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giovedì, agosto 28, 2008

Ricominciamo?

Mi sono rimessa sui libri.

Senza slancio, senza grinta, con gli occhi mollemente appoggiati ai deliri del materiale per il prossimo esame. 
Non sto scrivendo quasi nulla perché se scrivo penso, se penso mi preoccupo e se mi preoccupo mi viene lo stomaco a mattone. Quindi preferisco trascorrere le ore della giornata in attività che mi permettano di mantenere una soglia di consapevolezza minima tipo suonare la chitarra, guardare soap opera tedesche, bere caffè, lavarmi i capelli.
La televisione è l'ideale per spegnere il cervello.
E se da un lato mi rendo conto che non è buona cosa tenersi spenti e meglio sarebbe uscire a fare una passeggiata o studiare qualcosa di intelligente o dedicarsi a un hobby tipo l'uncinetto, i biscotti, le ceramiche, d'altro canto so per certo che presto arriverà l'autunno dei regionali e rimpiangerò con tutto il cuore questi momenti di dolcissimo nulla in cui abbandonare la propria mente e il proprio corpo.
Sarà che la fine di agosto non è ancora settembre con i suoi splendidi tramonti lisergici, ma solo la fine dell'estate, l'abbronzatura che viene via sotto la doccia e non c'è nivea che tenga.

 

venerdì, agosto 22, 2008

Quando, quando, quando

Quando avresti da preparare un esame ma ti limiti a circondarti di libri aperti cui non rivolgi nemmeno uno sguardo.

Quando un torcicollo bastardo ti colpisce prima a destra, poi a sinistra, poi al centro e ti ritrovi alle tre di notte a cercare rimedi omeopatici su internet.
Quando l'abbronzatura se ne va dalla tua fronte creandoti inestetici tatuaggi maori.
Quando nel tentativo di scaldare un cencio dentro al microonde quasi dai fuoco alla casa (sì lo so che non si fa, ma volevo fare in fretta).
Quando tua madre ti racconta che in un mobilificio vendevano troni come quelli dei programmi della De Filippi.
Quando calienta il sol là in quella playa in cui non sei più.

La crisi di rigetto volge comunque al termine. 
Sebbene il maledetto obtorto collo abbia frenato i miei notevoli progressi con la chitarra (stavo imparando everybody hurts per la gioia dei vicini e simone ha cercato di mostrarmi il barré ma per il momento le mie dita non vogliono saperne) i miei chakra si stanno allineando con quest'atmosfera di autunno e lentezza che già permea la bassa.
Nonostante faccia ancora abbastanza caldo gli abitanti di Seattle già si aggirano con bomber, spolverini e maglioncini intorno al collo, anche alle tre di pomeriggio. 
Certo il rovescio della medaglia sono io che con la mia voglia fuori tempo massimo di canottiere e pantaloncini ho rischiato di restare bloccata a letto strafatta di voltaren. 
Ma, dicevo, Seattle di contro è pronta per l'autunno, cadono le prime foglie, il cielo ha assunto un uniforme color grigio, il popolo si prepara alla stagione delle sagre danzanti e mangianti.
Ho voglia di dolci colline monferrine e che arrivi presto il 29.
Perché esce Kung Fu Panda. 

lunedì, luglio 14, 2008

Indignatio!

Leggo Mimì e penso che ce l'hanno rubata sotto al naso.

Per ognuno è stato un pezzo che pensava piccolissimo e insignificante anche perché gli avevano raccontato che crescere è così, bisogna perdere un po' di pezzi per sostituirli con altri più adatti. 
Però non è stato difficile rendersi conto che ci hanno fregato, staccandoci pezzi di cui avremmo sentito una mancanza viscerale, ecco sì, proprio viscerale.
Ci hanno preso qualche grammo di dignità, qualche risata, briciole di spensieratezza, polvere di autoironia, bacche di orgoglio, grani di sicurezza.
In cambio ci hanno dato due semplicissime opzioni.
a) Scegliere il mucchio uniforme, incolore e insapore dei senza-più-pezzi, oppure 
b) remare affannosamente controcorrente insieme ad altri nostalgici-dei-pezzi-mancanti.
Pare ovvio che io mi senta membro della seconda categoria.
Pare ovvio anche perché succede che mi ritrovi a guardare laconicamente le sedicenni in canottiera e minigonna e ricordare di quell'età beata in cui si stava malissimo comunque, ma per dolori pieni di importanza o che almeno sembravano eroici, perché quello contro cui noi giovani-adolscenti-pieni-di-pezzi-pulsanti combattevano non era mai infelicità o malinconie passeggere ma L'Infelicità, La Malinconia. 

