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lunedì, ottobre 13, 2008

worms

Domani non c’è lezione di istituzioni di ontologia.

E’ un corso che mi piace sebbene ci sia di mezzo Heidegger, quello di  “non è proprio essere, è più voglia di qualcosa di buono”.

Istituzioni è un corso che mi piace perché la scorsa volta si è parlato de La nausea di Sartre e mi è tornata in mente la mia cartellina di tecnica su cui avevo trascritto un pezzo tratto da quel magnifico di libro. 

La mia prof di matematica mi aveva chiesto se era la storia di uno che non stava tanto bene. La Nausea capite? 

La mia prof di matematica non era una persona che stimavo molto. Lei nemmeno. 

Vabbè.

Domani quindi salgo a Milano nella tarda mattinata e questo significa che forse riuscirò a sedermi durante il viaggio di andata. 

Oggi l’ho fatto in piedi fino a Magenta ascoltando Laura Veirs e seduta su un pezzo di freepress su uno scalino fino a Centrale ascoltando i Vampire Weekend, che sono fichissimi.

Ho quasi finito Walden, me ne sono tenuta due pagine per stasera, sicchè ho bisogno di pensieri intelligenti per dormire bene.

Oggi al ritorno in metropolitana sono caduta nel circolo vizioso dei germi. 

Ho iniziato a pensare a tutti i germi che avevo in testa, sulle mani, ai germi che correvano sui sedili del treno, su quelli della metro, sul fondo della mia borsa che appoggio ovunque, sul corrimano delle scale all’università. 

Mi sono sentita come Howard Hughes. 

Ho ripensato a quando l’anno scorso mi avevano gentilmente offerto alcuni campioni gratuiti di gel amuchina, in grado, a detta loro, di neutralizzare tutti i germi presenti sul palmo della mano in 15 secondi. 

Cioè roba che potevo passarmi sto fazzolettino sulle mani e operare al torace un altro pendolare in condizioni di assoluto igiene. Ho anche pensato di comprarmelo ma poi avevo solo quattro euro e cinque minuti per trottare verso il treno germinale che mi avrebbe ricondotto a casa tra la nebbia da riso e una pallida luna offuscata anch’essa dai germi.

E’ che non mi sento ancora pronta a portarmi dietro la t-shirt da appoggiare ai sedili del treno, mi fa tanto vecchia intollerante delle devianze del mondo.




"Pareva che non avesse compagni, nell'universo, e che si divertisse così, da solo; 

pareva anche che non avesse bisogno d'altra compagnia che il mattino e l'etere con cui giocava. [...] 

Padrone dell'aria, esso sembrava in relazione con la terra solo per un uovo covato qualche tempo fa nel crepaccio di una roccia scoscesa 

-o era forse il suo nido primitivo costruito nell'angolo di una nube, tessuto con gli ornamenti dell'arcobaleno e del sole al tramonto, e foderato del molle vapore dell'estate, preso dalla terra. 

Oggi il suo nido è su qualche nube scoscesa".


Walden -Vita nei boschi- pg 392

mercoledì, dicembre 05, 2007

7 a.m.



Alle 7 di mattina il mondo è perfetto.

Sì è vero, sto correndo per prendere l'n-esimo regionale, e sono pur sempre le sette, e se avessi facoltà di volere sceglierei di rimanere nel mio caldo giaciglio il più a lungo possibile a sognare di posto molto lontani e molto felici, e so benissimo che il mercoledì è pur sempre il mercoledì, quella giornata stronza che si piazza a metà settimana e mi succhia via l'anima peggio dei dissennatori di Harry Potter, e che forse avrei dovuto studiare medicina e nascere in Svezia, alta, bionda e affettivamente legata ai Krisprolls.

