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mercoledì, ottobre 08, 2008

Uomini col borsello

Come si sarà immaginato in questi giorni ero a Milano.

Uscivo col buio e con esso rincasavo, per cui non avevo forze materiali per aggiornare il blog.
Siccome oggi però sono uscita col buio e tornata con un minimo di luce eccomi qui a dire le mie impressioni su questi primi giorni della Nuova Grande Università.
E anche se nuova non è più (se il cielo vuole questo è davvero l'ultimo anno) sicuramente continua a essere estranea. 
Pertanto diventerà la Grande Estranea Università, in cui in questi giorni si aggirano miliardi di milioni di matricole griffate in un continuo catwalk che non si ferma mai nemmeno nella pausa pranzo. 
Certo, ho pensato che per un uomo non dev'essere pas mal l'insediamento di tutte queste belle gnocche ancheggianti a ogni angolo di cortile, in un tripudio di fard, cotonature, virtuosismi della piastra, borse giganti in abbinamento ai cellulari in abbinamento ai charms in abbinamento al ciottolato del chiostro.
Solo che io sono donna e, tolto il fatto che trovo alcune mises delle mie colleghe decisamente più adatte a una tangenziale che a una lezione di sociologia, gradirei se non altro vedere un uguale sfilata di magnifici uomini (simone non me ne avere, sto facendo uso di lampante ironia).
Invece nulla.
Porca l'oca se non è vero che gli uomini della G.E.U. hanno più borse di me. 
Borse, borse sì avete sentito bene. Non borselli esistenzialisti, borse militari, cartelle à la Sartre. 
Borse.
Di Gucci, di Vuitton, di Dior.
A volte anche di sbarluccicante vernice.
Roba che ammazza la virilità da Milano fino a Cologno, Bollate e alcuni comuni sotto Lecco.
My Gosh.
Il fronte docenti non se la passa meglio.
In due anni di frequenza è stata una vera e propria panoramica di maglioni a rombi da veri nerz, completi grigi, grigio topo, grigio scuro, abbinati a evidenti riporti bianchi come le nevi della Groenlandia, impermeabili da esibizionisti, pance prominenti, cravatte anni ottanta e scarpe col tacchetto alla Sarkozy.

Quindi lancerei una proposta al ministro della pubblica istruzione: oltre al grembiule, il maestro unico e quelle balle lì non si potrebbero avere anche studentesse con cosce coperte e docenti di migliore aspetto?
In attesa di una sua gentile risposta,
cordiali saluti

frà

mercoledì, settembre 17, 2008

Lost

Sono senza internet, senza telefono, senza soldi nel cellulare e non ho la più pallida idea di come farò a consegnare il mio piano di studi entro domani alle 11.30, impedire che mi facciano dare un esame in più, sopravvivere a milano, organizzare una festa di compleanno in maschera entro sabato, ripassare tutto entro la prossima settimana, trovare i soldi per fare il biglietto del treno, spiegare a giulio che le mie dita sulla tastiera non sono accattivanti prede.

Al momento va così, speriamo che la ruota giri.
Incrocini.

lunedì, giugno 09, 2008

*around alone

Per coloro che se lo stessero chiedendo (immagino quasi nessuno ma vabbé), la sottoscritta aggiorna il suo blog in a bradipo way perché è ufficialmente entrata nel tunnel esami da cui uscirà si spera vincente, sicuramente acciaccata, indubbiamente esausta.

I blog altrui la sera li leggo sempre prima della nanna, è un rito accomodante, che rimette in pace con il mondo, però quando si tratta di aggiornare il mio mi cala la palpebra e non so che raccontare, studio tutto il giorno e faccio pause solo per mangiare, dormire, fare pipì, un po' come Giovanni Soldini nell'Around Alone.
A proposito Giovanni, se per caso dovessi passare di qui e leggere queste righe ho una nuova sfida per te: a me sbatti su un catamarano alla deriva nell'Oceano Indiano e tu invece provi a dare sei esami entro il 14 luglio. 
Poi andiamo da Ruggeri al Bivio e gli raccontiamo tutto.
Non ci stai eh?
Immaginavo.


giovedì, maggio 22, 2008

*Killing moon

"Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him"

Ho fatto una playlist su lastfm. 
Ed è veramente triste.
Inutile sottolinearlo i miei gusti musicali vanno dai campanellini più infantili alla depressione più baudelariana che ci sia. Che forse, a pensarci bene, i campanellini mi piacciono perché fanno malinconia, hanno quella grazia leggera del momento perfetto che è stato e non tornerà più. 
Nietzsche direbbe che subisco il dominio del passato e per questo non posso essere un'oltredonna. 
E comunque chissenefrega, non è mai stato nelle mie personali aspettative. 
Oggi si è parlato di obiettivi. 
Quella parola che fin dalle scuole superiori ti pare brutta, ha a che fare con votazioni da raggiungere, insufficienze da recuperare, esami, interrogazioni. 
Non sembra una bella parola "obiettivi".
Ci sarebbe "sogni" che è meravigliosamente migliore ma così difficile da pronunciare, fa quasi paura parlarne ecco.
Per quanto io rivanghi il mio passato continuamente, non riesco a ricordare di avere mai detto ad altri o a me stessa "da grande vorrò essere...questo, quello, quell'altro". 
Sinceramente non credo di potercela fare, mai, e non riesco a capire se possa costituire o meno un problema (ok, sì è un problema ma finché uno non ci riflette perde realtà). 
Ad un certo punto mi sono resa conto di aver fatto un milione di cose. 
Ho scritto, diretto, cantato, ballato, sbagliato, lavorato, litigato, ricucito, studiato, cucinato, disegnato, fotografato, cancellato, ricostruito. Un milione di volte.
Eppure capita di sentire ancora quella sensazione che avevo scritto una volta qui, di essere la Judy che sogna i cavalli e anche un po' la Grande Gatsby e la Giovane Holden e molto poco l'oltredonna.
...
E' che ho scoperto che mi hanno messo un esame sovrannumerario e che hanno cambiato le date degli appelli (in peggio).
Questi fatti hanno sconvolto il mio equilibrio psicoemotivo. 
Però domani è venerdì, fanno i saldi al centro commerciale e io e amanda andremo a comprarci improbabili scarpe nuove a 19 e 90.
Buon weekend a tutti.
Se avete tempo, date un'innaffiata per bene ai vostri sogni.

lunedì, marzo 31, 2008

Oggi, ieri.

Oggi, lunedì.

