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domenica, ottobre 12, 2008

saluti e baci/i nebulosi anni delle superiori

ovvero:

quando il sabato sera ti ritrovi per qualche minuto in mezzo a gente di un secolo fa e ti si chiude la pancia di scatto


Riguardo gli anni delle superiori, periodo che molti indicano nella loro esistenza come età aurea di felicità a manetta e grandi gozzovigliamenti, io posso limitarmi a dire che nonostante tutto mi sono divertita. 

In quel nonostante si nascondono amicizie sbagliate, amori impossibili, struggimenti inutili per il mondo circostante, prolungato ascolto di creep dei radiohead, utilizzo di pantaloni militari, scarpe da ginnastica con spille da balia, frequentazione del liceo scientifico cittadino con annessi e connessi ecc. ecc.

Sebbene da allora sia cresciuta e abbia superato tutta una serie di cose per cui il mio cuore era solito cadere in pezzi, nonostante tutto, accade che, nei luoghi della movida notturna di seattle, circondata da quel panorama di individui che popolava i miei anni delle superiori (compagni, conoscenti, emeriti sconosciuti incrociati nei corridoi e nelle lunghe e ipnotiche vasche sul corso), lo stomaco mi si stringa in una ferrea morsa e improvvisamente mi ritrovi catapultata in quegli anni senza scudo e senza corazza, quando a tutti riusciva di leggere la mia diversità di prospettive senza che me ne accorgessi.

E’ una scemenza da adolescenti lo so, e anche un periodo troppo lungo che necessiterebbe di maggior punteggiatura.

Lo scrivo perché iersera ho interagito con un personaggio di quegli anni che dopo pochi secondi di scialba conversazione ha dato uno sguardo di disapprovazione alle mie scarpe senza tacco, ai miei normalissimi jeans, ha giudicato il mio rimmel un po' sbavato di fine serata, e mi ha congedato semplicemente voltando il suo drink in un'altra direzione.


In altre circostanze l'avrei sicuramente mandata a ca**re. 

Eppure ieri per qualche strana coincidenza cosmica mi sono ritrovata a pensare a quella vita lontana del liceo e a quel binario su cui sarei potuta saltare a piedi pari diventando più happy hour e meno impegnat-iva, emozionandomi per cose altre rispetto a ipotetici collegamenti tra Calvino e Thoreau.

In seconda battuta ho analizzato il fatto che all'università, seppur in un turbine di esseri bipedi lontani da me anni luce, mi pare di indossare un'armatura scintillante di pensieri, letture, sogni, canzoni e storie che impedisce ogni colpo basso, ogni sguardo cattivo e mi fa andare avanti a testa alta.

A contatto con la gente di un secolo fa, però, quest'armatura sembra sgretolarsi e mi sento solo una con le scarpe sbagliate e la cordialità fuori luogo, come se stessi partecipando a una grande festa dove tutti possono fare benissimo a meno della mia presenza, sei solo una persona in più, quello che fai o come vivi non conta nulla.

Gli anni delle superiori per me sono finiti da un pezzo, chiusi tra due parentesi quadre nette e quadrate, quasi tutti i legami e le coordinate cambiate per sempre. 

Non ci sono saluti e baci da regalare ma solo voglia di essere altrove, con gli amici di oggi, le risate di oggi, i vestiti di oggi e l'ultima corazza rimediata.


.




giovedì, agosto 28, 2008

Ricominciamo?

Mi sono rimessa sui libri.

Senza slancio, senza grinta, con gli occhi mollemente appoggiati ai deliri del materiale per il prossimo esame. 
Non sto scrivendo quasi nulla perché se scrivo penso, se penso mi preoccupo e se mi preoccupo mi viene lo stomaco a mattone. Quindi preferisco trascorrere le ore della giornata in attività che mi permettano di mantenere una soglia di consapevolezza minima tipo suonare la chitarra, guardare soap opera tedesche, bere caffè, lavarmi i capelli.
La televisione è l'ideale per spegnere il cervello.
E se da un lato mi rendo conto che non è buona cosa tenersi spenti e meglio sarebbe uscire a fare una passeggiata o studiare qualcosa di intelligente o dedicarsi a un hobby tipo l'uncinetto, i biscotti, le ceramiche, d'altro canto so per certo che presto arriverà l'autunno dei regionali e rimpiangerò con tutto il cuore questi momenti di dolcissimo nulla in cui abbandonare la propria mente e il proprio corpo.
Sarà che la fine di agosto non è ancora settembre con i suoi splendidi tramonti lisergici, ma solo la fine dell'estate, l'abbronzatura che viene via sotto la doccia e non c'è nivea che tenga.

 

venerdì, agosto 22, 2008

Quando, quando, quando

Quando avresti da preparare un esame ma ti limiti a circondarti di libri aperti cui non rivolgi nemmeno uno sguardo.

