lunedì, marzo 31, 2008

Oggi, ieri.

Oggi, lunedì.

Anzi.
Ieri, domenica, ho cercato di adottare una nuova strategia di vita. 
Basta pensare alla domenica come un "è quasi lunedì", sì a pensare invece che sia "ancora domenica".
Mi ci sono impegnata a fondo, sapevo di dover affrontare quest'ultima tranche di frequenza con il sorriso sulle labbra pena rischio di depressione fulminante da "cielo ho 25 anni e sono ancora qui con gli evidenziatori e i righellini". 
Comunque dicevo, mi ci sono messa sotto. 
Ho trascorso la domenica studiando poco, cazzeggiando per lo più, canticchiando. 
Ho utilizzato una crema balsamo per i capelli.
Mi sono messa lo smalto sulle unghie (che non succedeva dal '93).
Così oggi-lunedì quando è suonata la sveglia il mio primo pensiero è stato "Ma perché ho messo la sveglia? Dove devo andare?". 
Poi ho subitaneamente realizzato che era lunedì e dovevo prendere lo zozzo regionale per andare all'università, però sono stata contenta, la nuova filosofia aveva funzionato. 
Per il momento. 
Durerà pochissimo, già  so che risulterà impossibile ricacciare a diritti e rovesci gli scatoloni di sfiga universitaria che mi rotoleranno addosso. 
Ma devo avere fiducia in me stessa, l'ho scritto anche sulla moleskine "Tieni duro". 
Che sono alle cozze lo capite da soli, sono già arrivata allo stadio del training motivazionale da rampante manager newyorchese. 
Solo che io non sono una manager e non vivo a New York ma a Vercelli, un posto che tra poco diventerà un puntino verde in mezzo a un mare di zanzare.
Stanno iniziando ad allagare le risaie. 
Le ho osservate bene oggi al ritorno, perché ho perso le cuffie del lettore e quindi non mi restava che osservare intensamente il paesaggio e orecchiare i discorsi impossibili dei compagni di viaggio. 
Giuro che in questi mesi ne ho sentite di tutti i colori, dall'amante che fa la gatta col marito di un'altra, al ragazzo che spiega per filo e per segno al cellulare come fare a procurarsi un motorino rubato con tanto di targa falsa, alle studentesse di medicina che si raccontano autopsie sgranocchiando croccanti toasts al prosciutto. Cosa dicono del mondo? Bello perché vario. Almeno lo dicevano una volta.
Oggi in metropolitana c'era un bambinello zingaro (età presunta buona per la terza elementare) che ha strimpellato malissimo al violino un pezzo classico e si è fermato dicendo "Scusate, non sono tanto bravo, suono da due giorni".
Io quello che avevo in tasca gliel'ho dato. 
E ho anche pensato alla santanché. Che crede in Dior, Celine, Louis Vuitton (come dice la sempre grande Cortellesi) e che la cosa più importante di cui l'Italia ha bisogno oggi sia prendere a pedate nel sedere i clandestini.
A me però quel bambino lì mica mi ispirava calci, casomai simpatia e un po' di istinto materno perché sarebbe stato a scuola che solo in una metropolitana dove chiunque può portarselo via senza tanti complimenti.
Posso dirlo qui che mi sa che non andrò a votare? 
Non ce la faccio proprio, cozzerebbe con il mio tentativo di essere positiva e pensare solo a ritagliare le sottilette con le formine per fare il formaggio animalesco da mettere sul mio pranzo in scatola.
Ho dimenticato della punteggiatura credo. 
E forse anche altre cose da dire.
Ma per il momento va così, e finché dura, godiamocelo.



mercoledì, marzo 26, 2008

h.b.

Modifica
Alla fine, riflettendoci, un post con un'immagine e basta, per di più in bianco e nero, per di più vagamente drammatica era troppo criptico anche per me.
Vero che nell'ultimo periodo ho avuto solo un grandissimo desiderio di ripiegarmi su me stessa come una foglia. 
E' stato strano questo marzo. 
Troppo freddo, troppo grigio, troppi giorni passati a chiudere gli occhi la sera pensando a tutto quello che avrei voluto ma non ho effettivamente potuto fare. 
Chissà perché ci sono quei periodi in cui le cose cadono a valanga, una dopo l'altra, come quando apri per sbaglio l'anta di un armadio e ti precipitano addosso oggetti che non ricordavi nemmeno di avere nascosto lì.
Sono piena di cassetti nascosti io, ogni tanto me ne dimentico, poi arrivano periodi strani e inizio a sentirli cigolare, socchiudersi, cadere fragorosamente.
Domani è il mio venti-cinque-esimo compleanno.
Un altro cassetto, mi sa.


mercoledì, marzo 19, 2008

Umpf.