Anzi.
Ieri, domenica, ho cercato di adottare una nuova strategia di vita. 
Basta pensare alla domenica come un "è quasi lunedì", sì a pensare invece che sia "ancora domenica".
Mi ci sono impegnata a fondo, sapevo di dover affrontare quest'ultima tranche di frequenza con il sorriso sulle labbra pena rischio di depressione fulminante da "cielo ho 25 anni e sono ancora qui con gli evidenziatori e i righellini". 
Comunque dicevo, mi ci sono messa sotto. 
Ho trascorso la domenica studiando poco, cazzeggiando per lo più, canticchiando. 
Ho utilizzato una crema balsamo per i capelli.
Mi sono messa lo smalto sulle unghie (che non succedeva dal '93).
Così oggi-lunedì quando è suonata la sveglia il mio primo pensiero è stato "Ma perché ho messo la sveglia? Dove devo andare?". 
Poi ho subitaneamente realizzato che era lunedì e dovevo prendere lo zozzo regionale per andare all'università, però sono stata contenta, la nuova filosofia aveva funzionato. 
Per il momento. 
Durerà pochissimo, già  so che risulterà impossibile ricacciare a diritti e rovesci gli scatoloni di sfiga universitaria che mi rotoleranno addosso. 
Ma devo avere fiducia in me stessa, l'ho scritto anche sulla moleskine "Tieni duro". 
Che sono alle cozze lo capite da soli, sono già arrivata allo stadio del training motivazionale da rampante manager newyorchese. 
Solo che io non sono una manager e non vivo a New York ma a Vercelli, un posto che tra poco diventerà un puntino verde in mezzo a un mare di zanzare.
Stanno iniziando ad allagare le risaie. 
Le ho osservate bene oggi al ritorno, perché ho perso le cuffie del lettore e quindi non mi restava che osservare intensamente il paesaggio e orecchiare i discorsi impossibili dei compagni di viaggio. 
Giuro che in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori, dall'amante che fa la gatta col marito di un'altra, al ragazzo che spiega per filo e per segno al cellulare come fare a procurarsi un motorino rubato con tanto di targa falsa, alle studentesse di medicina che si raccontano autopsie sgranocchiando croccanti toasts al prosciutto. Cosa dicono del mondo? Bello perché vario. Almeno lo dicevano una volta.
Oggi in metropolitana c'era un bambinello zingaro (età presunta buona per la terza elementare) che ha strimpellato malissimo al violino un pezzo classico e si è fermato dicendo "Scusate, non sono tanto bravo, suono da due giorni".
Io quello che avevo in tasca gliel'ho dato. 
E ho anche pensato alla santanché. Che crede in Dior, Celine, Louis Vuitton (come dice la sempre grande Cortellesi) e che la cosa più importante di cui l'Italia ha bisogno oggi sia prendere a pedate nel sedere i clandestini.
A me però quel bambino lì mica mi ispirava calci, casomai simpatia e un po' di istinto materno perché sarebbe stato a scuola che solo in una metropolitana dove chiunque può portarselo via senza tanti complimenti.
Posso dirlo qui che mi sa che non andrò a votare? 
Non ce la faccio proprio, cozzerebbe con il mio tentativo di essere positiva e pensare solo a ritagliare le sottilette con le formine per fare il formaggio animalesco da mettere sul mio pranzo in scatola.
Ho dimenticato della punteggiatura credo. 
E forse anche altre cose da dire.
Ma per il momento va così, e finché dura, godiamocelo.



mercoledì, marzo 26, 2008

h.b.

Modifica
Alla fine, riflettendoci, un post con un'immagine e basta, per di più in bianco e nero, per di più vagamente drammatica era troppo criptico anche per me.
Vero che nell'ultimo periodo ho avuto solo un grandissimo desiderio di ripiegarmi su me stessa come una foglia. 
E' stato strano questo marzo. 
Troppo freddo, troppo grigio, troppi giorni passati a chiudere gli occhi la sera pensando a tutto quello che avrei voluto ma non ho effettivamente potuto fare. 
Chissà perché ci sono quei periodi in cui le cose cadono a valanga, una dopo l'altra, come quando apri per sbaglio l'anta di un armadio e ti precipitano addosso oggetti che non ricordavi nemmeno di avere nascosto lì.
Sono piena di cassetti nascosti io, ogni tanto me ne dimentico, poi arrivano periodi strani e inizio a sentirli cigolare, socchiudersi, cadere fragorosamente.
Domani è il mio venti-cinque-esimo compleanno.
Un altro cassetto, mi sa.


martedì, febbraio 05, 2008

cose che capitano

Dovevo scrivere qui da almeno due settimane.
Da quando una giapponese mi ha chiesto se poteva fotografarmi la borsa alla stazione.
Perchè momenti fashion di questo genere non capitano tutti i giorni.
E soprattutto come disse lui -queste cose capitano solo a te-.
Riflettiamo sul fatto che potrebbe essere il titolo del prossimo libro di moccia.
Riflettiamo sul fatto che Moccia in Italia sia uno scrittore.
Magari scuotiamo leggermente il capo e guardiamo con malinconia ad un qualunque classico nella nostra libreria.
Chiediamogli scusa.
Quindi ragioniamo sull'interessante coincidenza di eventi che mi porta, ad esempio, ad avere un'influenza bastarda, di quelle che ti fanno venire gli occhi a palla e la testa come un pallone e ti costringono ad un ripasso disperato per l'esame di storia indossando un paio di occhiali da sole come ray charles.
Riflettiamo sul fatto che non basta che io studi filosofia.
Bisogna anche aggiungere una spolverata di sfiga leggera leggera per dare quel tocco in più.
Soffermiamoci sul fatto che berlusconi è di nuovo tra noi.
Sulla sensazione che non se ne sia mai andato, che accompagnandolo gentilmente alla porta ce lo siamo ritrovato di nuovo seduto in salotto a misurarsi le orecchie col righello.
Riflettiamo sul servizio di studio aperto sulla ballerina brasiliana che al carnevale di rio ballava tutta ignuda. Soffermiamoci sul suo popò luccicante e sullo sguardo finto ammiccante dell'annunciatrice a cui tocca annunciare nel telegiornale della sera di quel culo lì.
Riflettiamo sull'indignazione di Ferrara.
Riflettiamo sulla mia indignazione nei confronti dei suoi denti.
Anche se mio padre è dentista non è che io abbia una fissa per i denti.
Però quei denti lì fanno schifo. Sono gialli, sono marci, non puoi farti fare dei primi piani con quei denti- Soldi ne avrà no? E perchè non si fa fare una bella pulizia degli incisivi? Meditiamo.
E infine aiutatemi in questo pensiero complesso che mi toglie il sonno e mi impedisce di sognare la mia vita svedese con bionde trecce morbide e quattro chili in meno spalmati su lunghe gambe da renna.
Alleprossime elezioni sono indecisa se votare per carlo conti, jerry scotti o amadeus.
Chiedo l'aiuto del pubblico.