Quando un torcicollo bastardo ti colpisce prima a destra, poi a sinistra, poi al centro e ti ritrovi alle tre di notte a cercare rimedi omeopatici su internet.
Quando l'abbronzatura se ne va dalla tua fronte creandoti inestetici tatuaggi maori.
Quando nel tentativo di scaldare un cencio dentro al microonde quasi dai fuoco alla casa (sì lo so che non si fa, ma volevo fare in fretta).
Quando tua madre ti racconta che in un mobilificio vendevano troni come quelli dei programmi della De Filippi.
Quando calienta il sol là in quella playa in cui non sei più.

La crisi di rigetto volge comunque al termine. 
Sebbene il maledetto obtorto collo abbia frenato i miei notevoli progressi con la chitarra (stavo imparando everybody hurts per la gioia dei vicini e simone ha cercato di mostrarmi il barré ma per il momento le mie dita non vogliono saperne) i miei chakra si stanno allineando con quest'atmosfera di autunno e lentezza che già permea la bassa.
Nonostante faccia ancora abbastanza caldo gli abitanti di Seattle già si aggirano con bomber, spolverini e maglioncini intorno al collo, anche alle tre di pomeriggio. 
Certo il rovescio della medaglia sono io che con la mia voglia fuori tempo massimo di canottiere e pantaloncini ho rischiato di restare bloccata a letto strafatta di voltaren. 
Ma, dicevo, Seattle di contro è pronta per l'autunno, cadono le prime foglie, il cielo ha assunto un uniforme color grigio, il popolo si prepara alla stagione delle sagre danzanti e mangianti.
Ho voglia di dolci colline monferrine e che arrivi presto il 29.
Perché esce Kung Fu Panda. 

lunedì, aprile 14, 2008

V.

"So che non posso in nessun modo convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi interessa. Io sono io.
Mi chiamo Valerie.
Non credo che vivrò ancora a lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. 
Questa è l'unica autobiografia che scriverò e … Dio… mi tocca scriverla sulla carta igienica.
Sono nata a Nottingham nel 1985. 
Non ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.
Mia nonna aveva una fattoria a Totalbrook e mi diceva sempre che "Dio è nella pioggia".
Superai l'esame di terza media ed entrai al liceo femminile. Fu a scuola che incontrai la mia prima ragazza: si chiamava Sara. Furono i suoi polsi… erano bellissimi. Pensavo che ci saremmo amate per sempre. 
Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo. Per Sara fu così, per me no.
Nel 2002 mi innamorai di Christina. Quell'anno confessai la verità ai miei genitori. Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano. Mio padre ascoltava ma non mi guardava. Mi disse di andarmene e di non tornare mai più. Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la verità, ero stata così egoista? Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l'unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio… All'interno di quel centimetro siamo liberi.Avevo sempre saputo cosa fare nella vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: "Le pianure di sale". Fu il ruolo più importante della mia vita, non per la mia carriera ma perché fu lì che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.
Andammo a vivere insieme in un appartamentino a Londra. Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel vaso sulla finestra e la nostra casa profumava sempre di rose. Furono gli anni più belli della mia vita.
Ma la guerra in America divorò quasi tutto e alla fine arrivò a Londra.
A quel punto, non ci furono più rose per nessuno.
Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole. 
Parole poco comuni come fiancheggiatore e risanamento divennero spaventose, mentre cose come Fuoco Norreno e gli articoli della fedeltà divennero potenti. 
Ricordo come diverso diventò pericoloso. Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.
Presero Ruth mentre faceva la spesa. Non ho mai pianto tanto in vita mia. Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.
Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.
Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell'ultimo centimetro… un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l'unica cosa al mondo che valga la pena di avere.
Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino… 
Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò, e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo, dal più profondo del cuore… Io ti amo.
Valerie"


mercoledì, aprile 09, 2008

lluvia (si scriverà così?)

Oggi in treno pensavo a una scemenza.

Ovvero alle goccioline di pioggia che cadono sopra i treni e si fanno trasportare da una parte all'altra, attraversano diverse città e arrivano a cadere in un punto completamente diverso da quella che avrebbe dovuto essere la loro traiettoria.
E' una bella cosa, sfuggire poeticamente al proprio destino.
Ho fissato per un po' quelle che stavano appiccicate al mio finestrino e ne ho individuata una che è rimasta lì per un'oretta buona e poi è stata spazzata via da un treno che arrivava in un altra direzione. Mi sono venuti in mente le gocce di Federigo Garcia Lorca.
Vi copio il pezzo qui, che è bello:
 "Gocce. Occhi di infinito che guardano il bianco infinito che le generò [...] son poeti dell'acqua che han visto e meditano ciò che la folla dei fiumi ignora".


martedì, dicembre 11, 2007

I magnifici cinque

Devo dire che il meme della rompi, cade a fagiolo poichè mai prima di quest'anno mi era parso di desiderare tante cose tutte e insieme, il che significa che sono particolarmente bisognosa di quell'insano calore che solo il consumo smodato può dare.

Non starò qui a parlarvi dell'insano rapporto tra donne e borse, che è un principio del divenire, una causa sui teoreticamente inattaccabile.