Parliamo un po' di me.

Perchè i blog sono creature autoreferenziali. 
E quando i blog languono pensosi mostrando per parecchi giorni di fila la solita vecchia paginetta intimista significa che i loro proprietari hanno difficoltà a fare riferimento alla loro egointeriorità.
Tutto questo per dire che nonostante il periodo sia pieno di inizi  (iniziata la primavera, iniziate le vacanze, iniziata al mondo dei mac, iniziata a un paio di jeans il cui prezzo mi fa sentire in colpa con il mondo intero) mi sento floscia come un calzino spaiato rimasto incollato per sbaglio al cestello della lavatrice.
Non sono nemmeno emozionata per l'avvicendarsi del mio compleanno. 
Di solito è una cosa che mi fa strippare dal primo di marzo. Invece niente, sono addirittura contrariata all'idea di organizzarmi una festa. Al momento vorrei un compleanno non festeggiato, a casa, in pigiama a guardare Pretty in pink o altre amenità anni '80.
Oggi ho dovuto cucinare. Per forza. 
Le alternative erano: 
a) rincoglionirsi con la peggio monnezza televisiva della programmazione pomeridiana;

b) ricominciare a ripassare plotino accorgendomi con sconforto che molta parte dei miei studi triennali sono stati completamente azzerati. In compenso al trivial azzecco sempre la risposta al quesito "come si chiamava il cane della famosa pubblicità infostrada?";

c) studiare filosofia medievale;

d) cucinare e scacciare lo spleen con qualcosa che una volta prodotta dia davvero soddisfazione.

Così ho scelto la busta d e ho iniziato a imprecare contro il robot da cucina, prestato da mia nonna, che per chiudersi necessita una serie di mosse e mossette di coperchio che neanche il cubo di rubik. 
Giulio felino mi guardava mollemente disteso sulla credenza mentre cantavo Fever impugnando una carota a mò di microfono e tenendo il tempo con un gambo di sedano. 
Sto vivendo una crisi di mezza età, la settimana scorsa uscendo da blockbuster un ragazzino mi ha detto "SCUSI le è caduto lo scontrino". 
Scusi a me, che faccio solo 25 anni tra pochi giorni. 
Per poco non si rimediava un calcio nei maroni. 
Ho il dubbio di stare diventando adulta. 
Che significa sotto molti aspetti esplicitare la vecchietudine che si è sempre celata in me. 
A sette anni ero una formidabile giocatrice di carte, gran partitoni con mio nonno che mi insegnava i trucchi del mestiere (ma non tutti altrimenti poi rischiavo di vincere). 
Annusavo il tabacco profumato nelle ampolle della tabaccheria dell'altro nonno, ascoltavo i discorsi sul tempo e sui vicini di casa, mi piaceva passeggiare per il viale camminando piano. Oggi a (quasi) 25 anni mi piace la buona tavola e il buon vino, leggere libri con una coperta sulle ginocchia, coccolare il mio gatto lamentandomi del maldischiena, passeggiare per il viale veloce (perchè di tempo ormai non ce n'è più), ripensare a quando all'asilo giocavamo ai power rangers buttandoci giù dallo scalone dell'ingresso. 
Quelle primavere infinite che si trasformavano presto nell'estate ed era tutto un colare di ghiaccioli, un tuffo in piscina, un giretto in bici fischiettando con le amiche, i primi batticuori per tizi che non ti filavano assolutamente, anzi traslocavano ad agosto e quando tornavi dalle vacanze ti ritrovavi di fronte a un citofono con un cognome diverso dal solito e non capivi perché. 
Vecchia anche in questo. 
Nel tentativo di ricordare sempre tutto in ogni minimo particolare. 
Come se quello che sono oggi fosse molto meno sicuro di quello che ero ieri.
Alla fine Giulio si sposta dalla credenza e viene a miagolarmi in mezzo ai piedi perché vorrebbe un pezzo di Giovanni Damasceno, la mia torta di carote: alta, profumata e di un arancione lisergico che finisce per migliorare il mio umore.
Del resto con un gatto bianco e rosso con la pancia pelosa, una torta carotibile e un portatile nuovo di pacca non è poi così male essere se stessi.


domenica, marzo 09, 2008

due righe proprio due

Due righe giusto per dire che sono ancora viva più o meno, e sprofondata nel solito studio più o meno.
Cose più di questi giorni: concerto Roy Paci (non conoscevo una canzone una ma ho ballato in modo matto e disperatissimo e temo anche imbarazzante), ho mangiato da Burger King (e adesso per un anno avrò ben stampato nella mente perchè non mangio mai da Burger King, non vi dico gli incubi notturni, una roba davvero paiura), il pelo morbidissimo del mio felino che crescendo sta diventano un po' meno pantera in cattività e un po' più adorabile gatto da distendersi sui piedi a mò di coperta.