Però giuro che il mondo è innegabilmente perfetto in quel momento lì, mentre scatto una fotografia prima della corsa finale al binario, non c'è virgola che potrei cambiare, voce che vorrei aggiungere, non c'è niente che potrebbe spegnermi gli occhi in quel secondo assoluto. Ginsberg diceva (in una delle poche poesie che mi sia mai riuscito di imparare a memoria) che il mondo, a dispetto della sua totale dolorosa imperfezione, che il mondo ha una bellissima anima.

Ora, io non sono sicura di avere ancora un'idea precisa su quello che sto studiando da tre anni a questa parte (consolante, vero?) e ho come la sensazione che non l'avrò mai. Però mi succede a volte di provare uno stupore inspiegabile per le cose, che siano cieli strabilianti la mattina presto o pipposissime teorie filosofiche su come (forse) dovrebbero (probabilmente) andare le cose(ammesso che esistano).

Ed è bello, innegabilmente, come la perfezione del mondo alle sette di mattina.

Non faccio che piangere adesso.

Ho pianto tutta la strada quando sono uscito dal Wobby Hall di Seattle.

Ho pianto ascoltando Bach.

Ho pianto guardando i fiori felici nel mio cortile,

ho pianto alla tristezza degli alberi di mezza età.

La felicità esiste lo sento.

Ho pianto per la mia anima,

ho pianto per l'anima del mondo.

Il mondo ha una bellissima anima.

Dio appare per essere visto e per essere pianto.

Cuore traboccante di Paterson.

Allen Ginsberg

lunedì, novembre 19, 2007

Maybe I'm The Grinch

Come al solito, quando i lacci si stringono troppo e le dita incespicano sull’ennesimo bottone, qualcosa con i denti si ribella dentro me, mi ritorna il mal di schiena e quell’irresistibile desiderio di stare in silenzio la maggior parte del tempo, così finisco per immaginare qualcuno che racconta la mia storia mentre torno a casa in macchina, con la fronte appoggiata al finestrino e guardo le stelle che domandano sempre e non rispondono mai, e fuori è sottozero e mi viene in mente quel film tristissimo che forse ho visto un paio di anni fa -la mia vita senza me- che non mi era neanche piaciuto, ma l’avevo visto ugualmente per il titolo, mi sembrava volesse dire tante cose e invece era il solito pippone strappalacrime con tanto di pioggia (piove sempre in quei film lì, però piove bene, con le gocce romantiche, mica le piogge acide che mi accolgono i lunedì mattina a milano e che mi scioglieranno il cranio prima o poi).
Oggi ricevo l’ennesima mail che recita “La ringraziamo per la fiducia accordataci inviandoci il suo manoscritto” “Abbiamo letto con interesse il suo manoscritto” “La lettura del suo manoscritto ci ha convinto che non siamo gli editori che fanno al caso suo” (minchia rispondono proprio tutti) e mi sembrano passati anni luce da quel momento lì, e da tanti altri in effetti, e ripenso ai miei amati ammassi di cartacce che conservo in uno scatolone blu e penso che mi piacerebbe avere il tempo di finire quelle cose lì per me, proprio come è stato all’inizio -scrivere solo per me- e scusate se lo dico qui sul blog, magari fa brutto però è la verità.
Inoltre, se qualcuno gentilmente volesse spiegarmi perché ca**o hanno già messo le luminarie natalizie per le strade che non è manco dicembre, a me questo fatto genera ANSIA, finisce che ci toglieranno anche la malinconia del Natale e delle strade deserte a una certa ora della sera mentre il vento gelido ti taglia la faccia a metà e ti fa sentire la protagonista di qualche novella di Cechov. Sono già lì da una settimana, le slitte intermittenti, le stelle comete , le scritte buonnnnatale.
Vi prego facciamo qualcosa, un referendum, una campagna, una lettera a Berlusconi.
Non si può andare avanti così, mi girano le palle.

