Mi sono rimessa sui libri.
giovedì, agosto 28, 2008
Ricominciamo?
venerdì, agosto 22, 2008
Quando, quando, quando
Quando avresti da preparare un esame ma ti limiti a circondarti di libri aperti cui non rivolgi nemmeno uno sguardo.
lunedì, luglio 14, 2008
Indignatio!
Leggo Mimì e penso che ce l'hanno rubata sotto al naso.
sabato, maggio 03, 2008
Zzz Zzz (rumore di lasers)
Ho sparato coi lasers!! (finti)
mercoledì, aprile 30, 2008
everywhere I look around
Fuori grigio e io cazzeggiocazzeggiocazzeggio.
venerdì, aprile 25, 2008
*another sunny day
mercoledì, aprile 16, 2008
Finchè ci saranno risate
Oggi per un attimo è stato come essere sulla scena di un film. Un bel film di quelli che scaldano il cuore, con dialoghi intelligenti, la giusta dose di ironia, la giusta dose di malinconia e il tempo che scorre in sottofondo come un frusciare di seta.
lunedì, marzo 31, 2008
Oggi, ieri.
Oggi, lunedì.
domenica, marzo 09, 2008
due righe proprio due
Due righe giusto per dire che sono ancora viva più o meno, e sprofondata nel solito studio più o meno.
Cose più di questi giorni: concerto Roy Paci (non conoscevo una canzone una ma ho ballato in modo matto e disperatissimo e temo anche imbarazzante), ho mangiato da Burger King (e adesso per un anno avrò ben stampato nella mente perchè non mangio mai da Burger King, non vi dico gli incubi notturni, una roba davvero paiura), il pelo morbidissimo del mio felino che crescendo sta diventano un po' meno pantera in cattività e un po' più adorabile gatto da distendersi sui piedi a mò di coperta.
Cose meno: tempo libero fragile e inesistente, la primavera che fa le finte e poi torna l'inverno, domani che è lunedì, Burger King, mi sono dimenticata di fare l'abbonamento e domani mi tocca sorbirmi la solita coda slow-motion, la mia maglietta marrone preferita schizzata di candeggina bastarda.
Sì mi rendo conto, non fregava niente a nessuno, però già che 'azzeggiavo sul web ho pensato di scrivere due righe.
Che dite concludo in modo banale? Massì.
Buona settimana a tutti, a voi studio.
lunedì, febbraio 11, 2008
*anyone else
Oggi sono rimasta a casa per un lungo ripasso per l'esame di storia infinita, quello dal 1848 a oggi, come si trattasse di mandare a memoria quattro serie di beautiful.
A dir la verità sono uscita, giusto dieci minuti, sul balcone a mettere l'acqua al vaso di erba gatta.
Freddo è freddo.
Dire che si sente la primavera nell'aria sarebbe una grossissima bugia.
Eppure qualcosa c'è, l'ho sentito attraverso la stoffa del pigiama.
Il cielo sereno magari.
Il pensiero che gli anni passano e non è poi così male accumulare momenti.
Sembra ieri che scrivevo quaderni su quaderni nella cieca convinzione che sarei diventata un allen ginsberg al femminile e mi perdevo nell'ascolto continuativo di canzoni che mi aiutassero a catturare quel momento particolare.
Certe volte ha funzionato.
Certe volte ascolto qualcosa e non solo mi ricordo come stavo, com'ero vestita, se faceva caldo o freddo.
Ricordo anche con precisione chi ero allora.
Ricordo che cercavo sempre un pennarello che scrivesse fino alla fine tutto quello che sentivo di dover dire senza scaricarsi.
Oggi sento ancora di dover dire qualcosa?
Credo di sì, qualcosa c'è ancora.
Anche se non urla più, anche se a volte è solo un sussurro leggero come un battito d'ali che mi attraversa la mente. Però sento di doverlo condividere con la me stessa che verrà.
C'è una canzone quindi infine.
Che mi ricorderà chi sono stata in questo periodo, cosa mi tamburellava le pareti del cervello e cosa sognavo per me e per il resto del mondo.
La condivido con chiunque di voi abbia un paio di minuti da buttare via.