E mi scuso.
Ho preso gli antibiotici.

giovedì, gennaio 03, 2008

Niu iar's dei

Ci ho provato a scrivere un post di fine anno, qualcosa di incredibilmente scenografico e allusorio; purtroppo la mia testa del momento è piena di pagine e pagine di studio, concetti che se ne stanno aggrappati a penzoloni come tarzan sciancati e si fanno forza per non essere inghiottiti dalle tigri del dimenticatoio, considerazioni semiserie su argomenti incredibilmente seri, esiguo spazio libero occupato da pensieri sciocchi e di quart’ordine.
Non c’è altro.
Non c’è nemmeno stata una classifica di canzoni, o di libri o di momenti, la fine dell’anno è andata via à la pick indolor e ammetto di non averci pensato molto questa volta, non ho aspettato segni premonitori, non ho chiuso parentesi, non ho avuto pensieri di sintesi sull’anno trascorso, allo scoccare della mezzanotte me ne sono rimasta buona buona con la mia bacchetta di stelline scintillanti a battere i denti per il freddo.
In queste vacanze ho principalmente mangiato tantissimo, dormito abbastanza, fatto riposare le articolazioni abituate agli incastri da tetris sul regionale, frequentato gli amici, letto qualcosa di non accademico (davvero poco), scartato regali, bevuto moltissimo the.
Mi sento Salinger.
Per quanto riguarda il nuovo anno spero sia tranquillo, non pretendo grandi soddisfazioni o vincite alla lotteria, mi basterebbe avere il minimo di rotture di palle possibile.
Tutto questo è dovuto probabilmente al fatto che sto diventando vecchia e intollerante e come dice nonno Simpsons:
“Il buon Dio ci fa invecchiare per una ragione: acquisire saggezza per trovare difetti in tutto ciò che ha creato!”

giovedì, novembre 29, 2007

Coniglietti e anatre

Giulio fa capolino da dietro lo schermo del computer per qualche coccola extra e qualche tentativo di sgraffignarmi le dita mentre pigio sulla tastiera.
Abbiamo appena finito di guardare insieme lo spot dei coniglietti colorati che mi piace tantissimo
http://www.youtube.com/watch?v=yj0-bCWZOfo e consultato qualche sito di ricette di biscotti per natale.
Oh certo, avrei da studiare.
Miliardi di pagine di argomenti più svariati, da Freud a Tommaso d'Aquino, da Duhem a Leopardi e invece stasera cazzeggio impunemente, senza il minimo senso di colpa, lontano da tutte quelle cose che mi farebbero venire probabilmente maldipancia.
Anzi sto organizzando la mia minifuga dalla realtà che consiste nell'interrompere la programmazione di ogni singolo istante della mia vita nel dettaglio, altrimenti finisce che divido il mio esistere in unità di tempo come hugh grant in about a boy.
E hugh grant non era felice. Aveva bisogno di vedere un bambino che tirava una pagnotta in testa a un'anatra per sentirsi meglio.
Io ho visto i coniglietti. Ho visto la pancia bianca e rossa del mio gatto che dormiva sdraiato sul divano. Ho visto il cielo a milano per la prima volta dopo settimane. Ho ricominciato a leggere e a leggere i pensieri della gente quando sono in treno. Ho ascoltato due ragazzi rom vestiti di stracci suonare il violino da far venire i brividi. Ho lasciato la mia lattina di minute maid ace a una signora che mi chiedeva una moneta che non avevo. Mi sono ricordata l'id di flickr.
A volte capita di dimenticare password, nomi di accesso e buona parte di se stessi.
E io oggi festeggio perchè mi sembra di averli ritrovati tutti e tre.

lunedì, settembre 17, 2007

*september

Ieri mattina alle otto ero in piedi a cercare un paio di jeans cui non fossi troppo affezionata. Alle nove e mezza ero qui http://www.larondadelbramaterra.it/, alle dieci stavo già sorseggiando un bianchino e mangiando pizzette.
Le giornate in gradevole compagnia scorrono sempre piacevolmente, senza troppi intoppi.
Si ride, ci si sommerge di aneddoti passati e futuri, qualcuno racconta barzellette (io sono negata però rido quasi sempre), si fa finta che non esistano problemi come il precariato, il checacchiofaremodellenostrevite, la giostra dei rimpianti, i chili di troppo e i soldi che a guadagnarli fai una fatica ciclopica e spenderli invece è un attimo.
Le giornate in gradevole compagnia ti lasciano addosso una piacevole patina di leggerezza. Non solo nel senso che torni a casa con i muscoli dello stomaco contratti a forza di ridere ma con quella sensazione piacevole che si possano vivere momenti belli anche senza troppe pretese.
Un bicchiere di vino, un kitchissimo cappellino di paglia in testa (definito dalla brochure come elegante e vero motivo della nostra iscrizione alla manifestazione), qualche paesino di pietre vecchie e bellissime che non immaginavi potessero stare lì.
Ieri notte c'è stato il temporale che ha portato via l'estate.
C'è sempre un ultimo temporale, prima delle nebbie, prima che l'oro delle risaie diventi nero fuliggine, prima delle sciarpe fin sotto gli occhi.
E ieri notte c'è stato proprio quel temporale di fine estate, scoppiato all'improvviso, con la pioggia che tintinnava fitta sulla ringhiera di balcone e i lampi che illuminavano i tetti delle case lucidi.
Non sono riuscita a dormire, ho pensato all'estate finita, ho pensato che ormai manca poco e diventerò una treno-metro-università (speriamo di esserne capace).

giovedì, luglio 05, 2007

Il Sondaggione

Visto che da sola non riesco a decidermi, lancio un sondaggio qui, che di voi mi fido.

PARTECIPA ANCHE TU AL GRANDE SONDAGGIO
SCEGLI LA SPECIALISTICA di FILOSOFIA PIU' ADATTA
ALLA BLOGGER DI ESSENZIALE
TRA LE DUE OPZIONI METROPOLITANE DI:
MILANO (uelabelafiga) e TORINO (bugianen)
PRO MILANO: il corso sembra più bello, buoni professori, uni facile da raggiungere, ci sarebbe pure un compagno di sventure con cui dividere scleri burocratici, secondo anno di liberi crediti da scegliere tra ciò che più mi piace, porta ticinese, l'H&M di corso buenos aires, lo spazio forma che fa mostre fotografiche paiura.
CONTRO MILANO: smog, puzza, troppi macdonalds, paura di prendere l'accento milanese, paura di dover andare all'università abbigliata come dovessi ricevere l'oscar, paura di compagne di compagne di corso miliardarie, paura di incontrare Corona.
PRO TORINO: nelle belle stagioni è bella, il preside di facoltà è proprio un bell'uomo e degno di rispetto, conoscenze locali molteplici, eataly, palazzo nuovo che è terribilmente contro, possibilità di viaggiare in treno con mia sorella, vita ggiovane.
CONTRO TORINO: smog, paura di torinesizzarsi, troppi libri in via po che non posso comprare, paura di dovermi fare un piercing alla lingua per andare all'università, paura di compagne di corso che mi interrogano sulla musica indie, paura di incontrare lapo elkann.

martedì, maggio 29, 2007

La follia della donna

Non hai mai pensato a un tatuaggetto.

La tua amica sfoggia un tatuaggetto.