Nè di quale meccanismo endorfinico scateni nella donna l'acquisto di un oggetto inutile di tanto in tanto, per tacitare i sussulti della propria coscienza.

Vi parlerò invece di cosa vorrei trovare sotto un ipotetico albero di natale (che a casa mia non si fa per il secondo anno di fila, quest'anno la scusa ufficiale è che il gatto ci si arrampicherebbe seminando aghi di pino sintetico per tutta la casa...ma la cruda verità e che nessuno se la sente di andare in cantina a riesumare suddetto abete sotto stratificazioni millenarie di ragnatele e scatoloni impudriti dall'umidità).



Il primo posto sicuramente lo assegnerei all'intera collana di "Vampiretto" , che leggevo con avidità alle elementari e poi alle medie e di cui ho una nostalgia tremenda. Credetemi, detto così non fa scena, ma giuro che è bellissimo.

Per il secondo posto sarei indecisa tra l'emoticon stamp (non ditemi che non è una figata pazzesca) e questo cappello dal gusto melevisivo che non sfigurerebbe nella mia collezione di improbabili copricapi e con cui potrei seminare il terrore tra i griffatissimi cortili della Cattolica.

Al terzo posto ci metterei Italo Calvino e la scienza , una di quelle robe che probabilmente fanno tanto snob, però inutile negarlo l'argomento mi intrippa una cifra. Calvino è un Auctoritas.

Al quarto posto, (sostituendo il regalo del secondo con una villa hollywoodiana in collina) impazzirei per uno di questi qui o in alternativa uno di questi.

E infine al quinto posto vorrei...una sorpresa, brutta o bella che fosse, perchè le sorprese sono sempre quelle che si ricordano negli anni, come quella volta che mia sorella mi regalò una tisana che profumava di piscio di gatto e la colsi in flagrante mentre cercava di barattare il suo dono con la cassetta di Monsters & Co. che mi aveva comprato mio padre.

Impagabile.

lunedì, novembre 19, 2007

Maybe I'm The Grinch

Come al solito, quando i lacci si stringono troppo e le dita incespicano sull’ennesimo bottone, qualcosa con i denti si ribella dentro me, mi ritorna il mal di schiena e quell’irresistibile desiderio di stare in silenzio la maggior parte del tempo, così finisco per immaginare qualcuno che racconta la mia storia mentre torno a casa in macchina, con la fronte appoggiata al finestrino e guardo le stelle che domandano sempre e non rispondono mai, e fuori è sottozero e mi viene in mente quel film tristissimo che forse ho visto un paio di anni fa -la mia vita senza me- che non mi era neanche piaciuto, ma l’avevo visto ugualmente per il titolo, mi sembrava volesse dire tante cose e invece era il solito pippone strappalacrime con tanto di pioggia (piove sempre in quei film lì, però piove bene, con le gocce romantiche, mica le piogge acide che mi accolgono i lunedì mattina a milano e che mi scioglieranno il cranio prima o poi).
Oggi ricevo l’ennesima mail che recita “La ringraziamo per la fiducia accordataci inviandoci il suo manoscritto” “Abbiamo letto con interesse il suo manoscritto” “La lettura del suo manoscritto ci ha convinto che non siamo gli editori che fanno al caso suo” (minchia rispondono proprio tutti) e mi sembrano passati anni luce da quel momento lì, e da tanti altri in effetti, e ripenso ai miei amati ammassi di cartacce che conservo in uno scatolone blu e penso che mi piacerebbe avere il tempo di finire quelle cose lì per me, proprio come è stato all’inizio -scrivere solo per me- e scusate se lo dico qui sul blog, magari fa brutto però è la verità.
Inoltre, se qualcuno gentilmente volesse spiegarmi perché ca**o hanno già messo le luminarie natalizie per le strade che non è manco dicembre, a me questo fatto genera ANSIA, finisce che ci toglieranno anche la malinconia del Natale e delle strade deserte a una certa ora della sera mentre il vento gelido ti taglia la faccia a metà e ti fa sentire la protagonista di qualche novella di Cechov. Sono già lì da una settimana, le slitte intermittenti, le stelle comete , le scritte buonnnnatale.
Vi prego facciamo qualcosa, un referendum, una campagna, una lettera a Berlusconi.
Non si può andare avanti così, mi girano le palle.

