendere e si trattiene per dignità.
Forse è solo accorgersi che il tempo di un certo modo incantato di sperare nel mondo si è quasi consumato. La candela è alla fine, gli invitati sono già andati da un pezzo.
Ed è così, in quel buio giusto e sbagliato al tempo stesso che soffiare ed esprimere forte il proprio desiderio sembra l'unica cosa, giusta e sbagliata, da fare.
venerdì, gennaio 19, 2007
*Do You Think There Is A Heaven?
Vivo nell'attesa spasmodica di questo film.
Era uscito in Francia quando ancora stavo dalla loro parte.
E' passato un mucchio di tempo.
Dalla Francia, dall'ultima volta con Michel Gondry e la sua eternal sunshine of the spotless mind, da molte altre cose.
Certe volte mi piacerebbe averlo un bel cavallo di pezza come questo di sopra, cui salire in groppa per una passeggiata tra-sognata nel passato.
Senza essere vista, senza dare fastidio a nessuno, solo per ripercorrere luoghi e sensazioni ed essere sicura di ricordare.
Ricordare per me è fondamentale. Come sognare del resto.
Questo nuovo anno sembra aver tirato fuori da me cose novità inaudite o che sembrano tali.
Eppure il cavallo servirebbe proprio a questo: capire da dove arrivo per capire dove devo dirigere i miei passi.