Corri, corri a farti un tatuaggetto

d'improvviso hai bisogno di

un tatuaggetto, un tatuaggetto, un tatuaggetto.

(Elio e le Storie Tese, La follia della donna)


Lunedì scorso era il penultimo giorno di mensa e io consumavo il mio pasto tranquilla, finalmente consapevole che ci sono cose cui si può porre rimedio, tipo cambiare una gomma alla macchina, ricaricare il cellulare, perdere qualche chilo e cose totalmente irrimediabili come le relazioni finite, gli anni felici della propria gioventù e l'impotenza di fronte al mitologico caos della mensa di smallville. E tra una pallina di mollica schivata e una forchetta sequestrata a qualcuno che ne stava facendo uso improprio (nello specifico una fionda con cui bersagliare i commensali con tonno e fagiolini) osservavo ruminante la folla multiforme e agitevole dei gremlins in piena attività.
I bimbi di prima sono quelli che l'apparenza inganna, piccoli piccoli urlano come scimme tropicali e parlano sempre tutti insieme per essere sicuri di non capirsi. Ecco perchè in mancanza di un dialogo costruttivo, opinioni contrastanti e idee opposte vengono risolte tramite coppini, pugni e docce di budino al cioccolato.
Le bimbe di prima sono, nel complesso, brave, si siedono vicine, mangiano educatamente, sono vestite monella vagabonda e si permettono al massimo una timida risatina con la mano davanti alla bocca. Sono quelle che ti chiedono il permesso di andare in bagno e che al ritorno ti annunciano che alcuni maschi di prima stanno giocando a sputarsi e ruttare.
I bimbi di seconda si dividono in bimbi di seconda ghermiti da ragazze di terza e bimbi di seconda dannatamente agitati e principali fautori delle lotte col pane e con le posate.
I bimbi di seconda non ghermiti hanno superato lo stadio della lotta corpo a corpo dei bimbi di prima e si cimentano nella costruzione di armi rudimentali con le materie prime a loro disposizione: plastica, platesse surgelate, pane. Sono quelli che tutti i lunedì vengono a chiedermi se è vero che li porterò a giocare al parchetto davanti alla scuola. E sono quelli che tutti i lunedì si sentono rispondere di no.
Le bimbe di seconda trascorrono il tempo della mensa a parlare di riccardoscamarcio3msc e tentano invano di ammaliare i loro coetanei con gridolini isterici. Ma essi sono troppo impegnati in strategie d'attacco e conflitti alimentari.
I ragazzi di terza si divertono a suggerire ai bimbi di prima e seconda improbabili modi di combattere la noia tra una portata e l'altra, come ad esempio deformare bottiglie di acqua minerale e provocarsi trauma cranici reciproci divertendosi un mondo.
E poi ci sono le ragazze di terza, quelle che meriterebbero un post a parte, quelle che il prof di artistica dice "almeno sappiamo che si cambiano le mutande tutti i giorni".
Tali fanciulle sfoggiano abbigliamente da raccordo anulare alle tre di notte, con slip in bella vista, pance trippose esibite con fierezza, magliette aderenti e atteggiamenti da ghetto superstar.
Ora, a modo loro sono anche simpatiche, io ci ho fatto supplenza un paio di volte e dopo un primo momento in cui minacciavamo di ricoprirmi di deodorante, le avevo alla cattedra a raccontarmi dei loro folli amori per i bimbi di seconda.
Ed è qui che scatta il tatuaggetto, l'ultima moda delle predatrici: scrivere con il pennarello indelebile il nome della propria preda sul braccio, nel migliore dei casi, o sulle proprie terga nel peggiore.
Così mentre sei lì che ti divori la tua scialba insalata di carote e tonno, al posto dell'edificante lettura di un quotidiano ti diletti con la scioccante scritta
"R. ti amo tanto, io e te 3msc, tvukdb, sei tropo figo" pittata da un fianco all'altro sull'epidermide , a pochi centimetri dalle ingombranti natiche di una ragazza di terza.
E ti viene l'irresistibile tentazione di alzarti in piedi con la penna rossa e andare a correggere l'ennesimo errore di ortografia.
Menomale che manca poco.

lunedì, maggio 07, 2007

Blade Runner (è tempo di mensa)


Se solo tu potessi vedere quello che ho visto io con questi tuoi occhi! (Roy)

Blade Runner, 1982, di Ridley Scott


Ovvero a frequentare la mensa del piccolo Istituto di Smallville uno inizia a credere che cose come le colonie extramondo siano possibili e in alcuni casi fortemente auspicabili.
La mensa è un salone piccolo e stretto dalla capienza massima di quaranta persone. Il soffitto, di un paio di metri appena, rappresenta la soluzione architettonica ideale per un popolo di puffi o di lillipuziani ma diventa totalmente inadatto a ospitare ragazzoni di terza media alti come un armadio a tre ante o, più in generale, circa cento bambini ipercinetici, vocianti e affamati.


I gremlins arrivano in mensa correndo giù per le scale, un po' come si fa in quei programmi giapponesi alla mai dire banzai, o ai tempi di ok è il prezzo è giusto di iva zanicchi quando partiva la sigla del "gioca con noi, l'alunno S. da Smallville!". Il mio compito sarebbe quello di smistarli sei per volta indirizzandoli a tavoli diversi ma l'impresa si rivela impossibile dal momento che tutti vogliono tenere il posto a qualcuno di un'altra classe possibilmente nel tavolo più lontano da quello dei prof. In mensa accadono cose che voi umani non potreste immaginare: i bambini, dopo essersi avventati sulle tavolate come cavallette d'Egitto, danno subito il via a un festival pirotecnico di formaggio grattuggiato, molliche di panne e bucce di mandarino. Al momento della distribuzione del primo e del secondo sciamano verso le cuoche, assediandole minacciose con più piatti di plastica per mano, specie quando c'è la pizza. Il cibo non viene masticato nè tagliato con forchetta e coltello. Lo si ingoia per intero per poter trascorrere il resto del tempo dedicandosi a più amene attività. In soli quattro mesi di mensa ho visto parrucche di spaghetti al ragù, fitte piogge di fagiolini e legumi vari, naumachie da tavolo a tavolo, duelli all'ultimo sangue con le posate di plastica, croccanti tappeti di briciole di pane e piatti sminuzzati da abili manine distruttrici.


I gremlins,con la capacità polmonare di pavarotti, placido (e certe volte anche domingo) danno sfoggio della loro estensione vocale con cori da stadio tra i più svariati e pittoreschi: c'è il sempreverde "M. culo e culo chi non lo dice" e il gettonatissimo "Se veniamo di lì se veniamo di lì" e il resto lo conoscete tutti. Altro che pay-t: alla mensa di smallville si possono vivere, minuto per minuto, le emozioni da curva sud di un derby tipo roma-lazio. O anche di una rivolta delle carceri, dove però i bicchieri anzichè fatti tintinnare contro le sbarre, vengono accartocciate sulla testa dei compagni di pranzo.