Cose meno: tempo libero fragile e inesistente, la primavera che fa le finte e poi torna l'inverno, domani che è lunedì, Burger King, mi sono dimenticata di fare l'abbonamento e domani mi tocca sorbirmi la solita coda slow-motion, la mia maglietta marrone preferita schizzata di candeggina bastarda.

Sì mi rendo conto, non fregava niente a nessuno, però già che 'azzeggiavo sul web ho pensato di scrivere due righe.
Che dite concludo in modo banale? Massì.

Buona settimana a tutti, a voi studio.

martedì, marzo 04, 2008

Fatti non foste per viver come bruti

Le persone che frequentano la specialistica di filosofia in genere sono persone poco serene.
Cioè, anche se non lo danno a vedere, anche se fanno di tutto per dimostrarsi entusiaste di "testi" (frasi tipo "E' un testo bellissimo" "Ho studiato su questo testo" "E' un testo che merita"), di "approfondimenti" di "papers" (parola incredibilmente simile al termine italiano papere), nutrono nel loro cuore una profonda frustrazione per aver fatto una scelta universitaria un po' del cazzo.
E passatemi questo cazzo che è detto con tutto il rispetto per coloro che, eccezionalmente, esimono da questo contesto.
Io sto parlando di persone generali che frequentano corsi in generale.
Gli specialisti di filosofia.
Che già essere specialistici di qualcosa in filosofia è secondo me una contraddizione in termini.
E' come dire "ho tutte le risposte del trivial anche quelle che devono ancora essere scritte".
Non si può.
Gli eroici cavalieri della sophia dei nostri giorni non se la passano molto bene.
I massimi rappresentanti della categoria sono un ex fiamma della parietti, la presunta fiamma di una certa veronica lario, la brambilla e naruto.
E poi c'è quell'insidiosa consapevolezza.
Gli specialisti di oggi sanno che dopo anni trascorsi a spaccarsi la testa su minuziosi rompicapo logici, a camminare sospesi sul filo di alte questione metafisiche, a studiare heidegger (perchè heidegger lo studiano tutti, è epidemico) le loro prospettive di trovare un lavoro, che li possa ripagare economicamente e prestigiosamente delle loro fatiche, sono le stesse che berlusconi perda le elezioni.
Diciamocelo, nel migliore dei casi tra un paio d'anni, saranno tutti iscritti alla sssissss (mai capite quante esse) e poi catapultati nel mondo delle supplenze precarie a cercare di spiegare la regola del -cia e -gia a bambini iperattivi.
Nessuno di loro domanderà una spiegazione sull'argomento ontologico di sant'anselmo.
In molti cercheranno di bersagliarli con articoli di cancelleria.
Gli specialisti lo sanno ma fanno finta di niente, e ogni volta che quella puntina di frustrazione si fa fastidiosa la cacciano giù con una piedata, la nascondono sotto un volume di hegel, le spruzzano il vetril.
Solo che, come Freud ci insegna, l'inconscio è qualcosa di poco controllabile e sicuramente non domabile da un detergente spray: pertanto quella rabbia nascosta finisce per emergere sotto forma di un inspiegabile antagonismo con gli altri.
La competizione è spietata e agisce attraverso meccanismi spietati: si sorride poco e lo si fa principalmente nei confronti di quelle persone che si giudicano intellettualmente inferiori o inevitabilmente necessarie per ottenere appunti; si parla solo ed esclusivamente di filosofia prima della lezione, dopo, a pranzo, al cesso, in coda per il caffè.
La vita universitaria diventa una summa di sotterfugi, complotti e nervosismi, alla ricerca di una soddisfazione che cancelli il proprio disappunto interiore e che non verrà certamente dalla sopraffazione di altri.
Inutile dire che così si perde il bello della filosofia.
E che gli ultimi due anni di riflessioni varie su questo mondo sempre più spiegazzato e fuori controllo potrebbero trasformarsi persino in qualcosa di molto simile al rimpianto.

Però non prendete questo come uno sfogo.
Io sono una pura osservatrice e non subisco gli attacchi feroci di nessuno.
Però osservo e un po' mi dispiaccio e anche se l'ideale di una setta dei poeti estinti appare irraggiungibile mi basterebbe vedere qualcuno che mangia il suo panino al salame e parla del salame, di quanto è buono e basta.