Visualizzazione post con etichetta la G.E.U.. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta la G.E.U.. Mostra tutti i post

martedì, novembre 04, 2008

semaineprochaine

Il Lunedì sono stanca, mi vesto con i vestiti sbagliati e mi sento fuori posto tutto il giorno, piove e la gente si urta con gli ombrelli, i fogli di giornali imbevuti d'acqua tappezzano gli scalini della metropolitana. La stazione è frettolosa come sempre, carica di un desiderio collettivo di andarsene o di arrivare il più in fretta possibile.

Il Martedì piove ancora, ho miliardi di fotocopie da fare, cerco di nascondermi dietro la pashmina indaco e a non pensare a niente, per non perdere il treno batto il record olimpionico di Bolt, salgo sul regionale bisognosa di una maschera d'ossigeno, dentro è così caldo che alcuni passeggeri hanno chiaramente perso i sensi e giacciono riversi sulle poltroncine.
Il Mercoledì mi sveglio senza saperlo, non sono cosciente di nulla che accada prima delle otto e mezza quando mi ritrovo in una classe vociante a suggerire alla gente come si scrive Poitiers o Orleans e a non sentirmi assolutamente fiera di ciò che mi accade intorno. Mangio l'insalata di farro nel negozio dove tutti si chiamano coi diminutivi e io non conosco nessuno, la mangio in piedi perché due tizie bionde tinte non spostano le loro enormi borse firmate dal tavolo neanche quando le imploro con lo sguardo. Maledico la mia educazione, sempre più.
Il Giovedì è di nuovo così presto che il mondo non c'è o meglio c'è solo pioggia, l'unico rumore che si sente in tutta la città, una scrosciante rassicurante pioggia monsonica che mi culla mentre dormo sul treno ascoltando l'ultima playlist con il libro di sociologia sulle ginocchia.
Attraverso il solito sciame di aereoplanini elettronici e mi stipo in dieci centimetri cubi nella metro, ma tanto tutto il mondo scende a Cadorna come al solito e basta una fermata per far alzare l'inflazione degli ombrellini da 3 euro a 5.
Il Venerdì dovrei studiare e invece trascorro buona parte della giornata a fingere di riacquistare le forze. Cerco di defibrillarmi con una doccia fredda, mi sdraio sul divano promettendo a me stessa che ci starò solo cinque minuti e invece mi risveglio dopo un paio d'ore. La sera esco e prima delle dieci e mezza sono uno zombie privo di qualsiasi energia, mi sento le tare appese alle palpebre, mi vengono i capillari rossi come willy il coyote.
Il Sabato studio qualcosa, esco con gli amici, suono una chitarra senza mi, bevo la cioccolata con la panna, assaggio il chianti, e penso che questo inverno è troppo caldo, che vorrei del freddo vero, la sensazione di cacciare la faccia nel colletto del cappotto per proteggersi dal vento, i guanti, la pelle che punge.
La Domenica poi, è quasi lunedì.

venerdì, ottobre 24, 2008

Carissimi/e.

I fatti degli ultimi giorni, sì stiamo parlando di quei fatti, mi lasciano senza parole. 
Non perché non abbia un'opinione, certo che ne ho una, ma il problema è che mi fa soffrire. 
Se ci penso mi sento le budella contorte. 
Se penso a cose come la mancata integrazione, il razzismo, i soldi a tutti i costi, la corruzione, la furbizia, il raggiro, lo sfruttamento, la maleducazione, il precariato, l'ignoranza.
Se penso che ancora non capisco perché le notizie parlino sempre (a destra e a sinistra) di un cinese, un marocchino, un albanese, un rumeno come se queste persone non avessero un nome e un cognome. 
Se penso alla scuola come l'ho vissuta io, a tutti i ragazzini/ragazzine che vivono la loro infanzia in totale solitudine perché i genitori sono in fabbrica dal mattino alla sera.
Se penso alle lezioni della mia Grande Ricca Università dove la gente finita la lezione butta tutto per terra, fazzoletti, bric di succo, giornali, scontrini, biglietti del treno, dove ti prendono a spallate senza chiedere scusa, dove non ci si saluta mai a meno che non si voglia qualcosa in cambio.
Se penso che ieri al tg5 consigliavano di fare yoga per combattere lo stress quotidiano e avere una vita migliore. Yoga, c***o.
Sono tutte cose che mi stanno fare male nel profondo, che mi fanno scrocchiare le ossa della spalla destra da giugno a questa parte, mi fanno svegliare alle quattro del mattino, mi fanno smettere di guardare la televisione, di leggere i giornali.
Sono stufa di questo paese, posso scriverlo? 
Credo sia il punto.
Ci sono giorni in cui mi ritrovo a buttarmi con passione nello studio di cose sociologiche o filosofiche o altro, sentendo che questo cambierà il mondo o almeno cambierà il mio mondo, mi aiuterà a resistere, mi aiuterà a rendermi conto sempre di quello che succede.
E giorni in cui vorrei non sapere niente di niente, vivere di totale inconsapevolezza, immergermi completamente in una qualche superficialità, per provare l'ebbrezza di sentirmi parte di un tutto sociale e non la solita briciola di colore sbagliato.
Non mi riconosco negli ometti bassi e pelati, né nelle donnine con la messa in piega fresca di parrucchiere che in questi giorni rilasciano dichiarazioni inquietanti come se nulla fosse, come se nessuno fosse più in grado di capire che ci stanno fregando.
Ma non mi riconosco nemmeno in quelli che la mattina presto mi riempiono di volantini sul marxismo-leninismo, rispolverano le magliette del che-guevara e sono semplicemente contro, senza avere un'idea propria, qualcosa in cui credere fortemente e positivamente.
Mi rendo conto che questo atteggiamento sia sbagliato, pessimista, cinico, perché in fondo nemmeno io propongo niente di nuovo.
E' che per il momento va così, davvero.
Sono stanca, stufa, vorrei una corazza di gomma da indossare tutti i giorni per farci rimbalzare contro i pensieri cattivi.

lunedì, ottobre 13, 2008

worms

Domani non c’è lezione di istituzioni di ontologia.