Le prime volte è stata dura, devo ammetterlo. Discendendo le scale mi sembrava di lasciare alle spalle un mondo moderno, civilizzato e razionale in cui un urlaccio o la minaccia di una nota sul diario avevano ancora il loro porco potere. Laggiù invece tutto era lecito e legittimo: infilarsi fagiolini nelle orecchie per attirare l'attenzione dei commensali, fare il gioco della bottiglia senza aver controllato che il tappo fosse chiuso, guerreggiare con i mandarini che manco il carnevale di ivrea, palleggiare le arance sulle spalle come una foca di acqualand, invitarmi a ballare per farsi perdonare di aver spalmato il compagno di robiola osella come fosse una bruschetta.


"Prof, così è più gustoso"


Dopo tutte queste mense del lunedì, seduta al mio tavolo dei professori, zitti, incarogniti e intenti a seguire bizzarre diete, osservo ancora tutto questo con stupore e disincanto, tutti questi bambini iperattivi e ipereccitati che accorrono a me lamentandosi di compagni che hanno loro sputato nel piatto, leccato la fetta di pizza o rovesciato un finocchio nel bicchiere d'acqua; e penso che in fondo...


...tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia...


È tempo di mensa.


lunedì, aprile 30, 2007

1°maggiofestadeilavoratori (evvai ci sono pure io!)

Domani primo maggio festa dei lavoratori, e nonostante la mia laurea in filosofia potrò festeggiarla anch'io insieme al grande popolo dei precari di tutto il mondo.
Il menù della giornata proporrà quello è il leit-motiv di quasi tutti i miei dì di festa:
grigliata (in alternativa abbondante pranzo), un po' di chiacchiera libera (facilitata da qualche pessima bottiglia da un euro e 25 cents), cane che vuole giocare con il fresbee, affetti e affettati, sensazione di pancia ingombra di cibo, sensazione di non volere più fare niente che non sia sonnecchiare, caffè, altro caffè, ennesimo caffè e ritorno a casa.
Perchè giovedì, festa dei lavoratori non è più e si ritorna nella brulicante scuola media di Smallville, con i gremlins eccitati dalle vacanze e dai pollini e uno sguardo al calendario che diventa più sottile di giorno in giorno. Quasi estate. Quasi disoccupata un'altra volta.

lunedì, aprile 16, 2007

simpathy for the devil


Rieccomi.

In realtà la scuola è ricominciata da un paio di giorni ma l'impressione è che le vacanze pasquali siano accadute almeno un miliardo di anni fa.

Il lunedì è da sempre per tutti una pessima giornata.
Ma per chi fa la suppl come me lo è di più.

Ho trascorso il weekend in preda ad atroci dolori ai quadricipiti femorali (maledicendo me stessa per avere ceduto alla tentazione di pompare quel che restava dei miei muscoli di giovane adolescente pallavolista e panchinara). Così mentre la domenica pomeriggio ciondolavo per la fiera cittadina come Joffrey de Peyrac, suggendo avida molteplici granite al limone, i gremlins spendevano il loro tempo libero al parchetto a fumare le sigarette del papà, della mamma e della nonna, a ribaltarsi con le minimoto, a picchiarsi mentre andavano all'oratorio, a picchiarsi all'oratorio, a picchiarsi mentre tornavano dall'oratorio, a sputarsi al campetto da calcio. Pare che i loro genitori avessero ben altro da fare, dal momento che la cronaca locale narra di ennesimo bar incendiato.
Mah.
Lunedì vuol dire ultima ora in prima, dove dovrei fare storia ma un esorcismo sarebbe sicuramente più appropriato ed efficace. Cerco invano di spiegare cosa significa eresia e incappo nel terribili errore di dettare a voce alta la definizione di movimenti eretici. Siamo in primavera che diamine, non posso permettermi scivoloni di questo tipo.

"Come prof? Movimenti erotici?"

Segue una mezz'ora di risatine, gomitate, lanci di astuccio, fuochi artificiali di penne bic e bianchetti magistralmente diretti dai facinorosi Bud e Cicciobello. Vengono spediti negli angoli della classe con le sedie rivolte al muro. Per un attimo mi sento un po' Rott ma quando ce vò ce vò. L'attenzione della folla fuori controllo viene recuperata solo attraverso la solita descrizione pulp-trash dei metodi di tortura del Tribunale dell'Inquisizione.

Bud prosegue imperterrito nei suoi atti terroristici nei confronti dei compagni e viene dirottato con tanto di sedia appena fuori dalla porta della classe, sotto la mia stretta sorveglianza oculare.
"Poichè non riesci a concentrarti su nessun argomento, non studi, non partecipi, il tuo obiettivo formativo sarà riuscire a stare seduto sulla sedia per più di due minuti".
"Ma posso almeno prendere l'orologio per giocare prof?"
"No".
L'atmosfera è torrida. I gremlins rumoreggiano ma non mi do per vinta e continuo con ostinazione la dettatura degli appunti di storia.

"Allora per i Catari esistevano due entità, un Dio buono e un Dio cattivo che aveva lo stesso potere del Dio buono. Chi è che nella religione cristiana si oppone a Dio?"
Momento di silenzio, nessuno sa la risposta ed è Bud a togliere la scolaresca di impiccio facendo capolino con la testa dalla porta ed esclamando soddisfatto "Mio cugino".
Appurata la sua stretta parentela con Satana (che spiega molte, moltissime cose) arriva finalmente il momento di distribuire le verifiche di geografia.
Prince seduto di fianco a me alla cattedra incita con insistenza L'Eletto dell'ultima fila a lanciargli una penna blu.
L'Eletto rappresenta la mia speranza in una società futura con una piccola resistenza di uomini educati e sapiens: studia sempre tutto quello che spiego, fa domande intelligenti, scrive benissimo e con un ordine commovente, non è lecchino e cela ai suoi compagni la sua vera natura mascherandola con una timidezza apparente.
Ogni tanto si picchia con loro nell'intervallo, ma sempre mantenendo un certo stile. Se gli altri sono wrestlers, lui è un lottatore greco-romano.
Prince sventola le braccia "Dai dai lancia qua!".
Il mio sguardo pietoso verso l'Eletto è del tipo "ti prego almeno tu continua a essere la mia speranza". Dopo un attimo di indecisione, si alza e viene alla cattedra a consegnare la biro a Prince che commenta, un po' schifato, "Beh potevi lanciarla però".
Ed è allora che fissando l'alunno M. negli occhi gli dico "In verità, in verità ti dico tu un giorno sarai con me in paradiso".
E se proprio devo finire all'inferno che almeno non mi si metta nello stesso girone del cugino di Bud: già immagino con orrore un'insopportabile eternità di astucci e bottiglie del gatorade che roteano vorticose sulla mia testa.