Io la trovo bellissima.
giovedì, gennaio 03, 2008
Niu iar's dei
Ci ho provato a scrivere un post di fine anno, qualcosa di incredibilmente scenografico e allusorio; purtroppo la mia testa del momento è piena di pagine e pagine di studio, concetti che se ne stanno aggrappati a penzoloni come tarzan sciancati e si fanno forza per non essere inghiottiti dalle tigri del dimenticatoio, considerazioni semiserie su argomenti incredibilmente seri, esiguo spazio libero occupato da pensieri sciocchi e di quart’ordine.
Non c’è altro.
Non c’è nemmeno stata una classifica di canzoni, o di libri o di momenti, la fine dell’anno è andata via à la pick indolor e ammetto di non averci pensato molto questa volta, non ho aspettato segni premonitori, non ho chiuso parentesi, non ho avuto pensieri di sintesi sull’anno trascorso, allo scoccare della mezzanotte me ne sono rimasta buona buona con la mia bacchetta di stelline scintillanti a battere i denti per il freddo.
In queste vacanze ho principalmente mangiato tantissimo, dormito abbastanza, fatto riposare le articolazioni abituate agli incastri da tetris sul regionale, frequentato gli amici, letto qualcosa di non accademico (davvero poco), scartato regali, bevuto moltissimo the.
Mi sento Salinger.
Per quanto riguarda il nuovo anno spero sia tranquillo, non pretendo grandi soddisfazioni o vincite alla lotteria, mi basterebbe avere il minimo di rotture di palle possibile.
Tutto questo è dovuto probabilmente al fatto che sto diventando vecchia e intollerante e come dice nonno Simpsons:
“Il buon Dio ci fa invecchiare per una ragione: acquisire saggezza per trovare difetti in tutto ciò che ha creato!”
mercoledì, dicembre 05, 2007
7 a.m.
Alle 7 di mattina il mondo è perfetto.
Sì è vero, sto correndo per prendere l'n-esimo regionale, e sono pur sempre le sette, e se avessi facoltà di volere sceglierei di rimanere nel mio caldo giaciglio il più a lungo possibile a sognare di posto molto lontani e molto felici, e so benissimo che il mercoledì è pur sempre il mercoledì, quella giornata stronza che si piazza a metà settimana e mi succhia via l'anima peggio dei dissennatori di Harry Potter, e che forse avrei dovuto studiare medicina e nascere in Svezia, alta, bionda e affettivamente legata ai Krisprolls.
Però giuro che il mondo è innegabilmente perfetto in quel momento lì, mentre scatto una fotografia prima della corsa finale al binario, non c'è virgola che potrei cambiare, voce che vorrei aggiungere, non c'è niente che potrebbe spegnermi gli occhi in quel secondo assoluto. Ginsberg diceva (in una delle poche poesie che mi sia mai riuscito di imparare a memoria) che il mondo, a dispetto della sua totale dolorosa imperfezione, che il mondo ha una bellissima anima.
Ora, io non sono sicura di avere ancora un'idea precisa su quello che sto studiando da tre anni a questa parte (consolante, vero?) e ho come la sensazione che non l'avrò mai. Però mi succede a volte di provare uno stupore inspiegabile per le cose, che siano cieli strabilianti la mattina presto o pipposissime teorie filosofiche su come (forse) dovrebbero (probabilmente) andare le cose(ammesso che esistano).
Ed è bello, innegabilmente, come la perfezione del mondo alle sette di mattina.
Non faccio che piangere adesso.
Ho pianto tutta la strada quando sono uscito dal Wobby Hall di Seattle.
Ho pianto ascoltando Bach.
Ho pianto guardando i fiori felici nel mio cortile,
ho pianto alla tristezza degli alberi di mezza età.
La felicità esiste lo sento.
Ho pianto per la mia anima,
ho pianto per l'anima del mondo.
Il mondo ha una bellissima anima.
Dio appare per essere visto e per essere pianto.
Cuore traboccante di Paterson.