Il problema è che forse non siamo stati abbastanza attenti, ci deve essere stato un momento della Grande Fregatura, verso i diciotto, mentre eravamo intenti ad ascoltare i Nirvana, gli Smashing Pumpkins, i Depeche Mode o qualche altro gruppo che rappresentasse La Rabbia e L'Inadeguatezza.
Il giorno dopo ci siamo svegliati come se nulla fosse, senza sapere che un solo giro di lancette ci aveva trasformato maleficamente in "precari".
Oddio, precari lo siamo sempre stati, se per precari intendiamo in punta di piedi su un filo ondeggiante che qualcuno chiama destino. 
Ma il fatto che la società abbia coniato addirittura un neologismo per definire la nostra generazione è stato come scoprire che Babbo non solo non esisteva più ma aveva anche venduto la sua immagine alla scuderia di Lele Mora.
Precari capite? Sarebbe stato molto meglio essere la generazione mtv, la generazione x, la generazione sms. 
Se non altro generazione non è un termine tanto malvagio, pare quasi si dica "con questi è andata così ma poi con la prossima generazione sarà diverso".
Invece lì "precari", affibbiato in modo codardo ad libitum.
Gente che non trova lavoro e se ne trova uno non è detto che riesca a conservarlo. 
Bel modo di merda di definire qualcuno, scusate, se è permesso dirlo.
E poi così precari, senza nemmeno una parola per tentare di descrivere il peso esistenziale che possono sentirsi sulla testa giovani menti che, mentre il sistema si rovesciava come un calzino e cambiava tutte le regole del gioco, ancora ce la stavano mettendo tutta a impegnarsi in qualcosa, studiare con passione, inseguire obiettivi, coltivare la propria onestà intellettuale.
Oggi l'onestà intellettuale è una barzelletta di quelle che non fanno neanche tanto ridere.
Posso fare un esempio? Posso fare un esempio? 
Faccio un esempio.
Sabato sera incontro ex-conoscente (amica a questo punto non direi) fuori dall'entrata di un cinema. 
La vedo e la saluto (scusate se sottolineo la cosa ma qui a Seattle salutarsi è gesto di pochi sprovveduti). E pure mi avvicino per scambiare due parole (intrepida!). 
Così mentre mi informo gentilmente su che cosa stia facendo della sua vita (stando attenta a non fissare i suoi stivali di pelle bianca per non essere maleducata) mi accorgo che mi sta guardando con compassione. Eh sì, proprio compassione. 
E non solo. Allo sguardo compassionevole si accompagnano anche poche parole di compassione, del genere "sì ti parlo ma con quella giusta distanza che si deve sentire tra noi, perché io sono uscita vincente dagli anni di incipiente consumismo mentre tu l'hai sofferto e basta". (non penso che abbia utilizzato l'aggettivo "incipiente" in nessuna delle sue rappresentazioni mentali, comunque).
Certo lei vestita di hot pants e stivali di pelle bianca, con la piega fresca di parrucchiere, ha già un lavoro di aiuto in uno studio di fisioterapia, dopo aver studiato solo tre anni e manco tropoo assiduamente, e ieri è andata a farsi la lampada per avere la carnagione carbonifera e ha quei maledetti stivali di pelle bianca, già.
Io invece ho una carnagione stokeriana perché mercoledì devo dare il mio dodicesimo esame di quest'anno per cui ho dovuto leggere non meno di 4000 pagine, e anche se ho una media impressionante e un ottimo vocabolario italiano, la società corrente impersonata dalla donnina sbarluccicosa mi giudica sfigata.
Perché per onestà intellettuale non mi metto gli hotpants e gli stivali bianchi per andare a vedere un film alla multisala. Perché  (lo posso dire vero? lo posso dire vero?) mi sentirei un tantinello bagascia.
Ma nessuno racconta com'è il mondo dei nostalgici-dei-pezzi-mancanti, di cosa significa sentirsi terribilmente  donchisciotteschi in ogni situazione, scavare miliardi di tunnel nel profondità del proprio io per trovare un posto dove riuscire finalmente a nascondere quello che di più prezioso ci resta e incrociare le dita perché non lo trovi nessuno.
Finisce che ognuno combatte la sua battaglia in silenzio e ogni tanto ritrova in qualcun'altro lo sguardo e le parole di chi sa davvero cosa vuol dire tutto questo.
Quindi per finire due semplicissime cose:
1. mi scuso per aver utilizzato ben due termini di sporco dissenso all'interno di questo post
2. mimì courage!

Dopo di che, raccolto il cappello, il bastone e il coniglio mi congedo da voi e vado a svenire sul letto in attesa di essere svegliate dalle rimanenti dispense per il ripasso.
Fate sogni d'oro sparuti lettori.




sabato, maggio 03, 2008

Zzz Zzz (rumore di lasers)

Ho sparato coi lasers!! (finti)

I fucili lasers, a 25 anni ho sparato con fucili lasers e mi sono divertita come la più bambina delle bambine. 
Bello questo ponte, ho sparato coi fucili lasers e ho mangiato tanto poisson grigliato e sorseggiato vinello bianco con le mie amiche discutendo di quanto le grigliate siano piacevoli dal momento che le donne possono fare nulla. 
Sole, amici e bischerate, Milano con il percorso automatizzato treno-metro-uni-metro-treno, che sembra un livello di supermario però meno divertente, Milano è lontanissima, chissà se ancora c'è. (lo scopriremo lunedì, lasciamo perdere).
La riflessologia plantare dice che i miei dolori podali corrispondono alla zona del fegato, la zona dove soffre chi è incazzato col mondo.
La riflessologia plantare non dice esattamente così ma i fatti sono questi, una parte di me si ribellerà sempre come una serpe al sistema e la combatterà con le scintillanti armi della musica, con il ritmo della tastiera del computer, con fiumi battutine sarcastiche.
E' arrivato il summer wasting (o "la"?). E sebbene io debbaleggere il Federico Nietzsche entro lunedì prossimo e anche il caro Kierkegaard sono sicura che entrambi mi darebbero il permesso di godermi un po' di maggio frizzantino.
Va bene l'apollineo ma ogni tanto darci giù di dionisiaco fa mica male.

mercoledì, aprile 30, 2008

everywhere I look around

Fuori grigio e io cazzeggiocazzeggiocazzeggio.

Principalmente gioco con lastfm, decidendo se una canzone mi piace o no dopo trenta secondi scarsi. Principalmente lascio che la testa si abbandoni a tutta la pesantezza di tre ripetute sveglie mattutine alle ore 6.30, ora che si era già detto qui non appartiene al mondo dei vivi, appartiene a una specie di intramondo con colori, suoni e conversazioni ad alto tasso surreale. In fin dei conti ho delle perline di malinconia che mi rotolano per le pareti dello stomaco. 
Ma si tratta di quei solletici passeggeri dovuti un po' al tempo, un po' perchè a dormire in treno mi è venuto il torcicollo, un po' perchè da due giorni ricordo la trama di un libro senza ricordarmene il titolo. 
Domani altra grigliata scaccia tristezza. 
Maggio avanza signori e signore ma i maglioni pesanti sono ancora tutti lì e i libri accumulati di nuovo in giro per la stanza e i fogli ovunque. 
Sulla via del ritorno ho raggiunto l'apice del ridicolo guardando fuori dal finestrino le risaie umide che più umide non si può e autocitandomi con tre versi mentali di una poesia che avevo scritto, forse al liceo o no, forse,semplicemente in sogno.
La primavera è così: scombussola, tira fuori le robe che stavano sotto terra, soffia nuvole ove più le pare, mi induce all'acquisto di magliette con le mezzemaniche.
L'ho detto che la testa era pesante.
Quello che non ho detto é che avrei scritto in modo totalmente nonsense.
So sorry.