lunedì, aprile 09, 2007



Erano anni che non ridevo così tanto. A Pasquetta. Ma anche in generale.
Nella vita ci sono sempre tante grane e finisce che uno si abitua alle grane, agli obiettivi, a soppesare, valutare costantemente e si dimentica di ridere, farsi una grossa risata di pancia e di cuore. Sbirciare il cielo blu, è primavera e non me n'ero quasi accorta.
Oggi c’è stato un attimo preciso, uno di quelli che mentre li vivi sai già che resteranno sdraiati a lungo nella tua mente, ho guardato un filare di vigne lungo una collina e ho sentito profumo di fiori. E ad accorgermi di queste cose, ancora, mi sono sentita meno vecchia, più speranzosa, come se nella mia pancia fosse rimasta una fiammella sottile di quel grande fuoco che mi ha bruciato per tutta l'adolescenza.
Che se mi chiedo quando e come sia finita non so rispondermi. So quello che mi ha lasciato.
Un senso di enorme malinconia che spesso mi attraversa ancora da parte a parte come una lama. Lo stupore di accorgermi ogni giorno di qualcosa di nuovo.
La voglia di cercare sempre una canzone che catturi l’attimo, la giornata, l’episodio.
Ho ripreso in mano la mia macchina fotografica oggi.
Ho ritrovato l’incanto che mi porta a immortalare le cose intorno, forse è solo che a forza di ridere ho firmato un armistizio col mondo del genere -facciamo una tregua e godiamoci il sole-.
Dovrei farlo più spesso. Essere giovane in questo modo. Essere giovane prima di tutto.


Stay, lady, stay, stay with your man awhile

Why wait any longer for the world to begin

You can have your cake and eat it too

Why wait any longer for the one you love

When he's standing in front of you

lunedì, marzo 26, 2007

maybe tomorrow

  • L'alunno A. costruisce una fionda rudimentale grazie alla sua cartellina da disegno e si sollazza a bersagliare i compagni con una pioggia di pastelli colorati all'urlo di "beccateveli".


  • Gentile mamma dell'alunno P., le scrivo per informarla di essere giunta al punto di non ritorno per quanto riguarda la sopportazione degli slip verde fosforescente di suo figlio. Gli compri un paio di mutande bianche o in alternativa una bella cintura stretta in vita. Sono stufa di quel culone brillante che mi sventola davanti agli occhi mentre cerco di spiegare le città medievali.

  • L'alunno R si domanda con candore cosa ci sia di sbagliato nel lanciare zaini addosso ai compagni al suono della campanella. La sua arringa difensiva consiste nel sostenere che "Tanto l'ora è finita".

  • L'alunno NF inneggia alla propria squadra del cuore aprendo e chiudendo il suo ombrello bianconero durante l'ora di geografia

  • L'alunna D. seduta al primo banco chiede per quindici volte "a che pagina siamo" nonostante l'insegnante abbia trascritto sulla lavagna la cifra 188 a caratteri cubitali.

  • Gentile mamma di Z, è sicura di non poter tenere suo figlio a casa al pomeriggio? Sono disposta a farle una generosa offerta in denaro.

  • L'alunna E. manifesta un'insana passione nei confronti di Gigi d'Alessio (insana in quanto si tratta di Gigi d'Alessio) tappezzando il diario di figurine e fotografie in modo tale che l'insegnante si vede costretta a siglare il voto di storia sotto un'immagine che ritrae il nostro nell'atto di spupazzarsi Anna Tatangelo.

  • L'alunno M. contesta la sua valutazione espressiva da me giudicata insufficiente pur avendo scritto che "I cristiani stesero a Gerusalemme per quasi due anni".


Queste sono solo alcune delle note che vorrei tanto firmare.
Quelle che si fermano sulla punta della lingua e non vanno oltre, ci ripensi mentre torni a casa e attraversi le risaie umide di pioggia.
Ci sono giorni buoni e giorni in cui piove.
Ma l'alunno A. ha consegnato spontaneamente un tema scritto di due pagine intere "perchè prof sto cercando di migliorarmi".
E allora anche un giorno meno buono in fondo diventa tale, strappa un sorriso e ti fa andare avanti.

martedì, marzo 20, 2007

La signorina Rottenmaier



Profondo sgomento quando, iersera, fattesi le 22.15 scopro che la cartuccia magenta è terminata e quindi non c'è verso di stampare nemmeno una copia della mia magnifica verifica di storia.


Maledico la Epson in svariate lingue e medito il da farsi. Rinunciare a tutto e dettare dieci scialbe domande sembra l'unica soluzione possibile. Si potrebbero usare i computer della scuola, quelli a cui solo le docenti titolate possono accedere, approfittando magari di un momento di distrazione collettiva...ma quando scopro (grazie all'altra giovane parente arruolata nello stesso istituto) che la referente capo dei Personal Computer o Ordinatori è la signorina Rottenmaier, un brivido freddo mi corre lungo la schiena.


Della signorina Rottenmaier si era già parlato qui, come colei con cui ebbi una paurosa sfuriata a due settimane dal mio ingaggio scolastico, nel giorno dell'UMIGLIAZIONE.
Da allora ho cercato di instaurare con scarso successo un regime di reciproca indifferenza.
La signorina Rottenmaier è un osso duro e sono sempre più convinta che nel tempo libero prenda a calci nel culo morbidi coniglietti bianchi, dia fuoco a letterine di natale e sputi dal balcone sulla testa di quelli di sotto. La sua scortesia sta iniziando a rendermela quasi simpatica. Aspetto con ansia l'ora della sua compresenza per indovinare con quale amabile antipatia mi porgerà il solito rimprovero mascherato da considerazione didattica.


Del tipo "Vedi io che faccio questo mestiere da ancora prima che nascessi tu, quando a scuola venivano a dorso di mammuth e la pianura padana era un'immensa foresta popolata di coguari preistorici, posso dirti senza dubbio alcuno che ogni tua proposta educativa verrà da me giudicata come assolutamente inadeguata".


La povera signorina continua da settimane a cercare di punzecchiarmi sperando in una qualche reazione che non sia il solito sorriso del tipo "ventitrè anni saranno anche pochi per fare la prof ma sono abbastanza per insegnarmi che mandarti affanculo non sarebbe un gesto di molta educazione". Ma dal canto mio non voglio cedere. Un po' per educazione davvero. E un po' perchè è troppo divertente.

Dialogo tipo dell'ora di compresenza


io -Avrei preparato queste schede di recupero su lessico e ortografia per i ragazzi-

Rott - Gli interventi di recupero non sono mirati ad attività specifiche, in queste ore io devo fare studiare i ragazzi -

o meglio

-Gli interventi di regubero non sono mirati ad addividà specifighe, in queste ore io devo fare stubiare i ragazzi-
(N.d.r. Una delle più spassose caratteristiche di Miss R. è difatti un curioso accento che la porta a pronunciare la "g" al posto della "c" e a sostituire "b" e "d" a sua discrezione).

io - Beh, in alternativa potresti controllare che abbiano in ordine gli schemi di preparazione alla verifica che abbiamo fatto insieme e magari aiutarli a ripassare-

Rott (si altera) -Ah ma tu questa berifica già ce l'hai? Perghè mi devi dire se gli sghemi servono oppure no, perghè altrimenti non vanno bene-

io (serafica o serafiga) -Sì servono per memorizzare i concetti chiave. E poi guarda, ho qui la verifica dell'ultima volta, così ti rendi conto di quali sono le richieste che faccio ai ragazzi-

La signorina Rottenmaier dà alla copia della verifica lo stesso sguardo che riserverebbe a un budino di vomito.

