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giovedì, agosto 30, 2007

quando non si ha troppo da raccontare meglio far parlare qualcun'altro

All' Ipotetico Lettore

Ho messo la mia anima fra le tue mani.
Curvale a nido. Essa non vuole altro che riposare in te.
Ma schiudile se un giorno la sentirai fuggire.
Fa' che siano allora come foglie e come vento, assecondando il suo volo.
E sappi che l'affetto nell'addio non è minore che nell'incontro.
Rimane uguale e sarà eterno.
Ma diverse sono talvolta le vie da percorrere in obbedienza al destino.

Margherita Guidacci
(1921-1992)

martedì, marzo 20, 2007

La signorina Rottenmaier



Profondo sgomento quando, iersera, fattesi le 22.15 scopro che la cartuccia magenta è terminata e quindi non c'è verso di stampare nemmeno una copia della mia magnifica verifica di storia.


Maledico la Epson in svariate lingue e medito il da farsi. Rinunciare a tutto e dettare dieci scialbe domande sembra l'unica soluzione possibile. Si potrebbero usare i computer della scuola, quelli a cui solo le docenti titolate possono accedere, approfittando magari di un momento di distrazione collettiva...ma quando scopro (grazie all'altra giovane parente arruolata nello stesso istituto) che la referente capo dei Personal Computer o Ordinatori è la signorina Rottenmaier, un brivido freddo mi corre lungo la schiena.


Della signorina Rottenmaier si era già parlato qui, come colei con cui ebbi una paurosa sfuriata a due settimane dal mio ingaggio scolastico, nel giorno dell'UMIGLIAZIONE.
Da allora ho cercato di instaurare con scarso successo un regime di reciproca indifferenza.
La signorina Rottenmaier è un osso duro e sono sempre più convinta che nel tempo libero prenda a calci nel culo morbidi coniglietti bianchi, dia fuoco a letterine di natale e sputi dal balcone sulla testa di quelli di sotto. La sua scortesia sta iniziando a rendermela quasi simpatica. Aspetto con ansia l'ora della sua compresenza per indovinare con quale amabile antipatia mi porgerà il solito rimprovero mascherato da considerazione didattica.


Del tipo "Vedi io che faccio questo mestiere da ancora prima che nascessi tu, quando a scuola venivano a dorso di mammuth e la pianura padana era un'immensa foresta popolata di coguari preistorici, posso dirti senza dubbio alcuno che ogni tua proposta educativa verrà da me giudicata come assolutamente inadeguata".


La povera signorina continua da settimane a cercare di punzecchiarmi sperando in una qualche reazione che non sia il solito sorriso del tipo "ventitrè anni saranno anche pochi per fare la prof ma sono abbastanza per insegnarmi che mandarti affanculo non sarebbe un gesto di molta educazione". Ma dal canto mio non voglio cedere. Un po' per educazione davvero. E un po' perchè è troppo divertente.

Dialogo tipo dell'ora di compresenza


io -Avrei preparato queste schede di recupero su lessico e ortografia per i ragazzi-

Rott - Gli interventi di recupero non sono mirati ad attività specifiche, in queste ore io devo fare studiare i ragazzi -

o meglio

-Gli interventi di regubero non sono mirati ad addividà specifighe, in queste ore io devo fare stubiare i ragazzi-
(N.d.r. Una delle più spassose caratteristiche di Miss R. è difatti un curioso accento che la porta a pronunciare la "g" al posto della "c" e a sostituire "b" e "d" a sua discrezione).

io - Beh, in alternativa potresti controllare che abbiano in ordine gli schemi di preparazione alla verifica che abbiamo fatto insieme e magari aiutarli a ripassare-

Rott (si altera) -Ah ma tu questa berifica già ce l'hai? Perghè mi devi dire se gli sghemi servono oppure no, perghè altrimenti non vanno bene-

io (serafica o serafiga) -Sì servono per memorizzare i concetti chiave. E poi guarda, ho qui la verifica dell'ultima volta, così ti rendi conto di quali sono le richieste che faccio ai ragazzi-

La signorina Rottenmaier dà alla copia della verifica lo stesso sguardo che riserverebbe a un budino di vomito.

