domenica, ottobre 30, 2005

Tonio Cartonio è morto di overdose (?)

Mi è presa la voglia di solitudine stasera.
A un certo punto, così, su due piedi e non so nemmeno bene perché.
Ed era una bella serata, di quelle in cui si ride molto, in cui le cose tornano tutte al loro posto, due persone che non si parlavano da tanto tempo sono lì che camminano vicine e mi fanno sentire il cuore caldo ed è un piacere.
E’ tornata anche laLaura, con le foto delle sue vacanze fuori stagione e il suo carnet di pazzia, as usual. Già friggiamo per mettere in atto la movie-marathon “Il Padrino”. Poi.
Ho comprato regali di compleanno ad amanda attingendo soldi dal conto che piange sempre di più. Ho comprato anche l’almanacco Guanda, dall’illuminante titolo “La musica che abbiamo attraversato” (Ma era un libro di Lalla Romano no? La penombra che abbiamo attraversato o giù di lì…).
Mi piace, ha il gusto di un libro che va bene per me, ora.
Quindi tutto a posto.
Niente che mi preoccupi particolarmente, non il pranzo di famiglia domani mattina, non la tesi che ogni tanto si impianta davanti a un professore che dice sì e no, mercoledì scopro se a dicembre la mia università finisce davvero o devo restarci intrappolata un altro po’.
Ma non ha grossa importanza al momento, davvero.
Ci sono altri pensieri, pensieri sulla vita in generale, sulle persone che si guadagnano un pezzo di te e rimangono sempre lì al loro posto in qualche modo.
A volte capita che io mi guardi con tenerezza.
Forse è successo anche stasera.
Perché il mio desiderio di solitudine era quello di chi, ad un certo punto della festa, prende il suo bicchiere e si allontana un po’, giusto per vedere la festa da lontano.
Vedere che effetto fa.
La serata la concludo così.
On the bus mall in cuffia, l’almanacco Guanda sul comodino, la luce che prima sfrigola e poi fa clic e diventa tutto buio.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Però, dico io, la voglia di solitudine è meravigliosa, no? Voglio dire, sei lì a guardare la festa da lontano, a provare certe cose mentre ascolti On the bus mall, a scrivere in questo modo divino.
Non lo so, c'è una certa sensazione di vitalità tiepida dentro la voglia di solitudine che assale, qualcosa che ti fa sentire vivo ma al contempo stanco.

Grazie per queste parole, comunque, Suz, ci tenevo a dirtelo.

Lucio

quel che sapeva frà ha detto...

Grazie a te. Commentare il tuo blog mi è sempre più difficile, finirà che ti mando delle polaroid della mia faccia dopo che ho finito di leggere uno dei tuoi post...abbraccio

Anonimo ha detto...

Sono ben consapevole che leggere quelle ormai poche cose che scrivo è sempre più impossibile. "Thou spekest of nothing", dice Shakespeare in Romeo e Giulietta, da qualche parte. Parlo di niente, ecco. Non è che non vorrei parlare, è che non riesco a comunicare, è impossibile per me, e allora finisce che scrivo stronzate solo perché amo ancora utilizzare le parole come Pollock il pennello.
Parlo di niente, davvero. Mi dispiace, il punto è questo.

Lucio

quel che sapeva frà ha detto...

di niente? Non fossi a Parigi, ti avrei già raggiunto per prenderti a sberle!:-P