venerdì, aprile 25, 2008

*another sunny day


Ah, una giornata di sol.
Bella roba davvero, non pensare a niente che non sia più complicato della giusta sistemazione di due file di spiedini una sull'altra. 
Nella vita si semina e anche se per anni non si raccoglie niente poi ti ritrovi un pomeriggio di aprile con persone belle, vere nel "vero" senso della parola, con cui puoi ridere di tutto pur sapendo che sarebbero perfette per un discorso serio, con cui un abbraccio, un sorriso vuol dire più di quello che tante parole a volte non riescono.
E' vero ho un esame lunedì, per la prima volta credo in vita mia ho preso la cosa veramente sottogamba. Però non era mai successo che a tre giorni da una cosa stressante come un esame avessi le lentiggini, una scottatura marcata e un buon sapore di braciola spalmato sulle mani.
Si avvicina l'estate.
Sono tranquilla, ho i piedi incollati alla mia zattera, guardo l'orizzonte.

Another sunny day, I met you up in the garden
You were digging plants, I dug you, beg your pardon
I took a photograph of you in the herbaceous border
It broke the heart of men and flowers and girls and trees
Belle&Sebastian -Another sunny day-

mercoledì, aprile 16, 2008

Finchè ci saranno risate

Oggi per un attimo è stato come essere sulla scena di un film. Un bel film di quelli che scaldano il cuore, con dialoghi intelligenti, la giusta dose di ironia, la giusta dose di malinconia e il tempo che scorre in sottofondo come un frusciare di seta. 

C'era questa terrazza tutta bianca e persone conosciute e non, che parlavano tra loro, tranquillamente della loro vita, delle loro storie con semplicità assoluta; ogni tanto scoppiava una risata, seguiva un brindisi e il resto, quel resto che alcuni giorni preme sulle palpebre e sulla bocca con forza, sembrava sfumarsi, entrare in un secondo lontanissimo piano. 
Io ero sveglia dalle sei e mezza e avevo trascorso l'intera giornata su un paio di scarpe col mezzo tacco che dovrebbero servire a curarmi una fascite ma che non fanno parte della mia persona. Così le ho tolte e giravo scalza con il bicchiere in mano e nonostante tutta la giornata sulle spalle un'energia bella, nuova, che non sospettavo di poter avere.
Mi succede sempre in momenti così. 
Mi guardo intorno e fermo brevissimamente un'istantanea da poter conservare nel cuore. 
Per ricordare che ci sono persone belle ancora, e discorsi coraggiosi ancora e tanta poesia nascosta ovunque. 

lunedì, marzo 31, 2008

Oggi, ieri.

Oggi, lunedì.

Anzi.
Ieri, domenica, ho cercato di adottare una nuova strategia di vita. 
Basta pensare alla domenica come un "è quasi lunedì", sì a pensare invece che sia "ancora domenica".
Mi ci sono impegnata a fondo, sapevo di dover affrontare quest'ultima tranche di frequenza con il sorriso sulle labbra pena rischio di depressione fulminante da "cielo ho 25 anni e sono ancora qui con gli evidenziatori e i righellini". 
Comunque dicevo, mi ci sono messa sotto. 
Ho trascorso la domenica studiando poco, cazzeggiando per lo più, canticchiando. 
Ho utilizzato una crema balsamo per i capelli.
Mi sono messa lo smalto sulle unghie (che non succedeva dal '93).
Così oggi-lunedì quando è suonata la sveglia il mio primo pensiero è stato "Ma perché ho messo la sveglia? Dove devo andare?". 
Poi ho subitaneamente realizzato che era lunedì e dovevo prendere lo zozzo regionale per andare all'università, però sono stata contenta, la nuova filosofia aveva funzionato. 
Per il momento. 
Durerà pochissimo, già  so che risulterà impossibile ricacciare a diritti e rovesci gli scatoloni di sfiga universitaria che mi rotoleranno addosso. 
Ma devo avere fiducia in me stessa, l'ho scritto anche sulla moleskine "Tieni duro". 
Che sono alle cozze lo capite da soli, sono già arrivata allo stadio del training motivazionale da rampante manager newyorchese. 
Solo che io non sono una manager e non vivo a New York ma a Vercelli, un posto che tra poco diventerà un puntino verde in mezzo a un mare di zanzare.
Stanno iniziando ad allagare le risaie. 
Le ho osservate bene oggi al ritorno, perché ho perso le cuffie del lettore e quindi non mi restava che osservare intensamente il paesaggio e orecchiare i discorsi impossibili dei compagni di viaggio. 
Giuro che in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori, dall'amante che fa la gatta col marito di un'altra, al ragazzo che spiega per filo e per segno al cellulare come fare a procurarsi un motorino rubato con tanto di targa falsa, alle studentesse di medicina che si raccontano autopsie sgranocchiando croccanti toasts al prosciutto. Cosa dicono del mondo? Bello perché vario. Almeno lo dicevano una volta.
Oggi in metropolitana c'era un bambinello zingaro (età presunta buona per la terza elementare) che ha strimpellato malissimo al violino un pezzo classico e si è fermato dicendo "Scusate, non sono tanto bravo, suono da due giorni".
Io quello che avevo in tasca gliel'ho dato. 
E ho anche pensato alla santanché. Che crede in Dior, Celine, Louis Vuitton (come dice la sempre grande Cortellesi) e che la cosa più importante di cui l'Italia ha bisogno oggi sia prendere a pedate nel sedere i clandestini.
A me però quel bambino lì mica mi ispirava calci, casomai simpatia e un po' di istinto materno perché sarebbe stato a scuola che solo in una metropolitana dove chiunque può portarselo via senza tanti complimenti.
Posso dirlo qui che mi sa che non andrò a votare? 
Non ce la faccio proprio, cozzerebbe con il mio tentativo di essere positiva e pensare solo a ritagliare le sottilette con le formine per fare il formaggio animalesco da mettere sul mio pranzo in scatola.
Ho dimenticato della punteggiatura credo. 
E forse anche altre cose da dire.
Ma per il momento va così, e finché dura, godiamocelo.