giovedì, agosto 09, 2007

ricordo di un'estate

Una nave bianca attraversa lentamente tutto l'orizzonte che riesco a vedere, da una parte all'altra, lentamente.
Sono seduta su un muretto umido, forse sono le sei del mattino, forse molto prima.
La luce del sole è solo un bagliore soffuso nell'aria che illumina appena le cose.
Sono scappata dalla finestra di un bungalow in cui dormivamo in cinque con due letti, c'era quel ragazzo svedese che dormiva sul pavimento appoggiato alla porta, aveva una camicia hawaiana, un vero spasso.
Mi hai chiesto dove vai.
Ti ho risposto che uscivo a prendere un po' d'aria e di passarmi le scarpe.
Sono uscita dalla finestra e fuori faceva fresco, avevo bisogno di pensare.
Dentro russavano tutti, il ragazzo svedese, la mia compagna di stanza bionda e un po' lobotomizzata, il ragazzo di milano che dormiva col cappuccio della felpa sulla faccia.
Per me è così, una volta sveglia non riesco mai a riaddormentarmi.
Ti aspetto per un momento appena al di là della finestra.
Ma se ci ritrovassimo uno di fronte all'altro dovremmo parlare, spiegarci.
E io non so spiegare niente, io e te cosa siamo, cosa c'è dei tuoi occhi che mi parla, cosa ti parla dei miei, il senso di un bacio notturno posato sulla fronte, senza dire niente.
Mi allontano e seguo un sentiero, poi trovo un muretto e mi siedo lì, zitta, muta.
Lo so che poi sei uscito e mi cercavi.
Che sei rimasto lontano dietro le mie spalle a guardarmi e magari l'hai vista anche tu.
Quella nave bianchissima che spuntava dal promontorio e attraversava l'orizzonte, piano piano.
Oggi è l'ultimo giorno delle nostre vacanze.
Io parto, tu rimani. Tra poche ore sarò di nuovo a casa, in camera mia, con le cuffie del walkman cacciate nelle orecchie a scrivere furiosamente di un'altra estate finita sulla mia agenda stroppicciata.
Tu non ci sarai più. Mai più questa volta, e nemmeno io.
Non so spiegarmelo ma ho la sensazione che quella sia l'ultima estate di una certa parte di me stessa. Qualcosa sta partendo.
La prossima estate avremo diciotto anni e non saremo più qui.
Il mondo sarà diverso. Saremo diversi anche noi.
Se stringo gli occhi mi sembra di vederci seduti sul ponte di quella nave bianca che scivola all'altro lato dell'orizzonte e scompare, pezzo per pezzo, inghiottita dal verde degli alberi.
Resta solo il mare.

sabato, aprile 14, 2007

Make a plan to love me


Presto prometto che tornerò a parlare di scuola.
Perchè è divertente (parlarne).
Per il momento sono ancora in piena fase emo-primaverile.
Nello specifico ascolto da tre giorni suppergiù Cassadaga, l'ultimo album di Occhi Luminosi.
L' Occhi Luminosi è un ragazzino altezzoso e frangiuto balzato agli onori della cronaca musicale con le sue melodie da adolescente in garage e le sue storie di amori impossibili e molteplici sfighe.
In molti odiano l'Occhi Luminosi per la sua strafottenza e quella certa attitudine a fare sempre lo splendido (come si dice tra i giovani adolescenti in garage).
Lui è quello che scriveva una canzone al giorno su qualunque cosa gli capitasse, una sbronza, una sensazione, un clamoroso due di picche, un'amicizia finita così così.In molti trovano tutte queste cose stucchevoli e artefatte, quindi fondamentalmente poco sincere.E in un certo senso lo odio anch'io.
Odio non riuscire a sottrarmi al solito rituale di ascolto dei suoi album: lo ascolto-non mi convince, lo ascolto-mi ricorda qualcosa, lo ascolto-lo trovo splendido e basta, senza se e senza ma.Forse il punto è proprio questo.
Ci deve essere un piano ben architettato dall'Occhi Luminosi per fare innamorare le persone dei suoi dischi e delle sue canzoni. Ci deve essere un ingrediente segreto, una parola o un accordo che mi cattura la testa, il cuore e mi trasporta in quel momento là, a guardare un episodio della mia vita come fosse un telefilm e provare tenerezza.
Cassadaga è un disco bellissimo.
Pretenzioso, dylaniano, folk, emo, tutto quello che volete.
L'Occhi Luminosi ha detto in un'intervista che dimenticarsi qualcosa dietro le spalle è molto più importante e fondamentale di tutte le cose con cui cerchiamo di occuparci la vita, cioè ha scoperto l'acqua calda. Ma il punto è proprio questo. L'Occhi Luminosi l'ha fatto con stile.
Quindi chapeau, procuratevi Cassadaga, ascoltatelo e lasciatevi convincere.