Rott (ghigno malefico) -Me l'abebano detto ghe le tue verifighe erano facilissime-


Quest'oggi mentre io e la timida insegnante di sostegno conversavamo un po' in sala professori in a proposito di scuola e affini, la signorina Rottenmaier è entrata con passo militaresco gettandoci dall'uscio uno sguardo di profondo disprezzo. Per un breve attimo ho pensato di esclamare qualcosa tipo "arriva baboomba" ma poi ho lasciato perdere, ricordandomi che solo nei telefilm gesti di questo genere non vanno incontro a pesanti conseguenze.
La timida insegnante di sostegno ad un certo punto del dialogo ha avuto l'ardire di rivolgerle una battuta, non nel senso di "Cacchio ma lo sai che hai lo stesso taglio di capelli di Alvaro Vitali?", ma nel senso di un timido "E stiamo parlando del bambino Z, una situazione un po' delicata, tu che ne pensi?". La Rott con una smorfia facciale che esprimeva palesemente l'assioma fondamentale
-voi per me siete come guano- le ha risposto che la situazione era così da anni "E ghe certo non ce ne siamo aggorte miga ora". Eccheccazzo.
Detto questo siamo salite in classe e per le scale le ho chiesto cordialmente se in occasione della verifica odierna poteva seguire i ragazzi del recupero, controllando che almeno riuscissero a cercare gli argomenti sul libro e trascriverli.

-Eggo, io non so tu che obiettivi edugativi c'hai, ma è una gosa che io non ho mai fatto, altrimenti gli altri poi si dicono che non è ggiusto e ci fanno polemighe-

Sfoderando il solito sorriso non ho replicato nulla, ho scritto le domande alla lavagna, ho spiegato ai ragazzi come si doveva rispondere e ho dato solennemente il via alla verifica di storia.
La signorina Rottenmaier una volta posati registro e cartellina mi ha congedato dicendo che doveva andare a parlare con il vicepreside e che ne approfittava visto che non c'era niente da fare.
E pluff, è scomparsa, come nelle migliori puntate di Heidi che corre felice con Petar oltre l'orizzonte delle montagne.

Ne deduco quindi che sì, questi sono gli obiettivi edugativi.

mercoledì, marzo 14, 2007

Prince Valiant


Alla mattinata sopravvivi, nonostante quel sonno che ti si attacca alle doppie punte e non molla neanche quando spari a palla un cd di canzoni veramente cretine e crei un clima sub-polare all'interno dell'abitacolo per tenerti sveglia.
Non c’è certo bisogno che stia qui a spiegarvi che quelle mattine in cui appena sveglia hai piena consapevolezza di avere addosso una stanchezza bastarda e durevole da combattere, c'è ben poco da fare.
Così prendo un caffè, poi arrivo a scuola e ne prendo un altro, poi entro in classe per la compresenza di inglese e poi trascorro l’intervallo a compilare il registro (mentre al di là della porta potrei scommettere due miliardi di euro che l'80% degli alunni se le sta dando peggio che in un film con bud spencer), e decido di sedare la scolaresca con alcuni appunti sull’Unione Europea sbirciando con languore il parco di fianco alla scuola con gli alberi di ciliegio in fiore.
Se in quell'istante comparisse il genio della lampada della Mini gli chiederei di potermi concedere un brevissimo pisolo su una panchina al sole. Please.
L’ultima ora è un vano tentativo di insegnare a questi benedetti figlioli che l’italiano non è un’opinione e “camuso” non è né un insulto né un modo giocoso di apostrofare il giocatore del Milan.
La campanella suona e io e il prof di artistica ci accampiamo in sala insegnanti per il nostro autoironico dejeuner sur l'herbe.
Mangio una poco soddisfacente salade di avanzi raccattati in frigo stamattina e delle fragole dal gusto assolutamente aspro. Nell’immediato dopo pranzo decido di avere ancora fame e, grazie alla mia nuova fiammante chiavetta, mi reco alle macchinette per una viziosa dose di kinder bueno accompagnato da un cappuccino che ha un vago retrogusto di nelsen piatti. Qui tra le prof è in uso confessare di essere a dieta strettissima e non concedersi mai nulla più di uno yogurt: poichè ancora il mio culo non fa provincia, decido di trasgredire il diktat.
Tempus fugit.
Già le 13.50. La mia borsa da sherpa mi aspetta (quanto ammiro le insegnanti che scivolano eleganti per i corridoi con una mini borsa e il registro sotto l’ascella: sono così easy-chic!).
Al suono della campanella un leggero brivido mi scuote la colonna vertebrale.
Oggi sono stanca ma in fondo si tratta pur sempre di 50 minuti. Ce la farò.
Scudo interspaziale. Azione!
Il bambino M entra in classe aprendo la porta con un calcio e sbatte la cartellina con violenza sul banco. La sua è una dichiarazione di intenti e di guerra al tempo stesso.

"Prof io non ho portato niente e adesso che arriva il bambino Iperattivo gli tirerò questa biro in mezzo alla fronte"

Perdo immediatamente la speranza di trascorrere 50 minuti di idilliaco aiuto per i compiti dei bambini. Arriva anche il bambino S. che inizia ad assillarmi chiedendomi se ho qualcosa da scrivere sul registro. Perchè sì, questo giochetto di ordinare compiti e trascrivere voti su un finto registrino a quaderno ultimamente aveva funzionato. Ma oggi niente registri e ho il cervello davvero troppo felpato per escogitare qualcosa di migliore di un timido “Beh, non avete proprio nulla da fare? Nessun compito? Magari vi sedete vicino a me e leggiamo qualcosa insieme..”.
Le bambine perfette hanno unito i banchi e copiando diligentemente lo schema di storia che ho preparato per loro. Il bambino Scassapalle si è intrufolato nel gruppo, da bravo maschio furbacchione ha capito che forse potrebbe cogliere l’occasione per prepararsi per la verifica senza poi studiare un tubo a casa. Loro sono bravi. Loro mi commuovono.
Il bambino M e il bambino S iniziano da subito con i primi dispetti reciproci, degni di una sceneggiatura per il prossimo di Tarantino.