domenica, febbraio 25, 2007

the purchet's weekend

Il fine settimana passa in un soffio veloce, nemmeno il tempo di esprimere il desiderio che duri qualche ora in più.
Piove sparso, io ho lasciato a casa l'ombrello, cammino nella domenica mattina con Amanda al fianco, una volta raggiunta la nostra dimora abbiamo dei capelli che manco donna summer.
Comunque. Ieri sera ho mangiato come un purchet* (porchetto n.d.r.). Sono giunta alla conclusione che molti piaceri della vita si nascondono in un buon bicchiere di vino e un piatto di generosa zuppa toscana. Peccato per quell'assordante musica lounge che mi ha mandato in sbattimento. C'era di tutto su quella maledetta tracklist: perù, spagna, francia, rielaborazione chill out di chopin, veramente cose da far venire i brividi.
Lo stato umorale del momento è tranquillo. Il weekend mi ha visto protagonista di spese a piccoli prezzi, all'outlet di mango svendevano le giacche a 3.99 (manco al lidl), me ne sono comprata una per i consigli di classe di giovedì, quando me ne starò splendida e altera nel mio invisibile angolino a meditar tutt'altre cose.
Ad esempio che l'8 marzo è vicino, e io devo ancora preparare degnamente questa sorta di intervento filosofico che mi è stato richiesto, ma non riesco neanche a leggere più di tre pagine di infinite jest la sera, e mi addormento come un bisonte a cui è appena stata sparata una forte dose di sedativi. Ad esempio che giovedì prossima arriva in italia la mia amica scozzese con cui ci si era viste poco in francia e allora è davvero carino avere una seconda possibilità di frequentarsi in modo più decoroso. Ad esempio che dovrei occuparmi della programmazione per la semaine prochaine, eppure l'unica cosa che mi riesce bene oggi è restare imbambolata davanti alla finestra e guardare la città perdere di luminosità come se qualcuno la stessa fotoscioppando.
Mah.

lunedì, febbraio 12, 2007

Assiomi (?)

Ok Computer è stato e sempre sarà un album dalla bellezza disarmante.
Disarmante.
Se prima di metterti in ascolto avevi qualche arma di difesa contro un certo genere di considerazioni e pensieri, Ok Computer la polverizzerà dopo pochi istanti.
Ti apre gli occhi sul meraviglioso mondo di reazioni chimiche e connessioni magiche tra un evento insignificante e uno significante.
Discorsi che si avverano negli anni e quel generale senso di turbinio intorno al cranio, la sensazione di essere aperti di soli sessanta gradi su una realtà troppo ampia, che ne fa almeno 360. Devo fare benzina. Domani. Adesso su Let Down proprio non mi è possibile.
Naturalmente No Surprises la salto. La skippo con un rapido movimento di indice destro su lato del volante. Sarebbe da pazzi ascoltarla ora. Ho quattro ore di bambini da affrontare. Bambini che scrivono "riproduzione itica" invece di "produzione ittica" e mi chiedono "chi è stato il primo uomo a rubare?".
Sarò un po' in down? Eh.eh. Coff. Coff. Uhm.
Credo di sì. E anche se faccio di tutto per uscirne, finisce che poi scelgo consapevolmente di ascoltare Ok Computer che è sì un album dalla bellezza disarmante ma è anche una specie di bomba malinconica che ti esplode addosso.
Di certo non è qualcosa che ti lascia un sorriso stampato sulla faccia. Semmai storto. Semmai.
Rivoglio indietro i miei cinque anni.
Avevo le pantofole blu con l'elastico dietro. Correvo dappertutto.
Me ne fregavo di quello che sarebbe successo e quello forse era il migliore dei modi possibili di avere quell'età.
Adesso semplicemente avrei bisogno che qualcuno mi spiegasse come si fa.
Ad avere anni ventitrè e poi a marzo ad avere anni ventiquattro.
A leggere su un compito di grammatica che le facce bimbe che ti stanno di fronte sono nate nel 1994. E pensare che in fondo, è tutta colpa di Max Pezzali.
Che se Ok Computer è stato e sempre sarà l'album dalla bellezza disarmante che più ti corrisponde, la generazione di Max Pezzali avrà sicuramente qualche grana in meno.

mercoledì, gennaio 31, 2007

*After Hours

Certe malinconie vengono a galla sono quando sei stanco.
O ubriaco.
O quando la mattina sonnecchi nel tuo interregionale avvolto dalla nebbia e poi cammini stringendo le dita nei guanti per non sentire freddo.
C'è qualcosa di giusto nel tuo essere lì in quel momento.
Quella sensazione di pulito, di coscienza pulita che senti galleggiare nello stomaco ogni volta che ti impegni in qualcosa di nuovo.
C'è qualcosa di giusto nella tua voce di (quasi)adulta che spiega la differenza tra "un altro" e "un'altro" e per un attimo fa finta di crederci davvero alla faccenda che un apostrofo può cambiare il mondo, che un po' di italiano, storia e geografia salveranno questi giovani bimbi da un destino insipido.
Qualcosa di giusto nel saltare il pranzo per correggere i compiti ed elargire più, meno e consigli di correzione.
E poi, in fondo, dietro una tenda e poi l'altra, qualcosa di sbagliato punta le unghie e graffia un pochino le pareti dei ventricoli. Non si capisce cosa sia, forse una lacrima che vorrebbe scendere e si trattiene per dignità.
Forse è solo accorgersi che il tempo di un certo modo incantato di sperare nel mondo si è quasi consumato. La candela è alla fine, gli invitati sono già andati da un pezzo.
Ed è così, in quel buio giusto e sbagliato al tempo stesso che soffiare ed esprimere forte il proprio desiderio sembra l'unica cosa, giusta e sbagliata, da fare.

If you close the door, the night could last forever
Keep the sunshine out and say hello to never
All the people are dancing and they're havin such fun
I wish it could happen to me
But if you close the door, I'd never have to see the day again.

giovedì, gennaio 04, 2007

*The Light Before We Land

Il nuovo anno è iniziato.
Molte cose sono al loro posto preciso, straordinariamente in ordine, lucide e belle.
Ho perfino comprato un biglietto della lotteria. Che non vincerò, of course, ma significa che ho ricominciato a credere nella fortuna, cosa fondamentale per me, sempre.
Credere nella fortuna vuol dire scuotermi un po' di responsabilità dalle spalle, assumere l'atteggiamento dell' -ok, fin qui dipende da me e dopo vada come deve andare-.
Fosse sempre così, con le cose al loro posto preciso, lucide, belle.
Sto cercando sempre lavoro. Sto cercando una strada e mi piace che l'anno sia nuovo, è come stare di fronte a un sentiero lungo e impegnativo e avere una borraccia piena di acqua fresca.
Certo, tra meno di un mese starò già scrivendo di nuovi precarismi, intimismi lirici, pippementalipadane.
Ma adesso, in questo momento qui, sto bene.
Fa paura persino scriverlo.

martedì, dicembre 12, 2006

aspettando di capire se ci sarà un natale come si deve

Winter’s been real long this year
I know, cause I’ve been there
Summer never seemed to come along
and when it did, it felt all wrong
You’ve been sitting on the sidewalks wondering what went wrong with your life
You’ve been walking to your bedside table and in the top drawer was a knife
Così un gruppo che ascoltavo quest'estate, in tempi francesi, trotterellando diligente verso il mio lavoro al Consolato mi ritorna utile ora, in pieno inverno padano, con colonnina del mercurio finalmente e dico finalmente (d'inverno devo potermi lamentare del freddo!) precipitata sugli zero gradi e giù di lì.
Sono in attesa di capire se ci sarà un Natale come si deve e se sto facendo bene ad aspettare che sia finito l'anno per rimettermi in carreggiata e tornare panzer da sfondamento. Sono in attesa di sopravvivere alle vacanze di Natale, periodo pericolosissimo, soprattutto per quel certo non so che di malinconico e attenzione che se nevica poi, è davvero la fine, mi scatta il mood da neve, tipo uscire alle due del pomeriggio a infradiciarmi i moonboot (mammut) ascoltando improbabili versioni di across the universe, interi dischi di norah jones e versione acustiche di last christmas. quest'anno poi la compilation natalizia del sufjan mi sta letteralmente consumando i padiglioni auricolari.
ascolto tanto perchè ho poco da dire.
leggo molto perchè faccio fatica a scrivere.
dormo poco perchè mi sembra di perdere tempo.

lunedì, novembre 27, 2006

siamo nelle piste

SONO INCASINATA.
Ebbene sì.
Ma tornerò al più presto, solo che al momento devo dedicarmi alla mia Creatura.
see u soon

martedì, novembre 21, 2006

winter took my life (in un certo senso)

Ieri alle ore 00.00 con una temperatura di 8° la Seattle del Piemonte si presentava lucida e deserta, per una volta, quasi romantica. La nebbia qui a novembre abbraccia la città piano piano, inizia a sfumare l'orizzonte e poi si avvicina alle case, riempie le strade, nasconde, cancella.
Di ritorno dalle prove e da una camomilla trangugiata cercando di trovare una soluzione ai circa mille problemi di organizzazione e non, perchè a un mese dallo spettacolo sembra mancare tutto, i preventivi, le locandine, la scenografia, i costumi.
C'è sempre, in ogni progetto, o almeno in ogni mio progetto, quel momento in cui penso che non ce la farò in nessun modo e ho come l'impressione di essermi arrampicata su un'enorme montagna di briciole pronte a franarmi sotto i piedi alla mossa successiva, e sì, lo so di avere una vita troppo immaginifica.
Scivolando con la gracchiante fiesta pericolosamente in riserva sulla via del ritorno, ondeggiando dolcemente tra rotonde, curvoni, stop e semafori che conosco a memoria, mi sono chiesta cosa mi spinga a provarci tutte le volte, a buttarmi mani e piedi in cose del genere, senza riserve, e mi sono sentita orgogliosa, di me stessa, come non mi capitava da tanto tempo.


venerdì, novembre 17, 2006

that's all folks

Venerdì pomeriggio, freddo a nord-ovest, nebbia che già alle nove cancella la stazione e i treni diventano invisibili fischi che tagliano il grigio.
Io e mrs dalloway ci siamo salutate a colazione dopo l'ultima pagina, con un cenno gentile del capo, perchè la mattina presto, le parole a disposizione non sono mai abbastanza. Ho preparato un pranzo con gli avanzi rinvenuti in frigo mentre su raiuno uno chef accreditato scodellava una meravigliosa torta di pandispagna. Potrei cucinarne una anch'io ma sono solita mettermi ai fornelli solo quando sono di buonumore altrimenti ho l'assurda convinzione che il cibo diventi triste. Che è una regola che vale sempre, se hai fame e sei di buonumore cucinerai piatti prelibati. Se sei annoiata, un po'scazzata e rigorosamente in pigiama da dieci ore non ne verrà nulla di buono. Ma si va avanti. Cercando di non tirare troppo le somme (la matematica esistenziale è qualcosa da evitare soprattutto in corrispondenza degli ultimi mesi dell'anno).
Amanda sonnecchia accoccolata sul divano come un gatto. Dovevamo fare qualcosa insieme ma poi, piove, il grigio è diventato ancora più grigio e la mia lotta alla metereopatia sembra essere persa in partenza. Presto smetterò di ascoltare queste melanconiche canzoncine e mi dedicherò al punk-rock e al turpiloquio. Come quel bambino della famosa pubblicità (o forse era un film)che, solo in casa, trascorreva il suo tempo a urlare -cacca/culo- saltando sul letto.
Umpf.


listening to Picture Picture JealousChangeOfMind