Domani primo maggio festa dei lavoratori, e nonostante la mia laurea in filosofia potrò festeggiarla anch'io insieme al grande popolo dei precari di tutto il mondo.
Il menù della giornata proporrà quello è il leit-motiv di quasi tutti i miei dì di festa:
grigliata (in alternativa abbondante pranzo), un po' di chiacchiera libera (facilitata da qualche pessima bottiglia da un euro e 25 cents), cane che vuole giocare con il fresbee, affetti e affettati, sensazione di pancia ingombra di cibo, sensazione di non volere più fare niente che non sia sonnecchiare, caffè, altro caffè, ennesimo caffè e ritorno a casa.
Perchè giovedì, festa dei lavoratori non è più e si ritorna nella brulicante scuola media di Smallville, con i gremlins eccitati dalle vacanze e dai pollini e uno sguardo al calendario che diventa più sottile di giorno in giorno. Quasi estate. Quasi disoccupata un'altra volta.
lunedì, aprile 30, 2007
1°maggiofestadeilavoratori (evvai ci sono pure io!)
domenica, aprile 29, 2007
Magic moments
Ad un certo punto dell'anno scolastico arriva il momento della foto di classe.
Di solito è quel giorno in cui sei arrivata a scuola vestita così bene che hai letto negli occhi della gente intorno la tacita domanda "Ma le sarà andata via la luce in casa a questa?".
E dire che i miei look lavorativi solitamente spopolano tra il personale ausiliario della scuola di smallville.
C'è la mattina in cui mi presento alla porta con uno stile gitano da cugina povera di Joaquin Cortez e quella in cui interpreto un casual da diciottenne così che le bidelle prima di aprirmi mi sottopongono a riconoscimento vocale.
Come dimenticare poi quel giorno in cui la segretaria mi ha fermato in mezzo al corridoio ordinandomi con tono perentorio di seguirla in segreteria.
Già pensavo a un richiamo disciplinare o a una terribile dimenticanza burocratica ; invece la signora, tutta civettuola, mi fa i complimenti per il mio abbigliamento e mi chiede quali sono i negozi che frequento "Che poi lei è così carina che sta bene con tutto!".
Cacchio, per un attimo mi sono sentita mejo de Nicole Kidman.
Credo di essere arrossita e avere bofonchiato qualcosa tipo un po' di lì e un po' di là, dimostrando la mia totale inattitudine a diventare un'icona di stile.
La mattina della foto di classe ogni dubbio era fugato di fronte ai miei improponibili abbinamenti.
Essendomi svegliata alle sei del mattino per il terzo giorno di seguito, dopo una serie di nottate insonni per completare la stesura di un articolo su Jacques Derrida e la decostruzione del terrorismo, non mi è riuscito di cercare niente di più che un paio di jeans e 'na maglietta mattone, cercando di ingentilirli con una collana dal gusto fieradisenigallia.
Menomale che la segretaria aveva preso le ferie, altrimenti perdevo la stima di quell'unica persona in Smallville.
C'è da dire in mia difesa che nessuno sapeva dell'evento fotografico; nemmeno le ragazzine che, dopo una soffiata della bidella del piano, hanno iniziato a chiedermi:
1) a che ora c'era la foto di classe (e giù a rispondere che non ne sapevo niente altrimenti mi sarei messa un vestito che rendesse giustizia alla mia età e non mi facesse apparire una diciassettenne incazzata col sistema)
2) se sapevo a che ora c'era la foto di classe (di solito i gremlins sono soliti chiedere tutto due volte; quando gli si risponde facendo loro notare che lo si era già fatto in precedenza si limitano a sbarrare gli occhi terrorizzati da questa inquietante prospettiva)
3) se potevo lasciarle andare in bagno a pettinarsi (faccio notare loro che la foto potrebbe essere anche all'ultima ora e quindi, con l'intervallo di mezzo, ogni tentativo di acconciatura si rivelerebbe vano)
4) se potevo andare a chiedere alla preside di spostare la sessione di foto l'indomani (eh, magari)
5) se la foto la facevo anch'io (e qui, più che affetto per la prof, ci ho letto la consolazione femminile di posare accanto a una vestita veramente male, in modo da far passare in secondo piano la propria imperfezione).
Concluso momentaneamente il capitolo "dubbi, quesiti e perplessità sulla foto di classe" stavo cercando di spiegare le teorie illuministe di Cesare Beccaria quando bussa alla porta il vicepreside e mi chiede cortesemente di uscire un attimo.
E qui scatta il secondo momento fatidico della vita scolastica.
Le prove dell'evacuazione.
"Ecco, tra poco suonerà una tromba (ma che è? Dungeons & Dragons?) e sarà il segnale del finto-incendio. Voi non dovete dire ai ragazzi che ci sarà l'evacuazione ma raccomandatevi che stiano in fila per due, non lascino oggetti di valore in classe ed escano dalla porta di sinistra".