“Lui mi ha fatto una croce con il gessetto sulla cartellina”
"Sei un fennel!"
"Dovresti prendertela con quelli della tua forza, ti conviene"
"Sei una paletta*!"
“Prof, lui mi ha scritto con la matita sulla custodia del clarinetto”
“Ma prof lui mi ha rotto il gancio blu della cartellina e ha lanciato un pezzo là sopra e io non ci arrivo”.
"Non viene via prof. Adesso vedi cosa ti faccio".

Cerco di rabbonirli con tono materno, mando S. in bagno a inumidire un fazzoletto per pulire la sua custodia e la cartellina di M.
Al suo ritorno assisto all’inevitabile susseguirsi dei fatti.
Dopo che M. ha cercato invano di pulire la contaminata cartellina sporca di matita , si avvicina alla custodia del clarinetto di S e la fa oscillare minacciando di lasciarla cadere per terra.
Il bambino S. si incazza di brutto e gli corre incontro con pessime intenzioni.
Dopo la prima sequenza introduttiva che definirei dialogica, segue la seconda sequenza assolutamente narrativa.
Il bambino M. sfodera una scintillante riga di tecnica (ma come cazzo farà a materializzarle dal nulla?) e la spezza con violenza sulla schiena di S. che, forte della sua possanza fisica, lo solleva per il collo cercando di strozzarlo.
Tutto ciò accade in circa 7 secondi.
E siamo alla terza sequenza che potremmo indicare come isterica.
Seguono urlacci violentissimi da parte mia, convocazione dei genitori sul diario, bambini spediti in presidenza con fare hitleriano, sensazione di essere prossima all’infarto, bambini rimasti in aula che terrorizzati dalla mia versione hulk mi chiedono con voce tremebonda se loro invece sono bravi.
Nella sequenza conclusiva la campanella suona, i cinquanta minuti sono trascorsi, il bambino S. cerca di fare pace con me, il bambino M./Prince Valiant mi chiede cosa faranno i suoi genitori e da adulta quale mi fingo faccio un enorme sforzo per non rispondergli che spero tanto lo prendano a calci nel bip.

*paletta = dispreg. paletta per raccogliere la cacca dei cani, persona poco rispettabile. Sin. Fennel.

mercoledì, marzo 07, 2007

quello di cui il mondo ha bisogno

What the world needs now is love, sweet love.
Lo canticchio spesse volte quando la tentazione di sbriciolare un banco in testa a un bambino di prima si fa forte. Fino ad ora ce l'ho fatta a non finire sul tg5.
Perchè sì, non credo che sopporterei un servizio con la colonna sonora de Lo squalo subito seguito dalla storia strappalacrime di un cucciolo di foca nato con le piume (e lì yann tiersen a manetta).
Siamo ancora qui, dopo una pizza al caucciù consumata in sala insegnanti in attesa della prima ora del pomeriggio battezzata "studio guidato" ma altresì detta bambini eccitati dal processo digestivo che sollazzano il loro ego brandendo squadrette e righelli come neanche Russel Crowe nel Gladiatore. Oggi però M. appare tranquillo.
M. è un bambino con gli occhi azzurri e la faccia spruzzata dalle lentiggini, praticamente la versione mediterranea di Dennis La Minaccia. Di solito dedito a molteplici atti vandalici tra cui la pioggia di graffette sparate con la pinzatrice, la costruzione di complessi veivoli di carta con cui colpire le teste dei compagni in modo efficace e aereodinamico, le fionde di tappi e cartucce (di cui possiede una scorta esorbitante), è in grado da solo di provocare l'inquinamento acustico di un'asfaltatrice a tre millimetri dal tuo orecchio.
Ricordiamolo inoltre come l'indimenticabile artefice della specie di allevamento dei "pollini" (piccoli polli o forse scarpe in cattività) e dell'insulto (il cui significato mi rimane oscuro):
"Sei un Fennel".
Questo pomeriggio M. appare stranamente sedato.
Forse qualcuno a mensa ha finalmente accolto la mia proposta di sbriciolare massicce quantità di valeriana nei pasti degli alunni.
M. viene ad accomodarsi accanto a me alla cattedra e mi propone di aiutarlo a fare i compiti di francese, o meglio mi propone di dettarglieli. Colgo al volo l'occasione per cercare di instaurare un rapporto insegnante-alunno di fiducia e amicizia, della serie -guarda come sarebbe bello se ci fosse tra noi un clima di bucolica amicizia-.
Finisce perfino che M. mi racconta la sua giornata trascorsa davanti principalmente davanti alla PsP2 e al canale satellitare per guardare il wrestling. Comprendo solo ora dove abbia imparato certe mosse karateke e mi sconvolgo come al solito al pensiero dell'infinita solitudine di questi bambini, che pur essendo veramente ma veramente rompipalle avrebbero in ogni caso tutto il diritto di un genitore cui rivolgere la parola.
Proprio in quel momento S. ed MS (alunni probabilmente sfuggiti alla sperimentazione della valeriana) si stanno rincorrendo tra i banchi usando le proprie giacche come lazzo.
E' un attimo. Vedo M. alzarsi e annunciarmi "Ci penso io prof, ora lancio fortissimo una gomma in faccia a MS".
Sapete quei momenti da film in cui i singoli istanti si susseguono in una lenta moviola?
Vedo il braccio di M. lentamente ritrarsi per aumentare la potenza del tiro e riesco a fermarlo un attimo prima che la gomma venga eiettata ai 110 km/h nell'occhio di uno dei malcapitati.
Ormai però è una questione d'onore ed M. non può darsi per vinto.
Corre in direzione di un banco, estrae una riga da uno zaino come fosse la spada nella roccia e dopo uno dei miei urli da copione (ho scoperto in questi giorni l'esistenza di un polmone aggiunto dentro di me) si dirige verso la finestrae minaccia di lasciare cadere la riga in strada.
Sono attimi di panico. La riga è di MS che inizia a frignare, S. sta cercando di palpeggiare una compagna intenta a terminare i compiti di francese (ma perchè le donne sono sempre così avanti?) e M. sogghigna malefico brandendo la sfortunata squadretta.
La mia mediazione ha successo grazie alla solita serie di svariate minacce che ripeto ormai come un rosario almeno dodici volte al giorno.
M. ritorna al suo posto accanto a me e finisce di copiare l'esercizio raccontandomi dettagliamente alcune puntate di un documentario della national geographic.
La piccola peste sfodera un lessico da conferenziere specializzato e mi lascia a bocca aperta.
A quanto pare gli piacciono le cose scientifiche, e forse il canale di comunicazione che stavo disperatamente cercando è proprio quello, rendere un po' più tecniche le mie ore di lezione.
Sicuramente ci proverò ancora sam.
La campanella suona e M. prepara lo zaino.
Per la prima volta dopo un mese di lezione insieme uscendo dalla classe mi rivolge un cordialissimo " 'ngiorno prof Monzani".
Che in questa scuola nuova, il mio cognome non lo sanno neanche le colleghe.

it's the only thing that there's just too little of
What the world needs now is love, sweet love,no not just for some but for everyone.