giovedì, agosto 03, 2006

I pomposi poeti che ti fregano quando meno te lo aspetti

Ascolta.
Piove dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici salmastre ed arse,
piove sui pini scagliosi ed irti,
piove sui mirti divini,su le ginestre fulgenti di fiori accolti,
sui ginestri folti di coccole aulenti, piove sui nostri volti silvani,
piove sulle nostre mani ignude, sui nostri vestimenti leggieri,
su i freschi pensieri che l'anima schiude novella,
su la favola bella che ieri l'illuse, che oggi m'illude, o Ermione

Non ho mai avuto grande simpatia per Gabriele D'Annunzio.
Ho il ricordo terribile di una gita scolastica al Vittoriale, quella casa piena zeppa di soprammobili di ogni foggia possibile e noi poveri studenti che ci aggiravamo per stretti passaggi con i nostri enormi zaini, come elefanti in un labirinto di cristallo.
Al termine della visita ero giunta alla conclusione che il D'Annunzio fosse una sorta di Renzo Arbore del passato, con uno smodato gusto per il kitsch e un'ossessione totalizzante per il suo ego smisurato.
Potrei qui generalizzare dicendo che solitamente non nutro molta simpatia per le persone di ego smisurato, che in Francia chiamano i signori Moi-Je, dimostrando quanto i francesi sappiano essere sottili nel demolire chiunque con il più assoluto charme e senza possibilità di replica.
E quindi preferisco gli sfigati talentuosi, quelli che dopo morti tutti si accorgono del loro enorme potenziale e scrivono libri e raccolgono interviste e domandano e chiedono e soprattutto si domandano perché non se ne sono resi conto quando ancora questi poveri tizi stavano in vita. Ma il successo e il talento sono canali che non sempre si incrociano, e spesso molti geni rimangono nel più totale anonimato continuando a rosicare i loro problemi di sempre, l'alcool, la droga, le donne, la povertà, gli squilibri psicologici, madri invadenti e padri rompipalle.
E diventano affascinantissimi per quella loro strana indole che li porta a creare opere meravigliose rimanendo profondamente umani e forse più umani degli altri, senza sentire la necessità di farsi incensare dalla stampa o essere accolti nelle cerchie degli intellettuali più in.
Poi pero' oggi piove.
E, a tradimento, sul più bello di una silenziosa e modesta osservazione degli alberi del parco che attraverso la mattina per venire a lavoro, per tuffarmi nel mio brodo tranquillo, nella mia pîù profonda umanità, sento la voce di quell'omino piccolo e baffuto e borioso che sussurra:
- Francesca. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse -
E non posso che ammettere che, a dispetto dei miei principi e dei miei generalismi, non c'é niente da fare, Gabriele d'Annunzio mi ha fregato ancora una volta.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

leggo profondamente colpito, e affascinato

Anonimo ha detto...

bordel, io ero

Lucio

quel che sapeva frà ha detto...

anche tu vittima della maledizione dannunziana? :P

Anonimo ha detto...

...che poi 'ste cose D'Annunzio le sapeva...prima di collezionare wurlitzer ed elefanti smaltati era pur sempre un ragazzo di provincia che aveva pubblicato un libro di poesie a 17 anni e poi aveva messo in giro la voce che l'autore giovanissimo era morto, da bravo sfigato talentuoso. Perchè il morto vende di più, di solito. E il vate era vate mica per niente.