Mentre il brav'uomo ci spiegava per filo e per segno il mefistofelico piano della finta evacuazione, nel mio cervello sfilavano le immagini apocalittiche di cosa sarebbe potuto succedere dopo il suono di una tromba, in classi in cui anche un astuccio che cade costituisce un valido movente per dare inizio a una rievocazione della presa della Bastiglia.
Pertanto non appena rientrata in aula spiego alla classe che ci sarà una prova di evacuazione, che per loro sarà però una prova di educazione: nessuno dovrà urlare, picchiarsi, lanciare alcunchè, pena una simultanea verifica di analisi logica.
Nel successivo quarto d'ora mi viene chiesto almeno una decina di volte quando si svolgerà la prova di evacuazione. Finalmente la tromba suona, si apre la caccia alla volpe, incolonno i miei e scendiamo in cortile dove tira un freddissimo vento temporalesco.
Le classi si mischiano tutte insieme e la prova di evacuazione diventa un incontrollabile intervallo in cui invano i docenti perdono parte delle loro corde vocali per richiamare il gregge.
Io il mio ce l'ho in pugno con lo spauracchio dell'analisi logica e, difatti, nemmeno gli ovini più movimentati si allontanano troppo dal punto di raccolta.
Basta un urlo di richiamo e torniamo in classe, davvero educatamente.
L'ora di lezione è terminata e inizio a sperare di poter scampare alla temibile foto.
Trascorro i successivi cinquanta minuti di compresenza con i miei reietti del cuore: Mowgli (bambino ufficiosamente disconosciuto dalla mamma, uno che avrebbe bisogno di un sostegno affettivo pazzesco) e Tarzan (ragazzino marocchino, ultimo di sette e dico sette sorelle, all'inizio dell'anno solito prodursi in rumori gutturali e urla sataniche, dopo un tema su Blade e l'esercito dei vampiri siamo diventati grandi amici).
Io a questi bambini qui voglio proprio bene, tant'è che mi sbatto a propinare loro schede su schede di recupero e quando Tarzan mi chiede se "antiquato" vuol dire "vecchio" mi si stringe il cuore. Certo tra un mese sarà tutto finito, io sarò di nuovo in stand-by lavorativo e loro in
stand-by cerebrale ma almeno potremmo dire di aver vissuto un'intensa storia didattica.
Suona la campanella e proprio mentre mi accingo a raccogliere il mio solito fiume di fogli, appunti, quaderni, registri e squagliarmela in grande stile vengo carpita dalla ferrea mano della prof di scienze che annuncia "Andiamo a fare la foto".
L'idilliaco sfondo per i ritratti dei gremlins è il parchetto di fronte alla scuola, già luogo di ritrovo di molti alunni di prima media che vengono a fumarci le sigarette rubate ai genitori "Ma facciamo solo qualche tiro prof".
Il dado è tratto, lo scatto compiuto, e la mia faccia da quarta ora immortalata per sempre negli annali della scuola di Smallville.
"Poi ci fa le dediche prof?"
"Io su di voi potrei scrivere un romanzo..."
lunedì, aprile 16, 2007
L' Emorroissa
Quella di prof generalmente stimata dagli alunni cui mi sono affezionata, e come supplente generalmente schifata dal resto del personale docente, bidelle comprese.
Sono cose cui appunto si fa l'abitudine, come prendere il caffè nell'ora buca il lunedì pomeriggio, prima di tuffarmi nella correzione delle solite quattromila verifiche cui sottopongo con costanza i gremlins.
Quand'ecco che scendendo le scale sento urla lancinanti provenire dalla bidelleria, proprio accanto alla macchinetta del caffè. Si direbbe stiano squartando qualcuno con un coltello da macellaio. Avvicinandomi scopro che si tratta dell'alunna S., a cui faccio alternativa alla religione il venerdì. Il professore che le compete mi rivolge il solito sguardo inebetito e dice che "Devono essere dolori mestruali". Poi lo chiede anche all'alunna S. che rotolandosi sul pavimento urla con voce indemoniata "Sì, ho male alle ovaieeeeeeeeeeeeeeeee". Nell'impossibilità di darle medicine le propongo un the caldo e mentre glielo porgo dalla macchinetta il professore è scomparso, la solita bidella simpatica come un granchio attaccato al mignolo chiude la porta "perchè le urla danno fastidio" e mi ritrovo in bidelleria sola con l'emorroissa e un'amica corsa a prestarle aiuto.
Trascorro una buona mezz'ora a calmare l'alunna S., assicurandole che non morirà e che deve cercare di stare seduta su un divano anzichè lucidare il pavimento al posto della bidella antipatica. Trema tutta come una foglia e quando le fitte sono più forti mi pianta qualche unghia nel braccio. E a me scatta la coccola in automatico, davanti a bambini e bambine che piangono difficilmente riesco a non sciogliermi come un barattolo di nutella al sole.