Allen Ginsberg
lunedì, novembre 19, 2007
Maybe I'm The Grinch
Come al solito, quando i lacci si stringono troppo e le dita incespicano sull’ennesimo bottone, qualcosa con i denti si ribella dentro me, mi ritorna il mal di schiena e quell’irresistibile desiderio di stare in silenzio la maggior parte del tempo, così finisco per immaginare qualcuno che racconta la mia storia mentre torno a casa in macchina, con la fronte appoggiata al finestrino e guardo le stelle che domandano sempre e non rispondono mai, e fuori è sottozero e mi viene in mente quel film tristissimo che forse ho visto un paio di anni fa -la mia vita senza me- che non mi era neanche piaciuto, ma l’avevo visto ugualmente per il titolo, mi sembrava volesse dire tante cose e invece era il solito pippone strappalacrime con tanto di pioggia (piove sempre in quei film lì, però piove bene, con le gocce romantiche, mica le piogge acide che mi accolgono i lunedì mattina a milano e che mi scioglieranno il cranio prima o poi).
Oggi ricevo l’ennesima mail che recita “La ringraziamo per la fiducia accordataci inviandoci il suo manoscritto” “Abbiamo letto con interesse il suo manoscritto” “La lettura del suo manoscritto ci ha convinto che non siamo gli editori che fanno al caso suo” (minchia rispondono proprio tutti) e mi sembrano passati anni luce da quel momento lì, e da tanti altri in effetti, e ripenso ai miei amati ammassi di cartacce che conservo in uno scatolone blu e penso che mi piacerebbe avere il tempo di finire quelle cose lì per me, proprio come è stato all’inizio -scrivere solo per me- e scusate se lo dico qui sul blog, magari fa brutto però è la verità.
Inoltre, se qualcuno gentilmente volesse spiegarmi perché ca**o hanno già messo le luminarie natalizie per le strade che non è manco dicembre, a me questo fatto genera ANSIA, finisce che ci toglieranno anche la malinconia del Natale e delle strade deserte a una certa ora della sera mentre il vento gelido ti taglia la faccia a metà e ti fa sentire la protagonista di qualche novella di Cechov. Sono già lì da una settimana, le slitte intermittenti, le stelle comete , le scritte buonnnnatale.
Vi prego facciamo qualcosa, un referendum, una campagna, una lettera a Berlusconi.
Non si può andare avanti così, mi girano le palle.
domenica, settembre 30, 2007
Toffismi
L'autunno quest'anno mi è piombato addosso.
Ecco non so come sia andata la faccenda per le altre persone ma a me è proprio caduto in testa, a mò di tegola, mentre ero ancora candidata al disimpegno estivo e mi godevo le giornate poco impegnative e rimandavo le decisioni impegnative a un futuro lontanissimo di civiltà robotiche e inquinamento cosmico.
Poi l'autunno è arrivato tutto insieme, pioggia nebbia, grigio, ansia da università, ansia da occupazione, necessarie e vincolanti scelte esistenziali, maldischiena, freddo, freddo, desiderio che qualcuno mi regali un gettone per fare ancora un giro sul brucomela prima di scendere.
Dove sono finiti gli ultimi due anni? Cos'ho fatto? Dov'ero? Perchè non ho continuato subito a studiare? Perchè pur essendomi fatta un mazzo quadro ho ottenuto pochissimi soldi e nessuna gratificazione di sorta?
Sono domande a cui non so rispondere e l'autunno è lì con il suo bloc-notes che ticchetta nervosamente la penna stilografica e incalza.
Sono sicura che settembre sia durato tre giorni quest'anno.
Tra pochetto inizio altri due anni di università.
Certezze non ce ne sono, il cavallo sembra buono ma l'orizzonte è pieno di lampi peggio di Twister.
Io mi sento come Helen Hunt quando resta appesa ai tubi delle condutture di una fattoria del Midwest nel cuore di un tornado gigantesco.
Solo che lei sapeva, per esigenze di copione, che il vento era finto e i tuoni pure.
Con me è diverso. Questa è la sporca realtà.
Ma, a parte tutto (un tutto grande, che se ne potrebbe parlare per settimane) ho deciso che a questo punto l'unica cosa veramente furba da fare è appendermi ai tubi con tutte le forze e cercare di non volare via.
Poi probabilmente dopo il tornado arriverà un'inondazione e finirò comunque per diventare un piccolo insignificante titolo di coda che lotta per non essere schiacciato da chi conta davvero.