Rott (ghigno malefico) -Me l'abebano detto ghe le tue verifighe erano facilissime-


Quest'oggi mentre io e la timida insegnante di sostegno conversavamo un po' in sala professori in a proposito di scuola e affini, la signorina Rottenmaier è entrata con passo militaresco gettandoci dall'uscio uno sguardo di profondo disprezzo. Per un breve attimo ho pensato di esclamare qualcosa tipo "arriva baboomba" ma poi ho lasciato perdere, ricordandomi che solo nei telefilm gesti di questo genere non vanno incontro a pesanti conseguenze.
La timida insegnante di sostegno ad un certo punto del dialogo ha avuto l'ardire di rivolgerle una battuta, non nel senso di "Cacchio ma lo sai che hai lo stesso taglio di capelli di Alvaro Vitali?", ma nel senso di un timido "E stiamo parlando del bambino Z, una situazione un po' delicata, tu che ne pensi?". La Rott con una smorfia facciale che esprimeva palesemente l'assioma fondamentale
-voi per me siete come guano- le ha risposto che la situazione era così da anni "E ghe certo non ce ne siamo aggorte miga ora". Eccheccazzo.
Detto questo siamo salite in classe e per le scale le ho chiesto cordialmente se in occasione della verifica odierna poteva seguire i ragazzi del recupero, controllando che almeno riuscissero a cercare gli argomenti sul libro e trascriverli.

-Eggo, io non so tu che obiettivi edugativi c'hai, ma è una gosa che io non ho mai fatto, altrimenti gli altri poi si dicono che non è ggiusto e ci fanno polemighe-

Sfoderando il solito sorriso non ho replicato nulla, ho scritto le domande alla lavagna, ho spiegato ai ragazzi come si doveva rispondere e ho dato solennemente il via alla verifica di storia.
La signorina Rottenmaier una volta posati registro e cartellina mi ha congedato dicendo che doveva andare a parlare con il vicepreside e che ne approfittava visto che non c'era niente da fare.
E pluff, è scomparsa, come nelle migliori puntate di Heidi che corre felice con Petar oltre l'orizzonte delle montagne.

Ne deduco quindi che sì, questi sono gli obiettivi edugativi.

mercoledì, febbraio 21, 2007

dura lex sed lex

Qui casa.
Qui finalmente casa.
Oggi giornata di merda altresì soprannominata "se qualcuno mi ruttava in faccia appena aprivo gli occhi stamattina mi sarei sentita comunque meglio".
La scuola è un ambiente pieno di donne.
Le donne sul lavoro sono fondamentalmente stronze.
Non ti aiuteranno mai, non si complimenteranno con te, aspetteranno che tu sbagli per potersi trovare lì a puntarti il dito contro.
Sparleranno di te alle macchinette del caffè.
In bagno.
In cortile.
Dal parrucchiere.
Le donne sono (anche) così.
Sarà che la parte che di me sento maschile è proprio in questa totale assenza di interesse smodato nei confronti altrui.
Avete presente quel saggio motto popolare che qui cito testualmente"chi si fa i cazzi suoi campa cent'anni?". Per me è diventato una ragione di vita.
Più cresco, più trovo futile investire il mio tempo nel vivisezionare vite altrui.
Ho già abbastanza nodi con la mia. Gli altri facciano ciò che credono.
E poi voglio campare cent'anni.