domenica, marzo 09, 2008

due righe proprio due

Due righe giusto per dire che sono ancora viva più o meno, e sprofondata nel solito studio più o meno.
Cose più di questi giorni: concerto Roy Paci (non conoscevo una canzone una ma ho ballato in modo matto e disperatissimo e temo anche imbarazzante), ho mangiato da Burger King (e adesso per un anno avrò ben stampato nella mente perchè non mangio mai da Burger King, non vi dico gli incubi notturni, una roba davvero paiura), il pelo morbidissimo del mio felino che crescendo sta diventano un po' meno pantera in cattività e un po' più adorabile gatto da distendersi sui piedi a mò di coperta.

Cose meno: tempo libero fragile e inesistente, la primavera che fa le finte e poi torna l'inverno, domani che è lunedì, Burger King, mi sono dimenticata di fare l'abbonamento e domani mi tocca sorbirmi la solita coda slow-motion, la mia maglietta marrone preferita schizzata di candeggina bastarda.

Sì mi rendo conto, non fregava niente a nessuno, però già che 'azzeggiavo sul web ho pensato di scrivere due righe.
Che dite concludo in modo banale? Massì.

Buona settimana a tutti, a voi studio.

lunedì, febbraio 11, 2008

*anyone else




Oggi sono rimasta a casa per un lungo ripasso per l'esame di storia infinita, quello dal 1848 a oggi, come si trattasse di mandare a memoria quattro serie di beautiful.
A dir la verità sono uscita, giusto dieci minuti, sul balcone a mettere l'acqua al vaso di erba gatta.
Freddo è freddo.
Dire che si sente la primavera nell'aria sarebbe una grossissima bugia.
Eppure qualcosa c'è, l'ho sentito attraverso la stoffa del pigiama.
Il cielo sereno magari.
Il pensiero che gli anni passano e non è poi così male accumulare momenti.
Sembra ieri che scrivevo quaderni su quaderni nella cieca convinzione che sarei diventata un allen ginsberg al femminile e mi perdevo nell'ascolto continuativo di canzoni che mi aiutassero a catturare quel momento particolare.

Certe volte ha funzionato.
Certe volte ascolto qualcosa e non solo mi ricordo come stavo, com'ero vestita, se faceva caldo o freddo.
Ricordo anche con precisione chi ero allora.
Ricordo che cercavo sempre un pennarello che scrivesse fino alla fine tutto quello che sentivo di dover dire senza scaricarsi.
Oggi sento ancora di dover dire qualcosa?
Credo di sì, qualcosa c'è ancora.
Anche se non urla più, anche se a volte è solo un sussurro leggero come un battito d'ali che mi attraversa la mente. Però sento di doverlo condividere con la me stessa che verrà.
C'è una canzone quindi infine.
Che mi ricorderà chi sono stata in questo periodo, cosa mi tamburellava le pareti del cervello e cosa sognavo per me e per il resto del mondo.
La condivido con chiunque di voi abbia un paio di minuti da buttare via.
Io la trovo bellissima.



giovedì, gennaio 03, 2008

Niu iar's dei

Ci ho provato a scrivere un post di fine anno, qualcosa di incredibilmente scenografico e allusorio; purtroppo la mia testa del momento è piena di pagine e pagine di studio, concetti che se ne stanno aggrappati a penzoloni come tarzan sciancati e si fanno forza per non essere inghiottiti dalle tigri del dimenticatoio, considerazioni semiserie su argomenti incredibilmente seri, esiguo spazio libero occupato da pensieri sciocchi e di quart’ordine.
Non c’è altro.
Non c’è nemmeno stata una classifica di canzoni, o di libri o di momenti, la fine dell’anno è andata via à la pick indolor e ammetto di non averci pensato molto questa volta, non ho aspettato segni premonitori, non ho chiuso parentesi, non ho avuto pensieri di sintesi sull’anno trascorso, allo scoccare della mezzanotte me ne sono rimasta buona buona con la mia bacchetta di stelline scintillanti a battere i denti per il freddo.
In queste vacanze ho principalmente mangiato tantissimo, dormito abbastanza, fatto riposare le articolazioni abituate agli incastri da tetris sul regionale, frequentato gli amici, letto qualcosa di non accademico (davvero poco), scartato regali, bevuto moltissimo the.
Mi sento Salinger.
Per quanto riguarda il nuovo anno spero sia tranquillo, non pretendo grandi soddisfazioni o vincite alla lotteria, mi basterebbe avere il minimo di rotture di palle possibile.
Tutto questo è dovuto probabilmente al fatto che sto diventando vecchia e intollerante e come dice nonno Simpsons:
“Il buon Dio ci fa invecchiare per una ragione: acquisire saggezza per trovare difetti in tutto ciò che ha creato!”

mercoledì, dicembre 05, 2007

7 a.m.



Alle 7 di mattina il mondo è perfetto.

Sì è vero, sto correndo per prendere l'n-esimo regionale, e sono pur sempre le sette, e se avessi facoltà di volere sceglierei di rimanere nel mio caldo giaciglio il più a lungo possibile a sognare di posto molto lontani e molto felici, e so benissimo che il mercoledì è pur sempre il mercoledì, quella giornata stronza che si piazza a metà settimana e mi succhia via l'anima peggio dei dissennatori di Harry Potter, e che forse avrei dovuto studiare medicina e nascere in Svezia, alta, bionda e affettivamente legata ai Krisprolls.

