Scrivi qualcosa.
Qualcosa che non parli delle zanzare che ti hanno divorato le gambe in quindici punti diversi e che, con il passare dei minuti, si ingradiscono formando enormi isole di pelle arrossata che affiorano sui polpacci e sulle ginocchia.
Qualcosa che non sia una considerazione sul caldo afoso, su quanto sia inutile indossare le ciabatte quando si vive in una casa foderata interamente di moquette, sull'improvvisa necessità di ascoltare Bob Dylan a tutto spiano.
Niente accenni a Cortazar, ad altre letture, al desiderio smodato di immergere almeno la punta delle dita in qualche centimetro cubo d'acqua marina.
Anche sporca, anche inquinata, anche artificiale.
Scrivi che domani parti pour la France a recuperare la sorella che ha finito il suo mandato di animatrice e che ti manca da impazzire ma che tanto poi riparte subito per Roma e hai giusto il tempo forse forse di abbracciarla per poi doverla lasciare andare di nuovo.
Scrivi che lunedì scadrà ufficialmente la data entro la quale ti eri concessa libertà dagli angoscianti pensieri del dopo tesina. Dovrai iniziare a passare un mucchio di tempo davanti al computer a compilare cartelle e cartelle e cartelle piene di parole difficili e pensieri profondi, e hai già pensato che a inventare un po' non se ne accorgerà nessuno e allora probabilmente a metà tesi inserirai un paio di storielle divertenti o il testo di una canzone.
Scrivi che probabilmente sarà "...they say the darkest hour is right before the dawn..."
perchè ti piace, perchè parla di te in questo momento, riassume tutte quelle cose che non riesci proprio a esprimere in nessun'altra maniera.
Hai scritto tutto?
Sembrerebbe di sì.
Allora posti, spegni il computer, ti alzi e vai a preparare lo zaino.
giovedì, luglio 28, 2005
*meet me in the morning
quel che sapeva
quel che sapeva frà
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2 commenti:
bellissimo,bellissimo davvero.
buon viaggio,allora...
Sai cosa?
Quel giorno, al ritorno a casa, in autrostrada ho ascoltato Blood on the tracks. La versione però originale, quella con Dylan da solo con la chitarra acustica in Mi aperto. E quello è probabilmente il disco che mi ha più cambiato, insieme a (), venuto molto dopo. Sarebbe bello parlare di Dylan, parlarne proprio all'infinito. Cominciare a parlarne appena prima dell'alba, e continuare fino al tramonto.
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