E’ un corso che mi piace sebbene ci sia di mezzo Heidegger, quello di  “non è proprio essere, è più voglia di qualcosa di buono”.

Istituzioni è un corso che mi piace perché la scorsa volta si è parlato de La nausea di Sartre e mi è tornata in mente la mia cartellina di tecnica su cui avevo trascritto un pezzo tratto da quel magnifico di libro. 

La mia prof di matematica mi aveva chiesto se era la storia di uno che non stava tanto bene. La Nausea capite? 

La mia prof di matematica non era una persona che stimavo molto. Lei nemmeno. 

Vabbè.

Domani quindi salgo a Milano nella tarda mattinata e questo significa che forse riuscirò a sedermi durante il viaggio di andata. 

Oggi l’ho fatto in piedi fino a Magenta ascoltando Laura Veirs e seduta su un pezzo di freepress su uno scalino fino a Centrale ascoltando i Vampire Weekend, che sono fichissimi.

Ho quasi finito Walden, me ne sono tenuta due pagine per stasera, sicchè ho bisogno di pensieri intelligenti per dormire bene.

Oggi al ritorno in metropolitana sono caduta nel circolo vizioso dei germi. 

Ho iniziato a pensare a tutti i germi che avevo in testa, sulle mani, ai germi che correvano sui sedili del treno, su quelli della metro, sul fondo della mia borsa che appoggio ovunque, sul corrimano delle scale all’università. 

Mi sono sentita come Howard Hughes. 

Ho ripensato a quando l’anno scorso mi avevano gentilmente offerto alcuni campioni gratuiti di gel amuchina, in grado, a detta loro, di neutralizzare tutti i germi presenti sul palmo della mano in 15 secondi. 

Cioè roba che potevo passarmi sto fazzolettino sulle mani e operare al torace un altro pendolare in condizioni di assoluto igiene. Ho anche pensato di comprarmelo ma poi avevo solo quattro euro e cinque minuti per trottare verso il treno germinale che mi avrebbe ricondotto a casa tra la nebbia da riso e una pallida luna offuscata anch’essa dai germi.

E’ che non mi sento ancora pronta a portarmi dietro la t-shirt da appoggiare ai sedili del treno, mi fa tanto vecchia intollerante delle devianze del mondo.




"Pareva che non avesse compagni, nell'universo, e che si divertisse così, da solo; 

pareva anche che non avesse bisogno d'altra compagnia che il mattino e l'etere con cui giocava. [...] 

Padrone dell'aria, esso sembrava in relazione con la terra solo per un uovo covato qualche tempo fa nel crepaccio di una roccia scoscesa 

-o era forse il suo nido primitivo costruito nell'angolo di una nube, tessuto con gli ornamenti dell'arcobaleno e del sole al tramonto, e foderato del molle vapore dell'estate, preso dalla terra. 

Oggi il suo nido è su qualche nube scoscesa".


Walden -Vita nei boschi- pg 392

mercoledì, ottobre 08, 2008

Uomini col borsello

Come si sarà immaginato in questi giorni ero a Milano.

Uscivo col buio e con esso rincasavo, per cui non avevo forze materiali per aggiornare il blog.
Siccome oggi però sono uscita col buio e tornata con un minimo di luce eccomi qui a dire le mie impressioni su questi primi giorni della Nuova Grande Università.
E anche se nuova non è più (se il cielo vuole questo è davvero l'ultimo anno) sicuramente continua a essere estranea. 
Pertanto diventerà la Grande Estranea Università, in cui in questi giorni si aggirano miliardi di milioni di matricole griffate in un continuo catwalk che non si ferma mai nemmeno nella pausa pranzo. 
Certo, ho pensato che per un uomo non dev'essere pas mal l'insediamento di tutte queste belle gnocche ancheggianti a ogni angolo di cortile, in un tripudio di fard, cotonature, virtuosismi della piastra, borse giganti in abbinamento ai cellulari in abbinamento ai charms in abbinamento al ciottolato del chiostro.
Solo che io sono donna e, tolto il fatto che trovo alcune mises delle mie colleghe decisamente più adatte a una tangenziale che a una lezione di sociologia, gradirei se non altro vedere un uguale sfilata di magnifici uomini (simone non me ne avere, sto facendo uso di lampante ironia).
Invece nulla.
Porca l'oca se non è vero che gli uomini della G.E.U. hanno più borse di me. 
Borse, borse sì avete sentito bene. Non borselli esistenzialisti, borse militari, cartelle à la Sartre. 
Borse.
Di Gucci, di Vuitton, di Dior.
A volte anche di sbarluccicante vernice.
Roba che ammazza la virilità da Milano fino a Cologno, Bollate e alcuni comuni sotto Lecco.
My Gosh.
Il fronte docenti non se la passa meglio.
In due anni di frequenza è stata una vera e propria panoramica di maglioni a rombi da veri nerz, completi grigi, grigio topo, grigio scuro, abbinati a evidenti riporti bianchi come le nevi della Groenlandia, impermeabili da esibizionisti, pance prominenti, cravatte anni ottanta e scarpe col tacchetto alla Sarkozy.

Quindi lancerei una proposta al ministro della pubblica istruzione: oltre al grembiule, il maestro unico e quelle balle lì non si potrebbero avere anche studentesse con cosce coperte e docenti di migliore aspetto?
In attesa di una sua gentile risposta,
cordiali saluti

frà