Nel frattempo meglio credere in qualcosa che mollare la presa e abbandonarsi a un vento tempestoso e spietato che di logico non ha proprio niente.
giovedì, luglio 05, 2007
Il Sondaggione
Visto che da sola non riesco a decidermi, lancio un sondaggio qui, che di voi mi fido.
martedì, luglio 03, 2007
pippa-post
Quest’estate così diversa da tutte le altre.
Gli autobus sferragliano a un passo da me e vanno oltre, qualcuno mi scambia per una studentessa, forse intuendo che presto lo sarò di nuovo.
Il treno attraversa lentissimo un indefinito numero di risaie verdi. Dovevo portare il lettore mp3 e invece perdo gli occhi nel paesaggio, che tanto a quell'ora lì nello scompartimento stanno dormendo tutti.
Il problema è che sono arrivata al momento dell'uscio e della porta. Quello in cui c'è una porta davanti a te, devi bussare ed entrare e invece perdi tempo e ti guardi le spalle, sperando che qualcosa ti colpisca forte la testa o ti trascini via.
All’ufficio orientamento studenti mi imbottisco di volantini e domande senza entusiasmo.
Io ero una persona intelligente, io ero una che dava sempre tutti gli esami al primo appello e studiava forte e sodo. Io mi sono laureata con un cazzutissimo voto su un cazzutissimo autore.
Io parlavo delle lingue straniere, abbastanza bene da avere amici stranieri.
Io imparavo le cose in fretta, io scrivevo bene.
Adesso sono solo incazzata col mondo.
Perché per quanto mi chieda dove ho sbagliato, la risposta è che non si poteva fare altrimenti che crederci.
E passerà, come tutte le cose cui ci si abitua, arriva il momento in cui uno smette di farsi domande e accetta le situazioni e basta.
O magari si sfoga sul suo blog con un bel pippone tipo questo.
giovedì, giugno 21, 2007
holiday!
Non è che sono sparita.
E' che finalmente, dopo due anni, sono in vacanza.
(Perchè chi segue da un po' le mie disavventure sa che la scorsa estate l'ho trascorsa dai cugini mangiapatate a lavorare).
Lavorare in agosto è davvero darsi la zappa sui maroni.
Quindi dopo due anni, essere in vacanza fa uno strano effetto.
Perchè un conto è quando uno è in vacanza "forzata", (cosa che odio e che non riesco a vivere serenamente).
Ma quando uno è in vacanza perchè decide che così deve essere, che se l'è meritata, ecco l'effetto è totalmente opposto.
Che poi, per il momento, sono ancora qui a Seattle, con l'afa che ti schianta di giorno e di notte, con l'umidità che ti preme sulle spalle e sciami di zanzare fameliche.
Ma mi sveglio la mattina e sono di buonumore.
Ho finalmente tempo per persone e cose.
Un lusso gigantesco, davvero.
lunedì, giugno 11, 2007
School is over, parte terza: il P.P. (party di pensionamento)
L’ultima ora dell’ultimo giorno di scuola vuole tutti i gremlins raccolti in palestra per celebrare il pensionamento di uno stimato professore di religione su cui non esprimerò pareri.
Già l’idea di radunare tutti quanti i gremlins nello stesso posto mi pare terrificante, quasi una mensa moltiplicata all’ennesima potenza; ma, al solito, è uno sporco lavoro e qualcuno deve pur farlo.
Raduno la mia folla di seconda e li conduco in palestra dove già si sono ammassate alcune classi; entrando noto la povera Rottenmaier alle prese con i suoi diavoli di seconda che hanno lanciato uno zaino sopra al canestro: è lì che zampetta nel vano tentativo di tirarlo giù prima che arrivi la preside. I ragazzi sghignazzano e si dileguano, e lei resta lì sola sotto quel canestro troppo alto per essere raggiunto. Quella è la donna che a tre giorni dalla mia venuta a Smallville mi aveva cazziato ferocemente per una mia presunta negligenza nell’assistenza ai miei ragazzi. Che ora stanno seduti con le spalle appoggiate al muro e ogni tanto mi scandiscono labilmente “Che palle prof, quanto dura?” “Spero poco ragazzi”.