Però giuro che il mondo è innegabilmente perfetto in quel momento lì, mentre scatto una fotografia prima della corsa finale al binario, non c'è virgola che potrei cambiare, voce che vorrei aggiungere, non c'è niente che potrebbe spegnermi gli occhi in quel secondo assoluto. Ginsberg diceva (in una delle poche poesie che mi sia mai riuscito di imparare a memoria) che il mondo, a dispetto della sua totale dolorosa imperfezione, che il mondo ha una bellissima anima.

Ora, io non sono sicura di avere ancora un'idea precisa su quello che sto studiando da tre anni a questa parte (consolante, vero?) e ho come la sensazione che non l'avrò mai. Però mi succede a volte di provare uno stupore inspiegabile per le cose, che siano cieli strabilianti la mattina presto o pipposissime teorie filosofiche su come (forse) dovrebbero (probabilmente) andare le cose(ammesso che esistano).

Ed è bello, innegabilmente, come la perfezione del mondo alle sette di mattina.

Non faccio che piangere adesso.

Ho pianto tutta la strada quando sono uscito dal Wobby Hall di Seattle.

Ho pianto ascoltando Bach.

Ho pianto guardando i fiori felici nel mio cortile,

ho pianto alla tristezza degli alberi di mezza età.

La felicità esiste lo sento.

Ho pianto per la mia anima,

ho pianto per l'anima del mondo.

Il mondo ha una bellissima anima.

Dio appare per essere visto e per essere pianto.

Cuore traboccante di Paterson.

Allen Ginsberg

lunedì, novembre 19, 2007

Maybe I'm The Grinch

Come al solito, quando i lacci si stringono troppo e le dita incespicano sull’ennesimo bottone, qualcosa con i denti si ribella dentro me, mi ritorna il mal di schiena e quell’irresistibile desiderio di stare in silenzio la maggior parte del tempo, così finisco per immaginare qualcuno che racconta la mia storia mentre torno a casa in macchina, con la fronte appoggiata al finestrino e guardo le stelle che domandano sempre e non rispondono mai, e fuori è sottozero e mi viene in mente quel film tristissimo che forse ho visto un paio di anni fa -la mia vita senza me- che non mi era neanche piaciuto, ma l’avevo visto ugualmente per il titolo, mi sembrava volesse dire tante cose e invece era il solito pippone strappalacrime con tanto di pioggia (piove sempre in quei film lì, però piove bene, con le gocce romantiche, mica le piogge acide che mi accolgono i lunedì mattina a milano e che mi scioglieranno il cranio prima o poi).
Oggi ricevo l’ennesima mail che recita “La ringraziamo per la fiducia accordataci inviandoci il suo manoscritto” “Abbiamo letto con interesse il suo manoscritto” “La lettura del suo manoscritto ci ha convinto che non siamo gli editori che fanno al caso suo” (minchia rispondono proprio tutti) e mi sembrano passati anni luce da quel momento lì, e da tanti altri in effetti, e ripenso ai miei amati ammassi di cartacce che conservo in uno scatolone blu e penso che mi piacerebbe avere il tempo di finire quelle cose lì per me, proprio come è stato all’inizio -scrivere solo per me- e scusate se lo dico qui sul blog, magari fa brutto però è la verità.
Inoltre, se qualcuno gentilmente volesse spiegarmi perché ca**o hanno già messo le luminarie natalizie per le strade che non è manco dicembre, a me questo fatto genera ANSIA, finisce che ci toglieranno anche la malinconia del Natale e delle strade deserte a una certa ora della sera mentre il vento gelido ti taglia la faccia a metà e ti fa sentire la protagonista di qualche novella di Cechov. Sono già lì da una settimana, le slitte intermittenti, le stelle comete , le scritte buonnnnatale.
Vi prego facciamo qualcosa, un referendum, una campagna, una lettera a Berlusconi.
Non si può andare avanti così, mi girano le palle.

domenica, settembre 30, 2007

Toffismi

L'autunno quest'anno mi è piombato addosso.
Ecco non so come sia andata la faccenda per le altre persone ma a me è proprio caduto in testa, a mò di tegola, mentre ero ancora candidata al disimpegno estivo e mi godevo le giornate poco impegnative e rimandavo le decisioni impegnative a un futuro lontanissimo di civiltà robotiche e inquinamento cosmico.
Poi l'autunno è arrivato tutto insieme, pioggia nebbia, grigio, ansia da università, ansia da occupazione, necessarie e vincolanti scelte esistenziali, maldischiena, freddo, freddo, desiderio che qualcuno mi regali un gettone per fare ancora un giro sul brucomela prima di scendere.
Dove sono finiti gli ultimi due anni? Cos'ho fatto? Dov'ero? Perchè non ho continuato subito a studiare? Perchè pur essendomi fatta un mazzo quadro ho ottenuto pochissimi soldi e nessuna gratificazione di sorta?
Sono domande a cui non so rispondere e l'autunno è lì con il suo bloc-notes che ticchetta nervosamente la penna stilografica e incalza.
Sono sicura che settembre sia durato tre giorni quest'anno.
Tra pochetto inizio altri due anni di università.
Certezze non ce ne sono, il cavallo sembra buono ma l'orizzonte è pieno di lampi peggio di Twister.
Io mi sento come Helen Hunt quando resta appesa ai tubi delle condutture di una fattoria del Midwest nel cuore di un tornado gigantesco.
Solo che lei sapeva, per esigenze di copione, che il vento era finto e i tuoni pure.
Con me è diverso. Questa è la sporca realtà.
Ma, a parte tutto (un tutto grande, che se ne potrebbe parlare per settimane) ho deciso che a questo punto l'unica cosa veramente furba da fare è appendermi ai tubi con tutte le forze e cercare di non volare via.
Poi probabilmente dopo il tornado arriverà un'inondazione e finirò comunque per diventare un piccolo insignificante titolo di coda che lotta per non essere schiacciato da chi conta davvero.
Nel frattempo meglio credere in qualcosa che mollare la presa e abbandonarsi a un vento tempestoso e spietato che di logico non ha proprio niente.

giovedì, luglio 05, 2007

Il Sondaggione

Visto che da sola non riesco a decidermi, lancio un sondaggio qui, che di voi mi fido.