giovedì, aprile 05, 2007

Love is in the air


Gli ultimi giorni di scuola sono trascorsi nel tentativo di spiegare qualcosa ai gremlins impegnati nei loro complicati rituali d'amore.
Mi sono sentita un po' vecchia e un po' stagionata, a vedere le ragazzine ricopiare con l'uniposka dorato il nome dell'amato centinaia di volte sul diario e i ragazzini chiedermi di andare in bagno armati di bianchetto per aggiornare i loro amori a parete (grazie moccia, un giorno la scuola italiana ti darà un rullo da pittore e organizzerà per te un tour punitivo per rimediare a ciò che hai fatto).
Spero solo che nessuno cancelli un Prof M. sei figa! dipinto un paio di settimane fa e di cui vado molto orgogliosa. Come lo so? Una soffiata nell'intervallo da parte di un paio di giuda che mi hanno fatto i complimenti dicendo che "Sa prof, di solito ci vogliono quattro o cinque mesi, lei è qui da gennaio e già ha la sua scritta". Mi aumenteranno anche lo stipendio? Speriamo.
Tornando all'ormone impazzito dei miei studenti, volevo farmi partecipi delle vicissitudini di Bubble Soap, colei che all'interno del suo cranio ha una miriade di minuscole bollicine rosa che frizzano e scoppiano producendo scie multicolori.
Ho idea che ogni qualvolta le pongo una domanda di qualsiasi tipo, le sue connessioni neuronali inizino a cantare all'unisono "Vola mio minipony, vooolaaa".
Di solito si limita a sorridermi e dire che non sa rispondere perchè "La D. mi stava passando un bigliettino prof, adesso prometto che sto attenta".
Nonostante il suo alto tasso di frivolezza, non riesco proprio a farmela stare antipatica e le sue stucchevoli confessioni mi suscitano un'inspiegabile indulgenza; credo di non avere mai incontrato in vita mia nessuno che incarnasse meglio tutti i difetti dell'adolescenza femminile in un colpo solo.
Le prime avvisaglie della sua personalità frou-frou si manifestano in un lontano giorno di febbraio.
Trascino con me in un'ora di supplenza-compresenza in IIId Bubble Soap e altre amiche appartenenti al MENSA (quella scolastica però) per recuperare precedenti disastrosi compiti in classe. Le tre friggono come uova in padella e si lanciano in ridolini convulsi dicendo che in IIId non possono fare il compito, che c'è un tipo "che poi le spieghiamo prof, è una storia da pazzi!".
Fingo indifferenza, le metto alla cattedra e consegno i compiti. Per il resto dell'ora Bubble & friends si contorcono sulle sedie come serpi, si sussurrano emozionate scemenze all'orecchio, scrivono bigliettini e si guadagnano la loro ennesima insufficienza grave da parte della sottoscritta. Bubble mi avvicina per rendermi partecipe della loro storia da pazzi

"L'ha visto M. no? Non pensa che sia un figo pazzesco? Adesso deve scegliere tra me e D. e io non ce la faccio prof, non riesco a fare niente, lui è bellissimo. E sa prima sono stata un anno con l'alunno T (il fatto che lo chiami per cognome non mi fa presagire una grande storia d'amore) ma poi l'ho lasciato e ho cancellato il suo nome dal mio astuccio, solo che lui ha scritto sul banco che mi ama ancora ma io adesso sono presa per M, poi se non mi sceglie vediamo cosa fare".
:-O

Inutile dire che la primavera ha sortito effetti devastanti sulla povera Bollicina di Sapone che arrossisce e sussulta ogni volta che un compagno di sesso maschile le chiede qualcosa, fosse pure l'evidenziatore perchè gli si è scaricato. Nell'estremo tentativo di sottrarsi agli ostacoli del cuore proprio ieri vieni alla cattedra a chiedermi se può accomodarsi accanto a me
"Perchè prof, sento T che mi guarda la schiena e non ce la faccio".
Così ho aggiunto una sedia, soprannominato l'alunno T. occhi di fuoco e consigliato a Bubble di farsela passare perchè proprio non mi sembrava uomo da perderci la testa.
Lei mi ha guardato fiduciosa e ho finito di spiegare la rivolozione industriale.
Ma già sulla cattedra atterrava un bigliettino lanciato dall'alunna V. (dotata di pessima mira) all'alunno D seduto in prima fila.

Love is in the air.

domenica, marzo 11, 2007

sPring



Domenica mattina.

Preparo il the, ancora troppo stordita per dare ordine a una serie di pensieri che abbiano significato. La domenica mattina è sensazioni, che poi di questo periodo le sensazioni diventano tutto, sarà che quest'anno ho l'impressione che compirò 120anni. Magari a guardare sempre ogni minimo dettaglio, si invecchia prima, la valigia di passi diventa pesante e se poi uno non vuole lasciare indietro niente, beh spostarsi diventa un'impresa, sempre, comunque. Domenica mattina. Quando succede che mi svegli presto come oggi. Sorseggiare il the davanti al computer, due righe/un sorso, spiare la mia faccia addormentata e spettinata nel monitor. Vorrei che tornasse la primavera di quando ero bambina e arrivava la stagione degli intervalli in cortile. C'era quel cielo super blu che diventava rosa poco dopo il tramonto e l'aria dolcissima che accarezzava tutti. Cose che ci sono ancora oggi, certamente. Ma è difficile, bisogna fare uno sforzo per accorgersene, e allora è perchè si sta diventando grandi e gli anni saranno presto 121.