La festa di pensionamento sta per cominciare.
La massa umana è radunata a mò di vodafone lifeisnow e le Titolate schierate con le solite facce del incarognite tra i ragazzi.
Ci sono tutti gli elementi tipici del party di pensionamento: protagonista del pensionamento incollato al cellulare, colleghi cui non gliene potrebbe fregar di meno (io), colleghi che sono contenti che se ne vada perché gli è sempre stato sul piloro, ragazzi che pur di non essere lì preferirebbero essere interrogati sull’analisi del periodo(tutti), l’immancabile microfono malfunzionante e l’animatore della festa (per l’occasione un Marylin in grande spolvero).
L’unica cosa che manca è il buffet, ma mi consolo pensando che forse verrà fatto un rinfresco in forma privata al termine delle lezioni.
(perché non dico tanto, ma dopo aver spontaneamente donato cinque euro per il regalo di un individuo che non mi ha mai degnato di qualcosa che fosse più di un’alzata di sopracciglia, almeno un porco bicchiere di spumante direi che me lo sono meritata).
Parte il commiato strappalacrime della dirigente sull’angelico neopensionato; nel frattempo osservo i gremlins dediti nelle più svariate attività: c’è chi si prende a coppini, chi cerca di staccare a morsi l’orecchio del compagno, chi dorme, chi si scaccola, chi ascolta il lettore mp3, chi fa pernacchie, chi si sfida a duello con le righe da disegno.
La cosa più divertente è che proprio mentre Marylin tenta invano di richiamare all’ordine i facinorosi, un gruppetto di bambini si stacca dalle prime file e forma una palla di mani, braccia e gambe avvinghiate come serpenti tropicali in una lotta all’ultimo sangue. Quasi lo travolgono.
Col passare dei minuti la folla è in delirio.
Nel mezzo riconosco le facce note e meno note di tutti i bimbi che ho avuto tra i piedi negli ultimi mesi: è incredibile il numero di nomi e di storie che ho imparato a memoria.
Tra i vari alunni A. , alunni E. e alunne D., ci sta pure il piccolo Prince che, dopo aver incrociato il mio sguardo, si sposta e guadagna una posizione a pochi passi da me ed esattamente di fianco al suo acerrimo nemico, l’alunno M. cui è legato da un rapporto di amore e odio.
Oggi è l’ultimo giorno di scuola e i due si comportano da grandi amici, smezzandosi una focaccia unta con un gesto di intesa. Prince, il monello dal cuore tenero, è la versione junior di Mac Gyver: prima riduce a brandelli un paio di bicchieri di plastica e li utilizza per esprimere il suo disappunto sfregandoli con forza all’indirizzo dei due insegnanti che si stanno esibendo in una performance jazz di gusto ambiguo; poi materializza dal nulla un aereo gigante e mi chiede se può lanciarlo in testa al professore neopensionato.
Alla fine, chi l’avrebbe mai detto, proprio lui è l’alunno più dispiaciuto della mia dipartita.
Al suono liberatorio dell’ultima campanella dell’anno i gremlins corrono verso l’uscita come una mandria di bufali. Non ci sarà nessun rinfresco con cui sfamare il mio stomaco brontolone.
Ma la delusione nulla può nei confronti del brivido di sollievo che mi corre lungo la spina dorsale al pensiero che la scuola è finita.
School is over, parte seconda: ricchi premi e cotillons.
Alla terza ora dell'ultimo giorno di scuola sono in prima, la classe dei tarantolati.
Ne acchiappo cinque per la collottola che si stanno eiettando fuori nel corridoio e propongo anche a loro di fare qualche gioco insieme.
"Solo se si vince qualcosa prof, perchè altrimenti andiamo su a salutare quelle di terza"; insomma questi qui non li frega nessuno.
Mostro a tutti il magico sacchetto dei premi, celando naturalmente il contenuto (che consiste in caramelle e diverse porcherie rinvenute nei miei cassetti la sera prima, tipo minidadi, portachiavi, sorpresine dell'ovetto kinder, porta auricolari...in realtà è chiaro che l'occasione sia perfetta per sbarazzarsi di un po' di rumenta!) e li convinco a restare.
