Forse è arrivato quel momento.
Quello del lungo post malinconico-natalizio sull'anno che finisce, sui bilanci, sulle considerazioni notturne. Non so, non ne sono sicura, ma stasera tra un pacchetto e l'altro, tra il tubetto del vinavil che mi esplode tra le mani e una lunga conversazione telefonica sui miei personali valori dell'amicizia ribaltati ancora una volta dall'anno in corso, mi è presa la voglia di scrivere qui.
Non so cosa di preciso, non ne sono sicura, ma era quello di avevo bisogno, musica in cuffia e dita che battono la tastiera e odore di colla sparsa dappertutto.
Di come alla fine questo fatto della colla esplosa abbia un che di metaforico.
Io che negli ultimi mesi sono stata un po' la colla esplosa su tanti pezzi che non stavano insieme. Ho detto cose che avrei giurato non mi sarebbero mai uscite dalla bocca nella vita intera.
Discorsi sull'accontentarsi, sul giustificare, sul ponderare il proprio livello di coinvolgimento emotivo nei rapporti umani. Io non posso essere diventata così davvero.
Io sono e sono sempre stata una persona emotiva.
Una che, se anche magari non lo dà a vedere, si emoziona per qualunque minuscolo insignificante particolare, una che se le sorridi la prima volta che la incontri è difficile che non finisca per credere che diventerai uno dei miei migliori amici.
Una che si commuove spesso e cerca di non farsi accorgere.
Una che la vita la ama fortemente e ama fortemente le persone, le loro complicanze, i loro sorrisi, la luce che c'è in ciascuna di loro.
Finisco spesso delusa, certo, ma fa parte del gioco, chi punta tutto quello che ha corre un rischio e lo sa e lo corre lo stesso e aspetta con gli occhi chiusi e le dita incrociate che la pallina danzante atterri proprio sul suo numero.
Preferisco stare male forse.
Soffrire in continuazione per le delusioni grandi e piccole che quella pallina incontrollabile mi dà, schizzando da un numero all'altro a suo piacimento, dimenticandosi di baciarmi sulla fronte e regalarmi una vittoria dopo l'altra.
Sarebbe scontato, sarebbe banale.
Non ci sarebbero grandi rapporti e piccoli rapporti, soltanto un unico piatto, superficiale legame interpersonale. E io che sono una giocatrice d'azzardo non posso certo accontentarmi di un'innocente mano di briscola. Ho bisogno del brivido, di occhi ardenti, di mani tese e pugni chiusi, di invidie, di affetti, di odio e di amore. Perchè mi fa sentire viva e non una sopravvissuta, perchè è l'unico modo che ho di essere me fino in fondo.
Quindi non lo so, non lo so davvero.
Cosa mi abbia portato fin qui, e se ci sarà qualcosa che mi porterà indietro.
Ecco, solo molta confusione forse, gli ultimi mesi passati a scrivere e riscrivere la stessa frase mille volte diverse e adesso.
Adesso è tornata la vita e non sono sicura di sapere se la mia vecchia presa sia ancora valida.
Ci sarebbe bisogno di tempo.
Ci sarebbe.
giovedì, dicembre 22, 2005
*maybe that's my -winter song-
quel che sapeva
quel che sapeva frà
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3 commenti:
E ce ne sarà...
Ci sarà sempre tempo per capire, amare, sorridere. Ci sarà sempre tempo per i pugnoi chiusi, le bracia incrociate, le labbra imbronciate, le palpebre umide...
Ci sarà sempre tempo per vivere... basta vivere e non vegetare... e t mi sa che vivi parecchio!
Auguri!
Ci penso e mi chiedo perché ti poni queste domande, adesso... Sembra che ci sia stata una rottura, un Cambiamento. Scrivere la tesi, laurearsi, è questa la Rottura? Sei sicura che sia davvero così? Voglio dire, magari il tempo c'è, magari non è poi cambiato molto.
Non so perché, nel mio molto piccolo, mi vien di dirti che mi manchi.
(I Broken Social Scene. Quella sì che è una Rottura, una Frattura nella storia della musica. Cazzo.)
Lucio
No, non penso che la tesi sia stata la rottura.
Altro.
Un anno duro ecco,un anno travolgente forse. Dodici mesi che cerco di riassumere in qualche parola o concetto da tenere a mente. Sempre meno cose da scrivere, sempre troppe da pensare...abbraccio.
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