mercoledì, febbraio 21, 2007

dura lex sed lex

Qui casa.
Qui finalmente casa.
Oggi giornata di merda altresì soprannominata "se qualcuno mi ruttava in faccia appena aprivo gli occhi stamattina mi sarei sentita comunque meglio".
La scuola è un ambiente pieno di donne.
Le donne sul lavoro sono fondamentalmente stronze.
Non ti aiuteranno mai, non si complimenteranno con te, aspetteranno che tu sbagli per potersi trovare lì a puntarti il dito contro.
Sparleranno di te alle macchinette del caffè.
In bagno.
In cortile.
Dal parrucchiere.
Le donne sono (anche) così.
Sarà che la parte che di me sento maschile è proprio in questa totale assenza di interesse smodato nei confronti altrui.
Avete presente quel saggio motto popolare che qui cito testualmente"chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni?". Per me è diventato una ragione di vita.
Più cresco, più trovo futile investire il mio tempo nel vivisezionare vite altrui.
Ho già abbastanza nodi con la mia. Gli altri facciano ciò che credono.
E poi voglio campare cent'anni.

ore 13.00 dopo due ore di delirio collettivo, una verifica di storia tra l'altro andata inaspettatamente bene (il che mi fa supporre che forse anche quelle che si guardano con sguardo vacuo le suole delle scarpe mentre spiego qualcosa lo ascoltano) una mezz'ora di follia con la ragazzina dislessica che decide che non può fare niente perchè non c'è la sua prof di sostegno, il bambino con disturbo comportamentale dichiarato che vaga per la classe menando coppini a destra e a manca, il bambino con il disturbo comportamentale non dichiarato che lancia gessetti addosso ai compagni, i bambini con disturbi comportamentali manifesti che giocano a spezzare matite dandosi pugni sulle mani, un'insegnante di sostegno in un angolo che gioca a consumare ossigeno e fissa l'infinito avanti a sè pensando che naufragar l'è dolce in questo mare, la salvifica campanella suona mentre il mio cuore recita alcune laude francescane.
Sento i nervi cerebrali distendersi, raccatto le mie poche e povere cose e mi appresto a scendere le scale con scolaresca al seguito preparandomi psicologicamente all'idea delle tre ore pomeridiane nello stesso istituto.
Giunta in fondo alle scale commetto l'errore.
Di abbassare la guardia.
Rilassarmi, assumere l'espressione di una giovane supplente stanca e un po' provata dalla mattinata appena trascorsa. Sono lì con i miei registri in mano, pacchi di compiti da correggere, il mio cappottino preso ai saldi della stefanel tre anni fa.
E lei, una di quelle donne stronze di cui ho accennato prima, capta la vibrazione, intuisce il segnale.
Fondamentalmente sente l'odore del sangue così come uno squalo bianco in compagnia di un cucciolo di labrador ferito lievemente a una zampa.
Mi raggiunge alle spalle mentre l'accolgo con il solito sorriso di circostanza della serie -ehi so che mi odi però che ne diresti di fingere il contrario?-
Inizia la lavata di capo o come scriverebbe meglio qualcuno dei miei alunni il momento dell'umiGLiazione.
Davanti a tutta la scuola, le bidelle, le colleghe, alcuni passanti che transitano di lì per caso, le fotocopiatrici, due piante di plastica impolverate, una vetrata sporca vengo accusata di non occuparmi dei miei ragazzi, di non stare vigilando su di loro, di aver appena compiuto un gesto gravissimo (ma quale?) il tutto pronunciato con lo stesso tono di voce di mariah carey ai tempi d'oro di all I want for christmas is youuuuuuuuu.
Io ci resto, perchè come ho accennato prima mi ero lasciata andare disattivando lo scudo interspaziale per qualche secondo. La iena prosegue coinvolgendo una terza collega e cercando la sua approvazione per denigrarmi (altra cosa in cui le donne sono campionesse mondiali, se ti devo sputtanare lo faccio in compagnia così ti dimostro che non sono la sola a pensare che tu sia una merda secca).
Fermamente rispondo che alcuni dei miei ragazzi erano di fianco a me e nel momento della cazziata suprema stavo sventando una frattura ai denti di un bimbo di prima (e lui chi doveva guardarlo? cacchio ma perchè anzichè avere di questi pensieri ho cercato di non fargli fracassare la mandibola? scema!) e cerco di concludere l'episodio con il solito atteggiamento -sì sono la supplente e sì oddio anche stavolta lei mi sta insegnando come si sta al mondo meglio che mia madre o buona donna- la iena si incattivisce ancora di più e raggiunge le ottave di whitney houston in I will always love youuuu.
Scatta il momento mario merola.
Travolta da un fiume di bambini inghiotto rumorosamente l'incipit di un turpiloquio tarantiniano e concludo la conversazione chiedendo gentilmente come debbo comportarmi per la supplenza pomeridiana in merito di aule. Risolto il problema mi avvio verso l'aula insegnanti con la mia bella pala conficcata là sui monti con annette e sento che la vipera dietro le mie spalle (ma non abbastanza dietro perchè io non possa udire, coincidenze...) confessa alla collega di non poter tollerare tali mancanze di rispetto e aggressioni verbali.
Ora.
O quella donna si fuma roba cattivissima oppure ha visto troppe puntate di Uomini e Donne.
Ribadisco di non aver aggredito nessuno ma aver cercato semplicemente di chiarire la situazione, ricevendo le ultime frecce avvelenate di fronte a quei bambini che prima non avevano sentito bene. In un angolo in fondo al corridoio un bidello sta vendendo le magliette con la mia faccia e la scritta Io c'ero.
Trascorro la pausa pranzo vagando per la città con lo stomaco al posto del cervello e il cuore in un orecchio. Cerco di calmarmi, cerco di non sentirmi come al solito il don chisciotte della bassa che vuole cambiare un sistema che non cambierà mai.
Nel corso del pomeriggio l'essere femmineo fingerà una riappacificazione (ma non è la parola esatta) e affermerà con magnanimità di accettare la mie scuse. (scuse? e chi gliele ha mai fatte?).
Ore 17.00 esco da scuola.
Oggi ho imparato che disattivare i propri scudi interspaziali è pessima cosa in un ambiente femminile. Soprattutto quando stai cercando umilmente di migliorare la vita a qualcuno. Perchè a scuola l'unica cosa che conta davvero è tenere i denti in mostra. E ringhiare.
Anche senza convinzione.
Perchè tu credevi di essere lì per fare del bene ai ragazzi mica per dimostrare qualcosa a qualcuno.
Meglio non dirlo in giro.