PARTECIPA ANCHE TU AL GRANDE SONDAGGIO
SCEGLI LA SPECIALISTICA di FILOSOFIA PIU' ADATTA
ALLA BLOGGER DI ESSENZIALE
TRA LE DUE OPZIONI METROPOLITANE DI:
MILANO (uelabelafiga) e TORINO (bugianen)
PRO MILANO: il corso sembra più bello, buoni professori, uni facile da raggiungere, ci sarebbe pure un compagno di sventure con cui dividere scleri burocratici, secondo anno di liberi crediti da scegliere tra ciò che più mi piace, porta ticinese, l'H&M di corso buenos aires, lo spazio forma che fa mostre fotografiche paiura.
CONTRO MILANO: smog, puzza, troppi macdonalds, paura di prendere l'accento milanese, paura di dover andare all'università abbigliata come dovessi ricevere l'oscar, paura di compagne di compagne di corso miliardarie, paura di incontrare Corona.
PRO TORINO: nelle belle stagioni è bella, il preside di facoltà è proprio un bell'uomo e degno di rispetto, conoscenze locali molteplici, eataly, palazzo nuovo che è terribilmente contro, possibilità di viaggiare in treno con mia sorella, vita ggiovane.
CONTRO TORINO: smog, paura di torinesizzarsi, troppi libri in via po che non posso comprare, paura di dovermi fare un piercing alla lingua per andare all'università, paura di compagne di corso che mi interrogano sulla musica indie, paura di incontrare lapo elkann.

martedì, luglio 03, 2007

pippa-post

Quest’estate così diversa da tutte le altre.
Gli autobus sferragliano a un passo da me e vanno oltre, qualcuno mi scambia per una studentessa, forse intuendo che presto lo sarò di nuovo.
Il treno attraversa lentissimo un indefinito numero di risaie verdi. Dovevo portare il lettore mp3 e invece perdo gli occhi nel paesaggio, che tanto a quell'ora lì nello scompartimento stanno dormendo tutti.
Il problema è che sono arrivata al momento dell'uscio e della porta. Quello in cui c'è una porta davanti a te, devi bussare ed entrare e invece perdi tempo e ti guardi le spalle, sperando che qualcosa ti colpisca forte la testa o ti trascini via.
All’ufficio orientamento studenti mi imbottisco di volantini e domande senza entusiasmo.
Io ero una persona intelligente, io ero una che dava sempre tutti gli esami al primo appello e studiava forte e sodo. Io mi sono laureata con un cazzutissimo voto su un cazzutissimo autore.
Io parlavo delle lingue straniere, abbastanza bene da avere amici stranieri.
Io imparavo le cose in fretta, io scrivevo bene.
Adesso sono solo incazzata col mondo.
Perché per quanto mi chieda dove ho sbagliato, la risposta è che non si poteva fare altrimenti che crederci.
E passerà, come tutte le cose cui ci si abitua, arriva il momento in cui uno smette di farsi domande e accetta le situazioni e basta.

O magari si sfoga sul suo blog con un bel pippone tipo questo.

giovedì, giugno 21, 2007

holiday!

Non è che sono sparita.
E' che finalmente, dopo due anni, sono in vacanza.
(Perchè chi segue da un po' le mie disavventure sa che la scorsa estate l'ho trascorsa dai cugini mangiapatate a lavorare).
Lavorare in agosto è davvero darsi la zappa sui maroni.
Quindi dopo due anni, essere in vacanza fa uno strano effetto.
Perchè un conto è quando uno è in vacanza "forzata", (cosa che odio e che non riesco a vivere serenamente).
Ma quando uno è in vacanza perchè decide che così deve essere, che se l'è meritata, ecco l'effetto è totalmente opposto.
Che poi, per il momento, sono ancora qui a Seattle, con l'afa che ti schianta di giorno e di notte, con l'umidità che ti preme sulle spalle e sciami di zanzare fameliche.
Ma mi sveglio la mattina e sono di buonumore.
Ho finalmente tempo per persone e cose.


Un lusso gigantesco, davvero.

lunedì, giugno 11, 2007

School is over, parte terza: il P.P. (party di pensionamento)