Quando finalmente sono tutti seduti bussano alla porta altri bambini di classi vicine e mi chiedono se possono stare lì con me.
In un impeto di generosità e follia (forse più la seconda) decido di offrire asilo politico all'alunno O. terrore delle prime di tutto il mondo, all'alunno S. , già colui che minacciava col compasso da lavagna i compagni nelle ore pomeridiane, e all'alunno I. con cui ci si vuole molto bene pur non essendo un mio studente a tutti gli effetti.
Dopo qualche minuto l'alunno O. ha già scritto sul banco con un pennarello indelebile "Scuola culo" e mi tocca spedirlo in direttissima dalle bidelle per farsi dare uno straccio e pulire.
Ovvio che l'alunno O. è il timore di tutte le prime non a caso: ci sono stati giorni di intervallo in cui mi ha distintamente urlato in faccia di non rompergli le palle altrimenti mi avrebbe messo le mani addosso. Solo che detto da uno di un metro e cinquanta è qualcosa che intimorisce ma fa anche decisamente sorridere.
Oggi però la scuola funziona al contrario e O. se ne va quatto quatto dalle bidelle ritornando subito con il suo bravo spray per pulire. La sua buona azione viene premiata con una lisergica caramella di Lupo Alberto (chissà che ci mettono dentro per dare quei colori assurdi) e si procede con giochi enigmistici e altre cavolate, retaggio del mio passato di animatrice.
La campanella dell'intervallo suona, alcuni bambini mi fanno ciao-ciao-arrivederci prof- venga a trovarci e corrono fuori a picchiarsi selvaggiamente, altri in corridoio hanno già iniziato ad urlare tutti insieme "Vogliamo le terze!", anche se sul momento io capisco solo"Vogliamo le tette!", significato del resto molto affine a quello reale.
E' la mia ultima assistenza all'intervallo e sono felice.
Passeggio per i corridoi tra le solite scazzottate come fossi sugli Champs Elysées, tutto è avvolto dalla bruma dell'addio, compresi i gremlins che tirano calci alla porta del bagno; ad un certo punto un braccio mi tira dentro a forza in un'aula e chiude la porta.
Sono di nuovo in prima, alcuni bambini sono in piedi intorno a un banco e l'alunno K. mi dice sottovoce "Prof, abbiamo la cocacola, ne vuole un goccio?".
Nel capannello di mafiosi c'è anche Prince che subito me ne versa un bicchierone specificando
"Se ne vuole un altro prof bussi due volte che la apriamo".
Naturalmente poichè adoro la cocacola alzerò i voti di tutti i presenti.
L'intervallo suona e Prince mi insegue in corridoio e mi offre un bicchierino di plastica ricolmo di pop-corn: "Avevamo anche questi ma era rischioso tirarli fuori prima, tenga".
Gli si potrebbe alzare anche il voto di storia quasi, quasi.
Meno tre ore (da cinquanta) alla fine della scuola.
domenica, giugno 10, 2007
School is over, parte prima: momenti di gloria.
Dopo cinque mesi di levatacce, sfiatamenti polmonari, verifiche, compiti, spiegazioni, intervalli, mense, bidelle simpadellacumpa, colleghe acide come una bottiglia di aceto dell'83, arriva:
la fine della scuola e con essa la mia prima fine da prof, dalla parte dei cattivi, del corpo docente; che, detto così, sembra il soprannome di un corpo speciale dei marines (e a ben considerare quest'esperienza ha avuto i suoi aspetti militari e guerreschi). E' tempo di imbracciare di nuovo l'ombrello e volare via, come una precaria Mary Poppins che un giorno è qui e domani chissà che cavolo di lavoro starà facendo.
L'ultimo giorno di scuola è il giorno più lungo dell'anno, è un po' the day after tomorrow e un po' ben hur, un po' presa della Bastiglia e un po' derby Inter-Milan.
L'ultimo giorno di scuola vale l'unica regola che nessuna regola vale più.
La prima ora dell'ultimo giorno di scuola mi trova in seconda, la classe dei gremlins eletti, coloro che pur sempre casinisti e pasticcioni hanno dimostrato durante questi mesi insieme notevoli miglioramenti: siamo passati da persone che scrivevano quore a ragazzini attenti che prendevano appunti sulle teorie illuministe di Voltaire, Rousseau e Beccaria. Poi magari non ci hanno capito comunque una mazza ma se non altro sono diventati fantastici attori.