ore 13.00 dopo due ore di delirio collettivo, una verifica di storia tra l'altro andata inaspettatamente bene (il che mi fa supporre che forse anche quelle che si guardano con sguardo vacuo le suole delle scarpe mentre spiego qualcosa lo ascoltano) una mezz'ora di follia con la ragazzina dislessica che decide che non può fare niente perchè non c'è la sua prof di sostegno, il bambino con disturbo comportamentale dichiarato che vaga per la classe menando coppini a destra e a manca, il bambino con il disturbo comportamentale non dichiarato che lancia gessetti addosso ai compagni, i bambini con disturbi comportamentali manifesti che giocano a spezzare matite dandosi pugni sulle mani, un'insegnante di sostegno in un angolo che gioca a consumare ossigeno e fissa l'infinito avanti a sè pensando che naufragar l'è dolce in questo mare, la salvifica campanella suona mentre il mio cuore recita alcune laude francescane.
Sento i nervi cerebrali distendersi, raccatto le mie poche e povere cose e mi appresto a scendere le scale con scolaresca al seguito preparandomi psicologicamente all'idea delle tre ore pomeridiane nello stesso istituto.
Giunta in fondo alle scale commetto l'errore.
Di abbassare la guardia.
Rilassarmi, assumere l'espressione di una giovane supplente stanca e un po' provata dalla mattinata appena trascorsa. Sono lì con i miei registri in mano, pacchi di compiti da correggere, il mio cappottino preso ai saldi della stefanel tre anni fa.
E lei, una di quelle donne stronze di cui ho accennato prima, capta la vibrazione, intuisce il segnale.
Fondamentalmente sente l'odore del sangue così come uno squalo bianco in compagnia di un cucciolo di labrador ferito lievemente a una zampa.
Mi raggiunge alle spalle mentre l'accolgo con il solito sorriso di circostanza della serie -ehi so che mi odi però che ne diresti di fingere il contrario?-
Inizia la lavata di capo o come scriverebbe meglio qualcuno dei miei alunni il momento dell'umiGLiazione.
Davanti a tutta la scuola, le bidelle, le colleghe, alcuni passanti che transitano di lì per caso, le fotocopiatrici, due piante di plastica impolverate, una vetrata sporca vengo accusata di non occuparmi dei miei ragazzi, di non stare vigilando su di loro, di aver appena compiuto un gesto gravissimo (ma quale?) il tutto pronunciato con lo stesso tono di voce di mariah carey ai tempi d'oro di all I want for christmas is youuuuuuuuu.
Io ci resto, perchè come ho accennato prima mi ero lasciata andare disattivando lo scudo interspaziale per qualche secondo. La iena prosegue coinvolgendo una terza collega e cercando la sua approvazione per denigrarmi (altra cosa in cui le donne sono campionesse mondiali, se ti devo sputtanare lo faccio in compagnia così ti dimostro che non sono la sola a pensare che tu sia una merda secca).
Fermamente rispondo che alcuni dei miei ragazzi erano di fianco a me e nel momento della cazziata suprema stavo sventando una frattura ai denti di un bimbo di prima (e lui chi doveva guardarlo? cacchio ma perchè anzichè avere di questi pensieri ho cercato di non fargli fracassare la mandibola? scema!) e cerco di concludere l'episodio con il solito atteggiamento -sì sono la supplente e sì oddio anche stavolta lei mi sta insegnando come si sta al mondo meglio che mia madre o buona donna- la iena si incattivisce ancora di più e raggiunge le ottave di whitney houston in I will always love youuuu.
Scatta il momento mario merola.
Travolta da un fiume di bambini inghiotto rumorosamente l'incipit di un turpiloquio tarantiniano e concludo la conversazione chiedendo gentilmente come debbo comportarmi per la supplenza pomeridiana in merito di aule. Risolto il problema mi avvio verso l'aula insegnanti con la mia bella pala conficcata là sui monti con annette e sento che la vipera dietro le mie spalle (ma non abbastanza dietro perchè io non possa udire, coincidenze...) confessa alla collega di non poter tollerare tali mancanze di rispetto e aggressioni verbali.
Ora.
O quella donna si fuma roba cattivissima oppure ha visto troppe puntate di Uomini e Donne.
Ribadisco di non aver aggredito nessuno ma aver cercato semplicemente di chiarire la situazione, ricevendo le ultime frecce avvelenate di fronte a quei bambini che prima non avevano sentito bene. In un angolo in fondo al corridoio un bidello sta vendendo le magliette con la mia faccia e la scritta Io c'ero.
Trascorro la pausa pranzo vagando per la città con lo stomaco al posto del cervello e il cuore in un orecchio. Cerco di calmarmi, cerco di non sentirmi come al solito il don chisciotte della bassa che vuole cambiare un sistema che non cambierà mai.
Nel corso del pomeriggio l'essere femmineo fingerà una riappacificazione (ma non è la parola esatta) e affermerà con magnanimità di accettare la mie scuse. (scuse? e chi gliele ha mai fatte?).
Ore 17.00 esco da scuola.
Oggi ho imparato che disattivare i propri scudi interspaziali è pessima cosa in un ambiente femminile. Soprattutto quando stai cercando umilmente di migliorare la vita a qualcuno. Perchè a scuola l'unica cosa che conta davvero è tenere i denti in mostra. E ringhiare.
Anche senza convinzione.
Perchè tu credevi di essere lì per fare del bene ai ragazzi mica per dimostrare qualcosa a qualcuno.
Meglio non dirlo in giro.

giovedì, gennaio 04, 2007

*The Light Before We Land

Il nuovo anno è iniziato.
Molte cose sono al loro posto preciso, straordinariamente in ordine, lucide e belle.
Ho perfino comprato un biglietto della lotteria. Che non vincerò, of course, ma significa che ho ricominciato a credere nella fortuna, cosa fondamentale per me, sempre.
Credere nella fortuna vuol dire scuotermi un po' di responsabilità dalle spalle, assumere l'atteggiamento dell' -ok, fin qui dipende da me e dopo vada come deve andare-.
Fosse sempre così, con le cose al loro posto preciso, lucide, belle.
Sto cercando sempre lavoro. Sto cercando una strada e mi piace che l'anno sia nuovo, è come stare di fronte a un sentiero lungo e impegnativo e avere una borraccia piena di acqua fresca.
Certo, tra meno di un mese starò già scrivendo di nuovi precarismi, intimismi lirici, pippementalipadane.
Ma adesso, in questo momento qui, sto bene.
Fa paura persino scriverlo.

lunedì, dicembre 18, 2006

It's Christmas. Let Be Glad!

