Visualizzazione post con etichetta pensieri di zenzero. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta pensieri di zenzero. Mostra tutti i post

domenica, novembre 09, 2008

spiragli

Sono quelli che vedo aprirsi in questi giorni.

Deboli, luminosi, fragilissimi spiragli tra una cascata di pensieri e l'altra.
Dopo essere precipitata a terra ricostruisco piano, con calma, i miei confini, i miei desideri, la mia rabbia.

Domani c'è sciopero dei mezzi e immagino che in molti siano incazzati.
Tranne me. Il pensiero di restare a casa mi riempie tutta di uno strano calore, come la possibilità di qualche ora in più senza correre da una parte all'altra, rimanendo esattamente dove sono.

Andai nei boschi perché desidervao vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insgenarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici; se si fosse rivelata meschina, volevo trarne tutta la genuina meschinità, e mostrarne al mondo la bassezza; se invece fosse apparsa sublime, volevo conoscerla con l’esperienza, e poterne dare un vero ragguaglio nella mia prossima digressione” 
(sì, è sempre Thoreau)

mercoledì, maggio 07, 2008

*Movie ending romance

Al ritorno in treno il cielo sembra un quadro di Magritte.

Sprofondata nel gelido sedile del regionale ascolto i miei pensieri succedersi lenti uno dopo l'altro, come in dissolvenza. Mi bombardo di musica che, altrimenti, il rischio è quello di svegliarsi a Torino. 
C'è nel cielo prima dell'estate qualcosa che ha a che fare con tutte le estati della nostra vita. Quante volte tornando a casa la sera, sentendo le rondini fischiare e il rumore di stoviglie dalle finestre aperte abbiamo capito che era quasi estate.
C'è stata l'estate dei sorrisi riflessi nei finestrini delle macchine e l'estate lontana. L'estate dei bambini vocianti e l'estate del dolore sottopelle.
Dell'impressione di avere vissuto tante vite ho già scritto più qui che altrove.
Ancora ascolto canzoni di qualcuna di quelle estati e sento risvegliarsi in me sensazioni che il tempo ha profumato in modo diverso.
Il cielo prima dell'estate parla sempre di promesse e di sogni, a dispetto di tutto il resto.
Domani è il mondo che verrà e per sapere se sarà migliore o meno non è altro da fare che non abbandonarsi alla corrente.
A Magenta la testa si abbatte sul sedile e non sento più nulla. Mi sveglio appena in tempo per scendere a Vercelli. Le foglie brillano, le ragazzine che non sono più io passeggiano con un gelato in mano.

*And look at me now. 
These lines on my face betray me, 
They're deeper lately. 
Take a look at these bags under my eyes.

Maths and Physics Club

mercoledì, aprile 09, 2008

lluvia (si scriverà così?)

Oggi in treno pensavo a una scemenza.

Ovvero alle goccioline di pioggia che cadono sopra i treni e si fanno trasportare da una parte all'altra, attraversano diverse città e arrivano a cadere in un punto completamente diverso da quella che avrebbe dovuto essere la loro traiettoria.
E' una bella cosa, sfuggire poeticamente al proprio destino.
Ho fissato per un po' quelle che stavano appiccicate al mio finestrino e ne ho individuata una che è rimasta lì per un'oretta buona e poi è stata spazzata via da un treno che arrivava in un altra direzione. Mi sono venuti in mente le gocce di Federigo Garcia Lorca.
Vi copio il pezzo qui, che è bello:
 "Gocce. Occhi di infinito che guardano il bianco infinito che le generò [...] son poeti dell'acqua che han visto e meditano ciò che la folla dei fiumi ignora".


domenica, dicembre 23, 2007

Il Grande Freddo - The Big Chill

Il "Grande Freddo" è un bellissimo film, che ho scoperto quand'ero già grandicella e la cui visione mi aveva lasciato una profonda e insanabile malinconia nell'anima.
Già, perchè io amici così non ne avrei mai avuti.

I miei legami amicali dalla terza media in poi sono sempre stati faccenda complessa, dolorosa e spesse volte distruttiva: ho collezionato gelosie, invidie e abbandoni, e alla fine mi sono convinta che io e l'amicizia eravamo due mondi distanti costretti a guardarci di lontano e farci, di tanto in tanto, un timido cenno di saluto.
Ieri sera invece, con il brasato che mi usciva dagli occhi e dalle orecchie e quella dolce stanchezza di ricette preparate all'ultimo momento ho pensato che sono abbastanza.
Le persone a cui voglio bene.
Anche se lontane, anche se non ci si vede in continuazione o non si vive di simbiosi telefonica, loro sono là, a loro modo, nel mondo.
Sono persone a cui penso durante la giornata, sperando che ce la stiano mettendo tutta, sperando che le cose si mettano al meglio per loro, convinta che lo meritino, e che meritino molto altro.
Augurandomi che il nuovo anno ci conceda qualche minuto ancora da trascorrere tra una risata e un aneddoto, un bicchiere di prosecco e un caffè.
E di contro alle parole di Gordie Lachance sull'impossibilità di avere ancora amici come quelli che si hanno a dodici anni (Gesù, e chi li ha?) combattere insieme, per altri 365 giorni, il grande freddo là fuori.