domenica, aprile 23, 2006

*philosopher



Mi and L’Au pubblicano il loro album omonimo nell’ottobre 2005.
Ma allora per me non è il momento giusto e me ne perdo l’uscita, così come a volte si perdono eventi e cambiamenti intorno a noi, per semplice noncuranza oppure, appunto, perché il momento non è quello giusto. Allo stesso modo accade che questa strampalata coppia di amanti-autori la cui pubblicazione mi era passata attraverso come una folata di vento ritorni oggi a farsi ascoltare nelle mie cuffie. E allora è l’Incontro finalmente, perché adesso sono pronta a rimanere ipnotizzata dall’alchimia di suoni e voci che sembrano ricami di ghiaccio sui vetri dopo una notte di neve profonda e silenziosa. Sembra poco casuale che i due fiancés abbiano composto il loro lavoro rinchiusi in una baita finlandese mentre fuori imperversavano le prime avvisaglie dell’inverno; scelta che li ha condotti lungo un delizioso sentiero naif, di romanticismo hand-made, di fragilità profondissime e lunghi sospiri tra un silenzio e l’altro.
Così riesce sempre più semplice capire come, nell’ottobre 2005, un ascolto distratto di una traccia di Mi and l’Au non avesse sortito nessun effetto sulla sottoscritta; era un periodo alla Flaming Lips, era uno stato mentale all’estremo opposto rispetto alla malinconia leggera di ragnatele melodiose come Older, How, They Marry.
Mentre oggi, alla vigilia della mia partenza, a una settimana appena dalla fatidica transumanza della sottoscritta al di là delle montagne, questo disco è Il Disco Del Momento. Perché da ottobre 2005 le cose sono cambiate e se allora avevo bisogno di alimentare una certa ribellione interiore, quello di oggi è desiderio di assecondare il delicato moto dei miei spiriti interiori impegnati in una lenta oscillazione tra la curiosità del nuovo e la malinconia per il vecchio.
Ascoltare Mi and l’Au è ascoltare alcune piccole cose di se stessi, accomiatarsi con dolcezza da quella parte di sé che resterà qui e vedrà arrivare l’estate, e le zanzare e il caldo appiccicoso, i motorini, gli aerei che ronzano, l’odore di cloro e di crema solare.
Così accade sei mesi dopo che una canzone come Philosopher sia la migliore cosa che potesse impigliarsi nelle tue orecchie. Perché è bello, prima di partire e incontrare un mondo diverso, chiudersi in una baita finlandese all’inizio dell’inverno ed abbandonarsi al proprio respiro dando fiato unicamente al cuore.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

il bello della musica è questo. è rinnergare i my bloody valentine per anni e poi farsi trasportare da loveless ad occhi spalancati, ascoltare punk stronzo per mesi e poi, per settimane, farsi tormentare dalla voce di mark kozelek. peccato che non tutti possano capire.
buon viaggio.
enrico

Anonimo ha detto...

Io personalmente adoro Nude, I've been watching & Boxer e mi piace pensare a una storia d'amore come quella tra Mira & Laurence trasposta in note sottili da catturare per godere appieno della loro suggestione, evocatività e potenza... Si capisce che li adoro??? Sono una colonna sonora ideale per quando guardi le cime dei pioppi che ondeggiano e il tramonto che si riflette in tremila schegge nelle acque ondulate delle risaie... Come vorrei che questo periodo dell'anno non finisse mai!!! Odio l'odore di creme, i vestiti e i capelli che ti si appiccicano addosso e soprattutto i moschini
=(!!! Anyways, bon voyage come direbbe Mademoiselle Ramia!!!