Che lo spettacolo è giovedì , quindi capite da voi lo stato d'animo della sottoscritta.
Che ci siano cento persone o ce ne siano due, quelle cose che saranno dette a voce alta, sotto le luci di un palcoscenico piccolo e accaldato, saranno le mie.
Cioè io spero di farcela.
Perchè avere un blog era già stato un passo avanti nei confronti del resto del mondo. Leggetemi. Ma io lo saprò soltanto relativamente (se commentate). Altrimenti potrei non sapere mai che la tale casalinga di voghera legge le mie dis-avventure quotidianamente.
Quando sono andata in prima elementare sapevo già scrivere. E con una madre professoressa d'italiano sarebbe stato difficile il contrario. In prima tenevo un diario segreto (che sconforto il giorno in cui ho scoperto che la chiave dei diari segreti è identica per tutti). Ci scrivevo cose tipo che avevo litigato con il mio compagno di banco o un resoconto dettagliato di tutto ciò che facevo, compreso compiti, condizioni metereologiche e giù di lì.
In terza elementare avevo iniziato un romanzo di formazione in quanto pesantemente influenzata dalla visione di cartoni come Heidi, Georgie, Jem e del film Tutti insieme appassionatamente. Ho anche tentato di trasporlo cinematograficamente, convincendo i miei genitori a darmi la preziosa telecamera di famiglia e la mia piccola povera sorellina minore a interpretare la parte della protagonista, un'orfana sfortunata ma piena di coraggio. Le riprese si interruppero dopo pochi minuti in quanto Amanda si rifiutava di risalire la scalinata della cantina di corsa perchè c'era un ragno. Furono piante parecchie lacrime quel giorno. Da qualche parte devono esistere ancora frammenti compromettenti di quel video amatoriale. Altro che real tv.
Poi tralasciando il periodo smemorande e co. delle medie, tutto una scritta, una dedica da bacio perugina, un murales sul figo di turno e i mitici test per capire se tu e il tuo lui eravate compatibili, è arrivato il momento della beat generation. Alle superiori. Ed è stato un lunghissimo periodo di poesie in prosa (?), inglesismi, kerouakate, ginsbergismi, struggimento interiore e desiderio fortissimo di trasferirmi in america per poter scrivere qualcosa sulle highway o sui grattacieli. Tutta la mia attività narrativa è sempre rimasta sotterranea. Poteva capitare che qualcuno leggesse, rarissimamente, previa udienza, qualcosa di mio. Fondamentalmente ho sempre scritto per me e non sentivo il bisogno del parere degli altri. Che un po' è vero, è un po' è un modo gentilmente ipocrita di non incorrere nel rischio che qualcuno mi dicesse che ero negata nel fare l'unica cosa in cui mi sentivo addosso delle briciole seppur piccolissime di talento.
In quinta sono stata iscritta contro voglia a un corso di poesia cittadino. Sono arrivata seconda e il giorno delle premiazioni avevo la congiuntivite in tutti e due gli occhi e delle chiazze rossastre sulla pelle. Dicono fosse tiroide. Io dico che il mio corpo si ribellava al pensiero che tutti dentro quel teatro avessero letto.
E adesso, ci risiamo. No, non ancora la congiuntivite nè chiazze rossastre. Solo un coniglio miniaturizzato attaccato alle pareti dello stomaco. Perchè vuoi mettere le attrici che avranno la strizza da spettacolo e i genitori in prima fila, vuoi mettere gli amici che vengono a farci il video e il timore di far crollare una videocamera sul pubblico, ma quelle parole, quelle parole saranno le mie. Mie. Soltanto.

lunedì, ottobre 16, 2006

*Cryin Wont' Help You Now

Essere molto stanchi a volte dà la stessa sensazione di quando si è ubriachi, leggermente brilli.
I contorni si confondono, gli equilibri si incrinano e ci vuole un'enorme forza di volontà per tenere tutto sotto controllo. Peccato che oggi pomeriggio, nonostante un vagone di buoni propositi e un carro-merci di cose da fare, io abbia dormito per ben quattro ore di fila, un sonno profondissimo da cui ogni tanto mi giungevano lontani i commenti di qualcuno che aprendo la porta mi sbriciava semi-svenuta sul divano.
Il problema è che dormendo si riposa solo una parte fisica di noi, mentre quella psicologica resta lì con i suoi nodi e le sue complicazioni e rosica rosica rosica.
Chiusa questa parentesi pippa volevo dire che.
Il concerto di ieri è stato stupendo, una cosa che dopo che è finito non mi riusciva di scendere dalla nuvoletta sopra tutto e tutti su cui ho ballato ossessivamente per un paio d'ore.
Mah, è difficile da descrivere, bisognerebbe avere un gergo più appropriato che non sembrasse lo sfogo post-adolescenziali di una ragazzina di fronte al suo idolo di sempre.
Solo che qui non è questione di orsetti e reggiseni lanciati sul palco, qui si tratta di cuore bell'e buono.