La cortese signora del personale ausiliario rientra solo un secondo per recuperare un mazzo di chiavi e le chiedo se per caso ha una cannuccia o un cucchiaino: la risposta è un grazioso no con sottinteso "ma che cacchio di idee ti vengono?" e una porta sbattuta. Parente della Rott?
Io l'emorroissa e l'aiutante ci alziamo e migriamo in sala insegnanti, così mentre S. si stende sul divanetto le sistemo una giacca sulla pancia, le slaccio i jeans iperaderenti e la cintura strizzante.
La mamma dovrebbe venirla a prendere ma S è preoccupata perchè la macchina serve al papà per il lavoro e non vorrebbe aver creato problemi.
Scopro che ha già sofferto di dolori forti ma "la mamma non va in farmacia perchè non sa parlare italiano e chiedere che medicina deve prendere. Quando sto male mi fa bere le tisane ma non mi passa". Le scrivo un paio di nomi di antidolorifici su un foglietto, assicurandomi che non sia allergica a niente. Nel mentre entra una prof che osservando S. esclama "Eh, tutte 'ste scene per i dolori mestruali, li abbiamo avuti tutte eh!". Il successivo sguardo è per me e comprendo al volo che significa "Non dovresti andare dietro a tutte le paranoie di queste ragazzine, non si fa".
Quando mancano dieci minuti alla fine dell'ora la mamma di S. viene a prelevarla e mi sorride per ringraziarmi. Io torno in aula insegnanti e la guardo andare via dopo aver imballato un paio di volte con l'auto.
Sì, forse non è giusto. Forse o si aiutano tutti o non si aiuta nessuno.
E coccolare una bambina di seconda media è viziarla ed è un'alunna e non si dovrebbe fare.
Ma io quando succedono queste cose mi sento più una mamma che una suppl.
E penso sia meglio dare un vizio invece di insegnare menefreghismo e indifferenza in una società che lascia tutti soli, con i loro problemi, le loro miserie e le loro difficoltà.
La solidarietà è sempre una buona soluzione.
Con tutte le volte che la S. mi ha aiutato tante volte a compilare il registro ci mancava solo che non le tenessi un po' le gambe sulle ginocchia!
simpathy for the devil
E se proprio devo finire all'inferno che almeno non mi si metta nello stesso girone del cugino di Bud: già immagino con orrore un'insopportabile eternità di astucci e bottiglie del gatorade che roteano vorticose sulla mia testa.
sabato, aprile 14, 2007
Make a plan to love me
Presto prometto che tornerò a parlare di scuola.
Perchè è divertente (parlarne).
Per il momento sono ancora in piena fase emo-primaverile.
Nello specifico ascolto da tre giorni suppergiù Cassadaga, l'ultimo album di Occhi Luminosi.
L' Occhi Luminosi è un ragazzino altezzoso e frangiuto balzato agli onori della cronaca musicale con le sue melodie da adolescente in garage e le sue storie di amori impossibili e molteplici sfighe.
In molti odiano l'Occhi Luminosi per la sua strafottenza e quella certa attitudine a fare sempre lo splendido (come si dice tra i giovani adolescenti in garage).
Lui è quello che scriveva una canzone al giorno su qualunque cosa gli capitasse, una sbronza, una sensazione, un clamoroso due di picche, un'amicizia finita così così.In molti trovano tutte queste cose stucchevoli e artefatte, quindi fondamentalmente poco sincere.E in un certo senso lo odio anch'io.
Odio non riuscire a sottrarmi al solito rituale di ascolto dei suoi album: lo ascolto-non mi convince, lo ascolto-mi ricorda qualcosa, lo ascolto-lo trovo splendido e basta, senza se e senza ma.Forse il punto è proprio questo.
Ci deve essere un piano ben architettato dall'Occhi Luminosi per fare innamorare le persone dei suoi dischi e delle sue canzoni. Ci deve essere un ingrediente segreto, una parola o un accordo che mi cattura la testa, il cuore e mi trasporta in quel momento là, a guardare un episodio della mia vita come fosse un telefilm e provare tenerezza.
Cassadaga è un disco bellissimo.
Pretenzioso, dylaniano, folk, emo, tutto quello che volete.
L'Occhi Luminosi ha detto in un'intervista che dimenticarsi qualcosa dietro le spalle è molto più importante e fondamentale di tutte le cose con cui cerchiamo di occuparci la vita, cioè ha scoperto l'acqua calda. Ma il punto è proprio questo. L'Occhi Luminosi l'ha fatto con stile.