Ecco perchè ho deciso di dedicare questi ultimi momenti insieme affidando loro un lavoro di gruppo: inventare di sana pianta un proprio telegiornale con tanto di annunciatori, vallette, meteo, pubblicità, rubriche varie ed eventuali.
Al mio arrivo trovo la classe ingombra di oggetti di scena; ci sono parrucche, scarpe col tacco, colapasta (per la rubrica di cucina), abiti di scena e addirittura finti radiomicrofoni.
Prego in cuor mio che il dirigente scolastico non entri mai e per nessun motivo all'interno della mia aula per i successivi cinquanta minuti. Già mi vedo sul TG5 con i sottotitoli "Insegnante di scuola media incita innocenti ragazzini al travestitismo" e difatti nelle ultime file l'alunno A. ancheggia seducente su zeppe di dodici centimentri sottratte alla madre (...).
"Guardi prof, così sembro alto normale!".
L'alunno A. è alto come un bambino di seconda elementare, stroppicciato, solitamente bistrattato da tutti in quanto poco curato, balbuziente e fondamentalmente ignorante.
Per mesi è venuto a scuola con la faccia deformata da un orribile orzaiolo non curato.
Non immagina nemmeno che l'ultimo giorno di scuola sarà il suo più alto momento di gloria.
O forse sì, ed è per questo che accettato un ruolo di primo piano, seppur travestito da donna.
L'alunno A. farà la meteorina per il gruppo del tg piemonte: quando arriva il suo momento compare in scena con le zeppe e una parrucca di capelli ricci neri e sculetta verso la cartina.
I compagni lo acclamano con un applauso sincero e ammirato, si è davvero calato bene nel ruolo e indica con estrema sicurezza le varie località della regione, mentre la voce di un collega legge il previsioni del tempo. Torna in scena per un servizio sulla moda in cui dispensa baci alla folla come una consumata top-model.
L'alunno A. è uno che a gennaio era convinto che la capitale della Svezia si chiamasse Starrick e mi chiedeva con insistenza di non leggere nel timore di balbettare.
Ed ora eccolo lì che sorride ammalitore ai compagni e al termine del meteo improvvisato si gode un lunghissimo applauso con tanto di coro da stadio.
A. sale in piedi su una sedia: la classe lo acclama.
E so che, in qualità di educatrice, dovrei cazziarlo e dirgli di venire giù di lì ed esortare la classe al silenzio.
Ma è l'ultimo giorno di scuola, io sono solo una suppl, ed è il primo momento dell'anno in cuii compagni di A. non lo stanno prendendo per il culo per i vestiti sporchi o perchè si è addormentato in classe.
E' il suo momento di gloria e il sorriso raggiante che gli si stampa in faccia una di quelle cose che arrotonderanno il mio stipendio per eccesso.
Seguono altri telegiornali che annunciano notizie come Schumacher investito da una Ferrari, insegnanti legati con la cartigienica e prigionieri nei bagni, Prodi che si fa esplodere alla Casa Bianca. Ebbene sì, ho cresciuto dei piccoli mostri e ne vado straordinariamente fiera.
Ridiamo tutti insieme, i gremlins mi regalano una multipenna quattro funzioni e io distribuisco caramelle di lupo alberto. C'è anche un cartellone in cui compaiono le scritte di commiato:
"Ciao prof, mi dispiace ke se na va, ci mankerà a tutti tantissimo e soprattutto a me! Ci venga ha trovare ogni tanto, non vorremmo perderla di vista" "Ciao prof volevo dirle che è stata molto gentile con noi e non si scordi di me! Saremo molto contenti se il prossimo anno tornasse. Abbasso la scuola. By D." "Ciao prof, sono L. quest'anno mi sono trovato bene con lei. Viva Milan". "Ciao prof sono l'alunno più ignorante del mondo, spero che il prossimo anno ci rivedremo. By Alunno A."
Quando suona la campana me lo infilo sotto un braccio. Ancora cinque ore (da cinquanta) alla fine della scuola.