Ovvero a frequentare la mensa del piccolo Istituto di Smallville uno inizia a credere che cose come le colonie extramondo siano possibili e in alcuni casi fortemente auspicabili.
La mensa è un salone piccolo e stretto dalla capienza massima di quaranta persone. Il soffitto, di un paio di metri appena, rappresenta la soluzione architettonica ideale per un popolo di puffi o di lillipuziani ma diventa totalmente inadatto a ospitare ragazzoni di terza media alti come un armadio a tre ante o, più in generale, circa cento bambini ipercinetici, vocianti e affamati.
I gremlins arrivano in mensa correndo giù per le scale, un po' come si fa in quei programmi giapponesi alla mai dire banzai, o ai tempi di ok è il prezzo è giusto di iva zanicchi quando partiva la sigla del "gioca con noi, l'alunno S. da Smallville!". Il mio compito sarebbe quello di smistarli sei per volta indirizzandoli a tavoli diversi ma l'impresa si rivela impossibile dal momento che tutti vogliono tenere il posto a qualcuno di un'altra classe possibilmente nel tavolo più lontano da quello dei prof. In mensa accadono cose che voi umani non potreste immaginare: i bambini, dopo essersi avventati sulle tavolate come cavallette d'Egitto, danno subito il via a un festival pirotecnico di formaggio grattuggiato, molliche di panne e bucce di mandarino. Al momento della distribuzione del primo e del secondo sciamano verso le cuoche, assediandole minacciose con più piatti di plastica per mano, specie quando c'è la pizza. Il cibo non viene masticato nè tagliato con forchetta e coltello. Lo si ingoia per intero per poter trascorrere il resto del tempo dedicandosi a più amene attività. In soli quattro mesi di mensa ho visto parrucche di spaghetti al ragù, fitte piogge di fagiolini e legumi vari, naumachie da tavolo a tavolo, duelli all'ultimo sangue con le posate di plastica, croccanti tappeti di briciole di pane e piatti sminuzzati da abili manine distruttrici.
I gremlins,con la capacità polmonare di pavarotti, placido (e certe volte anche domingo) danno sfoggio della loro estensione vocale con cori da stadio tra i più svariati e pittoreschi: c'è il sempreverde "M. culo e culo chi non lo dice" e il gettonatissimo "Se veniamo di lì se veniamo di lì" e il resto lo conoscete tutti. Altro che pay-t: alla mensa di smallville si possono vivere, minuto per minuto, le emozioni da curva sud di un derby tipo roma-lazio. O anche di una rivolta delle carceri, dove però i bicchieri anzichè fatti tintinnare contro le sbarre, vengono accartocciate sulla testa dei compagni di pranzo.
Le prime volte è stata dura, devo ammetterlo. Discendendo le scale mi sembrava di lasciare alle spalle un mondo moderno, civilizzato e razionale in cui un urlaccio o la minaccia di una nota sul diario avevano ancora il loro porco potere. Laggiù invece tutto era lecito e legittimo: infilarsi fagiolini nelle orecchie per attirare l'attenzione dei commensali, fare il gioco della bottiglia senza aver controllato che il tappo fosse chiuso, guerreggiare con i mandarini che manco il carnevale di ivrea, palleggiare le arance sulle spalle come una foca di acqualand, invitarmi a ballare per farsi perdonare di aver spalmato il compagno di robiola osella come fosse una bruschetta.
"Prof, così è più gustoso"
Dopo tutte queste mense del lunedì, seduta al mio tavolo dei professori, zitti, incarogniti e intenti a seguire bizzarre diete, osservo ancora tutto questo con stupore e disincanto, tutti questi bambini iperattivi e ipereccitati che accorrono a me lamentandosi di compagni che hanno loro sputato nel piatto, leccato la fetta di pizza o rovesciato un finocchio nel bicchiere d'acqua; e penso che in fondo...
...tutti quei momenti andranno perduti nel tempo, come lacrime nella pioggia...
È tempo di mensa.
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