Quindi chapeau, procuratevi Cassadaga, ascoltatelo e lasciatevi convincere.
lunedì, aprile 09, 2007
Erano anni che non ridevo così tanto. A Pasquetta. Ma anche in generale.
Ho ripreso in mano la mia macchina fotografica oggi.
Dovrei farlo più spesso. Essere giovane in questo modo. Essere giovane prima di tutto.
Stay, lady, stay, stay with your man awhile
giovedì, aprile 05, 2007
Love is in the air
Gli ultimi giorni di scuola sono trascorsi nel tentativo di spiegare qualcosa ai gremlins impegnati nei loro complicati rituali d'amore.
Mi sono sentita un po' vecchia e un po' stagionata, a vedere le ragazzine ricopiare con l'uniposka dorato il nome dell'amato centinaia di volte sul diario e i ragazzini chiedermi di andare in bagno armati di bianchetto per aggiornare i loro amori a parete (grazie moccia, un giorno la scuola italiana ti darà un rullo da pittore e organizzerà per te un tour punitivo per rimediare a ciò che hai fatto).
Spero solo che nessuno cancelli un Prof M. sei figa! dipinto un paio di settimane fa e di cui vado molto orgogliosa. Come lo so? Una soffiata nell'intervallo da parte di un paio di giuda che mi hanno fatto i complimenti dicendo che "Sa prof, di solito ci vogliono quattro o cinque mesi, lei è qui da gennaio e già ha la sua scritta". Mi aumenteranno anche lo stipendio? Speriamo.
Tornando all'ormone impazzito dei miei studenti, volevo farmi partecipi delle vicissitudini di Bubble Soap, colei che all'interno del suo cranio ha una miriade di minuscole bollicine rosa che frizzano e scoppiano producendo scie multicolori.
Ho idea che ogni qualvolta le pongo una domanda di qualsiasi tipo, le sue connessioni neuronali inizino a cantare all'unisono "Vola mio minipony, vooolaaa".
Di solito si limita a sorridermi e dire che non sa rispondere perchè "La D. mi stava passando un bigliettino prof, adesso prometto che sto attenta".
Nonostante il suo alto tasso di frivolezza, non riesco proprio a farmela stare antipatica e le sue stucchevoli confessioni mi suscitano un'inspiegabile indulgenza; credo di non avere mai incontrato in vita mia nessuno che incarnasse meglio tutti i difetti dell'adolescenza femminile in un colpo solo.
Le prime avvisaglie della sua personalità frou-frou si manifestano in un lontano giorno di febbraio.
Trascino con me in un'ora di supplenza-compresenza in IIId Bubble Soap e altre amiche appartenenti al MENSA (quella scolastica però) per recuperare precedenti disastrosi compiti in classe. Le tre friggono come uova in padella e si lanciano in ridolini convulsi dicendo che in IIId non possono fare il compito, che c'è un tipo "che poi le spieghiamo prof, è una storia da pazzi!".
Fingo indifferenza, le metto alla cattedra e consegno i compiti. Per il resto dell'ora Bubble & friends si contorcono sulle sedie come serpi, si sussurrano emozionate scemenze all'orecchio, scrivono bigliettini e si guadagnano la loro ennesima insufficienza grave da parte della sottoscritta. Bubble mi avvicina per rendermi partecipe della loro storia da pazzi
"L'ha visto M. no? Non pensa che sia un figo pazzesco? Adesso deve scegliere tra me e D. e io non ce la faccio prof, non riesco a fare niente, lui è bellissimo. E sa prima sono stata un anno con l'alunno T (il fatto che lo chiami per cognome non mi fa presagire una grande storia d'amore) ma poi l'ho lasciato e ho cancellato il suo nome dal mio astuccio, solo che lui ha scritto sul banco che mi ama ancora ma io adesso sono presa per M, poi se non mi sceglie vediamo cosa fare".
:-O
Inutile dire che la primavera ha sortito effetti devastanti sulla povera Bollicina di Sapone che arrossisce e sussulta ogni volta che un compagno di sesso maschile le chiede qualcosa, fosse pure l'evidenziatore perchè gli si è scaricato. Nell'estremo tentativo di sottrarsi agli ostacoli del cuore proprio ieri vieni alla cattedra a chiedermi se può accomodarsi accanto a me
"Perchè prof, sento T che mi guarda la schiena e non ce la faccio".
Così ho aggiunto una sedia, soprannominato l'alunno T. occhi di fuoco e consigliato a Bubble di farsela passare perchè proprio non mi sembrava uomo da perderci la testa.
Lei mi ha guardato fiduciosa e ho finito di spiegare la rivolozione industriale.
Ma già sulla cattedra atterrava un bigliettino lanciato dall'alunna V. (dotata di pessima mira) all'alunno D seduto in prima fila.
Love is in the air.
lunedì, aprile 02, 2007
Scenari inquietanti (ipse dixit)
Alunno A.: