giovedì, novembre 20, 2008

una promessa è una promessa







Sì, lo so, il blog era un'altra cosa.

venerdì, novembre 14, 2008

that's all folks

Quando l’essenziale è nato era rosa. 
Un orribile template rosa shocking fornito dalla piattaforma blogger (che spero non si offenda).
Poi è diventato a pallini pastello.
E così credo sia rimasto per la maggior parte del tempo in questi ultimi quattro anni.
Quando l’essenziale è nato venivo dalla suzie home, il mio nondiario delle superiori che poi una volta all’università mi era sembrata ormai una pelle non mia. 
Ci avevo meditato parecchio prima di chiuderla, o meglio abbandonarla tra le onde del web come un relitto senza più ciurma o timone. 
Ogni tanto torno a darci un’occhiata, scopro che qualcuno lascia ugualmente i suoi commenti. 
Scorro la colonnina dei link e penso alle persone di cui ho perso i contatti, a quelle che hanno chiuso il loro blog, a quelle che ci sentiamo su messenger ogni tanto consapevoli che la vita va altrove.
Ripenso alla sensazione di dover chiudere quella parentesi. 
Che avevo rimandato e ricacciato per qualche mese.
E poi un giorno avevo capito di non poter più scrivere in quel modo scanzonato, divertente, leggero, perché ero cambiata, cresciuta, e le cose importanti sembravano altre. Mi sembrava importante parlare davvero di me.
Così era nato l'essenzialeinvisibileagliocchi che come nome sembrava perfetto, l' invisibile agli occhi di tutti prima di quel momento, forse anche ai miei.
Quattro anni che a rileggerli tutti sembrano quattro secoli. 
Con la laurea di mezzo, la Francia, persone che se ne vanno per sempre, persone che tornano, castelli di carte che crollano e si ricostruiscono nel giro di qualche mese, la scuola con i miei asinelli, l'Italia che diventa stretta come un guanto. 
C'è così tanto di me qui.

So che questo atteggiamento sembrerà scarsa coerenza.
Qualche post fa lancio un appello affinché tutti continuino a scrivere sui loro blog e adesso sono qui che annuncio di chiudere questo.
Sicuramente lo è. 
Poco coerente. 
Ma sincero.
Non voglio dover scrivere per obbligo o per il puro senso di colpa di trascurare un progetto che si porta avanti da anni. 
Voglio scrivere con passione e questo è e sarà sempre l’unico motivo per cui ancora a 25 anni mi cimento con raccontini, poesie, bozze di libri più o meno compiute, conscia di rasentare il ridicolo ma fiera di me stessa, di poter dire di avere lasciato su carta o su web qualche parola con una certa importanza.

Non sono brava con gli addii, non sono nemmeno sicura che si possa davvero dire mai addio a qualcuno a qualcosa per quel poco che siamo padroni degli imponderabili fili delle nostre esistenze.
Continuerò a scrivere sicuramente e quando questo accadrà, quando saprò di nuovo cosa voglio dire e perché, sarete i primi/le prime a cui lo farò sapere.
Per il resto ringrazio tutti quelli che sono bazzicati su queste pagine. 
A chi ha lasciato un commento, a chi si è limitato a leggere semplicemente, a chi è diventato un amico, un’amica, a chi mi ha detto la sua, a chi ha fatto diventare questo blog vita e suo malgrado ci è finito dentro.


frà


domenica, novembre 09, 2008

spiragli

Sono quelli che vedo aprirsi in questi giorni.

Deboli, luminosi, fragilissimi spiragli tra una cascata di pensieri e l'altra.
Dopo essere precipitata a terra ricostruisco piano, con calma, i miei confini, i miei desideri, la mia rabbia.

Domani c'è sciopero dei mezzi e immagino che in molti siano incazzati.
Tranne me. Il pensiero di restare a casa mi riempie tutta di uno strano calore, come la possibilità di qualche ora in più senza correre da una parte all'altra, rimanendo esattamente dove sono.

Andai nei boschi perché desidervao vivere con saggezza, per affrontare solo i fatti essenziali della vita, e per vedere se non fossi capace di imparare quanto essa aveva da insgenarmi, e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Non volevo vivere quella che non era una vita, a meno che non fosse assolutamente necessario. Volevo vivere profondamente, e succhiare tutto il midollo di essa, vivere da gagliardo spartano, tanto da distruggere tutto ciò che non fosse vita, falciare ampio e raso terra e mettere poi la vita in un angolo, ridotta ai suoi termini più semplici; se si fosse rivelata meschina, volevo trarne tutta la genuina meschinità, e mostrarne al mondo la bassezza; se invece fosse apparsa sublime, volevo conoscerla con l’esperienza, e poterne dare un vero ragguaglio nella mia prossima digressione” 
(sì, è sempre Thoreau)

martedì, novembre 04, 2008

semaineprochaine

Il Lunedì sono stanca, mi vesto con i vestiti sbagliati e mi sento fuori posto tutto il giorno, piove e la gente si urta con gli ombrelli, i fogli di giornali imbevuti d'acqua tappezzano gli scalini della metropolitana. La stazione è frettolosa come sempre, carica di un desiderio collettivo di andarsene o di arrivare il più in fretta possibile.

Il Martedì piove ancora, ho miliardi di fotocopie da fare, cerco di nascondermi dietro la pashmina indaco e a non pensare a niente, per non perdere il treno batto il record olimpionico di Bolt, salgo sul regionale bisognosa di una maschera d'ossigeno, dentro è così caldo che alcuni passeggeri hanno chiaramente perso i sensi e giacciono riversi sulle poltroncine.
Il Mercoledì mi sveglio senza saperlo, non sono cosciente di nulla che accada prima delle otto e mezza quando mi ritrovo in una classe vociante a suggerire alla gente come si scrive Poitiers o Orleans e a non sentirmi assolutamente fiera di ciò che mi accade intorno. Mangio l'insalata di farro nel negozio dove tutti si chiamano coi diminutivi e io non conosco nessuno, la mangio in piedi perché due tizie bionde tinte non spostano le loro enormi borse firmate dal tavolo neanche quando le imploro con lo sguardo. Maledico la mia educazione, sempre più.
Il Giovedì è di nuovo così presto che il mondo non c'è o meglio c'è solo pioggia, l'unico rumore che si sente in tutta la città, una scrosciante rassicurante pioggia monsonica che mi culla mentre dormo sul treno ascoltando l'ultima playlist con il libro di sociologia sulle ginocchia.
Attraverso il solito sciame di aereoplanini elettronici e mi stipo in dieci centimetri cubi nella metro, ma tanto tutto il mondo scende a Cadorna come al solito e basta una fermata per far alzare l'inflazione degli ombrellini da 3 euro a 5.
Il Venerdì dovrei studiare e invece trascorro buona parte della giornata a fingere di riacquistare le forze. Cerco di defibrillarmi con una doccia fredda, mi sdraio sul divano promettendo a me stessa che ci starò solo cinque minuti e invece mi risveglio dopo un paio d'ore. La sera esco e prima delle dieci e mezza sono uno zombie privo di qualsiasi energia, mi sento le tare appese alle palpebre, mi vengono i capillari rossi come willy il coyote.
Il Sabato studio qualcosa, esco con gli amici, suono una chitarra senza mi, bevo la cioccolata con la panna, assaggio il chianti, e penso che questo inverno è troppo caldo, che vorrei del freddo vero, la sensazione di cacciare la faccia nel colletto del cappotto per proteggersi dal vento, i guanti, la pelle che punge.
La Domenica poi, è quasi lunedì.

mercoledì, ottobre 29, 2008

appello

Non so se sia un caso.Fatto sta che in quest’ultimo periodo (che poi sono giorni, settimane e mesi) i miei blog languono. 
I blog delle persone che leggo di più, quelli che sostituiscono il mio infotainment e mi divertono o mi fanno riflettere con cose scritte bene, intelligenti, condivise per la più parte. 
E’ una lettura che mi manca, ve lo devo confessare, e mai tanto come in quest’ultimo periodo.
Anch’io ho forte la tentazione di non scrivere più niente. 
E per forte intendo che ogni tanto apro la pagina di blogger e penso, fanculo, chiudo tutto e chi si è visto si è visto. Scrivere è doloroso, quasi sempre, è quasi sempre un mettersi a nudo e un quasi sempre porsi di fronte a qualcosa che stava meglio sepolto in una non precisata parte dell’inconscio.
Eppure è ancora più forte la mia voglia di scrivere. 
Non so come e non bene perché capiti ma succede sempre che dopo qualche battuta sullo schermo del computer o qualche riga sulla moleskine mi sembra di stare meglio, di essere riuscita a travasare un’ingombrante parte di me stessa momentaneamente altrove.
Tutto questo per dirvi che vorrei avere ancora il privilegio di leggervi tutti/e.
Di qualunque cosa discutiate, politica, pippe mentali, botanica, cucina etnica. 
L’importante è sapere che c’è qualcuno da qualche parte che come me “travasa” una parte di se stesso. 
Sapere che le gabbie non sono ancora tutte chiuse a chiave, che le persone non sono ancora state completamente mangiate dal resto lavoro/scazzi/ingestibilità dell’esistenza.

Questo blog ne ha a sufficienza

In virtù di questo
forse non ci resta che questo.

Miseria, miseria, miseria.

venerdì, ottobre 24, 2008

Carissimi/e.

I fatti degli ultimi giorni, sì stiamo parlando di quei fatti, mi lasciano senza parole. 
Non perché non abbia un'opinione, certo che ne ho una, ma il problema è che mi fa soffrire. 
Se ci penso mi sento le budella contorte. 
Se penso a cose come la mancata integrazione, il razzismo, i soldi a tutti i costi, la corruzione, la furbizia, il raggiro, lo sfruttamento, la maleducazione, il precariato, l'ignoranza.
Se penso che ancora non capisco perché le notizie parlino sempre (a destra e a sinistra) di un cinese, un marocchino, un albanese, un rumeno come se queste persone non avessero un nome e un cognome. 
Se penso alla scuola come l'ho vissuta io, a tutti i ragazzini/ragazzine che vivono la loro infanzia in totale solitudine perché i genitori sono in fabbrica dal mattino alla sera.
Se penso alle lezioni della mia Grande Ricca Università dove la gente finita la lezione butta tutto per terra, fazzoletti, bric di succo, giornali, scontrini, biglietti del treno, dove ti prendono a spallate senza chiedere scusa, dove non ci si saluta mai a meno che non si voglia qualcosa in cambio.
Se penso che ieri al tg5 consigliavano di fare yoga per combattere lo stress quotidiano e avere una vita migliore. Yoga, c***o.
Sono tutte cose che mi stanno fare male nel profondo, che mi fanno scrocchiare le ossa della spalla destra da giugno a questa parte, mi fanno svegliare alle quattro del mattino, mi fanno smettere di guardare la televisione, di leggere i giornali.
Sono stufa di questo paese, posso scriverlo? 
Credo sia il punto.
Ci sono giorni in cui mi ritrovo a buttarmi con passione nello studio di cose sociologiche o filosofiche o altro, sentendo che questo cambierà il mondo o almeno cambierà il mio mondo, mi aiuterà a resistere, mi aiuterà a rendermi conto sempre di quello che succede.
E giorni in cui vorrei non sapere niente di niente, vivere di totale inconsapevolezza, immergermi completamente in una qualche superficialità, per provare l'ebbrezza di sentirmi parte di un tutto sociale e non la solita briciola di colore sbagliato.
Non mi riconosco negli ometti bassi e pelati, né nelle donnine con la messa in piega fresca di parrucchiere che in questi giorni rilasciano dichiarazioni inquietanti come se nulla fosse, come se nessuno fosse più in grado di capire che ci stanno fregando.
Ma non mi riconosco nemmeno in quelli che la mattina presto mi riempiono di volantini sul marxismo-leninismo, rispolverano le magliette del che-guevara e sono semplicemente contro, senza avere un'idea propria, qualcosa in cui credere fortemente e positivamente.
Mi rendo conto che questo atteggiamento sia sbagliato, pessimista, cinico, perché in fondo nemmeno io propongo niente di nuovo.
E' che per il momento va così, davvero.
Sono stanca, stufa, vorrei una corazza di gomma da indossare tutti i giorni per farci rimbalzare contro i pensieri cattivi.

giovedì, ottobre 23, 2008

no comment



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