Sul treno come al solito. E’decisamente tardi, si capisce da come i pendolari strascicano piedi e bagagli sui binari. Io sono arrivata un quarto d’ora prima e mi sono seppellita nella mia zozza poltroncina. Prima di sprofondare in un universo parallelo e musicale mi perdo a fissare l’architettura della stazione centrale, l’enorme volta di metallo che mi dà l’idea di un grande addio, un abbraccio arrugginito alle persone che fuggono via da milano, come se capisse cosa vuol dire vederla tutti i giorni e ci soffrisse un po’, volesse rimediare alla situazione. Arriva una vecchia amica che ringrazio il cielo sia lì perchè altrimenti dovrei tentare di tenermi sveglia con i soliti sotterfugi del tipo: immaginare cosa pensano le altre persone nello scompartimento immaginare la mia vita raccontata da una voce fuori campo immaginare video per la canzone che sto ascoltando immaginare cosa sarà prendere il treno quando farà freddo Iniziamo una piacevole conversazione dai toni leggeri, del resto sono vestita con la felpa e le scarpe da fricchettona, quelle maledette etnies che tanto avevo voluto e che tanto male ai piedi mi hanno causato prima di diventare il mio scudo contro la pioggia e lo zozzume delle strade urbane. Qualche minuto dopo si aggiunge a noi una sua conoscente che non mi pare di aver mai visto prima. Parlano di una ragazza che dopo essersi lasciata con il suo ragazzo, ora vive una serie di vicissitudini sentimentali. Cado in un gradevole torpore, quello in cui ho trovato una valida alternativa al sonno profondo: ascolto i loro discorsi e mi limito ad annuire o sorridere piena di gratitudine per la loro presenza lì e ora. Poi a un certo punto mi rendo conto che conosco entrambi i protagonisti della vicenda. A quanto pare quando si dice che il mondo è piccolo non si tiene conto del fatto che i treni lo sono di più. Se esistesse una macchina del tempo credo che mi piacerebbe incontrarmi otto anni fa per ricordare come la pensavo allora. Mi sono venute in mente due cose. Quarto anno delle superiori sono seduta sulla scala anticendio nell’intervallo, c’è il sole, ho i capelli corti, sono inspiegabilmente felice. Maggio o giugno di quest’anno, sono in treno, piove e il finestrino sporco di spray è pieno di gocce che lo percorrono in diagonale perfetta, penso a tutte le persone a cui vorrei chiedere scusa. Così tra una cosa e l’altra arrivo a Seattle, scendiamo dal treno, ci salutiamo, io mi avvio verso casa lungo il percorso stabilito, porta scorrevole della stazione, virata a destra, camminare fino alla stazione dei pullmann e infilare la via. Fa un caldo strano per ottobre, i lampioni sono gialli come ad agosto.
mercoledì, ottobre 15, 2008
farewell flower
quel che sapeva
quel che sapeva frà
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2 commenti:
Ti stimo!
Merci ;-P
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