L’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola vuole tutti i gremlins raccolti in palestra per celebrare il pensionamento di uno stimato professore di religione su cui non esprimerò pareri.
Già l’idea di radunare tutti quanti i gremlins nello stesso posto mi pare terrificante, quasi una mensa moltiplicata all’ennesima potenza; ma, al solito, è uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo.
Raduno la mia folla di seconda e li conduco in palestra dove già si sono ammassate alcune classi; entrando noto la povera Rottenmaier alle prese con i suoi diavoli di seconda che hanno lanciato uno zaino sopra al canestro: è lì che zampetta nel vano tentativo di tirarlo giù prima che arrivi la preside. I ragazzi sghignazzano e si dileguano, e lei resta lì sola sotto quel canestro troppo alto per essere raggiunto. Quella è la donna che a tre giorni dalla mia venuta a Smallville mi aveva cazziato ferocemente per una mia presunta negligenza nell’assistenza ai miei ragazzi. Che ora stanno seduti con le spalle appoggiate al muro e ogni tanto mi scandiscono labilmente “Che palle prof, quanto dura?” “Spero poco ragazzi”.
La festa di pensionamento sta per cominciare.
La massa umana è radunata a mò di vodafone lifeisnow e le Titolate schierate con le solite facce del incarognite tra i ragazzi.
Ci sono tutti gli elementi tipici del party di pensionamento: protagonista del pensionamento incollato al cellulare, colleghi cui non gliene potrebbe fregar di meno (io), colleghi che sono contenti che se ne vada perché gli è sempre stato sul piloro, ragazzi che pur di non essere lì preferirebbero essere interrogati sull’analisi del periodo(tutti), l’immancabile microfono malfunzionante e l’animatore della festa (per l’occasione un Marylin in grande spolvero).
L’unica cosa che manca è il buffet, ma mi consolo pensando che forse verrà fatto un rinfresco in forma privata al termine delle lezioni.
(perché non dico tanto, ma dopo aver spontaneamente donato cinque euro per il regalo di un individuo che non mi ha mai degnato di qualcosa che fosse più di un’alzata di sopracciglia, almeno un porco bicchiere di spumante direi che me lo sono meritata).
Parte il commiato strappalacrime della dirigente sull’angelico neopensionato; nel frattempo osservo i gremlins dediti nelle più svariate attività: c’è chi si prende a coppini, chi cerca di staccare a morsi l’orecchio del compagno, chi dorme, chi si scaccola, chi ascolta il lettore mp3, chi fa pernacchie, chi si sfida a duello con le righe da disegno.
La cosa più divertente è che proprio mentre Marylin tenta invano di richiamare all’ordine i facinorosi, un gruppetto di bambini si stacca dalle prime file e forma una palla di mani, braccia e gambe avvinghiate come serpenti tropicali in una lotta all’ultimo sangue. Quasi lo travolgono.
Col passare dei minuti la folla è in delirio.
Nel mezzo riconosco le facce note e meno note di tutti i bimbi che ho avuto tra i piedi negli ultimi mesi: è incredibile il numero di nomi e di storie che ho imparato a memoria.
Tra i vari alunni A. , alunni E. e alunne D., ci sta pure il piccolo Prince che, dopo aver incrociato il mio sguardo, si sposta e guadagna una posizione a pochi passi da me ed esattamente di fianco al suo acerrimo nemico, l’alunno M. cui è legato da un rapporto di amore e odio.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola e i due si comportano da grandi amici, smezzandosi una focaccia unta con un gesto di intesa. Prince, il monello dal cuore tenero, è la versione junior di Mac Gyver: prima riduce a brandelli un paio di bicchieri di plastica e li utilizza per esprimere il suo disappunto sfregandoli con forza all’indirizzo dei due insegnanti che si stanno esibendo in una performance jazz di gusto ambiguo; poi materializza dal nulla un aereo gigante e mi chiede se può lanciarlo in testa al professore neopensionato.
Alla fine, chi l’avrebbe mai detto, proprio lui è l’alunno più dispiaciuto della mia dipartita.
Al suono liberatorio dell’ultima campanella dell’anno i gremlins corrono verso l’uscita come una mandria di bufali. Non ci sarà nessun rinfresco con cui sfamare il mio stomaco brontolone.
Ma la delusione nulla può nei confronti del brivido di sollievo che mi corre lungo la spina dorsale al pensiero che la scuola è finita.

School is over, parte seconda: ricchi premi e cotillons.

Alla terza ora dell'ultimo giorno di scuola sono in prima, la classe dei tarantolati.
Ne acchiappo cinque per la collottola che si stanno eiettando fuori nel corridoio e propongo anche a loro di fare qualche gioco insieme.
"Solo se si vince qualcosa prof, perchè altrimenti andiamo su a salutare quelle di terza"; insomma questi qui non li frega nessuno.
Mostro a tutti il magico sacchetto dei premi, celando naturalmente il contenuto (che consiste in caramelle e diverse porcherie rinvenute nei miei cassetti la sera prima, tipo minidadi, portachiavi, sorpresine dell'ovetto kinder, porta auricolari...in realtà è chiaro che l'occasione sia perfetta per sbarazzarsi di un po' di rumenta!) e li convinco a restare.
Quando finalmente sono tutti seduti bussano alla porta altri bambini di classi vicine e mi chiedono se possono stare lì con me.
In un impeto di generosità e follia (forse più la seconda) decido di offrire asilo politico all'alunno O. terrore delle prime di tutto il mondo, all'alunno S. , già colui che minacciava col compasso da lavagna i compagni nelle ore pomeridiane, e all'alunno I. con cui ci si vuole molto bene pur non essendo un mio studente a tutti gli effetti.
Dopo qualche minuto l'alunno O. ha già scritto sul banco con un pennarello indelebile "Scuola culo" e mi tocca spedirlo in direttissima dalle bidelle per farsi dare uno straccio e pulire.
Ovvio che l'alunno O. è il timore di tutte le prime non a caso: ci sono stati giorni di intervallo in cui mi ha distintamente urlato in faccia di non rompergli le palle altrimenti mi avrebbe messo le mani addosso. Solo che detto da uno di un metro e cinquanta è qualcosa che intimorisce ma fa anche decisamente sorridere.
Oggi però la scuola funziona al contrario e O. se ne va quatto quatto dalle bidelle ritornando subito con il suo bravo spray per pulire. La sua buona azione viene premiata con una lisergica caramella di Lupo Alberto (chissà che ci mettono dentro per dare quei colori assurdi) e si procede con giochi enigmistici e altre cavolate, retaggio del mio passato di animatrice.
La campanella dell'intervallo suona, alcuni bambini mi fanno ciao-ciao-arrivederci prof- venga a trovarci e corrono fuori a picchiarsi selvaggiamente, altri in corridoio hanno già iniziato ad urlare tutti insieme "Vogliamo le terze!", anche se sul momento io capisco solo"Vogliamo le tette!", significato del resto molto affine a quello reale.
E' la mia ultima assistenza all'intervallo e sono felice.
Passeggio per i corridoi tra le solite scazzottate come fossi sugli Champs Elysées, tutto è avvolto dalla bruma dell'addio, compresi i gremlins che tirano calci alla porta del bagno; ad un certo punto un braccio mi tira dentro a forza in un'aula e chiude la porta.
Sono di nuovo in prima, alcuni bambini sono in piedi intorno a un banco e l'alunno K. mi dice sottovoce "Prof, abbiamo la cocacola, ne vuole un goccio?".
Nel capannello di mafiosi c'è anche Prince che subito me ne versa un bicchierone specificando
"Se ne vuole un altro prof bussi due volte che la apriamo".
Naturalmente poichè adoro la cocacola alzerò i voti di tutti i presenti.
L'intervallo suona e Prince mi insegue in corridoio e mi offre un bicchierino di plastica ricolmo di pop-corn: "Avevamo anche questi ma era rischioso tirarli fuori prima, tenga".
Gli si potrebbe alzare anche il voto di storia quasi, quasi.
Meno tre ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine parte seconda -

domenica, giugno 10, 2007

School is over, parte prima: momenti di gloria.

