ovvero: quando il sabato sera ti ritrovi per qualche minuto in mezzo a gente di un secolo fa e ti si chiude la pancia di scatto
Riguardo gli anni delle superiori, periodo che molti indicano nella loro esistenza come età aurea di felicità a manetta e grandi gozzovigliamenti, io posso limitarmi a dire che nonostante tutto mi sono divertita.
In quel nonostante si nascondono amicizie sbagliate, amori impossibili, struggimenti inutili per il mondo circostante, prolungato ascolto di creep dei radiohead, utilizzo di pantaloni militari, scarpe da ginnastica con spille da balia, frequentazione del liceo scientifico cittadino con annessi e connessi ecc. ecc.
Sebbene da allora sia cresciuta e abbia superato tutta una serie di cose per cui il mio cuore era solito cadere in pezzi, nonostante tutto, accade che, nei luoghi della movida notturna di seattle, circondata da quel panorama di individui che popolava i miei anni delle superiori (compagni, conoscenti, emeriti sconosciuti incrociati nei corridoi e nelle lunghe e ipnotiche vasche sul corso), lo stomaco mi si stringa in una ferrea morsa e improvvisamente mi ritrovi catapultata in quegli anni senza scudo e senza corazza, quando a tutti riusciva di leggere la mia diversità di prospettive senza che me ne accorgessi.
E’ una scemenza da adolescenti lo so, e anche un periodo troppo lungo che necessiterebbe di maggior punteggiatura.
Lo scrivo perché iersera ho interagito con un personaggio di quegli anni che dopo pochi secondi di scialba conversazione ha dato uno sguardo di disapprovazione alle mie scarpe senza tacco, ai miei normalissimi jeans, ha giudicato il mio rimmel un po' sbavato di fine serata, e mi ha congedato semplicemente voltando il suo drink in un'altra direzione.
In altre circostanze l'avrei sicuramente mandata a ca**re.
Eppure ieri per qualche strana coincidenza cosmica mi sono ritrovata a pensare a quella vita lontana del liceo e a quel binario su cui sarei potuta saltare a piedi pari diventando più happy hour e meno impegnat-iva, emozionandomi per cose altre rispetto a ipotetici collegamenti tra Calvino e Thoreau.
In seconda battuta ho analizzato il fatto che all'università, seppur in un turbine di esseri bipedi lontani da me anni luce, mi pare di indossare un'armatura scintillante di pensieri, letture, sogni, canzoni e storie che impedisce ogni colpo basso, ogni sguardo cattivo e mi fa andare avanti a testa alta.
A contatto con la gente di un secolo fa, però, quest'armatura sembra sgretolarsi e mi sento solo una con le scarpe sbagliate e la cordialità fuori luogo, come se stessi partecipando a una grande festa dove tutti possono fare benissimo a meno della mia presenza, sei solo una persona in più, quello che fai o come vivi non conta nulla.
Gli anni delle superiori per me sono finiti da un pezzo, chiusi tra due parentesi quadre nette e quadrate, quasi tutti i legami e le coordinate cambiate per sempre.
Non ci sono saluti e baci da regalare ma solo voglia di essere altrove, con gli amici di oggi, le risate di oggi, i vestiti di oggi e l'ultima corazza rimediata.
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