lunedì, dicembre 18, 2006

It's Christmas. Let Be Glad!

Che lo spettacolo è giovedì , quindi capite da voi lo stato d'animo della sottoscritta.
Che ci siano cento persone o ce ne siano due, quelle cose che saranno dette a voce alta, sotto le luci di un palcoscenico piccolo e accaldato, saranno le mie.
Cioè io spero di farcela.
Perchè avere un blog era già stato un passo avanti nei confronti del resto del mondo. Leggetemi. Ma io lo saprò soltanto relativamente (se commentate). Altrimenti potrei non sapere mai che la tale casalinga di voghera legge le mie dis-avventure quotidianamente.
Quando sono andata in prima elementare sapevo già scrivere. E con una madre professoressa d'italiano sarebbe stato difficile il contrario. In prima tenevo un diario segreto (che sconforto il giorno in cui ho scoperto che la chiave dei diari segreti è identica per tutti). Ci scrivevo cose tipo che avevo litigato con il mio compagno di banco o un resoconto dettagliato di tutto ciò che facevo, compreso compiti, condizioni metereologiche e giù di lì.
In terza elementare avevo iniziato un romanzo di formazione in quanto pesantemente influenzata dalla visione di cartoni come Heidi, Georgie, Jem e del film Tutti insieme appassionatamente. Ho anche tentato di trasporlo cinematograficamente, convincendo i miei genitori a darmi la preziosa telecamera di famiglia e la mia piccola povera sorellina minore a interpretare la parte della protagonista, un'orfana sfortunata ma piena di coraggio. Le riprese si interruppero dopo pochi minuti in quanto Amanda si rifiutava di risalire la scalinata della cantina di corsa perchè c'era un ragno. Furono piante parecchie lacrime quel giorno. Da qualche parte devono esistere ancora frammenti compromettenti di quel video amatoriale. Altro che real tv.
Poi tralasciando il periodo smemorande e co. delle medie, tutto una scritta, una dedica da bacio perugina, un murales sul figo di turno e i mitici test per capire se tu e il tuo lui eravate compatibili, è arrivato il momento della beat generation. Alle superiori. Ed è stato un lunghissimo periodo di poesie in prosa (?), inglesismi, kerouakate, ginsbergismi, struggimento interiore e desiderio fortissimo di trasferirmi in america per poter scrivere qualcosa sulle highway o sui grattacieli. Tutta la mia attività narrativa è sempre rimasta sotterranea. Poteva capitare che qualcuno leggesse, rarissimamente, previa udienza, qualcosa di mio. Fondamentalmente ho sempre scritto per me e non sentivo il bisogno del parere degli altri. Che un po' è vero, è un po' è un modo gentilmente ipocrita di non incorrere nel rischio che qualcuno mi dicesse che ero negata nel fare l'unica cosa in cui mi sentivo addosso delle briciole seppur piccolissime di talento.
In quinta sono stata iscritta contro voglia a un corso di poesia cittadino. Sono arrivata seconda e il giorno delle premiazioni avevo la congiuntivite in tutti e due gli occhi e delle chiazze rossastre sulla pelle. Dicono fosse tiroide. Io dico che il mio corpo si ribellava al pensiero che tutti dentro quel teatro avessero letto.
E adesso, ci risiamo. No, non ancora la congiuntivite nè chiazze rossastre. Solo un coniglio miniaturizzato attaccato alle pareti dello stomaco. Perchè vuoi mettere le attrici che avranno la strizza da spettacolo e i genitori in prima fila, vuoi mettere gli amici che vengono a farci il video e il timore di far crollare una videocamera sul pubblico, ma quelle parole, quelle parole saranno le mie. Mie. Soltanto.