Dopo cinque mesi di levatacce, sfiatamenti polmonari, verifiche, compiti, spiegazioni, intervalli, mense, bidelle simpadellacumpa, colleghe acide come una bottiglia di aceto dell'83, arriva:
la fine della scuola e con essa la mia prima fine da prof, dalla parte dei cattivi, del corpo docente; che, detto così, sembra il soprannome di un corpo speciale dei marines (e a ben considerare quest'esperienza ha avuto i suoi aspetti militari e guerreschi). E' tempo di imbracciare di nuovo l'ombrello e volare via, come una precaria Mary Poppins che un giorno è qui e domani chissà che cavolo di lavoro starà facendo.
L'ultimo giorno di scuola è il giorno più lungo dell'anno, è un po' the day after tomorrow e un po' ben hur, un po' presa della Bastiglia e un po' derby Inter-Milan.
L'ultimo giorno di scuola vale l'unica regola che nessuna regola vale più.
La prima ora dell'ultimo giorno di scuola mi trova in seconda, la classe dei gremlins eletti, coloro che pur sempre casinisti e pasticcioni hanno dimostrato durante questi mesi insieme notevoli miglioramenti: siamo passati da persone che scrivevano quore a ragazzini attenti che prendevano appunti sulle teorie illuministe di Voltaire, Rousseau e Beccaria. Poi magari non ci hanno capito comunque una mazza ma se non altro sono diventati fantastici attori.
Ecco perchè ho deciso di dedicare questi ultimi momenti insieme affidando loro un lavoro di gruppo: inventare di sana pianta un proprio telegiornale con tanto di annunciatori, vallette, meteo, pubblicità, rubriche varie ed eventuali.
Al mio arrivo trovo la classe ingombra di oggetti di scena; ci sono parrucche, scarpe col tacco, colapasta (per la rubrica di cucina), abiti di scena e addirittura finti radiomicrofoni.
Prego in cuor mio che il dirigente scolastico non entri mai e per nessun motivo all'interno della mia aula per i successivi cinquanta minuti. Già mi vedo sul TG5 con i sottotitoli "Insegnante di scuola media incita innocenti ragazzini al travestitismo" e difatti nelle ultime file l'alunno A. ancheggia seducente su zeppe di dodici centimentri sottratte alla madre (...).
"Guardi prof, così sembro alto normale!".
L'alunno A. è alto come un bambino di seconda elementare, stroppicciato, solitamente bistrattato da tutti in quanto poco curato, balbuziente e fondamentalmente ignorante.
Per mesi è venuto a scuola con la faccia deformata da un orribile orzaiolo non curato.
Non immagina nemmeno che l'ultimo giorno di scuola sarà il suo più alto momento di gloria.
O forse sì, ed è per questo che accettato un ruolo di primo piano, seppur travestito da donna.
L'alunno A. farà la meteorina per il gruppo del tg piemonte: quando arriva il suo momento compare in scena con le zeppe e una parrucca di capelli ricci neri e sculetta verso la cartina.
I compagni lo acclamano con un applauso sincero e ammirato, si è davvero calato bene nel ruolo e indica con estrema sicurezza le varie località della regione, mentre la voce di un collega legge il previsioni del tempo. Torna in scena per un servizio sulla moda in cui dispensa baci alla folla come una consumata top-model.
L'alunno A. è uno che a gennaio era convinto che la capitale della Svezia si chiamasse Starrick e mi chiedeva con insistenza di non leggere nel timore di balbettare.
Ed ora eccolo lì che sorride ammalitore ai compagni e al termine del meteo improvvisato si gode un lunghissimo applauso con tanto di coro da stadio.
A. sale in piedi su una sedia: la classe lo acclama.
E so che, in qualità di educatrice, dovrei cazziarlo e dirgli di venire giù di lì ed esortare la classe al silenzio.
Ma è l'ultimo giorno di scuola, io sono solo una suppl, ed è il primo momento dell'anno in cuii compagni di A. non lo stanno prendendo per il culo per i vestiti sporchi o perchè si è addormentato in classe.
E' il suo momento di gloria e il sorriso raggiante che gli si stampa in faccia una di quelle cose che arrotonderanno il mio stipendio per eccesso.
Seguono altri telegiornali che annunciano notizie come Schumacher investito da una Ferrari, insegnanti legati con la cartigienica e prigionieri nei bagni, Prodi che si fa esplodere alla Casa Bianca. Ebbene sì, ho cresciuto dei piccoli mostri e ne vado straordinariamente fiera.
Ridiamo tutti insieme, i gremlins mi regalano una multipenna quattro funzioni e io distribuisco caramelle di lupo alberto. C'è anche un cartellone in cui compaiono le scritte di commiato:
"Ciao prof, mi dispiace ke se na va, ci mankerà a tutti tantissimo e soprattutto a me! Ci venga ha trovare ogni tanto, non vorremmo perderla di vista" "Ciao prof volevo dirle che è stata molto gentile con noi e non si scordi di me! Saremo molto contenti se il prossimo anno tornasse. Abbasso la scuola. By D." "Ciao prof, sono L. quest'anno mi sono trovato bene con lei. Viva Milan". "Ciao prof sono l'alunno più ignorante del mondo, spero che il prossimo anno ci rivedremo. By Alunno A."
Quando suona la campana me lo infilo sotto un braccio. Ancora cinque ore (da cinquanta) alla fine della scuola.

- fine prima parte -