lunedì, giugno 02, 2008

Cicloturisti allo sbaraglio

Capita che dopo lunghi mesi invernali, trascorsi seduta sulla scrivania o in piedi su un mezzo di trasporto pubblico la primavera abbia risvegliato in me un istinto sportivo, un bisogno di stare all'aria aperta, un ritorno alla natura, insomma il desiderio di muovere un po' il culo.


Per cui in una domenica che più uggiosa non si può civetto a Simone la brillante idea di un giro in bici, che non ci sono ancora le zanzare ed è anche nuvolo, così si fa meno fatica.
La parte preparatoria mi mette a dura prova. 
Gonfio e rigonfio la gomma della bicicletta (di quelle da donna di ritorno al mercato) ma l'infigarda resta sempre mollissima mentre io in compenso mi sono ricoperta di grasso dalla testa ai piedi. Attendo l'arrivo dell'uomo che con docile pazienza mi spiega che prima di gonfiare la ruota occorre schiacchiare un pochino la valvola (e dire che alle superiori andavo in bici, tant'è ho rimosso tutto). 
Però ho portato un litro di acqua frizzante, non si sa mai.

Si parte. 
Orgogliosa sfodero la mia cartina cicloturistica stampata da internet con tanto di itinerario dal poetico titolo "Pedalando per le risaie". 
Attraversiamo la città e ci inoltriamo in un sentierino attraverso i campi, vedo un paio di farfalle e mi sento già Licia Colò.
Dopo circa tre chilometri ci accorgiamo di avere passato da circa tre chilometri la cascina dove si doveva girare a sinistra. Ma siamo in sella da appena mezz'ora e ritorniamo baldanzosi sui nostri passi, vedo anche un'anatra. Wow.
Il resto è follia, paura e delirio.
Ecco, io voglio solo dirvi che quella tranquilla passeggiata che doveva durare un'oretta e che era descritta per "principianti" e "facile" e di circa "15 chilometri" non esisteva.
Il nostro "giro" o meglio la nostra circumnavigazione del globo risaiolo tra tangenziali e cavalcavia, cimiteri, paesini e campi è diventata una lotta alla sopravvivenza che manco Lost: strade di fango con larghi solchi scavati dai trattori che hanno cercato di inghiottirci più volte, feroci cagnetti che si eiettavano dai cortili delle cascine a tutta la velocità con il solo obiettivo di rimuoverci coi canini il tendine d'achille, tre ore e mezza di aspre salite aspirando a pieni polmoni un sano mix di afa e diserbanti, il tutto per un totale di circa 30 chilometri. 
Abbiamo vissuto momenti drammatici.
Come quando seguendo la fasulle indicazioni dell'itinerario  (a questo punto diciamocelo, scritto da uno che probabilmente aveva qualche contenzioso con un cicloturista) finiamo per affossarci lungo l'infinito argine di una risaia. 
I giunchi crescono alti come la giungla di Indiana Jones, la tangenziale sarebbe vicina ma ahimè la separa da noi un fosso profondo almeno tre metri e il sole sta calando. 
Simone propone di lanciare le biciclette oltre il fosso perché magari riusciamo a passare. 
Sta delirando ormai.
Una sottile inquietudine si fa strada in noi.
Il tramonto in una risaia significa solo una cosa.
Zanzare. Milioni di zanzare. 
La voce rotta dal panico di Simone mi sprona a reagire "Forza Fra, dobbiamo uscirne qui ci mangiano vivi" e sono sicura che non è un eufemismo. 
Raccolgo una manciata scarsa di energie interiori e ritorniamo su quella che forse,speriamo vivamente, dovrebbe essere la strada maestra. 
Nel fosso accanto a noi si sente il rumore di un tuffo. 

Simo -Cos'è stato? Un coccodrillo?-
Io -Simo, Simo guarda che carina c'è una nutria, ha il musino da maiale! E' grossa eh? Non le avevo mai viste da così vicino...-
Simo -Muoviti a pedalare, se per caso ha i cuccioli potrebbe essere aggressiva-
Io -Oh mer**-

Siamo tornati a Vercelli allo stremo delle forze e se Simone si sforzava di mascherare la sua devastazione psicofisica io ci riuscivo meno bene considerando che tutti i passanti che abbiamo incrociato mi hanno guardato con stupore e preoccupazione. 
Una volta a casa con gli stessi sintomi della febbre gialla dopo aver mangiato come un coguaro ho espresso il mio ultimo desiderio: -Papà già che esci mi compri un gelatino?-
Dopo di che mi sono schiantata a letto.
Alle dieci.

Quindi la morale della favola è: il cicloturismo è una bella cosa, la natura anche, ma auguro a chi ha scritto quella mappa un paio di giorni con lo stesso mal di chiappe con cui mi svegliata stamattina.
Tiè.

3 commenti:

rompina ha detto...

oddiooddiooooodddiooo...sono in ufficio, cribbio, Fra!!! non posso, NON POSSO, ridere cosi'...

Enzo ha detto...

ridere? io ho avuto PAURA a leggerti! :-( la parte dello sciame di zanzare mi ha fatto venire i brividi...

Anonimo ha detto...

lessi tempo fa, e risi XD