sabato, febbraio 26, 2005

Ieri sera quando sono uscita c'era il cielo viola e una luna enorme che spuntava dai tetti.
Ho lasciato a casa la macchina e ho deciso di farmi due passi, avevo una gran voglia di camminare nel freddo e sentire aria di primavera in quel vento gelido, sentire che sta arrivando qualcosa di buono come un mucchio di giornate di sole una di fila all'altra e il verde sulle piante.
Penso al mio futuro in questi giorni, a dove potrei essere tra un anno, a cosa vorrei fare, a cosa sono capace di fare.
E riguardo a questo punto mi chiedo spesso se sarei in grado di mollare tutti gli amici e prendere una decisione definitiva.
Credo che ad avere delle amicizie solide e fraterne queste paure non dovrebbero esistere, non dovrebbe esserci il timore di scomparire e al proprio ritorno scoprire che non è rimasto niente di noi, che siamo stati sottili tracce sulla sabbia cancellate dalle onde dei giorni.
Comunque non sono triste per questo, ci pensavo, sto solo cercando di capire se ho paura di stare senza le persone che amo o invece ho paura di perderle perchè so che potrei perderle davvero.
E in realtà i rapporti sulle persone non dovrebbero basarsi sulla frequentazione, o sulle esperienze condivise, o almeno non solo su quello.
Io credo che la cosa principale sia la "cura", ma è un discorso lungo, fatto mille volte, forse troppo difficile anche per me.
Che ieri sera guardavo i miei amici e pensavo a come sarebbe stato se non fossi stata seduta lì con loro in quel momento.
Uguale.
Già, proprio uguale.
Ma non ero triste per niente, solo piena di grandi sospiri.
Sono tornata a casa a piedi sempre nell'aria fredda, e in giro non c'era proprio più nessuno, solo la macchina di qualcuno che si era fermato a comprare le sigarette.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Non so, suz.
Lo scorso settembre ho deciso di lasciare Palermo e tutti i miei 21 anni vissuti lì, e meno di cinque giorni dopo averlo deciso ero già qui, a Torino. Completamente solo, senza nemmeno un conoscente o lontano parente a cui potermi rivolgere. Avrei potuto scegliere anche Milano, dove c'era Albs ma anche il cugino di mio padre e un altro paio di conoscenti.
E non è un caso ch'io abbia scelto Torino. Volevo la solitudine, volevo scoprire chi ero cominciando a dipingere una nuova tela, completamente immacolata.

Il prossimo settembre con ogni probabilità andrò a studiare a Parigi, per due anni almeno.
Non sono terrorizzato da tutta questa instabilità, per niente. Ho voglia di continuare a mettermi alla prova, di migliorarmi.

So per certo, però, che oggi ho più paura di perdere gli amici che non qualche mese fa andando via da casa. Forse perché in questo poco tempo torinese ho scoperto cosa significa l'amicizia priva di condivisione, priva di frequentazione. Oserei dire che ho scoperto l'amicizia, oserei.

Che io sento il bisogno della condivisione, di andare ai concerti insieme, di prendere la macchina la domenica mattina ed esplorare senza meta la regione in cui vivi. Fin quando ero a Palermo ero un deficiente e questo non lo avevo capito. Oggi invece ci soffro, anelo costantemente la presenza di qualcuno (qualcuno che nemmeno conosco, il più delle volte) che mi faccia semplicemente compagnia. Come in un film muto, senza parole: pura e semplice compagnia. Per questo ho paura di andare via di nuovo, once more. Lì su non ci sarà nessuno per davvero.


Tutto questo per dire che, a quanto pare, intendiamo in modo diverso l'amicizia. Io odio parlare di me, non cerco mai gli amici per sfogarmi o per "parlare". So solo ascoltare, quello sì. Ma le mie ansie e le mie nostalgie più profonde rimangono cui, ben segrete, nel mio petto.

Lucio

Anonimo ha detto...

già.

in certi casi l unico spunto per cambiare potrebbe essere la "novità", e la spernaza di trovare persone altrettanto belle.

non credo che abbia senso dire che cosa è migliore o meno, alla fine dipende tutto da come uno affronta le cose, se ha paura del cambiamento, del distacco, dell'abbandono, o se pravale in lui la consapevolezza della nuova esperienza.

bezo, epep

quel che sapeva frà ha detto...

Parigi, Parigi, magari tra un anno ci sarò pure io a Parigi...oppure ci sarebbe questa terribile scuola di giornalismo a milano, ma io odio milano, la metropolitana, le persone che camminano come pesci impazziti in un acquario, la sensazione tremenda di fretta continua. Si vedrà. Pensavo di decidere durante l'estate. Magari con l'ausilio di una monetina.Nemmeno io sai cerco gli amici per parlare e sfogarmi. Anzi, io sono quella che ascolta e aggiusta i pezzi delle persone e mi va bene così. La vicinanza che io voglio dagli amici è una vicinanza di "pancia" e non so come descriverla in altro modo, e un sentire e un essere insieme nello stesso posto e nello stesso momento, a volte anche in silenzio, a volte anche facendo cose stupide, anche solo per bersi un caffè. Non sono mai riuscita a parlare di me più di tanto. Ci sono molte cose che probabilmente non riuscirò mai a dire. Perchè parlare significa anche ascoltare se stessi, raccontarsi dei sentimenti e delle emozioni anche vecchie di anni. Io mi sono buttata a capofitto in posti e situazioni nuove centinaia di volte, mi piace mettermi alla prova, vedere se ce la faccio ad adattarmi ancora una volta. L'unica paura, semmai, è di mettere alla prova i legami che ho faticosamente costruito negli ultimi tre anni. Persone per cui ho dato e darei l'anima....

Anonimo ha detto...

Assurdo se anche tu venissi a Parigi. E' anche un pochino assurdo che non ci siamo mai visti, qui a Torino... (a questo proposito volevo anteprimarti tre date paurose all'hiroshima, solo in aprile purtroppo: Yuppie flu, Blonde Redhead e Perturbazione. Non aggiungo altro)

Scopro sempre più somiglianze fra me e te. Mi fa sentire in qualche modo strano, questo. Tant'è.

Lucio