martedì, dicembre 12, 2006

aspettando di capire se ci sarà un natale come si deve

Winter’s been real long this year
I know, cause I’ve been there
Summer never seemed to come along
and when it did, it felt all wrong
You’ve been sitting on the sidewalks wondering what went wrong with your life
You’ve been walking to your bedside table and in the top drawer was a knife
Così un gruppo che ascoltavo quest'estate, in tempi francesi, trotterellando diligente verso il mio lavoro al Consolato mi ritorna utile ora, in pieno inverno padano, con colonnina del mercurio finalmente e dico finalmente (d'inverno devo potermi lamentare del freddo!) precipitata sugli zero gradi e giù di lì.
Sono in attesa di capire se ci sarà un Natale come si deve e se sto facendo bene ad aspettare che sia finito l'anno per rimettermi in carreggiata e tornare panzer da sfondamento. Sono in attesa di sopravvivere alle vacanze di Natale, periodo pericolosissimo, soprattutto per quel certo non so che di malinconico e attenzione che se nevica poi, è davvero la fine, mi scatta il mood da neve, tipo uscire alle due del pomeriggio a infradiciarmi i moonboot (mammut) ascoltando improbabili versioni di across the universe, interi dischi di norah jones e versione acustiche di last christmas. quest'anno poi la compilation natalizia del sufjan mi sta letteralmente consumando i padiglioni auricolari.
ascolto tanto perchè ho poco da dire.
leggo molto perchè faccio fatica a scrivere.
dormo poco perchè mi sembra di perdere tempo.

giovedì, dicembre 07, 2006

catalogue

Da quando un nuovo brillante portatile ha fatto il suo ingresso tra queste quattro pareti (che poi ormai saranno già 3 mesi ma rispetto all'altro mi pare sempre nuovo e brillante), mi sono ritrovata tra le mani all'improvviso un infinito fottio di memoria da occupare e alla solita cartella Musica è andata ad affiancarsi una cartella più piccina e originale la graziosa "Beta".
LaBeta racchiude brani, suggestioni e spunti raccolti in giro per la rete in attesa di avere il tempo necessario per ascoltarli religiosamente e valutarne il contenuto.
Dalla Beta le tracce mp3 vengono poi sistematicamente catalogate secondo 4 rigide categorie cerebrali che le porteranno incontro a un diverso destino:

1) mi schifano.
Tipo i Dashboard Confessional ad esempio. O gli Infadels. Non saprei spiegare perchè ma non li sopporto. > Li cancello con una certa soddisfazione.

2)mi fanno sorridere ma vanno bene soprattutto se sto passando l'aspirapolvere in giro per la stanza.
The Icicles, quelli della canzoncina della Motorola che forse avevo postato anche qui. Insomma se la ascolto senza aspirapolvere la prima strofa è graziosa ma le altre iniziando a darmi sui nervi. O che ne so i Gogol Bordello o Joanna (che qui il discorso è diverso c'è bisogno dell'aspirapolvere perchè se no questa donnina mi taglia a metà come una mela, altro che sorridere). >Li tengo per qualche mese, li cancello, me li procuro di nuovo, li ascolto, li cancello...un circolo vizioso.

3) sono veramente troppo indie (e io e l'indie nell'ultimo periodo ci siamo lasciati e ci frequentiamo e basta senza quel folle amore dei primi momenti).
Quindi cose tipo gli Animal Collective, Daniel Johnston, quella certa elettronica dei Cassius. Non ce la faccio. Ora. >li ascolto una decina di volte poi, se la situazione non migliora, ecco sì, li cancello.

4) le adoro. Tipo Jens, Devendra, Sufjan, la mia mitologica triade 2006. Cui sono andati ad aggiungersi i Barzin. > Si guadagnano un posto da senatori a vita nella cartella musica da cui verranno rimossi solo in caso di formattazione per essere delicatamente trasferiti su supporto cd.

Sono pazza, I know.

lunedì, ottobre 16, 2006

*Cryin Wont' Help You Now

Essere molto stanchi a volte dà la stessa sensazione di quando si è ubriachi, leggermente brilli.
I contorni si confondono, gli equilibri si incrinano e ci vuole un'enorme forza di volontà per tenere tutto sotto controllo. Peccato che oggi pomeriggio, nonostante un vagone di buoni propositi e un carro-merci di cose da fare, io abbia dormito per ben quattro ore di fila, un sonno profondissimo da cui ogni tanto mi giungevano lontani i commenti di qualcuno che aprendo la porta mi sbriciava semi-svenuta sul divano.
Il problema è che dormendo si riposa solo una parte fisica di noi, mentre quella psicologica resta lì con i suoi nodi e le sue complicazioni e rosica rosica rosica.
Chiusa questa parentesi pippa volevo dire che.
Il concerto di ieri è stato stupendo, una cosa che dopo che è finito non mi riusciva di scendere dalla nuvoletta sopra tutto e tutti su cui ho ballato ossessivamente per un paio d'ore.
Mah, è difficile da descrivere, bisognerebbe avere un gergo più appropriato che non sembrasse lo sfogo post-adolescenziali di una ragazzina di fronte al suo idolo di sempre.
Solo che qui non è questione di orsetti e reggiseni lanciati sul palco, qui si tratta di cuore bell'e buono.