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domenica, ottobre 12, 2008

saluti e baci/i nebulosi anni delle superiori

ovvero:

quando il sabato sera ti ritrovi per qualche minuto in mezzo a gente di un secolo fa e ti si chiude la pancia di scatto


Riguardo gli anni delle superiori, periodo che molti indicano nella loro esistenza come età aurea di felicità a manetta e grandi gozzovigliamenti, io posso limitarmi a dire che nonostante tutto mi sono divertita. 

In quel nonostante si nascondono amicizie sbagliate, amori impossibili, struggimenti inutili per il mondo circostante, prolungato ascolto di creep dei radiohead, utilizzo di pantaloni militari, scarpe da ginnastica con spille da balia, frequentazione del liceo scientifico cittadino con annessi e connessi ecc. ecc.

Sebbene da allora sia cresciuta e abbia superato tutta una serie di cose per cui il mio cuore era solito cadere in pezzi, nonostante tutto, accade che, nei luoghi della movida notturna di seattle, circondata da quel panorama di individui che popolava i miei anni delle superiori (compagni, conoscenti, emeriti sconosciuti incrociati nei corridoi e nelle lunghe e ipnotiche vasche sul corso), lo stomaco mi si stringa in una ferrea morsa e improvvisamente mi ritrovi catapultata in quegli anni senza scudo e senza corazza, quando a tutti riusciva di leggere la mia diversità di prospettive senza che me ne accorgessi.

E’ una scemenza da adolescenti lo so, e anche un periodo troppo lungo che necessiterebbe di maggior punteggiatura.

Lo scrivo perché iersera ho interagito con un personaggio di quegli anni che dopo pochi secondi di scialba conversazione ha dato uno sguardo di disapprovazione alle mie scarpe senza tacco, ai miei normalissimi jeans, ha giudicato il mio rimmel un po' sbavato di fine serata, e mi ha congedato semplicemente voltando il suo drink in un'altra direzione.


In altre circostanze l'avrei sicuramente mandata a ca**re. 

Eppure ieri per qualche strana coincidenza cosmica mi sono ritrovata a pensare a quella vita lontana del liceo e a quel binario su cui sarei potuta saltare a piedi pari diventando più happy hour e meno impegnat-iva, emozionandomi per cose altre rispetto a ipotetici collegamenti tra Calvino e Thoreau.

In seconda battuta ho analizzato il fatto che all'università, seppur in un turbine di esseri bipedi lontani da me anni luce, mi pare di indossare un'armatura scintillante di pensieri, letture, sogni, canzoni e storie che impedisce ogni colpo basso, ogni sguardo cattivo e mi fa andare avanti a testa alta.

A contatto con la gente di un secolo fa, però, quest'armatura sembra sgretolarsi e mi sento solo una con le scarpe sbagliate e la cordialità fuori luogo, come se stessi partecipando a una grande festa dove tutti possono fare benissimo a meno della mia presenza, sei solo una persona in più, quello che fai o come vivi non conta nulla.

Gli anni delle superiori per me sono finiti da un pezzo, chiusi tra due parentesi quadre nette e quadrate, quasi tutti i legami e le coordinate cambiate per sempre. 

Non ci sono saluti e baci da regalare ma solo voglia di essere altrove, con gli amici di oggi, le risate di oggi, i vestiti di oggi e l'ultima corazza rimediata.


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mercoledì, settembre 10, 2008

Analisi del periodo

In questo periodo ogni parola mi sembra importante.
Questo periodo è quello che ti sfugge da sotto i piedi se non ci fai attenzione.
In questo periodo vorrei ascoltare musica ma non so quale e quindi tendo l'orecchio al cantiere appena sotto la mia stanza.
Questo periodo è quello in cui devo darmi una mossa. A studiare. A vivere. Tutto.
In questo periodo sogno la mia vita a episodi come se il mio inconscio stesse cercando di farne un telefilm.
Questo periodo è quello in cui vorrei riallacciare qualche rapporto e telefonare e chiedere scusa.
In questo periodo partirei volentieri per un posto tipo la Bretagna.
Questo periodo odora di umido e nuvole e tramonti in slow motion.
In questo periodo sto pensando se tagliarmi o meno i capelli. Seriamente.
Questo periodo è quello in cui probabilmente finirò di leggere Tom Jones senza avere tempo di cominciare a leggere qualcos'altro.
In questo periodo ci sono compleanni, regali da trovare, torte da preparare.
Questo periodo è quello che tutti chiamano settembre.
E ogni anno mi lascia sospesa su un filo altissimo a mille metri di altezza e non so se andare avanti o indietro.

The moment has come to face the truth
I'm wide awake, and so are you
Do you have a clue what this is? (I don't know)
Are you everything that I miss? (I don't hope so)
We'll just have to wait and see (Wait, and see)
If things go right we're meant to be

-Modern Nature- Sondre Lerche



mercoledì, settembre 03, 2008

Comeback cupcakes (le tortine del ritorno)

Mercoledì pomeriggio.
Il tempo si mette al brutto e il mio raffreddore da ritorno spara le ultime cartucce privandomi dell'udito e dell'olfatto. 
Le fotocopie per l'esame anziché diminuire paiono moltiplicarsi. 
Forse è questione di prospettive e di suggestioni personali, ieri mentre mi trascinavo a casa con un paio di pizze da asporto mi è sembrato di sentire rumo
re di gabbiani nel cielo.
Sono qui ma non sono qui, sono qui ma vorrei essere altrove. 
Non tanto per l'essere in vacanza in sé, quanto per l'essere altr-ove, in un dove diverso da questa Seattle ripopolatasi improvvisamente di ragazze in hotpants e uomini lampadati. 
Vorrei un pianeta piccolo fatto su misura.
E così, come tutte le volte in cui mi sento piena di nodi che si attorcigliano come i serpenti sotto i piedi di Indiana Jones mi metto ai fornelli.
Zitta zitta, con i miei appunti, le mie ciotole, la mia pesa scassata e Giulio che infila le zampe nello zucchero a velo.
Misuro, mescolo, centrifugo, cuocio. 
Fuori si scatena un temporale violentissimo.
Ma io sono nel mio piccolo pianeta fatto di vaniglia e pirottini e zucchero a velo. 
Alla fine del mio operato ho prodotto dei cupcakes alla vaniglia con glassa al limone, altresì ribattezzati "le tortine del ritorno" perché spero di guarire dalla sindrome del ritorno, perché il cibo è qualcosa che dà sempre soddisfazione e perché a volte per sentirsi a casa, non è importante essere in un posto piuttosto che in un altro, ma scendere a patti con noi stessi.
E non c'è niente di meglio per corrompere la propria volontà che un dolcetto esageratamente ipercalorico.

P.s. Grazie a Enzo per la cartolina piena di pecore pelose....subito piazzata sul muro di fronte la scrivania.

martedì, giugno 17, 2008

lentamente scorre

Dicono che da domani non pioverà più e allora bisogna avere fede perché è dura crederci dopo tutta questa pioggia, le nuvole, il vento, il freddo, il cielo che sembra decisamente novembre addicted.

Avevo avvisato che sarei sprofondata nel tunnel esami. 
E sprofondare è il verbo più adatto perché ci sto mollemente scivolando dentro, con un po' di abbandono volendo, alle solite sabbie mobili di pagine e pagine che mi raccontano di un mondo che non esiste, che non sembra affatto questo qui.
Certe volte, immagino succeda anche voi, mi sento proprio strana ad avere certe pensate, a indignarmi ancora per qualcosa che la maggior parte degli altri si lascia scivolare addosso.
Senza sapere, sinceramente, se faccio bene o male, se forse la soluzione è sempre e comunque la superficie e mai il fondo, il dietro, il complicato.
Se mai verrà il tempo in cui potremo parlare ad alta voce solo nel nostro cuore spero per quel giorno di avere letto tutto il necessario, tutti i libri migliori della mia vita per poterli ricordare, raccontare, interrogare ancora una volta per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato.
Amara, una briciola. 
E' tutto un'altalena tra la luce e il buio, tra l'estate e l'inverno, tra il sole e la pioggia.